giovedì 31 agosto 2023

Perchè l'andata della Meloni a Caivano non è la risposta ai tragici stupri - dal blog femminismorivoluzionario

L’ipocrisia, la malafede, la politica “spettacolo” sul corpo di donne, di bambine sta andando avanti sui mass media in questi giorni

Il branco di Palermo, di Caivano sono i “figli” di questo sistema sociale borghese putrefatto, che sfodera sempre più dis(valori), riferimenti, modelli marci, sessisti, impersonificati dai borghesi, dai ricchi, dai rappresentanti dei governi, delle Istituzioni, dai grandi malavitosi, dai loro osceni figli, e “dati in pasto” agli uomini, ragazzi del popolo che non hanno niente se non la miseria della violenza di quartiere, dello sfogo maschilista del branco, di poter contare qualcosa sui social.


L’humus moderno fascista sta potenziando tutto questo, perché dà legittimità all’ostentazione della violenza reazionaria, come della sopraffazione, della stupidità più becera contro le donne.

Abbiamo detto tempo fa: gli stupratori sono sempre fascisti – i fascisti sono stupratori. 


Questa realtà inevitabilmente peggiorerà se non la combattiamo a 360° gradi.

Le “soluzioni” non possono venire da un governo che è diretto da una fascista che usa il potere politico come potere personale, di cui far beneficiare anche sorelle e parenti e il cui compagno, "turista" a spese dello Stato, ha dichiarato: "se eviti di ubriacarti non ti stuprano", scaricando le colpe sulle ragazze stuprate che "se la sono cercata..."; un governo che ha ministri reazionari, integralisti per gli altri, che stanno peggiorando le condizioni di vita, di lavoro di milioni di donne, condizioni che inevitabilmente portano con sè l’aumento di forme di subordinazione, di dipendenza delle donne, di oppressione; da un sistema in cui la seconda carica dello Stato giustifica lo stupro del figlio e colpevolizza la donna violentata (appunto “se l’è cercata…” o “era consenziente” – come dice il più squallido e omiciattolo degli stupratori; ma quando viene detto dalla seconda carica dello Stato si vuole istituzionalizzare una concezione e renderla di dominio pubblico); un sistema politico in cui al potere ci arrivano solo donne ricche e inamovibili dalle loro poltrone, come la padrona Santanchè; un sistema sociale che sparge schifosa sottocultura, con le Tv, le loro trasmissioni, i social, in cui le donne sono offese, umiliate, messe in vetrina, mercificate come “tutto corpi”, ecc. ecc.

L’ipocrisia sta venendo fuori a piena mani sulla tragedia delle donne, ragazze stuprate.


Gli stupri, i femminicidi, non possono essere minimamente fermati da questa feccia dell’umanità!


Le Tv, i giornalisti servi del potere, stanno facendo “politica spettacolo”, con talk show, dibattiti in cui i “pari diritti”, “pari dignità” sono appannaggio solo dei rappresentanti del governo, Stato, o loro portavoce; fanno vedere le immagini dei quartieri disastrati, delle zone del degrado, di condizioni di abitazioni, di vita disumane, facili luoghi di grande e piccola malavita, di imbarbarimento dei giovani, come se fossero stati scoperti ora, dopo gli stupri. E in questi giorni gli interventi su Caivano/Parco Verde è evidente.

Maledetti! Basta che gli abitanti possano far sentire le loro voci, denunce e viene fuori quello che è sotto gli occhi di tutti: “siamo totalmente abbandonati...”, “abbiamo segnalato ma nessuno è venuto a risolvere neanche mezzo problema…”, “la situazione di Parco Verde è ultra conosciuta...” 

Loro, i governi, lo Stato, le forze dell’ordine mantengono e desertificano quei luoghi in cui si possono tranquillamente commettere stupri, trascinare ragazze, bambine, in cui detta legge la malavita, e loro si “meravigliano” quando per caso alcuni di questi stupri, di queste violenze sistemiche vengono alla luce!? 


Le soluzioni… I punti base su cui il governo sta pensando di adottare provvedimenti sono: la polizia, la scuola, la famiglia. 

Ma sembra un tragico scherzo. La polizia? Ma si può riempire un intero grattacielo delle tante denunce fatte, spesso più volte, alla polizia da donne che poi sono state “regolarmente” uccise.

Quella polizia che nelle zone difficili lascia tranquilla l’attività quotidiana, conosciuta da tutti della grande malavita e che interviene solo per la micro criminalità. Aumento delle forze di polizia significherà solo più persecuzione dei ragazzi. 

La scuola? Ma se la scuola, che era ormai degenerata come formazione culturale, istruzione, sapere  critico, ora in epoca di fascismo e guerra imperialista sta diventando sempre più il luogo in cui a “fare educazione” entrano carabinieri, esercito, guardia di finanza, in una logica militaresca che è brodo di coltura di logiche di predominio, sopraffazione degli altri – Chi dovrebbe educare chi? (e questo lo diciamo anche a sinistra, dove purtroppo tanti e tante “anime belle”, democratiche, femministe pensano e dicono che la soluzione sta nell’educazione dei maschi al rispetto delle donne, per cui la, questa scuola avrebbe una funzione fondamentale). 

La famiglia? Ma se la quasi totalità dei femminicidi avviene in famiglia, da parte di un convivente o ex convivente, e gli stupri “legali” avvengono ogni giorno in tante di queste famiglie. Piantedosi dice che i figli vanno educati dalla famiglia, e lo dice per Parco Verde in cui sta venendo fuori che due degli stupratori delle bambine sono figli di mafiosi della zona. 


Poi si parla di incrementare, migliorare il cosiddetto “codice rosso”, nello stesso tempo in cui la sanità, che dovrebbe dar seguito al “codice rosso”, viene ogni giorno distrutta, resa impotente a rispondere ai bisogni generali della popolazione.


Da questo governo, da questo sistema le “soluzioni” che possono venire si presentano peggiori del male. 


