lunedì 28 febbraio 2022

Riflessioni sulla Formazione operaia: “L’unione degli operai nella lotta contro il capitalismo”

Da un compagno operaio dell’ex Ilva di Taranto

Difficile, per non dire impossibile, datare questo testo di Lenin non conoscendone l’origine, chiunque potrebbe restarne ingannato se gli fosse detto essere stato redatto durante gli ultimi due anni di pandemia.

Lenin tocca punti cruciali, ieri come oggi, del rapporto tra padroni ed operai, quali le delocalizzazioni o l’intervento dello Stato attraverso leggi create ad hoc per impedire al proletariato di insorgere contro le sistematiche ingiustizie del metodo di produzione capitalista, e spiega in maniera chiara ed inequivocabile come la vera arma in mano ai lavoratori sia l’unione tra essi, sottintendendo come le posizioni individualiste siano assolutamente controproducenti al miglioramento delle nostre condizioni di vita.

giovedì 24 febbraio 2022

Formazione Operaia – Lenin: Sui sindacati, gli scioperi… – 3° parte

SOLO LA LOTTA FA CRESCERE LA COSCIENZA DI CLASSE – LA LOTTA DEGLI OPERAI CONTRO IL GOVERNO, LO STATO – L’ALLEANZA CON I MOVIMENTI SOCIALI – L’UNIONE DEGLI OPERAI A LIVELLO INTERNAZIONALE

Dal Testo di Lenin:

…Gli operai acquisiscono una coscienza di classe quando comprendono che l’unico mezzo per migliorare la loro situazione e per conseguire la loro emancipazione sta nella lotta contro la classe dei capitalisti e dei fabbricanti... Inoltre, coscienza degli operai significa comprensione del fatto che gli interessi di tutti gli operai di un dato paese sono identici, solidali, che gli operai costituiscono un’unica classe, diversa da tutte le altre classi della società. Infine, coscienza di classe degli operai significa consapevolezza del fatto che, per raggiungere i propri scopi, gli operai devono necessariamente poter influire sugli affari dello Stato…

In che modo gli operai acquisiscono la consapevolezza di tutto questo? Gli operai l’acquisiscono attingendola incessantemente dalla stessa lotta che cominciano a condurre contro i fabbricanti, e che si estende sempre più, diviene sempre più aspra e coinvolge un numero sempre maggiore di operai... gli operai hanno cominciato a comprendere l’antagonismo fra gli interessi della classe degli operai e gli interessi della classe dei capitalisti. Invece di sentire confusamente di essere oppressi, essi hanno cominciato a capire in che cosa e come precisamente il capitale li opprime…

Ogni sciopero arricchisce l’esperienza di tutta la classe operaia. Se lo sciopero è vittorioso, esso dimostra quale forza rappresenta l’unione degli operai, e induce gli altri operai ad avvalersi della vittoria dei compagni. Se fallisce, induce a discutere sulle cause del fallimento e a ricercare metodi di lotta migliori…

L’aiuto agli operai deve consistere nell’indicar loro le esigenze più urgenti per le quali si deve lottare, nell’esaminare le ragioni che aggravano particolarmente la situazione di questi o quegli operai, spiegare le leggi e i regolamenti sulle fabbriche, la cui violazione (oltre ai trucchi fraudolenti dei capitalisti) espone tanto spesso gli operai a una duplice rapina. Aiutare gli operai vuol dire esprimere in modo più esatto e più preciso le loro rivendicazioni e formularle pubblicamente, scegliere il momento più opportuno per la resistenza, scegliere il metodo di lotta, discutere la situazione e valutare le forze delle due parti impegnate nella lotta, ricercare se esiste un metodo migliore di lotta (che può essere, forse, una lettera al fabbricante oppure un ricorso all’ispettore o al medico, secondo le circostanze, quando non sia necessario passare direttamente allo sciopero, ecc.).

Attraverso questa lotta… gli operai, esaminando le diverse forme e i diversi casi di sfruttamento… imparano a comprendere il sistema sociale che si fonda sullo sfruttamento del lavoro da parte del capitale. In secondo luogo, in questa lotta gli operai sperimentano le proprie forze, imparano a unirsi, a comprendere la necessità e l’importanza di unirsi…

In terzo luogo, questa lotta sviluppa la coscienza politica degli operai... nel corso della lotta che essi conducono contro i fabbricanti per le proprie necessità quotidiane, sono indotti in modo spontaneo e inevitabilmente a interessarsi degli affari dello Stato, dei problemi politici… (di) come vengono promulgate le leggi e i regolamenti e quali interessi essi servono. Ogni vertenza di lavoro pone necessariamente gli operai in conflitto con le leggi e coi rappresentanti del potere statale…

...Che cosa vuol dire che la lotta della classe operaia è una lotta politica? Vuol dire che la classe operaia non può lottare per la propria emancipazione se non riesce a esercitare un’influenza sugli affari dello Stato, sulla direzione dello Stato, sulla promulgazione delle leggi…
quanto più il movimento operaio continuerà a progredire, tanto più chiaramente e recisamente si rivelerà e si farà sentire l’assoluta mancanza di diritti politici degli operai… La conquista della libertà politica diviene la «questione più urgente per gli operai», perché senza di essa gli operai non hanno né possono avere alcuna influenza sugli affari dello Stato...

il governo non sta al di sopra delle classi, ma prende sotto la sua protezione una classe contro l’altra, prende sotto la sua protezione la classe degli abbienti contro i nullatenenti, dei capitalisti contro gli operai.

Esiste quindi un solo mezzo per porre fine allo sfruttamento del lavoro da parte del capitale: liquidare la proprietà privata degli strumenti di lavoro, trasferire tutte le fabbriche, le officine, le miniere, tutte le grandi proprietà terriere, ecc. nelle mani di tutta la società, e organizzare la produzione socialista, diretta dagli stessi operai… Ma a tal fine è indispensabile che il potere politico, ossia la direzione dello Stato, dalle mani di un governo influenzato dai capitalisti e dai proprietari terrieri, o dalle mani di un governo composto direttamente da rappresentanti eletti dai capitalisti, passi nelle mani della classe operaia…

L’unione degli operai di tutti i paesi diventa necessaria, perché la classe dei capitalisti, che domina sugli operai, non limita il proprio dominio a un solo paese. Le relazioni commerciali fra i diversi Stati divengono sempre più strette e abbracciano un campo sempre più vasto; il capitale viene trasferito continuamente da un paese a un altro. Le banche, questi depositi di capitali che raccolgono il capitale in ogni luogo e lo danno in prestito ai capitalisti, da nazionali diventano internazionali… Le grandi società per azioni già si accingono a dirigere le imprese capitalistiche non in un solo paese ma simultaneamente in alcuni paesi; si creano le società internazionali del capitalisti. Il dominio del capitale è internazionale... Ecco perché il compagno dell’operaio russo nella lotta contro la classe dei capitalisti è l’operaio tedesco, polacco, francese, così come il suo nemico sono i capitalisti russi, polacchi, francesi… Essi (i capitalisti) si gettano avidamente sul giovane paese dove il governo è così ben disposto e servile verso il capitale come in nessun altro luogo, dove essi trovano operai meno uniti e meno capaci di opporre resistenza che in Occidente, dove molto più basso è il tenore di vita degli operai, e, quindi, anche il loro salario, sicché questi capitalisti stranieri possono realizzate profitti colossali, mai ottenuti nei loro paesi…

…(infine) Il programma dichiara che alleati degli operai sono, in primo luogo, tutti gli strati della società che lottano contro il potere assoluto del governo autocratico. Giacché questo potere assoluto è l’ostacolo principale alla lotta degli operai per la propria emancipazione, ne consegue che l’interesse diretto degli operai impone che si sostenga ogni movimento sociale diretto contro l’assolutismo… Ma, pur dichiarando che appoggerà ogni movimento sociale diretto contro l’assolutismo, il partito socialdemocratico proclama che non si separerà dal movimento operaio, perché la classe operaia ha propri interessi specifici, opposti agli interessi di tutte le altre classi…

*****

Lenin qui spiega perchè solo la lotta, gli scioperi sviluppano la coscienza come classe degli operai.

