Intervento iniziale del Collettivo GKN
Grazie a tutti, è veramente emozionante essere a centinaia di chilometri da casa e avere un abbraccio così importante.
Noi ora siamo sotto un nuovo proprietario, ma sostanzialmente non produciamo niente tanto che la Gkn è stata denominata "la fabbrica del futuro".
Il nostro "insorgiamo tour", che è l'appuntamento che vogliamo lanciare per il prossimo 26 marzo, è un giro di racconto della nostra esperienza e anche di proposta.
Mi interessa raccontarvi la nostra storia e la nostra organizzazione quando eravamo ancora Gkn e producevamo ancora i semiassi che servivano gli stabilimenti di tutta Italia. La Gkn continua ancora oggi a produrre semiassi per tutti gli stabilimenti Fiat ma non lo fa più a Firenze perché l'azienda ha deciso di delocalizzare la nostra produzione verso altri paesi europei.
La nostra storia è legata alla Fiat qui a Firenze dove gli stabilimenti Fiat esistevano dagli anni 30 ma che a metà degli anni 90 è stato deciso di chiudere e alcune produzioni sono state portate a Campo Bisenzio e consegnate a questa multinazionale che si chiama Gkn che è presente in tanti paesi dall' Asia all'Europa, all'America.
Dentro la Gkn siamo cresciuti. Io sono entrato nel 97, sono quasi 25 anni di lavoro dentro lo stabilimento e ovviamente la nostra è stata una formazione classica da ragazzi avvicinati all'organizzazione sindacale confederale, ma le divisioni classiche delle organizzazioni sindacali le divisioni dei vertici si ripercuotevano nelle linee di produzione nei lavoratori. Comunque si discuteva tutti. Ma quando a scioperare era una sigla sindacale gli altri lavoratori non scioperavano, l'approccio era differente con l'azienda: chi era più duro chi era più morbido e noi da ragazzi ci siamo cresciuti con quelle divisioni.
Nel 2007 l'allora organizzazione sindacale si accorda con la direzione aziendale su un cambio di orario di lavoro, quello che piace tanto ai padroni: ti lasciano a casa il lunedì e il martedì e ti lasciano lavorare il sabato e la domenica senza integrazione, devastando te, la vita sociale fatta di amici, famiglia, figli.
Un gruppo di lavoratori inizia a organizzarsi per contestare questo accordo. Quello è il gene che fa nascere il collettivo di fabbrica. E' avvenuta una discussione feroce su quell'accordo che ha portato appunto uno scontro con le organizzazioni sindacali e che successivamente ha portato a una divisione nelle organizzazioni sindacali. Nel 2007 ha preso corpo il collettivo di fabbrica, la volontà di alcuni lavoratori di ricominciare daccapo. E infatti ha portato quei lavoratori a fare una discussione differente che portasse più autonomia ai lavoratori e alla nuova RSU; quel gruppo di lavoratori si è fatto organizzazione sindacale ed è arrivato fino ai giorni nostri da quella esperienza. Noi abbiamo capito che le divisioni all'interno delle Officine, all'interno dei lavoratori che vengono spesso portate dai vertici sindacali non sono utili allo scontro con l'azienda, con i padroni, su quell'idea ci siamo fondati.
Erano gli anni della crisi, quella del 2009, la crisi del debito, cassa integrazione... Nacque un comitato cassaintegrati lavoratori Gkn, ci ritrovavamo il sabato o dopo l'orario di lavoro nei centri sociali della zona, provavamo a iniziare una discussione non solo tra delegati ma cercando di avvicinare i lavoratori sempre di più all'attività sindacale, cercando di fare formazione, studiare le leggi, i contratti aziendali, cercando di farci un'idea di quello che volevamo noi lavoratori, quello che volevamo dare alla nostra organizzazione. Negli anni questa organizzazione si è strutturata ed è nato appunto il collettivo di fabbrica che nasce intorno al 2017, quindi 10 anni dopo di un lavoro sindacale fatto alla base.
Abbiamo discusso all'interno di RSU con compagni, compagne tessili di sigle differenti. Quando ci sono stati i contratti separati stavamo anche 18 ore nella saletta sindacale a studiarci il contratto vecchio quello nuovo. Eravamo sempre d'accordo che i contratti peggioravano sempre, si capiva che erano contratti che mettevano in discussione i diritti e il salario dei lavoratori.
Il collettivo di fabbrica è una struttura volontaria che nei momenti di massima partecipazione contava una cinquantina di lavoratori sparsi tra i turni e utilizzavamo la saletta sindacale ubicata al centro dello stabilimento per trovarsi e discutere, non solo tra delegati ma con quei lavoratori che avevano deciso di aderire al collettivo di fabbrica su tre turni e quindi i compagni della mattina si fermavano a fine turno alle 14 e invece di andare negli spogliatoi venivano al collettivo di fabbrica e si affrontava la discussione sui contratti nazionali, sulle leggi sulla solidarietà, sulla rete di appalti precari, comunque le vertenze che erano nel nostro territorio. A volte abbiamo promosso anche iniziative di sabato con lavoratori che non sono Gkn che potevano comunque utilizzare i nostri circoli; questo serviva a far crescere la consapevolezza dei nostri colleghi. Da quel gruppo del collettivo di fabbrica abbiamo deciso di rafforzare la nostra organizzazione, riconosciuta dall'azienda, rafforzando le RSU. Un'azienda come la nostra contava 450 lavoratori e circa sei delegati di cui tre delegati alla sicurezza, attraverso la discussione con l'azienda abbiamo aumentato la RSU portandola a 7 ci siamo conquistati un altro delegato alla sicurezza, perché nel montaggio dei due semiassi c'erano un sacco di problemi muscolo scheletrici che portavano i lavoratori a delle operazioni ai tendini e ai gomiti; abbiamo fatto un lavoro approfondito sulla parte ergonomica della nostra lavorazioni.