Ma c’è un altro fatto. A settembre il governo ha detto che insieme a questi presunti provvedimenti per “fermare” la violenza contro le donne, tra le decisioni principali che porrà alla discussione sono i provvedimenti sulla natalità. 

Non è un caso. Da un lato si parla dei diritti delle donne, ma dall’altro con la campagna sull’aumento dei figli, si “pesano” le donne solo in base a quanti figli fanno: incentivi o detrazioni vengono promessi ai padroni se occupano donne con due/tre figli; bonus, aumento assegno unico, sostegni vengono annunciati sulla base del numero di figli.

Le donne, che dovrebbero essere tutelate, da queste governo sono considerate sempre più macchine per la riproduzione di forza-lavoro per il capitale e di corpi per le guerre. Quale sarebbe la dignità per le donne?!


LA SOLUZIONE LA POSSONO E LE DEVONO PORTARE LE STESSE DONNE!


E’ positivo che subito, dopo lo stupro di branco di Palermo, le femministe di Nudm si sono mobilitate con cortei improvvisi, con assemblea in piazza, presidi, mobilitando altre donne.

La pronta risposta è l’elemento di qualità, di distinzione in questa situazione.

Occorre continuare e toccare ogni aspetto. 


Quando diciamo che le stesse donne sono la “soluzione”, vogliamo dire che la lotta “pericolosa” delle donne è la strada necessaria. Una lotta che colpisca direttamente gli stupratori, che occupa e comincia a fare “pulizia” nei quartieri degradati, che renda più difficile l’azione a stupratori, fascistelli, malavitosi, che occupa Istituzioni per imporre, con le buone o con le cattive, interventi, ecc.

Servono le manifestazioni, le assemblee per sensibilizzare, unire, aumentare le forze, ma in epoca di moderno fascismo servono sempre più le AZIONI, un’azione spesso vale più di tante parole.


Ma le parole sono importanti, soprattutto in questa fase di parole, coscientemente o non coscientemente sbagliate, devianti, confuse.

Gli stupri, i femminicidi oggi sono legati, espressione del moderno fascismo, della fase attuale del sistema capitalista/imperialista in crisi, che come una bestia che sta per morire è più aggressivo e sparge tutte le sue nere ideologie. 

Parlare invece soprattutto di violenze sessuali frutto del patriarcato, copre la denuncia della situazione attuale, vede la condizione delle donne come frutto di cultura e pratica antica che questa società deve sradicare. Questa visione inevitabilmente mette l’accento, anche nelle lotte, sugli interventi culturali.

Devia, quindi, sulla strada necessaria. 

La strada rivoluzionaria per rovesciare il capitalismo/imperialismo, il suo Stato, sistema, governo, in cui la forza delle donne sia una marcia in più. 

Per questo occorre che le forze delle donne, delle femministe, delle rivoluzionarie più attive, più coscienti si organizzino, per portare avanti, all’interno e oltre le giuste e necessarie iniziative di manifestazioni e lotte che si fanno, il lavoro rivoluzionario.


Questo è il senso del nostro appello: unisciti, organizzati con il Mfpr – Movimento femminista proletario rivoluzionario 



mercoledì 30 agosto 2023

Decisioni del coordinamento naz. Slai cobas

Il coordinamento nazionale dello Slai cobas prepara l’autunno di unità lotta trasformazione del movimento operaio e popolare contro padroni, governo Meloni.

Decisi: attivi cittadini - assemblee sui posti di lavoro nei luoghi in cui siamo presenti - massiccia campagna nelle grandi fabbriche verso le avanguardie operaie indipendentemente dalla tessera sindacale per organizzare la partecipazione operaia alla sciopero generale del 20 ottobre.

Trasformare in quella giornata ogni iniziativa di lotta in blocco e scontro aperto contro il governo dei padroni - moderno fascista, guerrafondaio, antioperaio e antipopolare.

Nella prima decade di settembre volantini e manifesto nazionale. 

Per Taranto, attivo martedì 5 settembre dalle ore 17,30

lunedì 21 agosto 2023

Taranto 26 agosto coordinamento nazionale Slai cobas per il sindacato di classe

Notizie da Alfredo Cospito - scrivetegli

Alfredo Cospito, attualmente detenuto nel carcere di Bancali(Sassari) va meglio fisicamente e ha ripreso un po’ di peso dopo i sei mesi di sciopero della fame. Per ora riceve poca posta e la prigione non gli comunica niente quando tratteien lettere, cartoline o telegrammi a lui indirizzati. E’ stato lanciato un appello a scrivergli lettere o cartoline utilizzando l’invio in raccomandata con ricevuto di ritorno, per aumentare la possibilità che gli vengono consegnate o se vengono trattenute, che lui sia informato. inviare a Alfredo Cospito – casa circondariale G.Bacchiddu – strada provinciale 56, n.c.4- Località bancali- 07100- Sassari – Italia

sabato 19 agosto 2023

Ma cos'è il salario - Marx spiega che il padrone dà già all'operaio/operaia un "salario minimo"

Alcune pagine dell'opuscolo su "Lavoro salariato e capitale di Marx", che riportiamo, mostrano quanto sia necessario per gli operai/operaie prendere nelle proprie mani la lotta per il salario, a fronte anche del fatto che il capitale ha ridotto già il salario, e Marx spiega i vari modi in cui lo fa, per cui si può parlare anche per gli operai che ricevono salari superiore ai 9 euro (di cui oggi si sta discutendo) di "salario minimo".

E' bene leggere tutto l'opuscolo. Si può richiedere in pdf a: pcro.red@gmail.com

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"Si pensa comunemente che “il salario è la somma di denaro che il padrone paga per un determinato tempo di lavoro o per una determinata prestazione di lavoro. Il capitalista compera a quanto sembra il loro lavoro (degli operai) con del denaro. Per denaro essi gli vendono il loro lavoro. Ma ciò non è che l’apparenza. Ciò che essi in realtà vendono al capitalista per una somma di denaro è la loro forza-lavoro”, che per il capitalista è una merce come tutte le altre - ma particolare...