Ogni concezione educazionista, di influire sulla coscienza degli operai con le sole parole, la sola propaganda non collegata alla lotta, è illusoria, impotente, ma soprattutto frutto di una ideologia piccolo borghese, che resta tale anche se espressa e praticata da forze che si dicono comuniste.

Chi non ha mai aiutato gli operai ad organizzare uno sciopero, a formulare precisamente e meglio le rivendicazioni, a comprendere la situazione (che a volte porta a incoraggiare i lavoratori, superando ogni timidezza, sfiducia, opportunismi; altre volte a frenarne la rabbia, l’eccitazione di tutto e subito, ecc.) non ha “titolo”, “diritto” di organizzare, dirigere la lotta politica e la lotta rivoluzionaria.

Nello sciopero gli operai imparano che è una guerra di una classe contro la classe dei padroni, imparano che questa classe di sfruttatori ha dalla sua tutto il sistema politico, il governo, lo Stato, imparano a scontrarsi con le forze della repressione statale, sia quelle direttamente repressive, sia quelle giudiziarie; imparano a maneggiare le leggi dello scontro di classe che poi serviranno nella lotta rivoluzionaria. Imparano, come dice Lenin, a comprendere anche i momenti opportuni della lotta, i rapporti di forza, le forme della lotta che possano essere varie (anche una denuncia all’Ispettorato del lavoro è parte della lotta di classe e va concepita in questo modo); lezioni importanti che serviranno nella lotta per il rovesciamento del potere borghese e la instaurazione del potere operaio, per usare tattica e strategia.

E Lenin spiega come queste “lezioni” vengono sia quando lo sciopero è vittorioso, sia quando fallisce. Il fallimento porta a riflettere, a fare un passo indietro a volte per farne due avanti. Quindi, gli operai non devono avere paura di sbagliare, di fallire, non possono prima della lotta avere garanzia del risultato. E, quindi, non fare lo sciopero, se non c’è certezza di vittoria. Questo lo decide realmente solo la lotta.

Nella lotta i lavoratori comprendono, sperimentano spesso sulla propria pelle il ruolo dello Stato borghese. Nessun governo in questo sistema capitalista può essere amico o aiutare gli operai. Questo è importante che gli operai lo comprendano bene e scientificamente, perchè molte illusioni oggi persistono tra gli operai, le operaie anche nelle lotte più importanti. Essi si rivolgono al governo perchè risolva per es. situazioni di licenziamenti, di chiusura di fabbriche, ma il governo è proprio quello che ha aiutato i padroni in vari modi, e attraverso varie sovvenzioni ad aprire la fabbrica e oggi non ostacola la loro chiusura, o fa leggi ridicole.

Questo pone sì la necessità che gli operai nella loro lotta si pongano il problema del governo, ma non per elemosinare che sia al loro fianco nello scontro con i padroni, ma per influenzarlo/imporre/strappare con la loro lotta, unità e forza più grande, azioni a loro difesa.

Ma soprattutto questa lotta mostra in maniera chiara che – come dice Lenin – “per porre fine allo sfruttamento del lavoro da parte del capitale” gli operai devono porsi il problema del potere politico nelle loro mani. Il “potere deve essere operaio” non è solo un importante slogan, esso deve vivere nella lotta, esso pone la necessità di un unione della classe operaia più elevata, sul terreno della lotta politica.

In questa lotta la classe operaia deve avere degli “alleati” nei settori sociali che anche si oppongono al governo, allo Stato borghese al sistema capitalistica nel suo insieme.

Qui occorre porre due questioni. Primo che gli operai per avere questi “alleati” deve appoggiare le lotte, i movimenti di questi movimenti sociali (pensiamo ora al movimento degli studenti), e appoggio non significa limitarsi a fare dichiarazioni di solidarietà, ma sostenere attivamente le loro lotte, iniziative, e portare questa necessità da parte degli operai più coscienti, degli operai comunisti, rivoluzionari, nei propri posti di lavoro (perchè gli operai non possono fare uno sciopero per sostenere la lotta degli studenti che è “contro la scuola dei padroni”?).

Secondo, come scrive Lenin: “gli operai costituiscono un’unica classe, diversa da tutte le altre classi della società… la classe operaia ha propri interessi specifici, opposti agli interessi di tutte le altre classi…”; questo vuol dire che gli operai devono mantenere la propria autonomia pratica, politica, teorica, ideologica, altrimenti andranno alla coda dei movimenti che comunque sono espressione di altre classi, in generale della piccola borghesia; questo vuol dire anche che gli operai non appoggiano altri movimenti in modo acritico, ma indicano il fine ultimo necessario dell’opposizione al sistema dei padroni, la rivoluzione proletaria per una nuova società in cui il potere sia nelle mani della classe operaia e delle masse popolari; questo vuol dire che gli operai dicano ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che arretra e ciò che avanza e fa avanzare tutti.

Ma per essere classe d’avanguardia, per essere autonomi, gli operai devono organizzarsi in un loro partito (comunista), altrimenti non l’unità per l’emancipazione di tutta l’umanità praticheranno, ma un’alleanza interclassista, al servizio del riformismo.

Infine, l’unità degli operai a livello internazionale. Questa è una necessità che pone lo stesso capitalismo. Tanti operai lavorano in fabbriche che sono presenti in tanti paesi del mondo. Questa è da un lato, quindi, una condizione oggettiva e come se lavorassero fianco a fianco operai italiani e operai dell’Egitto, operai francesi, ecc., e spiega come la strategica indicazione di Marx: “Proletari di tutto il mondo unitevi”, è un messaggio che poggia su una realtà; dall’altro lato è una grande opportunità per l’unità della classe operaia nella lotta contro lo stesso capitalista.

Questa comprensione è necessaria a fronte di una posizione corporativa, che facilmente i sindacati confederali portano in una lotta in cui l’azione del capitalista in una sua fabbrica, per esempio in Francia, ha conseguenze per la fabbrica in Italia; o oggi sempre più nei processi di delocalizzazione, dove l’ampliamento della produzione all’estero è strettamente collegato ai licenziamenti, chiusure fabbriche in Italia. Ma, come spiega Lenin, il nemico degli operai dei vari paesi è il capitalista non certo gli operai francesi, egiziani, ecc; e l’unità degli operai dei diversi paesi rafforza la lotta di tutti gli operai, pone ostacoli seri ai piani dei padroni qui licenziano e lì aumentano lo sfruttamento, riducano i salari, aumentino i ricatti; e pone migliori condizioni per strappare risultati nella lotta in Italia, come nella lotta in Francia, in Egitto…

(CONTINUA GIOVEDI’ PROSSIMO)

 

martedì 22 febbraio 2022

Lavoratori pulizie Amat, lavoratrici Asili: aumento dell'orario di lavoro

Prossimo lo stato di agitazione che questa volta vede uniti i lavoratori e lavoratrici delle pulizie bus e uffici dell'Amat e le lavoratrici degli asili.

Ad entrambi il carico di lavoro è aumentato, soprattuttodalla pademia, ma l'orario e il salario è rimasto lo stesso (ma in realtà peggiorato per l'aumento dei prezzi,bollette, ecc.).

Entrambi chiedono che da subito Amat e Comune applichino l'incremento di un quinto previsto dall'appalto, e l'aumento stabile dell'orario di lavoro, almeno di un ora al giorno, nei prossimi appalti.

Sia Amat che Comune sono sordi a queste legittime richieste.

