martedì 31 maggio 2022

Rilanciamo a livello nazionale la lotta contro le delocalizzazioni, intorno alla GKN uniamo tutte le fabbriche in lotta - nella nostra zona, la Tessitura di Mottola. Bisogna vincere!

Dagli operai della Gkn - inviato agli operai della Tessitura di Mottola dello Slai cobas: 

"Se chiediamo un incontro urgente alla Regione presso il presidio e non riceviamo risposta, il presidio viene urgentemente in Regione. Qua finisce ogni rapporto non chiaro e "privatizzato" tra istituzioni e azienda. Se vi sembriamo una rana da bollire, guardateci un pochino più da vicino. Imparando da tutte le vertenze che sono state raggirate, per il riscatto di tutti quelli che nella nostra condizione sono stati logorati e sconfitti, noi siamo ancora qua. E forse alla fine non cambieremo nulla ma non smetteremo mai di "entrare nella stanza dei bottoni per raccontarvi tutto".

#insorgiamo

Pellegrini/appalto Acciaierie d'Italia - lettera dello Slai cobas sc


Direzione Gruppo Pellegrini Spa

Ufficio personale

Ufficio relazioni sindacali

TA. 27.5.22

La scrivente O.S, Slai cobas per il sindacato di classe, presente nell'appalto Acciaierie d'Italia, in merito all'accordo sottoscritto il 23 marzo tra codesta azienda e Cisl e Usb sottolinea quanto segue:

Tale accordo prevede che solo per una parte dei lavoratori part time venga confermato il rapporto di lavoro a tempo indeterminato e le 24 ore settimanali; per tutti gli altri NO.

Tutti gli operai e le operaie in questi quasi 3 anni di pandemia hanno ugualmente lavorato intensamente, anche a rischio di prendersi il covid.

Pertanto, escludere vari lavoratori e lavoratrici sulla base di un arbitrario tetto massimo di assenze è una oggettiva discriminazione e divisione tra i lavoratori e lavoratrici. 

Questo accordo invece che riconoscere a tutti gli stessi criteri, stabiliti tra l'altro da leggi e normative contrattuali, "punisce" lavoratori e lavoratrici che, non certo per loro "colpa", sono stati in malattia o hanno dovuto per motivi familiari assentarsi. Questo accordo colpisce soprattutto le donne. Per le lavoratrici solo la "maternità obbligatoria o facoltativa" non viene definita "assenza", ma tutto il resto sì: problemi di salute che le lavoratrici hanno per dover fare il doppio lavoro, in fabbrica e in casa, problemi familiari, con i figli, problemi di assistenza anziani (che vengono scaricati,come si sa, sempre sulle donne), ricoveri ospedalieri, fino anche ad assenze imposte dalla legge per quarantena covid sia propria che di familiari.

Si fa presente, inoltre, che questa parte dell'accordo viola anche norme dello Statuto dei Lavoratori.

Infatti, nella sua applicazione si sta aggiungendo un altro sopruso. Si costringe di fatto i lavoratori che non rientrano nella stabilizzazione a presentare all'azienda cartelle cliniche, certificazione medica attestante il motivo della loro infermità; ma codesta azienda sa benissimo che non è un'azienda che può decidere se quella patologia e il livello di malattia sia riconosciuta o meno nei criteri fissati dall'accordo, violando in questo modo sia la privacy di donne e uomini, sia la normativa sanitaria che impedisce che l'azienda sia "giudice" della patologia del lavoratore.

Riportiamo a questo proposito due articoli dello Statuto dei Lavoratori:

ART. 5. - Accertamenti sanitari. Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente. Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda. Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico. ART. 6. - Visite personali di controllo.

ART. 16. - Trattamenti economici collettivi discriminatori. È vietata la concessione di trattamenti economici di maggior favore aventi carattere discriminatorio.

Per tutto quanto sopra evidenziato, chiediamo che l'accordo del 23 marzo vada rettificato e quindi vada riconosciuto per tutte le lavoratrici e lavoratori la stabilizzazione dell'aumento dell'orario di lavoro.

IN CASO CONTRARIO LO SLAI COBAS sc FARA' RICORSO.

Siamo chiaramente disponibili ad un incontro.