“Il capitalista compera questa forza-lavoro per un giorno, una settimana, un mese, ecc. E dopo averla comprata egli la usa, facendo lavorare gli operai per il tempo pattuito”.

Allorchè l’operaio produce per es. una tonnellata di acciaio, il capitalista si impadronisce di questo prodotto e lo vende a x euro. Il salario dell’operaio non è una parte dell’acciaio, del prodotto del proprio lavoro, non è una parte di x euro. L’operaio ha ricevuto il suo salario molto prima che quell’acciaio fosse venduto e forse molto tempo prima che esso fosse prodotto. “Il capitalista, dunque, paga questo salario non con il denaro che egli ricaverà (dall’acciaio), ma con denaro d’anticipo”...

...Il capitalista ha comprato la forza-lavoro come ha comprato la materia prima necessaria per l’acciaio, e la forza-lavoro gli appartiene alla stessa stregua, per esempio, del carbon coke, ecc. L’operaio partecipa al prodotto o al prezzo di esso non più di quello che vi partecipi il carbon coke.

“Il salario non è, dunque, una partecipazione dell’operaio alla merce da lui prodotta”. L’operaio non produce per sè l’acciaio, la pasta, le macchine. Ma produce per sè solo il salario. Egli può produrre, come in effetti produce, gioielli, abbigliamento ultralusso, ma ciò che produce per sè è solo il salario, con cui può solo comprarsi un abito economico...

L’operaio, a differenza dello schiavo, del servo della gleba, è “libero”, perchè non si è venduto una volta per sempre al suo padrone insieme con la sua forza lavoro; “L’operaio libero invece vende se stesso pezzo a pezzo”; l’operaio è libero, ma 8 ore della sua vita quotidiana non appartengono più a lui, ma al capitalista che le ha comperate...

“L’esistenza di una classe che non possiede null’altro che la capacità di lavorare, è una premessa necessaria del capitale”.

Ora l’operaio ha venduto la sua forza lavoro al capitalista per un giorno, un mese, un anno, ecc. Ma come viene determinato il salario, cioè il prezzo della forza-lavoro? “il salario è il prezzo di una merce determinata, del lavoro. Il salario è dunque determinato dalle stesse leggi che determinano il prezzo di qualsiasi merce”. Quindi, “il prezzo della forza lavoro (come tutte le altre merci) sarà determinato dai costi di produzione, dal tempo di lavoro che si richiede per produrre questa merce, la forza-lavoro. Ma quali sono i costi di produzione della forza-lavoro? Sono i costi necessari per conservare l’operaio come operaio e per formarlo come operaio”.

Ma come una macchina si può logorare e deve essere sostituita in dieci anni e il capitalista mette in conto ogni anno una parte dei soldi che devono servire per sostituire quella macchina, “allo stesso modo, nei costi di produzione della forza-lavoro devono anche essere conteggiati i costi di riproduzione, per cui la razza degli operai viene posta in condizioni di moltiplicarsi e di sostituire gli operai logorati dal lavoro con nuovi operai”. “Il prezzo di questi costi di esistenza e di riproduzione costituisce il salario minimo”.

“Che cosa avviene nello scambio tra capitalista e operaio salariato? L’operaio riceve in cambio della sua forza-lavoro dei mezzi di sussistenza, ma il capitalista in cambio dei suoi mezzi di sussistenza riceve del lavoro, l’attività produttiva dell’operaio, la forza creatrice con la quale l’operaio non soltanto ricostruisce ciò che consuma, ma conferisce al lavoro accumulato un valore maggiore di quanto aveva prima”...

Nel momento in cui l’operaio cede al capitalista la sua forza riproduttiva in cambio dei mezzi di sussistenza, egli l’ha perde, non è più lui proprietario della sua forza-lavoro.

Mentre il capitalista una volta pagati, poniamo, 50 euro al giorno all’operaio, lo mette al lavoro per 8 ore durante le quali l’operaio non solo ricostruisce i 50 euro che il capitalista gli ha dato, ma li raddoppia - col che, quindi, il capitalista ha “impiegato, consumato in modo profittevole, produttivo” i 50 euro che ha dato all’operaio; l’operaio, invece, “al posto della sua forza produttiva, i cui effetti egli ha ceduto, ha ricevuto dei soldi che scambia con mezzi di sussistenza che consuma più o meno rapidamente”. Quindi i 50 euro “sono stati consumati in due modi: in modo riproduttivo per il capitale, poichè essi sono stati scambiati con una forza-lavoro che ha prodotto (100 euro); in modo improduttivo per l’operaio, poichè essi sono stati scambiati con mezzi di sussistenza, che sono scomparsi per sempre e il cui valore egli potrà riavere soltanto ripetendo il medesimo scambio (con il capitalista)”.

Un operaio, quindi, non produce solo l’acciaio o il cappotto, “egli produce capitale. Egli produce valori che serviranno nuovamente a comandare il suo lavoro, per creare a mezzo di essi nuovi valori”.

“Il capitale può accrescersi soltanto se si scambia con forza-lavoro, soltanto se produce lavoro salariato. Il lavoro salariato si può scambiare con capitale soltanto a condizione di accrescere il capitale, di rafforzare il suo potere di cui è schiavo”.

Quindi capitalista e operaio sono legati. “L’operaio va in malora se il capitale non lo occupa. Il capitale va in malora se non sfrutta la forza- lavoro”...

L’operaio, quindi, “produce la ricchezza estranea che lo domina, il potere che gli è nemico, il capitale... i mezzi di sussistenza rifluiscono nuovamente verso di lui, a condizione che esso si trasformi di nuovo in una parte del capitale...”.

“Sino a tanto che l’operaio salariato è operaio salariato, la sua sorte dipende dal capitale. Questa è la tanto rinomata comunità di interessi tra operaio e capitalista”...