Per questo dal 2 marzo lo Slai cobas sc avvia lo stato di agitazione

lunedì 21 febbraio 2022

Quali lezioni trarre dalla lotta della Gkn - Dall'intervento della compagna dello Slai cobas sc alla assemblea con gli operai della Gkn a Taranto

Siamo molto contenti che voi lavoratori del Collettivo Gkn siete qui a Taranto. Vi ringraziamo non solo perché state facendo questo giro in tante realtà di lavoro e di lotta, dal nord al sud, ma vi dobbiamo ringraziare per due lezioni che con la vostra lotta ci avete trasmesso; e questo è un valore che va a tutte le realtà di lavoro in particolare, ma non solo, anche a tutte le realtà di lotta.
Da un lato il problema della lotta. Quando c’è un attacco, come quello che sta avvenendo in tante fabbriche – qui a Taranto ne vediamo un aspetto in almeno due/tre e più situazioni – quando c’è questo attacco è una sorta di guerra che stanno facendo i padroni con il loro fronte compreso il governo; non è che il governo può salvare o fare qualcosa per i lavoratori, lo stiamo vedendo anche in questi mesi, in questi giorni – vedi l’indecente, scandalosa norma sulla delocalizzazione che fa solo il solletico alle grandi multinazionali che anche con il doppio delle sanzioni delocalizzano lo stesso. Ma se loro fanno questa guerra, dall’altra parte è una guerra che bisogna fare e a cui bisogna attrezzarsi. Allora dalla Gkn viene chiaro che, quando gli operai vengono buttati fuori dal posto di lavoro dopo tanti anni di sfruttamento, la fabbrica si deve occupare, si devono mettere in campo iniziative di lotta dura, continua, chiaramente faticosa; però lo si deve fare, non ci può essere rassegnazione. ci deve essere ribellione, ci deve essere la parola d’ordine “insorgiamo”: di che ti lamenti, diceva una vecchia canzone, prendi lu bastone e tira fora li denti. Questo messaggio viene dalla Gkn, in una situazione purtroppo non scontata, in cui fino a pochi mesi fa si parlava di lotta solo di altri settori, per esempio la logistica, ma le fabbriche sembrava non avessero voce e forza. Dalla Gkn e anche in altre lotte dove i lavoratori e le lavoratrici vengono licenziate, penso alla lotta alla Mugello, alla Caterpillar, ecc., ora invece gli operai si fanno sentire; e quando gli operai vengono in primo piano, che padroni e governo comincino a preoccuparsi!
Oggi sulla stampa Visco dichiara, molto preoccupato, che a fronte dell’aumento dei prezzi gli operai e i lavoratori ora possano cominciare a lottare per aumenti salariali, pure per quella miseria di scala mobile; e solo per questo i padroni e tutta la loro corte tremano. E’ bene che lo facciano, danno linfa alla lotta!
L’altra lezione dalla Gkn è la questione dell’unità, della costruzione della solidarietà che è altrettanto importante. Una lotta non può per tanto tempo reggersi da sola, questo è possibile se si costruisce l’unità intorno alla classe che ci farà passare dalla preistoria alla storia dell’umanità. E questo non riguarda solo gli appelli ad altre realtà, studenti, movimenti sociali, ecc. a sostenere la lotta degli operai – purtroppo questo negli anni in cui ci sono stati momenti duri di lotta degli operai dell’Ilva è successo scarsamente -; in questo tour che voi della Gkn state facendo state anche restituendo questa solidarietà, non solo alle altre realtà di lavoratori e lavoratrici ma anche a settori sociali in lotta, ora gli studenti che ora lottano, finalmente lottano contro la scuola dei padroni che anche uccide un nostro giovane studente-lavoratore; ma anche l’otto marzo c’è la lotta delle donne che doppiamente subiscono non una ma tante catene. Noi vogliamo che i lavoratori sostengano queste mobilitazioni, capiscano la ricchezza delle lotte e dello stare insieme, perché qui, ripeto, è una guerra che dobbiamo fare, per cui ci dobbiamo attrezzare.
In una assemblea telematica autoconvocata che abbiamo fatto a gennaio e dove ha partecipato uno dei vostri operai della Gkn, questi a un certo punto chiese: che cosa ne pensate dell’accordo, facciamo bene ad accettarlo? Noi dicemmo allora che non sputiamo sui risultati parziali quando sono frutto della lotta; anche i risultati parziali, come questo dell’accordo che avete fatto, danno fiducia nella lotta agli operai, perché se si perde sempre viene solo la sfiducia; danno forza non per fermare la lotta – e sicuramente anche quest’accordo, voi lo avete detto, non vi farà ancora dormire sonni tranquilli – ma per continuare a lottare, perché il problema non è solo le delocalizzazioni ma è tutto il sistema di sfruttamento capitalista che noi vogliamo che finisca, vogliamo abolire e rovesciare; e ci vuole ben più di una lotta anche grossa di una singola realtà.
Quindi il problema è che quando un risultato è il frutto della lotta – e senza la lotta non ci sarebbe stato neanche quell’accordo – è importante perché permette di elevare la coscienza della necessità di non fermarsi ma di avanzare. Permettetemi di ricordare una frase di Marx – che credo sia “amico” di tutti noi – che dice: se gli operai per viltà rinunciano alla lotta quotidiana rinunciano in realtà a fare una lotta più generale, che metta fine a questo sistema di lavoro salariato di sfruttamento, che si ponga il problema che altro che governo politici ecc., ci vuole il potere operaio, ci vuole un governo operaio…, che chiaramente non ce lo danno con le elezioni.
Questi due aspetti sono delle lezioni che dalla Gkn dobbiamo trarre e chiaramente vedendo gli aspetti di forza e gli aspetti di debolezza, vedendo gli aspetti che devono essere generalizzati e quelli specifici.
Anche rispetto ai sindacati confederali. Noi siamo dello Slai cobas da tempo e riteniamo che i sindacati confederali cogestiscono i piani dei padroni esono un danno per i lavoratori; però il problema è l’unità dei lavoratori. Anche alla Tessitura di Mottola noi ci stiamo battendo perché al di là delle tessere e delle iscrizioni sindacali gli operai devono pensare al loro interesse e per questo si devono unire; e diciamo che ci stiamo riuscendo, nelle assemblee che fanno i lavoratori Slai cobas, nelle riunioni vengono anche altri operai. Per questo occorre che uniamo la lotta più dura e anche intelligente verso i vertici sindacali, le segreterie con l’unità dei lavoratori, l’unità nella lotta. In questo senso anche questa esperienza di “collettivo della Gkn” è un'altra lezione e va generalizzata - liberandoci dall'illusione di poter determinare la linea del sindacato confederale, della Fiom quando oggi sempre più la battaglia è per la costruzione del sindacato di classe che unisca tutte le esperienze classiste e combattive della classe.
Gli operai anche a Taranto devono farsi una ragione che bisogna rimboccarsi le maniche e lottare decisamente.
Mi rivolgo agli altri presenti, dobbiamo portare la realtà di Taranto alla manifestazione del 26 marzo e quindi arrivederci al 26 marzo!

Sull'assemblea pubblica della Tessitura di Mottola del 18 febbraio organizzata da Slai cobas sc

Presenti i rappresentanti Slai cobas provinciali e della RSA Tessitura Albini - lavoratori e cittadini solidali - ex assessori - rappresentanti del movimento degli studenti e del movimento delle donne lavoratrici.

E' stato fatto il punto della situazione, dopo l'incontro in Regione del 16 febbraio e le comunicazioni fatte ai lavoratori dall'on. Turco il 18 mattina.