In attesa di riscontro, porgiamo distinti saluti

Slai cobas per il sindacato di classe

Calderazzi Margherita

via Livio Andronico, 47 Taranto - slaicobasta@gmail.com – 3475301704 – WA 3519575628



INFO - Lacaita - Avviata la cig per crisi aziendale e ridotti gli esuberi previsti inizialmente

 

(Da Corriere di Taranto) - All’interno dell’indotto ex Ilva è stato trovato un accordo tra l’azienda Lacaita, soggetta a procedura di concordato, ed i sindacati metalmeccanici di Taranto. Lo scorso 28 aprile l’azienda aveva confermato ai sindacati che non vi erano i presupposti per ritirare la procedura annunciata settimane addietro, che riguarda metà della forza lavoro della società, ovvero 40 unità sulle 80 totali.

Dopo il confronto dello scorso 5 aprile tra azienda e sindacati, i provvedimenti erano stati congelati sino al 27 aprile, per verificare la possibilità di attivare ammortizzatori sociali o altri interventi come l’esodo agevolato e incentivato per i dipendenti in possesso dei requisiti. L’azienda anche il 28 aprile ribadì che permanevano grosse difficoltà economiche e che vi fossero ancora scaduti di fatturedegli ultimi mesi relative a lavori effettuati verso l’ex Ilva, non pagati da Acciaierie d’Italia.

La Lacaita, peraltro, è come detto al momento in concordato a causa della crisi vissuta da mesi. Fattore che impedisce la possibilità proporre l’incentivo all’esodo attraverso proprie risorse.

Quest’oggi invece è stata concordata la cassa integrazione per crisi aziendale per un anno e ridotto gli esuberi a 24. Le procedure di licenziamento scatteranno dopo la cassa ma solo in caso di non opposizione degli interessati. E’ ovviamente prevista anche la possibilità di esodo volontario.

sabato 28 maggio 2022

2 giugno - Presidio contro la guerra e le Basi militari - a Taranto ore 10.30 piazzale antistante Nuova Base navale in viale Jonio

Info wattsapp 3519575628



Per un forte sviluppo della mobilitazione contro la guerra imperialista in Ucraina, contro l’imperialismo italiano, l’aumento delle spese militari, lo scaricamento sui proletari e le masse popolari con carovita, niente fondi per lavoro, salute, sanità, scuola.

Nella nostra regione questo si manifesta con la mobilitazione di tutte le basi militari al servizio dei piani di guerra che fa sempre di più della Puglia una zona di guerra, per non parlare della questione strategica del Tap, oleodotti, rigassificatori.

Nel quadro di questo, il centro è attualmente Taranto, dove viene messa in allerta tutta la Marina ed è teatro di grandi manovre nello Jonio e in tutta l’area contigua del Mediterraneo.

Serve innanzitutto l’azione, come è stato all’ammiragliato a Taranto nei primi giorni della guerra, come è proseguita con un azione al ponte girevole contro il passaggio della nave “carabiniere”, con viene fatto con una mozione operaia che sta raccogliendo centinaia di firme nelle fabbriche e nei presidi dei lavoratori.

Ora, a fronte della scadenza nazionale del 2 giugno lanciata anche dall’assemblea nazionale di Firenze con la grossa manifestazione contro la nuova Base di Coltano prevista appunto per il 2 giugno, si tiene il 2 giugno 10.30 un presidio manifestazione gemellata  alla Base navale di Taranto - il presidio è aperto a tutti con tutti i materiali necessari.

Ex Ilva - Protesta operaia contro Giorgetti a Genova

venerdì 27 maggio 2022

Ad Acciaierie d'Italia "proroga" di una situazione grave - ma a quando la continuità della lotta, unica strada perchè si affermino i bisogni e gli interessi degli operai al lavoro, salario, alla salute e sicurezza?

E' ufficiale, la fase conclusiva dell'acquisizione di Acciaierie d'Italia è, per ora, rinviata al 2023, almeno all'estate. Il motivo è che le condizioni poste da ArcelorMittal non si sono realizzate, in primis l'inevitabile mancato dissequestro degli impianti dell’area a caldo, per la non attuazione di tutte le prescrizioni del Piano Ambientale 2017. Su questo l'azienda dice che sarebbero in via di attuazione il 90% delle prescrizioni, ma sono gli operai  i sindacati che per prima lo smentiscono, e poi se fosse vero non ci vorrebbe ancora un anno per completare il restante 10%.