Ma “il rapido aumento del capitale produttivo provoca un aumento ugualmente rapido della ricchezza, del lusso, dei bisogni sociali e dei godimenti sociali. Benchè dunque i godimenti dell’operaio siano aumentati, la soddisfazione sociale che essi procurano è diminuita in confronto con gli accresciuti godimenti del capitalista, che sono inaccessibili all’operaio, in confronto col grado di sviluppo della società in generale”. Quindi più si sviluppa la ricchezza, la società e più, relativamente, si impoverisce la condizione dell’operaio.

Inoltre, il salario non è determinato solo dalla somma di denaro, dalla massa di merci che può acquistare, ma da altri rapporti.

Primo, il salario è determinato in rapporto al valore dei mezzi di sussistenza. Se il prezzo dei mezzi di sussistenza aumenta, gli operai nominalmente possono continuare a ricevere lo stesso salario di prima, ma “per lo stesso denaro essi ricevevano in cambio meno pane, meno carne, ecc. (vedi oggi gli effetti del carovita, caro bollette, ecc.)... “il prezzo in denaro del lavoro, il salario nominale, non coincide quindi con il salario reale, cioè con la quantità di merci che vengono realmente date in cambio del salario”.

Secondo, il salario è determinato anche dal rapporto col profitto del capitalista. “questo è il salario proporzionale, relativo” che esprime “il prezzo del lavoro immediato, in confronto con quello del lavoro accumulato, del capitale”, “supponiamo, per esempio, che il prezzo di tutti i mezzi di sussistenza sia caduto di due terzi (per es. da 900 a 300 euro), mentre il salario giornaliero è caduto solo di un terzo (per esempio da 900 a 600 euro)”. Quindi, nonostante che il suo salario sia diminuito, l’operaio può comprare più merci di prima. Ma ciononostante, “il suo salario però è diminuito in rapporto al guadagno del capitalista. Il capitalista pagando all’operaio un salario inferiore di un terzo (prima 900 euro, ora 600 euro), aumenta il suo profitto di 300 euro. “Il che vuol dire che per una minore quantità di valore di scambio che egli paga all’operaio, l’operaio deve produrre una quantità di valori di scambio maggiore di prima”. Se prima su 8 ore l’operaio lavorava 4 ore per sè per reintegrare il suo salario, e 4 ore per il capitalista, ora, con la riduzione di un terzo del suo salario, lavora 3 ore per sè e 5 ore per il profitto del capitalista.

La parte del capitale in rapporto alla parte del lavoro è cresciuta. La distribuzione della ricchezza sociale fra capitale e lavoro è diventata ancora più diseguale. Il capitalista, con lo stesso capitale, comanda una maggiore quantità di lavoro. Il potere del capitalista sulla classe operaia è aumentato; la posizione sociale del lavoratore è peggiorata, è stata sospinta un gradino più in basso al di sotto di quella del capitalista”.

Quindi, salario e profitto stanno in rapporto inverso. “Il profitto sale nella misura in cui il salario diminuisce e diminuisce nella misura in cui il salario sale”.

Il salario relativo può diminuire anche se il salario reale sale assieme al salario nominale, al valore monetario del lavoro, a condizione che esso non salga nella stessa proporzione che il profitto... “per quanto il salario possa aumentare, il profitto del capitale aumenta in modo sproporzionatamente più rapido”.

“Dire che l’operaio ha interesse al rapido aumento del capitale significa soltanto che quanto più rapidamente l’operaio accresce la ricchezza altrui, tanto più grosse sono le briciole che gli sono riservate”, tanto più la classe operaia forgia “essa stessa le catene dorate con le quali la borghesia la trascina dietro di sè”...

La più grande divisione del lavoro rende capace un operaio di fare il lavoro di cinque, di dieci, di venti; essa aumenta quindi di cinque, di dieci, di venti volte la concorrenza fra gli operai, sia perchè si ven- dono più a buon mercato, sia perchè “uno fa il lavoro di cinque, di dieci, di venti...”.

“Inoltre nella stessa misura in cui la divisione del lavoro aumenta, il lavoro si semplifica. L’abilità dell’operaio perde il suo valore. Egli viene trasformato in una forza produttiva semplice, monotona, che non deve far più ricorso a nessuno sforzo fisico e mentale. Il suo lavoro diventa lavoro accessibile a tutti”, e “quanto più il lavoro è semplice, quanto più facilmente lo si impara, quanto minori costi di produzione occorrono per rendersene padroni, tanto più in basso cade il salario, perchè come il prezzo di qualsiasi altra merce, esso è determinato dai costi di produzione... l’operaio cerca di conservare la massa del suo salario lavorando di più, sia lavorando più ore (lavoro straordinario), sia producendo di più nella stessa ora”.

“L’umanità del capitalista consiste in più lavoro possibile al prezzo più basso... i padroni tentano di ridurre il salario, senza portare nessuna modifica nominale, ma, per esempio, accorciando la pausa per i pasti fanno lavorare un quarto d’ora in più, ecc.” (da Appunti sul salario).

Ma “più egli (l’operaio) lavora, meno salario riceve, e ciò per la semplice ragione che nella stessa misura in cui egli fa concorrenza ai suoi compagni di lavoro, egli si fa di questi compagni di lavoro altrettanti concorrenti, che si offrono alle stesse cattive condizioni alle quali egli si offre, perchè, in ultima analisi, egli fa concorrenza a se stesso, a se stesso in quanto membro della classe operaia”...

“Anche l’introduzione di macchine sempre più perfezionate portano agli stessi risultati perchè sostituiscono operai qualificati con operai non qualificati, provocano il licenziamento di gruppi di ope- rai”. Ma gli economisti ci raccontano che per gli operai licenziati, soprattutto per i giovani operai, “si apriranno nuovi campi di impiego”. “Ciò costituisce evidentemente una grande soddisfazione per gli operai colpiti. Ai signori capitalisti non mancheranno carne e sangue freschi da sfruttare; si lascerà ai morti la cura di sotterrare i loro morti”...