L'incontro in Regione non ha portato ad alcuna novità se non la continuazione del processo di 'schedatura dei lavoratori' da parte dell'Arpal e di interlocuzioni con aziende interessate da parte dell'Agenzia Vertus

Lo Slai cobas ha chiesto un immediato intervento di tutti per:

- il pagamento della cassa integrazione straordinaria ai lavoratori

- una integrazione salariale per i lavoratori in CIGS, come è stato fatto con altre aziende

- corsi di riqualificazione retribuiti finalizzati all'azienda che rileverà lo stabilimento, dopo che essa è venuta fuori con un piano industriale serio

- serio significa assunzione di tutti con applicazione art.2112 - chiarezza della Regione su quanto accade in materia di aziende interessate alla rilevazione, che devono passare dai Tavoli in corso e da creare urgentemente al Mise, e non essere materia di propaganda elettorale.

Sulle affermazioni dell'on Turco all'assemblea del 18 febbraio al mattino a Mottola, lo Slai cobas e l'assemblea cittadina del 18 pomeriggio dicono:

1 - ben vengano aziende che vogliano assumere tutti i lavoratori, con tutela dei diritti acquisiti e nel più breve tempo possibile.

2 - Questo non deve essere materia di campagna elettorale o autopromozione politica

3 - L'on. Turco ha detto che già il 1 marzo ci sarebbe un incontro al Mise tra l'azienda - di cui parla, senza indicarla - sindacati e  governo

Su questo ultimo punto, i coordinatori provinciali dello Slai cobas dicono che si tratta di solo parole; per questo convocano una nuova assemblea pubblica - in luogo da decidere e comunicare - per l'immediata settimana successiva, in cui verificare l'attendibilità e la concretezza nei fatti di questa affermazione dell'onorevole Turco.

Slai cobas Taranto

Soldi rubati alle bonifiche - Draghi persiste...

Il governo sempre e solo a favore dei padroni!

(dalla stampa) - Il governo interverrà per rimettere a posto le cose - "mettere a posto le cose" per Draghi significa dare soldi ai padroni, ora per la produzione, e toglierli per la salute dei lavoratori e cittadini di Taranto e anche per il lavoro che dovrebbero fare i 1600 operai in cigs di Ilva AS - per dare ad Acciaierie d'Italia (l'ex Ilva) almeno una parte dei fondi cancellati da un "blitz" di maggioranza con un emendamento al Milleproroghe. Il premier, Mario Draghi, lo ha fatto capire ai capi delegazione giovedì, nella riunione convocata per avvertirli della sua indisponibilità ad andare avanti se le decisioni del Consiglio dei ministri continueranno ad essere sconfessate.

E il governo, con il Parlamento, starebbe già studiando come porre rimedio... Le correzioni potrebbero non arrivare subito, visto che il decreto Milleproroghe è in scadenza e sarà blindato con due voti di fiducia, in settimana, prima alla Camera poi al Senato.

E Draghi trova subito l'appoggio del PD (che come ora alcuni operai chiamano: Partito di Destra o comunisti di destra...): "Ha fatto bene", dice Enrico Letta, "a strigliare la maggioranza": il segretario Pd ha rimproverato i deputati dem per aver votato contro il governo su Ilva, per ridare alle bonifiche i 575 milioni che l'esecutivo aveva destinato alla società.

Il risultato di quel voto, osservano dal governo, è che ora si dovrà intervenire a sostegno dell'azienda con una nuova norma - quindi, comunque i soldi vanno dati, anche scavalcando il parlamento. In futuro, suggerisce il segretario Pd, "come metodo bisogna distinguere i temi negoziabili da quelli non negoziabili, su cui è giusto mettere la fiducia". 

sabato 19 febbraio 2022

Bosch Bari. Sciopero fuori ai cancelli della fabbrica i giorni 25 e 26.


Bosch Bari. Perché partecipo allo sciopero fuori ai cancelli della fabbrica i giorni 25 e 26.

Perchè la transizione ecologica diventi una opportunità di rilancio di un sito produttivo invece di farla diventare un' arma in mano alle aziende per attuare licenziamenti funzionali anche all'arretramento dei diritti dei lavoratori. 

Per rilanciare una formazione ed una riqualificazione professionale VERA, in cui i lavoratori siano liberi di scegliere come e da chi possano acquisire nuove competenze.

Perchè i lavoratori e le lavoratrici non sono esuberi ma risorse da rimettere al centro di un paradigma sociale in cui il lavoro debba essere assolutamente  SOSTENIBILE e produrre SOSTENIBILITÀ.

Perchè il vero esubero è il profitto  delle multinazionali, compresa Bosch, ed è più sacrificabile della dignità di chi lavora e del territorio in cui abita.

Il 25 e 26 sono in sciopero. Mo avast!
 
 Inviatoci da Coordinamento NoTriv Terra di Bari

Oggi al presidio degli studenti a Taranto, all'interno della grande mobilitazione studentesca in tantissime città contro la scuola dei padroni


L'intervento per lo Slai cobas e Mfpr di una lavoratrice oggi in piazza Immacolata,alpresidio degli studenti e studentesse

Un forte saluto e solidarietà da parte delle lavoratrici dello Slai Cobas per il sindacato di classe e del movimento femminista proletario rivoluzionario.

Il governo parla di ritorno alla normalità, ma la normalità che vogliono lor signori è continuare a sfruttarci, nei posti di lavoro come nelle scuole. Si parla di ritorno alla normalità, per imporre il ripristino del vecchio modello di esame e del vecchio modello di scuola. Una scuola al servizio non degli studenti, delle studentesse, ma una scuola al servizio delle aziende, una scuola che non insegna ad appropriarsi di una coscienza critica, ma ad essere sfruttate e sfruttati in silenzio, a regalare ore di lavoro ai padroni, e spesso anche la vita.

La morte di Lorenzo poi di Giuseppe dopo pochi giorni non è stata casuale. Sono stati uccisi da questo modello di scuola, per questo modo di produzione fondato sullo sfruttamento. Sono vittime di questo sistema capitalista come tanti lavoratori e tante lavoratrici, come Laila EI Harim o Luana d’Orazio ad esempio, che nonostante avessero denunciato il malfunzionamento dei macchinari ai quali lavoravano sono state tenute in fabbrica con quei macchinari e quei ritmi di sfruttamento fino a morirne, perché per il sistema capitalista la sicurezza sul lavoro è un costo, così come la sicurezza nei luoghi di studio e sul territorio, così come la salute pubblica.

La Ministra Lamorgese si preoccupa della sicurezza delle manifestazioni, ma se ne frega della sicurezza degli studenti.

Per tutte queste morti non può bastarci il lutto, sono i padroni, questo sistema, il governo che li sostiene che devono pagare tutto! Ecco perché è importante questa iniziativa oggi qui, e tutte le manifestazioni degli studenti e delle studentesse che stanno attraversando l’Italia dal nord e al sud, e che questo Stato borghese non ha esitato a reprimere, manganellando studenti e studentesse, o ora cercando di perseguire i più attivi (li chiama “infiltrati”).

Ma gli studenti hanno tutto il diritto di fare cortei, presidi. Perché questa scuola non è la scuola che ti fa vivere, è la scuola che ti fa morire, non è la scuola che ti fa crescere e ti forma nella solidarietà, ma ti forma nell’individualismo e nello sfruttamento, ti educa alla sottomissione, alla competizione e all’ignoranza e non può essere riformata!

Per le donne poi questo modello di scuola mostra ancor di più la sua ipocrisia: le studentesse studiano, per poi uscire dalla scuola e trovarsi in una società in cui le donne sono le prime ad essere licenziate, sono le prime a essere precarizzate o a rischiare il posto di lavoro se aspettano un figlio. Una scuola che dovrebbe educare alla “convivenza civile”, alla “parità di genere”, e poi tace sulle molestie sessuali e le discriminazioni agite anche nella stessa istituzione scolastica, come accaduto a Cosenza ad esempio. Una scuola dove le donne, pur studiando di più rispetto agli uomini, hanno meno possibilità di emanciparsi, e quando escono dalle scuole vengono uccise ogni giorno, violentate ogni giorno!