Oltre a questo ci siamo dovuti ovviamente scontrarci con la Fiat con l'avvento del "marchionismo", con la rivoluzione che Marchionne ha portato negli stabilimenti FIAT con l'avvento degli emissari del padrone dentro le linee di produzione. Noi Gkn abbiamo seguito quello schema e ci siamo dotati dei delegati di raccordo, che sono una struttura che arriva dal passato sempre di marchio Fiat che vedeva dei delegati di raccordo esperti. Noi abbiamo ulteriormente aumentato la nostra organizzazione di 12 delegati di raccordo riconosciuti dall'azienda che portava la nostra organizzazione sindacale riconosciuta quindi con permessi sindacali a 20 delegati in un'azienda di 450 persone.
Noi tenevamo conto di tutto, mettevano bocca su tutto, riuscivamo a discutere con l'azienda anche dell'organizzazione del lavoro, dell'attraversamento del pezzo attraverso le linee di produzione, le tempistiche, ecc. Ovviamente c'era il collettivo di fabbrica che aiutava e coadiuvava l'organizzazione a gestire il rapporto con l'azienda.
Nonostante il nostro controllo capillare, quel nove di luglio l'azienda c'è l'ha fatta in maniera furbesca e silenziosa, è riuscita a delocalizzare la nostra produzione verso altri paesi, a chiudere lo stabilimento sfruttando tutte le varie crisi che sono arrivate dal covid, la crisi dei semiconduttori, la crisi della benzina Diesel. Con una scusa raccontandoci che gli stabilimenti Fiat erano fermi per la problematica legata ai semiconduttori ci chiedono un giorno di ferie, concordiamo con l'azienda una giornata di ferie collettiva tutti i lavoratori, ci faceva anche comodo... Invece quel 9 di luglio ci è arrivata una lettera a noi delegati dove sostanzialmente si dichiarava la chiusura totale dello stabilimento
Ovviamente attraverso la nostra organizzazione abbiamo dato l'allarme ai nostri lavoratori. Ci siamo trovati davanti all'azienda e abbiamo notato da subito che l'azienda aveva un aspetto strano. In portineria dove arrivano gli allarmi antincendio e tutti gli allarmi, ecc, non c'era il nostro portiere ma c'era una guardia armata, all'interno dello stabilimento, invece di impiantisti e manutentori, c'erano 12 Bodyguard armati di Taser e di tirapugni. Davanti a una situazione del genere ci siamo consultati in 10 minuti e circa dopo un'ora abbiamo sfondato letteralmente i cancelli dello stabilimento, abbiamo fatto uscire i bodyguard e le guardie armate e ci siamo ripresi lo stabilimento che sostanzialmente era la nostra casa.
Da quel momento ovviamente c'è stato sgomento, perché è vero che quando si lavora per una multinazionale non si è mai al riparo, ce l'hanno insegnato quelli che ci hanno preceduto, gli anziani della Fiat quando chiusero la stabilimento di Firenze. Le multinazionali quando vogliono andare via dal paese purtroppo non ci sono leggi che lo impediscono Ma in quella maniera molto repentina è stata una doccia fredda per tutti.
Certo, el 2018 la fabbrica era stata acquistata da un fondo finanziario il cui slogan è "Risana e rivendi", nell' accenzione negativa del termine che vuol dire chiudi gli stabilimenti e licenzia e poi rivendi e spacchetta quello che rimane.
Dopo quei primi giorni che sono stati confusionari, ci siamo dati un'organizzazione e abbiamo gestito e difeso i macchinari, perché la Gkn nei momenti precedenti la chiusura, stava investendo in maniera copiosa su i macchinari, la nostra azienda vantava di essere un po' un precursore su robot che costano fino a € 2.000.000 ciascuno; era un cantiere aperto non faceva presagire una chiusura repentina. Quindi, noi con questa organizzazione che ci siamo dati il 9 luglio abbiamo difeso macchinari e i pezzi che erano ancora parcheggiati in magazzino dalla delocalizzazione fisica, e abbiamo continuato a difendere nonostante sia arrivato un nuovo proprietario.
Concludo raccontandovi come abbiamo cercato il più possibile di coinvolgere i lavoratori alla discussione politica e sindacale, ma noi da soli questo non saremmo riusciti a farlo. La Gkn da quel 9 luglio è diventata un po' un laboratorio delle intelligenze collettive. Noi abbiamo aperto la nostra azienda a tutte le realtà del territorio, alle compagne e ai compagni, organizzazioni politiche e sindacali sono venuti da noi, dai circoli ARCI ci hanno portato da mangiare, i giuristi democratici, avvocati ci hanno aiutato a scrivere quella legge, le reti ambientaliste... Dentro quell'azienda si è formato il vero gruppo dirigente che poteva tranquillamente dirigere questo paese.
Questa contaminazione è stata bellissima. Vedere i lavoratori che nel proprio posto di lavoro nella propria fabbrica incontrano soggetti esterni, e la contaminazione tra la storia operaia e tutte le varie storie portate da questi compagni è stata una crescita individuale. E' nato un gruppo di supporto che ci ha aiutato anche a sorvegliare l'azienda, ci siamo alternati per 7 mesi, sette giorni su sette, passando le feste di Natale e Capodanno; credo che veramente non sarebbe stato possibile senza il loro supporto.
La battaglia non è assolutamente finita, è uno spaccato di vita e di lotta veramente interessante che in questo tour vogliamo raccontare e che vogliamo proporvi attraverso il nostro motto "insorgiamo", come fare a continuare ad allargare e convergere su quella manifestazione del 26 .
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