Per di più le fila della classe operaia vengono ingrossate anche da settori sociali non proletari che si impoveriscono, da strati più alti della società che vengono buttati sul lastrico dalla concorrenza, che “non hanno nulla di più urgente da fare che di levare le braccia accanto alle braccia degli operai...

La sorte del lavoro salariato è legata al capitale, come la corda sostiene l’impiccato.

 

lunedì 14 agosto 2023

Giovedì 31 agosto ore 19.00 Assemblea della rete dei comitati per la pace di Puglia

Ordine del Giorno:

1) organizzazione della mobilitazione globale per la pace indetta dal movimento pacifista internazionale per la settimana che va dal 30/9 al 7/10 e che in Italia culminerà con la manifestazione nazionale che si terrà a Roma sabato 7/10;
2) organizzazione delle manifestazioni in occasione del G7 che si terrà in Puglia a giugno 2024;
3) mobilitazione contro le modifiche alla legge 185/90 tese a favorire l’export di armi (è stato tra i punti in discussione nel Consiglio dei ministri del 3/8 u.s.).

La modalità di svolgimento dell'assemblea sarà mista: ove possibile ogni comitato locale si riunirà in presenza e sarà collegato da remoto con gli altri comitati.

Di seguito il link per la partecipazione online: 
ID riunione: 862 0000 6281
Passcode: 737208

L'appuntamento per la partecipazione in presenza del Comitato di Bari è presso la Casa del Comboniani (via Giulio Petroni 101 - Bari).

domenica 13 agosto 2023

Su salario minimo e lotta per aumenti salariali - dal blog proletari comunisti


Il grande bluff del governo Meloni
Era scontato come sarebbe andato a finire l'incontro convocato dalla Meloni con le forze dell'opposizione sulla loro proposta di "salario minimo": conferma, con peggioramento. Il tutto è rinviato, ma non più a settembre ma a 60 giorni, quindi come minimo a fine ottobre; proposta di dare al Cnel la regia di un lavoro approfondito per arrivare a una proposta di legge "che affronti una materia così ampia nelle sue complessità", una formula generica che non parla affatto di salario minimo ma di "lavoro povero" - Cnel presieduto da Renato Brunetta... Della serie: se non credete a me credete a mia moglie... Se la regia è questa, scordatevi il salario minimo...

Per Elly Schlein, per Conte "il governo non ha le idee chiare", quando in realtà sembra che invece le ha chiarissime: tattica del rinvio, del buttarla sul generale, del prendere tempo, per negare.

La Meloni fa anche altro: utilizza motivazioni apparentemente di sinistra per riaffermare la politica di destra. "Il salario minimo sarebbe “controproducente” - dichiara la Meloni - perché un tetto minimo potrebbe produrre l'effetto opposto a quello sperato, schiacciando i salari oggi più alti verso la soglia base". Chiaramente questo lo dice non certo per intervenire verso le aziende per reali aumenti salariali in tutti i settori e a tutti i lavoratori, o per ripristinare la scala mobile, o per una legge che riduca l'orario di lavoro a parità salariale, ma per far passare il NO al salario minimo e cercare di portare dalla sua parti del sindacato confederale. E lo dice quando gli unici interventi del governo fatti o programmati sono solo al servizio dei profitti dei padroni.

Ripubblichiamo un testo di qualche giorno fa, per chiarezza 

Salario minimo e lotta per aumenti salariali

 1) Chiaramente il governo Meloni, come sta facendo la lotta ai poveri, ai senza reddito, disoccupati, a tante donne e famiglie che non possono neanche mangiare, togliendo a 169 mila da domani il reddito di cittadinanza (comunque una miseria, "spiccioli" in confronti alle spese di Ministri, sottosegretari, parlamentari, e ancora più spiccioli in confronto ai finanziamenti ai padroni e ai miliardi di spese militari per la guerra), accompagnando questa mannaia da un campagna mediatica nei giornali governativi oscena, della serie: la colpa di non avere lavoro è di chi non lo vuole trovare, ed è quindi lui colpevole della sua povertà... e vuole pure un reddito...; e tutto questo mentre in questi stessi giorni aumentano i prezzi dei generi alimentari, della spesa minima quotidiana, aumenta la benzina;

il governo sul salario minimo ha deciso di rinviare il tutto in autunno - un rinvio (mossa della Meloni per cercare di attutire lo scontro parlamentare) che di fatto sarà un nuovo NO! 

E' un'altra mano ai padroni, che sfruttano lavoratori e soprattutto lavoratrici con contratti poveri e poverissimi, nel sud un lavoratore su 2,7, pari al 37 per cento, ha una paga oraria inferiore ai 9 euro.

Quindi, la rivendicazione di una legge sul "salario minimo" che riguarderebbe migliaia di lavoratori delle pulizie, servizi, turismo, cooperative sociali, ecc., va oggi sostenuta perchè è parte della lotta contro il governo dei padroni che, come per i poveri, considera i lavoratori e le lavoratrici precarie, a sottosalario un fastidioso peso.

2) Per la Confindustria di Bonomi il salario minimo, rinvio o non rinvio, non gli tocca - "non è un tema che riguarda Confindustria". I nostri contratti sono sopra quella cifra di 9 euro... Si dice che si pagano poco i lavoratori ma non è l'industria italiana".

Quest'ultima affermazione è un falso. I salari, come dicono le stesse statistiche, nel Mezzogiorno in generale hanno perso il 12% di potere reale, e nel Centro-Nord il 3%. Quindi, sono anche questi "salari minimi"! E gli operai anche di questi settori, di medie e grandi aziende non ce la fanno più a vivere con quel poco salario, e vengono ridotti anch'essi a lavoratori poveri. 