La scuola è degli studenti e delle studentesse, non dei padroni !

Questa è una scuola che insieme studenti e lavoratori dobbiamo combattere per prendere nelle mani il nostro futuro!

Questa unità la dobbiamo far vivere da subito. A Taranto tanti lavoratori, lavoratrici sono buttati fuori dal lavoro, alcuni stanno lottando, ma serve la solidarietà.

Venite all’ASSEMBLEA DEI LAVORATORI E LAVORATRICI DELLA TESSITURA DI MOTTOLA CHE SI TIENE STASERA ALLE 17,00 NELLA SALA CONVEGNI COMUNALE DI MOTTOLA

COSTRUIAMO INSIEME A TARANTO L’8 MARZO. L’8 marzo è la giornata internazionale di lotta delle donne, non è un giorno di mimose, di rose e cioccolatini, è un giorno di lotta, perché per questa giornata tante operaie sono morte uccise!

PER PREPARARLA IL 1° MARZO VI SARA’ UN’ASSEMBLEA NAZIONALE ON LINE ALLE 17,30 - PARTECIPATE! (Il link è nel volantino che ho distribuito – oppure potete venire nella sede Slai cobas via Livio Andronico, 47 per seguirla e intervenire)

giovedì 17 febbraio 2022

Formazione Operaia - Lenin: Sui sindacati, gli scioperi... - 2° parte

L’unione degli operai nella lotta contro il capitalismo

Riportiamo molte parti del secondo capitolo di questo importante opuscolo che raccoglie vari scritti di Lenin, questo (contenuto nel Progetto e illustrazione del programma del partito socialdemocratico) fu scritto in carcere tra il 1895 e il 1896, con inchiostro simpatico in mezzo alle righe di un giornale.

Invitiamo gli operai, tutti i lettori e lettrici a leggerlo tutto e con attenzione, perchè anche se è più lungo del precedente testo, contiene analisi e posizioni illustrate in modo molto chiaro che ogni operaio, lavoratore, lavoratrice può riscontrare anche oggi nella sua realtà.

LA NECESSITA’ DELL’UNIONE DEGLI OPERAI

Dal testo di Lenin:

“...l’operaio isolato – scrive Lenin – è impotente e inerme di fronte al capitalista… L’operaio deve ricercare, a qualunque costo, i mezzi per opporre resistenza al capitalista, per difendersi. E questo mezzo lo trova nell’unione. Impotente se isolato, l’operaio diviene una forza quando si unisce ai propri compagni; allora può lottare contro il capitalista e opporgli resistenza.
L’unione diventa una necessità per l’operaio dinanzi a cui già sta il grande capitale. Ma è possibile unire una massa di persone estranee tra loro, anche se lavorano nella stessa fabbrica? Il programma indica le condizioni che preparano gli operai all’unione e sviluppano in loro la capacità e l’attitudine a unirsi. Esse sono:…

il lavoro collettivo di centinaia e migliaia di operai educa, di per sé, gli operai alla comune discussione delle proprie esigenze, all’azione comune, mettendo in luce l’identità della situazione e degli interessi di tutta la massa operaia.
…le continue peregrinazioni di fabbrica in fabbrica educano gli operai a prender contatto con le condizioni e gli ordinamenti delle diverse fabbriche, a paragonarli, a persuadersi che esiste un identico sfruttamento in tutte le fabbriche, ad assimilare l’esperienza degli altri operai nei loro conflitti col capitalista, e consolidano così la compattezza e la solidarietà degli operai.


…queste condizioni, nel loro complesso, hanno fatto sì che la nascita delle grandi fabbriche e officine generasse l’unione degli operai... Quanto più vigoroso è lo sviluppo delle grandi fabbriche e officine, tanto più frequenti, energici e tenaci diventano gli scioperi, giacché quanto più opprimente è il giogo del capitalismo, tanto più necessaria è la resistenza comune degli operai… quanto più il capitalismo si sviluppa e gli scioperi diventano frequenti, tanto più lo sciopero (isolato) si rivela un’arma inadeguata. I fabbricanti prendono contro gli scioperi provvedimenti comuni: stipulano tra loro un’alleanza, assumono operai in altre località, ricorrono all’appoggio del potere statale, che li aiuta a spezzare la resistenza degli operai. Contro gli operai non v’è più soltanto il singolo proprietario della singola fabbrica; contro di loro vi è tutta la classe dei capitalisti, sostenuta dal governo... ottenendo dal governo leggi antioperaie, trasferendo le fabbriche e le officine in località più remote, ricorrendo al lavoro a domicilio e a mille altri raggiri e sotterfugi a danno degli operai.L’unione degli operai di una singola fabbrica, di un singolo ramo dell’industria, si rivela inadeguata a resistere a tutta la classe dei capitalisti; diventa assolutamente indispensabile l’azione comune di tutta la classe degli operai. Così, dalle rivolte operaie isolate nasce la lotta di tutta la classe operaia. La lotta degli operai contro i fabbricanti si trasforma in lotta di classe. Tutti i fabbricanti sono uniti dallo stesso interesse di asservire gli operai e di retribuirli il meno possibile… Anche gli operai sono uniti dal comune interesse di non lasciarsi schiacciare dal capitale, di difendere il proprio diritto alla vita e a un’esistenza umana…

…Ci domandiamo adesso quale significato questa lotta assume per tutto il popolo e per tutti i lavoratori… Il numero di coloro che vivono di lavoro salariato aumenta rapidamente… Il dominio del capitale sul lavoro si estende alla massa della popolazione… Le grandi fabbriche portano al massimo grado di sviluppo lo sfruttamento del lavoro salariato, che è alla base della società contemporanea. Tutti i metodi di sfruttamento applicati da tutti i capitalisti in tutti i rami dell’industria… nell’interno della fabbrica, vengono riuniti, potenziati, resi norma costante, estesi a tutti gli aspetti del lavoro e della vita dell’operaio, creano tutto un ordinamento, un sistema organico mediante il quale il capitalista sfrutta fino all’ultimo sangue l’operaio.
Spieghiamoci con un esempio: sempre e dappertutto, chiunque venga assunto a un lavoro, si riposa, non lavora nel giorno festivo, se questa festività è celebrata nel luogo in cui egli vive. Assolutamente diversa è la situazione nella fabbrica: assumendo il lavoratore, la fabbrica ne dispone a proprio arbitrio, senza tener assolutamente conto delle abitudini dell’operaio, del suo consueto modo di vita, della sua situazione familiare, delle sue esigenze intellettuali. La fabbrica esonera l’operaio dal lavoro solo quando ciò è per essa necessario, costringendolo a uniformare alle proprie esigenze tutta la sua vita, costringendolo a frazionare il riposo e, col sistema dei turni, a lavorare di notte e nei giorni festivi. Tutti gli abusi che si possono immaginare per quanto concerne l’orario di lavoro, la fabbrica li mette in pratica e inoltre introduce proprie «norme», propri «regolamenti» che sono obbligatori per ogni operaio. Il regolamento interno della fabbrica è architettato in modo tale che consente di spremere dall’operaio tutta la quantità di lavoro che egli può dare, di spremere l’operaio quanto più rapidamente è possibile per poi buttarlo sul lastrico!… La fabbrica pretende che l’operaio rinunci alla propria volontà; essa impone una disciplina, costringendo l’operaio a iniziare il lavoro e a interromperlo al suono della campana, si arroga il diritto di punire l’operaio, e per ogni infrazione alle norme da essa stabilite gli infligge una multa o gli impone una trattenuta sul salario. L’operaio diviene così un pezzo di un’immensa macchina; egli deve essere altrettanto cieco nell’ubbidienza, sottomesso e privo di volontà, quanto la stessa macchina.
(Altro) esempio. Chiunque venga assunto a un lavoro, ogni qualvolta è insoddisfatto del padrone, fa ricorso al tribunale o alle autorità. Sia le autorità che il tribunale risolvono di solito la vertenza a vantaggio del padrone, gli tengono bordone; tuttavia questo favoreggiamento degli interessi padronali non si fonda su una norma generale o sulla legge, ma soltanto sul servilismo di taluni funzionari… Ogni singolo caso di una siffatta ingiustizia dipende da ogni singolo conflitto tra operaio e padrone, da ogni singolo funzionario. La fabbrica invece riunisce una tale massa di operai, porta le vessazioni a un tale grado, che diventa impossibile sceverare ogni singolo caso. Si creano norme generali, si elabora una legge sui rapporti tra gli operai e i fabbricanti, una legge obbligatoria per tutti, dove il favoreggiamento degli interessi padronali è sancito dal potere statale. All’ingiustizia di taluni funzionari si sostituisce l’ingiustizia della stessa legge. Si hanno, per esempio, norme secondo le quali in caso di assenza ingiustificata l’operaio non solo perde il salario, ma deve pagare anche una multa, mentre se il padrone manda a spasso un operaio non deve pagargli nulla. Così, il padrone può licenziare l’operaio per una risposta insolente, ma l’operaio non può andarsene per la stessa ragione…