D'altra parte i capitalisti hanno trovato da tempo il modo di abbassare il salario medio dei loro lavoratori. Attraverso l'appalto, grazie al quale in una stessa azienda, pur in barba a leggi tuttora esistenti e alla realtà, i salari dei lavoratori sono differenti, tra quelli percepiti dai lavoratori diretti e quelli, più bassi, dei lavoratori degli appalti, pur facendo gli stessi lavori; così attraverso l'occupazione di lavoratori somministrati, apprendisti, precari con contratto a termine, o part time, di lavoratori immigrati, di donne, ecc. il salario medio di quella azienda, che ufficialmente applica contratti con salari superiori ai 10 euro, si abbassa rapidamente. 

Questa discussione sul salario minimo che viene utilizzata per affermare che i padroni della Confindustria, le grandi aziende sono corrette, brave: 'altro che i 9 euro che stanno chiedendo le opposizioni parlamentari... noi diamo già nei nostri contratti più di 10 euro anche 11 ai metalmeccanici', poi questi padroni useranno la questione del "salario minimo" per non aumentare neanche di un centesimo il salario degli operai dei settori metalmeccanici, chimici, elettrici, ecc, ecc, E quindi per abbassare di fatto il salario medio, sempre più ridotto a fronte dell'aumento della produttività/sfruttamento e del costo della vita.

Pertanto, la battaglia per il "salario minimo", fatta anche dai sindacati di base, non deve oscurare, mettere in secondo piano la battaglia centrale nelle fabbriche in primis per forti aumenti salariali.

Le aziende vogliono al massimo legare miseri aumenti all'andamento aziendale - quindi non aumenti salariali stabili per tutti ma al massimo contrattazione di un "premio di risultato". Ma siccome i padroni, quando devono dare, dichiarano che i loro "risultati" sono sempre negativi (mentre nei loro consessi dichiarano orgogliosi aumenti dei profitti) anche da questo lato nessun incremento concreto viene.  

Senza una seria, determinata battaglia sui salari, i padroni tenderanno ad unificare tutti i salari al livello minimo. 

Il capitale punta a trovare sul mercato la forza lavoro alle condizioni salariali e normative a lui più favorevoli.  Ma per gli operai non c'è "libero mercato" ma solo la legge dello sfruttamento. In generale solo la lotta degli operai in varie fasi ha messo un argine alla ricerca del "massimo ribasso"

3) I sindacati confederali sono in generale restii al salario minimo. Cgil e Uil via via hanno un pò modificato la loro posizione, dicendo "Sì, però centrale è la legge sulla rappresentanza"; la Cisl invece dice chiaramente No. 

I sindacati confederali dicono, che il salario minimo schiaccerebbe la contrattazione sindacale. Ma pur senza il salario minimo in tutti questi anni, e anche decenni per alcuni contratti, quindi con la sola contrattazione sindacale il salario si è abbassato e non è stato affatto difeso dai CCNL. 

"La colpa è dei contratti privati, fatti da sindacati non rappresentativi", gridano i sindacati "rappresentativi" che, quindi, chiedono per loro un marchio Doc. Ma questo anche il lavoratore più sprovveduto sa che è una "coperta" con cui nascondere la semplice verità. Cgil, Cisl e Uil hanno permesso che i contratti anche più importanti venissero rinnovati dopo anni e anni dalla loro scadenza; hanno accettato elemosine di aumento, in nome di avere poi potere nella contrattazione di secondo livello che ha trasformato il salario in "buoni welfare" (una sorta di "pane con la tessera"); contrattazione aziendale in cui c'è da parte di questi sindacati la massima comprensione delle "difficoltà dei padroni".

Inoltre tanti degli stessi contratti nazionali firmati non da sindacati pirata ma da Cgil, Cisl e Uil e dalle principali associazioni delle imprese, da Confindustria a Confcommercio, oltre un terzo, danno una retribuzione oraria sotto i 9 euro lordi: 7 euro l’ora gli operai agricoli e i florovivaisti, gli addetti delle imprese artigiane di pulizia 8,1 euro l’ora, gli addetti delle cooperative del settore socio sanitario hanno 8,8 euro, come i lavoratori con il contratto multiservizi. I dipendenti del tessile abbigliamento si fermano a 8,7 euro l’ora. Tenendo conto che la maggioranza in questi settori sono donne, quindi a un attacco salariale si accompagna una aperta discriminazione. 

Chi impedirebbe ai sindacati confederali di lottare e strappare seri aumenti salariali, pur in presenza del "salario minimo", ma non lo fanno! Per la loro stessa logica e pratica di aperta collaborazione, asservimento alle leggi del profitto del capitale, da cui loro traggono le briciole, grandi o piccole.

Quindi, i sindacati confederali sono un ostacolo alla legge sul salario minimo; ma sono soprattutto un grande ostacolo per la lotta per il salario. Questo pone per tutti i lavoratori la necessità di riprendere nelle proprie mani la lotta per il salario, ricostruendo il sindacato di classe.

4) Tornando al salario minimo. La proposta delle opposizioni parlamentari non va bene. I 9 euro richiesti sono lordi, alla fine, tra detrarre il contributo a carico del lavoratore da versare all’Inps, generalmente fissato nel 9,19% e la tassazione Irpef pari mediamente al 23%, il netto che percepirebbe il lavoratore sarebbe intorno ai 7 euro. "Tanto rumor per poco...!".

Il salario minimo deve essere almeno di 10 euro netti, così come rivendicato dai sindacati di base e di classe.

5) L'importanza degli scioperi - Da un commento di un operaio dell'ex Ilva Taranto - E' chiaro come il sole che questo governo con tutta l'orgia nera di parlamentari che si porta appresso non andrà via tanto facilmente, che delle semplici elezioni non riusciranno a spodestarli dai posti di comando che stanno violentemente occupando, dunque toccherà intensificare scioperi, manifestazioni a breve termine".

venerdì 11 agosto 2023

Commento al comunicato sulla lotta di Borgomezzanone, e altro

Questo significa palesemente ammettere che il governo incentiva quelle traversate e sbarchi irregolari (oltre alle torture e le detenzioni arbitrarie nei Paesi del Nordafrica, ma quello è un altro discorso) per esclusivo interesse economico.

Dunque questo governo dichiara apertamente di aver fatto dell'illegalità la propria bandiera, la propria ragion d'essere al servizio dello sfruttamento dei padroni, e la rivendica ad ogni piè sospinto. 

È grave, molto grave, ed il presidenzialismo tanto agognato dalla putrida Giorgia Meloni è un ulteriore passo verso il totale distacco dagli interessi delle masse per accelerare l'espansione imperialista di uno Stato in bilico tra l'asservimento al tornaconto di un'alleanza militare che non guarda minimamente in faccia alle necessità degli individui e la volontà di rendere questo stesso Stato il simbolo del nazionalismo più feroce.



giovedì 10 agosto 2023

Lo sciopero dei braccianti blocca Borgo Mezzanone - il ghetto più grande d'Italia

 Oggi il ghetto di Borgo Mezzanone, il più grande d'Italia, è stato bloccato da uno sciopero dei braccianti! Nessuno è andato a lavorare e i lavoratori gridano che vogliono documenti, case, contratti! Solo la lotta paga!

Vogliamo le case, non ci danno neanche i containers!

comunicato dei braccianti in sciopero il 10 agosto

Siamo le persone che abitano nel “ghetto” di Borgo Mezzanone. Alcuni di noi vivono qui da tempo, altri sono arrivati da poco. Molti di noi lavorano in agricoltura, e da anni ci organizziamo in autonomia per avere una vita migliore. Siamo scesi in strada tante volte, abbiamo alzato la voce e trovato il modo per farci ascoltare, perché non accettiamo che la nostra vita dipenda da un documento, perché non è giusto essere sfruttati mentre molti fanno i loro interessi e si arricchiscono alle nostre spalle: i padroni, chi costruisce i campi dove viviamo, chi li gestisce, chi decide le politiche migratorie e spesso anche le organizzazioni che dovrebbero difenderci, come i sindacati.

Oggi 10 agosto manifestiamo davanti ai cancelli del CARA, il centro per richiedenti asilo costruito qui a Borgo Mezzanone nel 2005, nel quale si trova anche la sede della Commissione Territoriale per il diritto di asilo: un luogo importante per molti motivi. In questo campo nel 2021 sono stati installati decine di nuovi containers con i fondi della regione Puglia, che dichiarava di voler combattere lo sfruttamento e dare un posto migliore in cui vivere a chi stava nel ghetto. Oltre al danno, la beffa: quei container, che altro non sono che un nuovo ghetto, sono pronti all’uso, ma sono vuoti da due anni, mentre nelle scorse settimane decine di persone hanno perso la casa per gli ennesimi incendi divampati nel ghetto. Tutto questo proprio nel periodo di massimo affollamento dell’anno, quando sta per iniziare la raccolta del pomodoro.

Come ripetiamo da sempre, la vita nei centri di accoglienza e nei campi di lavoro non è la vita che vogliamo, tantomeno se dobbiamo vivere nelle tende o nei container, che non sono case vere, ma solo strutture precarie che arricchiscono che le costruisce e chi le gestisce, dove non siamo liberi e veniamo isolati. Lo sanno bene tanti di noi che vivono dentro il campo: il cibo è estremamente scadente, ci sono pochi posti e i container sono sovraffollati, ci sono pochissimi bagni e le condizioni igieniche, soprattutto d’estate, sono pessime. Abbiamo già protestato in prefettura e con la cooperativa che gestisce il campo molte volte per denunciare queste condizioni, ma poco o nulla è stato fatto. Nel frattempo, ci sono circa 130 nuovi container chiusi da anni, che potrebbero, nell’immediato, migliorare le condizioni soprattutto di chi ha perso la casa. Ma anche aprirli a fine agosto, come ha promesso il Prefetto di Foggia, sarebbe comunque troppo tardi. Non vi sembra assurdo? A noi sembra un’ingiustizia che non possiamo accettare.

 Inoltre, come è ormai noto, il governo ha destinato più di 53 milioni dei fondi del PNRR al comune di Manfredonia per l’eliminazione del ghetto di Borgo Mezzanone e per trovare soluzioni abitative alternative per i lavoratori agricoli. A gennaio è stato firmato l’accordo per il progetto, che però ripete il solito copione e propone soluzioni inaccettabili: da un lato realizzare “foresterie” (cioè nuovi “campi”), dall’altro riadattare le borgate della bonifica o della riforma agraria, facendo una distinzione tra lavoratori stagionali e stanziali, come se la precarietà di vita e di lavoro a cui siamo costretti fosse una nostra scelta. Ignorando gli innumerevoli fallimenti di esperienze simili nel passato, si intende usare ingenti quantità di denaro pubblico (e quindi anche i nostri) per questioni che competerebbero ai datori di lavoro. Come se non bastasse, il governo non ha dato alcun segnale sull’approvazione di questo e degli altri progetti presentati dai comuni della provincia, e la scadenza era il 30 giugno: che fine faranno tutti questi soldi?

Già lo scorso 6 marzo eravamo scesi in strada a Foggia per chiedere chiarezza immediata alla prefettura sull’utilizzo di questi fondi e sottolineare l’inefficacia delle soluzioni proposte, e ci era stato risposto che era ancora tutto fermo.

Quel giorno abbiamo protestato anche contro i ritardi e i dinieghi della commissione territoriale, ricevendo la promessa di velocizzare i tempi delle risposte e di favorire la regolarizzazione. Ma oggi abbiamo anche nuovi motivi per protestare: con l’approvazione del decreto “Cutro”, le possibilità di avere riconosciuto un permesso di soggiorno si sono ulteriormente ristrette, mentre si parla di fare entrare 400 mila lavoratori con i decreti flussi nei prossimi 3 anni. E per chi è già in Italia e magari è costretta a lavorare “in nero” perchè irregolare, solo silenzio e baracche, rischiando ogni giorno la vita sul lavoro, per strada e anche nei luoghi in cui viviamo. Vogliamo un cambio di rotta immediato da parte della commissione territoriale, delle questure e del governo: non possiamo continuare ad attendere mesi e mesi per un documento o un appuntamento, ed è impressionante la gran quantità di esiti negativi alle domande presentate, anche quando soddisfano i già ristrettissimi criteri della legge. Contribuiamo in maniera decisiva all’economia di questa provincia e del paese ma non ci è concesso avere case normali in cu vivere. L’unico vero modo per farla finita con ghetti e caporalato, come dicono istituzioni e giornali, è darci un documento e rispettare i contratti collettivi che prevedono casa e trasporto per gli stagionali.