Tutti questi esempi dimostrano come la fabbrica intensifichi lo sfruttamento degli operai e lo renda generale, erigendolo a «sistema»... L’operaio comprende di non essere oppresso da un solo capitalista ma da tutta la classe dei capitalisti, perché in tutte le fabbriche vige lo stesso sistema di sfruttamento; nessun capitalista può sottrarsi a questo sistema: se egli, per esempio, volesse abbreviare il tempo di lavoro, dovrebbe vendere le merci a un prezzo più alto del suo vicino, del fabbricante che costringe l’operaio a lavorare più a lungo, pagandogli lo stesso salario. Se vuole migliorare la propria situazione, l’operaio deve oggi lottare contro tutta la struttura sociale fondata sullo sfruttamento del lavoro da parte del capitale. Contro l’operaio non v’è più la singola ingiustizia di un qualsiasi funzionario, ma l’ingiustizia dello stesso potere statale… La lotta degli operai di fabbrica contro i fabbricanti si trasforma quindi ineluttabilmente nella lotta contro tutta la classe dei capitalisti, contro l’intiera struttura sociale fondata sullo sfruttamento del lavoro da parte del capitale. Perciò la lotta degli operai assume un significato sociale, diventa una lotta in nome di tutti i lavoratori, contro tutte le classi che vivono del lavoro altrui. Perciò la lotta degli operai… è l’alba dell’emancipazione degli operai...”

*****

Lenin spiega quanto sia indispensabile per gli operai la loro unità per essere una forza contro i capitalisti e contro il governo. Solo attraverso questa unità gli operai passano da essere singoli individui sfruttati ad essere una classe che si oppone e può vincere nello scontro quotidiano contro la classe dei padroni.

D‘altra parte è lo stesso capitale creando grandi industrie, concentrando sempre più lavoratori nella stessa fabbrica, ma anche applicando le stesse leggi di sfruttamento in ogni posto di lavoro, spinge all’unità non solo nella singola fabbrica ma sempre più tra lavoratori di differenti fabbriche.

Questa verità storicamente dimostrata e sempre più attuale, è un’altra ragione della lotta che devono fare gli operai contro i piani di riduzione del numero degli operai, di spezzettamento della realtà lavorativa – non solo perchè questi piani portano a licenziamenti, aumento dello sfruttamento di chi resta, pressione per abbassare i salari, ma anche perchè il “numero conta” (come dice Marx) e i padroni vogliono spezzare la forza degli operai e fiaccare la coscienza operaia. – In questo testo si comprende quanto sono stupidi quei piccolo borghesi che hanno in odio, guardano con sgomento le grandi fabbriche; questi non vedono o, meglio, non vogliono vedere che oltre il concentrato di sfruttamento, oltre la sintesi di tutti gli attacchi, gli abusi che la grande fabbrica produce, fino a farne un “sistema organico“, c’è la costruzione di una unione maggiore degli operai; della serie: il capitale concentrando i lavoratori si dà la zappa sui piedi.

Lenin spiega come il lavoro in comune degli operai sia un valore verso l’unione dei lavoratori. Per esempio, al di là delle ricadute negative (su limiti di orari inesistenti, danni alla salute, riduzione del salario, ecc.) l’altra conseguenza nefasta del lavoro in smart working è che viene spezzata quella comunanza di lavoro tra i lavoratori e le lavoratrici che inevitabilmente riduce le possibilità di lotta.

Così come Lenin mostra l’altro lato dei trasferimenti degli operai da una fabbrica ad un’altra, in cui insieme all’aspetto di forti ricadute negative, vi è però un aspetto positivo: acquisire una visione ampia dello sfruttamento, che è appunto un sistema identico, un ordinamento esistente dal nord al sud;prendere contatto con altri operai, altre lotte, altre esperienze. Questo oltre che unire ancora di più gli operai, è un elemento di emancipazione – e pensiamo alle donne quanto (nonostante tutto il brutto del trasferimenti) questo aiuterebbe nell’emancipazione, nel rallentare le catene familiari).

L’importanza dell’unità è una verità che anche oggi ogni operaio può constatare. Essere coscienti di questo e perseguire questa unità è ciò che gli operai più coscienti devono fare, contrastando un atteggiamento spontaneo, che ritroviamo oggi in varie realtà di lavoro, di sfiducia, critica moralista verso i propri compagni di lavoro, che porta a volte alla rassegnazione sulla impossibilità di una lotta comune. Questo atteggiamento è impotente: guarda gli operai come individui e non come un corpo unico, che solo nell’unità e nella lotta cresce e si trasforma. In questo senso vale più una lotta anche se ancora piccola o anche non vincente che tanti discorsi o prediche.

Nella crisi del sindacato, nelle fabbriche soprattutto, si sono riprodotte tra i lavoratori situazioni e concezioni “antiche”, quasi degli albori del movimento operaio. Questo è bene averne coscienza, per capire come operare, per “ricominciare” a volte. E’ diventato frequente perfino nelle grandi fabbriche che l’operaio sia retrocesso come coscienza e comportamento a lamentele e rabbia individuale. Ma l’operaio da solo è impotente di fronte al padrone e quindi l’unione con gli altri operai è il primo passo da fare.

I sindacati attuali oltre il danno enorme che fa attualmente nel non difendere il lavoro, le condizioni di lavoro, il salario degli operai e nel far passare i piani dei padroni, ha fatto in tutti questi decenni un danno ancora maggiore nel far retrocedere la coscienza dell’operaio a una concezione del sindacato al massimo ad personam, per risolvere miseri problemi individuali. Questi sindacati hanno ucciso la lotta e l’unità degli operai come classe.

Combattere questa attitudine è il problema principale che un sindacato di classe ha davanti e deve affrontare.

Nello stesso tempo è contro l’unità dei lavoratori un altro atteggiamento, questo più cosciente e alimentato anche da dirigenti di sindacati di base, di considerare la propria lotta, il livello di forza raggiunto nel proprio posto di lavoro con uno spirito “aristocratico” verso altri lavoratori e realtà. Questo atteggiamento è quantomeno miope. Come spiega bene Lenin, i padroni si uniscono contro gli operai, e gli operai necessariamente devono unirsi contro i padroni. E’ una guerra di classe quella che la classe capitalista, nel suo complesso, porta avanti per difendere e aumentare i suoi profitti e costruisce per essa un fronte, con governo, Stato, forze di repressione, stampa/tv, intellettuali al suo fianco. Contro tutto questo non basta certo una singola lotta anche se dura, forte, né basta una lotta di un solo settore dei lavoratori, occorre che anche gli operai facciano la loro guerra di classe e costruiscano la loro unità e il loro fronte. Quindi il giusto atteggiamento, di cui sia pur pochi esempi ci sono, è di aiuto verso le realtà lavorative più deboli, più arretrate; di vedere la propria esperienza di lotta, i risultati che si è riusciti a conquistare, non come “propri”, ma al servizio dell’unità e della discesa in lotta di tutti i lavoratori.