 Per questo siamo qui davanti oggi: pretendiamo risposte precise e urgenti dal presidente della Regione, dal Prefetto e quindi dal Governo per quel che riguarda le case e i documenti

Chiediamo quindi:

-  Apertura immediata dei nuovi container per le persone che ne hanno necessità, a prescindere dal loro status giuridico e dal possesso di un documento. Nel frattempo, continuiamo a pretendere case per tutti;

-  Che la commissione territoriale riduca i tempi di attesa e che rilasci pareri positivi a chi fa richiesta di protezione, considerando le condizioni di vita e di lavoro che da anni siamo costretti a sopportare;

-  Un riscontro urgente, da parte dell’ente gestore, a seguito della denuncia della situazione all’interno del CARA.

 Infine vogliamo chiarezza dalla Prefettura e dal Governo sui tempi e le modalità di realizzazione del progetto PNRR. Non accetteremo l’ennesima speculazione, siamo noi a dover decidere cosa farne. Le soluzioni di cui si parla in nessun modo possono essere costituite, ancora una volta, da centri di accoglienza, tendopoli o campi container.

Nessuna persona dovrebbe vivere per strada, in un ghetto ma neanche in una tenda o in un container. Tutt dobbiamo essere liberi di circolare liberamente, di scegliere la vita che vogliamo, liber da sfruttamento e violenza in tutte le sue forme, compresa quella istituzionale.

 Per questo, oggi come ieri, non ci stanchiamo di ripetere che pretendiamo documenti e case per tutt subito e condizioni di lavoro che ci facciano vivere bene.

domenica 6 agosto 2023

Noi abbiamo contestato Crosetto il ministro sul libro paga dell'industria bellica, Leonardo, ecc - il 30 marzo scorso

leggi sul blog proletaricomunisti.blogspot.com su Crosetto

Crosetto - uno spudorato rappresentante dell'industria della guerra, ministro per conto dell'industria della guerra, tutor della Meloni

Dossier Crosetto, una sola verità: montagne di soldi dalla Leonardo

Immagini della manifestazione di Taranto contro la sua venuta il 30 marzo scorso

Taranto non è citta' di guerra: il Min. Crosetto non è venuto (e non lo volevamo!) ma noi c'eravamo!

Il ministro non è più venuto (ha mandato un suo sottosegretario), ma tutto il resto è rimasto.

Un combattivo, necessario presidio in piazza Della Vittoria organizzato da proletari comunisti, a cui hanno aderito la Fgc, con tanti giovani, studenti, e lavoratori e operai ex Ilva dello Slai cobas, ha portato in citta' la voce determinata contro la guerra imperialista, contro il governo e i suoi Ministri che fomentano la guerra mandando armi e armi in Ucraina, che spendono per questo miliardi mentre nulla o tagli per lavoro, sanita', scuola. In una citta' come Taranto con tanti seri e gravi problemi, queste celebrazioni militaresche, mentre nel mar Jonio stanno avvenendo manovre militari sempre più imponenti con il trasferimento del comando Nato a Taranto, una celebrazione che per 4 giorni ha bloccato il centro citta', sono una provocazione e andava respinta.

Durante il presidio numerosi e apprezzati interventi, seguiti con attenzione delle persone circolanti che hanno preso e firmato la mozione contro la guerra, soprattutto le donne - perfino una migrante ucraina ha preso contatto.

    





Crosetto a Taranto cominciò insultando la città, proseguì disertando la festa del 30 marzo - infine sull'Arsenale: privatizzazione e difesa degli interessi di Fincantieri e Leonardo

“Il porto di Taranto è il più brutto del mondo”:  dichiarazioni del ministro Guido Crosetto.

“Il porto di Taranto è il più brutto del mondo”: polemiche sulle dichiarazioni del ministro Guido Crosetto. Poi le scuse su Twitter

Il titolare della Difesa ha assegnato il "primato" allo scalo pugliese durante un suo intervento a Porta a Porta. Alla fine si è scusato: "Adoro la puglia anche per motivi famigliari, ma il porto industriale non è una delle cose che mi piacciono"

secondo il ministro della Difesa Guido Crosetto il porto industriale di Taranto è “il più brutto del mondo”. Lo ha detto nel corso di un suo intervento a Porta a Porta del 25 ottobre. L’iperbole – nelle intenzioni del ministro – serviva, nella sua idea, a sottolineare i troppi anni che ci sono voluti per concedere le autorizzazioni al progetto del parco eolico nel mar Grande di Taranto. “Sa quanto tempo c’è voluto per far mettere dieci pale eoliche nel porto di Taranto? – ha chiesto retoricamente a Bruno Vespa – Voi pensate all’impatto di dieci pale nel porto più brutto del mondo, perché il porto di Taranto ha come sfondo l’Ilva. Per autorizzare le dieci pale, per problemi di impatto ambientale, ci sono voluti 15 anni”. Se è vero che per la realizzazione del progetto ci sono voluti 14 anni, è altrettanto vero che le contestazioni sull’impatto paesaggistico, sollevate dagli oppositori, sono state solo alcune delle motivazioni che hanno portato all’allungamento dei tempi.

“Privatizzazione dell’Arsenale” - Fincantieri e Leonardo, Come confermato dal ministro Crosetto sono pronti e verranno effettuati importanti investimenti, di rilancio e crescita, nei prossimi anni, per l'arsenale.