(CONTINUA GIOVEDI' PROSSIMO)

Ex Ilva, abrogato l’art. 21 del Milleproroghe - Ma aspettiamo a dire "vittoria"...

Cassata la norma che rivedeva l'utilizzo di alcune delle risorse dei fondi sequestrati ai Riva in dotazione ad Acciaierie d'Italia

- Corriere di Taranto

pubblicato il 17 Febbraio 2022, 08:31

E’ stato abrogato nella notte, come avevamo anticipato ieri, l’art. 21 del Milleproroghe Imprese di interesse strategico nazionale”: è stato infatti approvato l’emendamento soppressivo a larghissima maggioranza (hanno votato contro soltanto la Lega e Fratelli d’Italia)...

Ricordiamo che l’art. 21 prevedeva una rivisitazione delle norme sull’utilizzo di una parte dei fondi sequestrati alla famiglia Riva, il così detto ‘Patrimonio destinato‘ pari a 1,157 miliardi di euro acquisito dall’amministrazione straordinaria dell’ex Ilva (normato dall’articolo 3, comma 1 del D.L. 1/2015), prevedendo che le somme finora rimaste inutilizzate, che secondo la relazione illustrativa sono in tutto 575 milioni, andassero nello specifico a finanziareprogetti di decarbonizzazione ed elettrificazione del ciclo produttivo dell’acciaio”. La norma prevedeva più nello specifico che 450 milioni fossero destinati all’attuazione del piano ambientale e di tutela sanitaria e 190 milioni alla bonifica del sito del siderurgico di Taranto e della connessa centrale termoelettrica.

(rileggi l’articolo sulla norma che regola l’utilizzo dei fondi dei Riva https://www.corriereditaranto.it/2022/01/07/ex-ilva-un-nodo-difficile-da-sciogliere/)

Come già evidenziato ieri, le somme in questione sono e restano nella disponibilità di Acciaierie d’Italia. Come previsto dall’Addendum del settembre 2018 sottoscritto tra il MiSE e ArcelorMittal Italia, 352 milioni di euro sono destinati ad interventi di decontaminazione e 188 milioni di euro per le bonifiche del sottosuolo.

Dunque non tornano nella disponibilità dei Commissari Straordinari, come erroneamente pensano in molti, i quali gestiscono la restante parte dei fondi dei Riva, pari a 617 milioni di euro destinati alla bonifica e alla messa in sicurezza permanente delle aree esterne (alcune comprese ed altre non all’interno del Piano Ambientale 2017 e presenti sia all’interno che all’esterno del siderurgico).

Ciò detto, è molto probabile che adesso il governo proverà a riscrivere quella norma inserendola in un prossimo decretospecificando meglio l’utilizzo delle risorse in dotazione ad Acciaierie d’Italia. L’essere andati sotto su un articolo relativo ad una vicenda così importante e delicata come quella dell’ex Ilva, con tutti i partiti di maggioranza compatti nella votazione ad eccezione della Lega, deve far riflettere l’esecutivo sul fatto di come oramai si tratti di un tema centrale e sensibile, dove i partiti si giocano, per motivi diversi, gran parte del loro futuro prossimo nella prossima campagna elettorale per le politiche del 2023 e non solo. E visto che a Taranto si voterà per eleggere il nuovo sindaco a maggio e nessuno vorrà avere sulla testa una spada di Damocle di questa portata. Ad maiora.

(per sapere a che punto sono le attività dei Commissari di Ilva in AS rileggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2022/02/16/bonifiche-ex-ilva-a-che-punto-siamo/)

Operai - studenti uniti nella lotta!

mercoledì 16 febbraio 2022

Interventi all'incontro di domenica 13 con gli operai della Gkn - L'intervento di apertura del Collettivo GKN

Intervento iniziale del Collettivo GKN

Grazie a tutti, è veramente emozionante essere a centinaia di chilometri da casa e avere un abbraccio così importante.
Noi ora siamo sotto un nuovo proprietario, ma sostanzialmente non produciamo niente tanto che la Gkn è stata denominata "la fabbrica del futuro".

Il nostro "insorgiamo tour", che è l'appuntamento che vogliamo lanciare per il prossimo 26 marzo, è un giro di racconto della nostra esperienza e anche di proposta.

Mi interessa raccontarvi la nostra storia e la nostra organizzazione quando eravamo ancora Gkn e producevamo ancora i semiassi che servivano gli stabilimenti di tutta Italia. La Gkn continua ancora oggi a produrre semiassi per tutti gli stabilimenti Fiat ma non lo fa più a Firenze perché l'azienda ha deciso di delocalizzare la nostra produzione verso altri paesi europei.

La nostra storia è legata alla Fiat qui a Firenze dove gli stabilimenti Fiat esistevano dagli anni 30 ma  che a metà degli anni 90 è stato deciso di chiudere e alcune produzioni sono state portate a Campo Bisenzio e consegnate a questa multinazionale che si chiama Gkn che è presente in tanti paesi dall' Asia  all'Europa, all'America.

Dentro la Gkn siamo cresciuti. Io sono entrato nel 97, sono quasi 25 anni di lavoro dentro lo stabilimento e ovviamente la nostra è stata una formazione classica da ragazzi avvicinati all'organizzazione sindacale confederale, ma le divisioni classiche delle organizzazioni sindacali le divisioni dei vertici si  ripercuotevano nelle linee di produzione nei lavoratori. Comunque si discuteva tutti. Ma quando a scioperare era una sigla sindacale gli altri lavoratori non scioperavano, l'approccio era differente con l'azienda: chi era più duro chi era più morbido e noi da ragazzi ci siamo cresciuti con quelle divisioni.

Nel 2007 l'allora organizzazione sindacale si accorda con la direzione aziendale su un cambio di orario di lavoro, quello che piace tanto ai padroni: ti lasciano a casa il lunedì e il martedì e ti lasciano lavorare il sabato e la domenica senza integrazione, devastando te, la vita sociale fatta di amici, famiglia, figli.
Un gruppo di lavoratori inizia a organizzarsi per contestare questo accordo. Quello è il gene che fa nascere il collettivo di fabbrica. E' avvenuta una discussione feroce su quell'accordo che ha portato appunto uno scontro con le organizzazioni sindacali e che successivamente ha portato a una divisione nelle organizzazioni sindacali. Nel 2007 ha preso corpo il collettivo di fabbrica, la volontà di alcuni lavoratori di ricominciare daccapo. E infatti ha portato quei lavoratori a fare una discussione differente che portasse più autonomia ai lavoratori e alla nuova RSU; quel gruppo di lavoratori si è fatto organizzazione sindacale ed è arrivato fino ai giorni nostri da quella esperienza. Noi abbiamo capito che le divisioni all'interno delle Officine, all'interno dei lavoratori che vengono spesso portate dai vertici sindacali non sono utili allo scontro con l'azienda, con i padroni, su quell'idea ci siamo fondati.

Erano gli anni della crisi, quella del 2009, la crisi del debito, cassa integrazione... Nacque un comitato cassaintegrati lavoratori Gkn, ci ritrovavamo il sabato o dopo l'orario di lavoro nei centri sociali della zona, provavamo a iniziare una discussione non solo tra delegati  ma cercando di avvicinare i lavoratori sempre di più all'attività sindacale, cercando di fare formazione, studiare le leggi, i contratti aziendali, cercando di farci un'idea di quello che volevamo noi lavoratori, quello che volevamo dare alla nostra organizzazione. Negli anni questa organizzazione si è strutturata ed è nato appunto il collettivo di fabbrica che nasce intorno al 2017, quindi 10 anni dopo di un lavoro sindacale fatto alla base. 

Abbiamo discusso all'interno di RSU con compagni, compagne tessili di sigle differenti. Quando ci sono stati i contratti separati stavamo anche 18 ore nella saletta sindacale a studiarci il contratto vecchio quello nuovo. Eravamo sempre d'accordo che i contratti peggioravano sempre, si capiva che erano  contratti che mettevano in discussione i diritti e il salario dei lavoratori.

Il collettivo di fabbrica è una struttura volontaria che nei momenti di massima partecipazione contava una cinquantina di lavoratori sparsi tra i turni e utilizzavamo la saletta sindacale ubicata al centro dello stabilimento per trovarsi e discutere, non solo tra delegati ma con quei lavoratori che avevano deciso di aderire al collettivo di fabbrica su tre turni e quindi i compagni della mattina si fermavano a fine turno alle 14 e invece di andare negli spogliatoi venivano al collettivo di fabbrica e si affrontava la discussione sui contratti nazionali, sulle leggi sulla solidarietà, sulla rete di appalti precari, comunque le vertenze che erano nel nostro territorio. A volte abbiamo promosso anche iniziative di sabato con lavoratori che non sono Gkn che potevano comunque utilizzare i nostri circoli; questo serviva a far crescere la consapevolezza dei nostri colleghi. Da quel gruppo del collettivo di fabbrica abbiamo deciso di rafforzare la nostra organizzazione, riconosciuta dall'azienda, rafforzando le RSU. Un'azienda come la nostra contava 450 lavoratori e circa sei delegati di cui tre delegati alla sicurezza, attraverso la discussione con l'azienda abbiamo aumentato la RSU portandola a 7 ci siamo conquistati un altro delegato alla sicurezza, perché nel montaggio dei due semiassi c'erano un sacco di problemi muscolo scheletrici che portavano i lavoratori a delle operazioni ai tendini e ai gomiti; abbiamo fatto un lavoro approfondito sulla parte ergonomica della nostra lavorazioni.

Oltre a questo ci siamo dovuti ovviamente scontrarci con la Fiat con l'avvento del "marchionismo", con la rivoluzione che Marchionne ha portato negli stabilimenti FIAT con l'avvento degli emissari del padrone dentro le linee di produzione. Noi Gkn abbiamo seguito quello schema e ci siamo dotati dei delegati di raccordo, che sono una struttura che arriva dal passato sempre di marchio Fiat che vedeva dei delegati di raccordo esperti. Noi abbiamo ulteriormente aumentato la nostra organizzazione di 12 delegati di raccordo riconosciuti dall'azienda che portava la nostra organizzazione sindacale riconosciuta quindi con permessi sindacali a 20 delegati in un'azienda di 450 persone. 

Noi tenevamo conto di tutto, mettevano bocca su tutto, riuscivamo a discutere con l'azienda anche dell'organizzazione del lavoro, dell'attraversamento del pezzo attraverso le linee di produzione, le tempistiche, ecc. Ovviamente c'era il collettivo di fabbrica che aiutava e coadiuvava l'organizzazione a gestire il rapporto con l'azienda.

Nonostante il nostro controllo capillare, quel nove di luglio l'azienda c'è l'ha fatta in maniera furbesca e silenziosa, è riuscita a delocalizzare la nostra produzione verso altri paesi, a chiudere lo stabilimento sfruttando tutte le varie crisi che sono arrivate dal covid, la crisi dei semiconduttori, la crisi della benzina Diesel. Con una scusa raccontandoci che gli stabilimenti Fiat erano fermi per la problematica legata ai semiconduttori ci chiedono un giorno di ferie, concordiamo con l'azienda una giornata di ferie collettiva tutti i lavoratori, ci faceva anche comodo... Invece quel 9 di luglio ci è arrivata una lettera a noi delegati dove sostanzialmente si dichiarava la chiusura totale dello stabilimento

Ovviamente attraverso la nostra organizzazione abbiamo dato l'allarme ai nostri lavoratori. Ci siamo trovati davanti all'azienda e abbiamo notato da subito che l'azienda aveva un aspetto strano. In portineria dove arrivano gli allarmi antincendio e tutti gli allarmi, ecc, non c'era il nostro portiere ma c'era una guardia armata, all'interno dello stabilimento, invece di impiantisti e manutentori, c'erano 12 Bodyguard armati di Taser e di tirapugni. Davanti a una situazione del genere ci siamo consultati in 10 minuti e circa dopo un'ora abbiamo sfondato letteralmente i cancelli dello stabilimento, abbiamo  fatto uscire i bodyguard e le guardie armate e ci siamo ripresi lo stabilimento che sostanzialmente era la nostra casa. 

Da quel momento ovviamente c'è stato sgomento, perché è vero che quando si lavora per una multinazionale non si è mai al riparo, ce l'hanno insegnato quelli che ci hanno preceduto, gli anziani della Fiat quando chiusero la stabilimento di Firenze. Le multinazionali quando vogliono andare via dal paese purtroppo non ci sono leggi che lo impediscono Ma in quella maniera molto repentina è stata una doccia fredda per tutti. 

Certo, el 2018 la fabbrica era stata acquistata da un fondo finanziario il cui slogan è "Risana e rivendi", nell' accenzione negativa del termine che vuol dire chiudi gli stabilimenti e licenzia e poi rivendi e spacchetta quello che rimane.

Dopo quei primi giorni che sono stati confusionari, ci siamo dati un'organizzazione e abbiamo gestito e difeso i macchinari, perché la Gkn nei momenti precedenti la chiusura, stava investendo in maniera copiosa su i macchinari, la nostra azienda vantava di essere un po' un precursore su robot che costano fino a € 2.000.000 ciascuno; era un cantiere aperto non faceva presagire una chiusura repentina. Quindi, noi con questa organizzazione che ci siamo dati il 9 luglio abbiamo difeso macchinari e i pezzi che erano ancora parcheggiati in magazzino dalla delocalizzazione fisica, e abbiamo continuato a difendere nonostante sia arrivato un nuovo proprietario.

Concludo raccontandovi come abbiamo cercato il più possibile di coinvolgere i lavoratori alla discussione politica e sindacale, ma  noi da soli questo non saremmo riusciti a farlo. La Gkn da quel 9 luglio è diventata un po' un laboratorio delle intelligenze collettive. Noi abbiamo aperto la nostra azienda a tutte le realtà del territorio, alle compagne e ai compagni, organizzazioni politiche e sindacali sono venuti da noi, dai circoli ARCI ci hanno portato da mangiare, i giuristi democratici, avvocati ci hanno aiutato a scrivere quella legge, le reti ambientaliste... Dentro quell'azienda si è formato il vero gruppo dirigente che poteva tranquillamente dirigere questo paese.

Questa contaminazione è stata bellissima. Vedere i lavoratori che nel proprio posto di lavoro nella propria fabbrica incontrano soggetti esterni, e la contaminazione tra la storia operaia e tutte le varie storie portate da questi compagni è stata una crescita individuale. E' nato un gruppo di supporto che ci ha aiutato anche a sorvegliare l'azienda, ci siamo  alternati per 7 mesi, sette giorni su sette, passando le feste di Natale e Capodanno; credo che veramente non sarebbe stato possibile senza il loro supporto. 

La battaglia non è assolutamente finita, è uno spaccato di vita e di lotta veramente interessante che in questo tour vogliamo raccontare e che vogliamo proporvi attraverso il nostro motto "insorgiamo", come fare a continuare ad allargare e convergere su quella manifestazione del 26 .