E mentre con questa proroga la situazione degli operai resta come adesso, vale a dire: i 1600 operai in cigs in Ilva AS restano fuori dalla fabbrica (neanche impegnati nelle bonifiche dell'area industriale e con rinvii da parte della Regione anche rispetto al loro impiego in Lavori di Pubblica Utilità); i 3500 operai di Acciaierie d'Italia continuano ad essere posti in cassintegrazione, secondo le esigenze dell'azienda; la Morselli, senza che il governo la smentisca, dice che si arriverà ad una produzione di 5,7 milioni di tonnellate - fatti, evidentemente con meno operai e in una situazione in cui i rischi aumentano, tra mancata manutenzione sia ordinaria che straordinaria degli impianti, peggioramento delle tutele anche individuali di sicurezza, ecc.

Intanto, avvengono cambi nel Cda di Acciaierie d’Italia holding non chiari, non spiegati. Ultime dimissioni sono quelle dell'ing. Carlo Mapelli, consigliere di nomina Invitalia, che veniva presentato come uno dei massimi esperti di siderurgia e tecnico di processi siderurgici. Questa come le altre due precedenti dimissioni (in un anno sono andati via altri 2 del Consiglio di Amministrazione), sembra che sia frutto di divergenze tecniche, gestionali, ma più precisamente per Mapelli di "ferri corti" con la Morselli,di cui "disapprovava largamente la gestionedell'azienda".

Al suo posto una, Tiziana De Luca, anonima dirigente dell'Ufficio IV del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'Economia e delle Finanze, che sicuramente non è esperta di siderurgia, ma probabilmente è esperta di soldi e di taglio dei costi del lavoro (operai e sicurezza?).

Su tutto questo Fiom, Fim, Uilm (questi ultimi due impegnati in questi giorni nei loro congressi) e l'Usb si lamentano, chiedono che lo Stato intervenga - quello stesso Stato che ora è parte interessata a salvaguardare e aumentare i profitti e tagliare i costi -; ma nel giro di appena 3 settimane dallo sciopero e contestazione forte alla Morselli del 6 maggio, si sono già dimenticati di aver promesso continuità della lotta, a partire dalle assemblee e una manifestazione nazionale a Roma.
 

OCCORRE INVECE SUBITO RIPRENDERE LA STRADA DELLA LOTTA OPERAIA!

Tessitura di Mottola - Non delega a esponenti di partiti governativi - la vera garanzia è nella lotta autonoma

DALL'INTERVENTO ALL'ASSEMBLEA NAZIONALE DEL 15 MAGGIO ORGANIZZATA DAGLI OPERAI DELLA GKN 

"Sono un operaio della Tessitura di Mottola ed RSA Slai cobas per il sindacato di classe. La Tessitura  di Mottola a parte della multinazionale Gruppo Albini con sede a Bergamo. Per 17 anni abbiamo prodotto tessuti di altissima qualità proprio a Mottola in provincia di Taranto. Ma l’azienda ha deciso di chiuderei cancelli dal primo decreto pandemico, con la successiva messa in cassintegrazione di tutti gli operai, anche se continuano a produrre nelle altre loro aziende a livello internazionale, Repubblica Ceca, Egitto.

Tutto questo per fare profitti ovviamente. Da due anni percepiamo prima la cassa covid, poi cig straordinaria fino a dicembre. Dopo di che non c’è più neanche questo. In questi due anni non è stato fatto nulla, perchè buona parte del nostro stabilimento ha come rappresentanti sindacali i confederali; non è stato fatto niente, nemmeno un accordo sindacale per chiedere un integrazione alla cassintegrazione miserabile che stiamo prendendo.

Come lavoratori e come Slai cobas sc ci siamo uniti alla lotta della Gkn soprattutto perchè vogliamo coinvolgere tutta la società che ci circonda, perchè non è assolutamente accettabile che per colpa di questo maledetto fenomeno chiamato delocalizzazioni ci ritroveremo in migliaia di operai e di famiglie senza lavoro e senza un futuro. Il gruppo Albini ha sfruttato tutti i tipi di incentivi governativi e tutti gli ammortizzatori sociali possibili; come tutte le aziende che vengono ad usurpare il nostro territorio per poi abbandonarlo alla prima occasione utile. E la cosa grave è che ora c’è una fabbrica chiusa senza che il governo faccia niente.    

La nostra lotta non si ferma, andrà avanti fino a quando non verrà garantito il posto di lavoro a tutte le unità di stabilimento. Non c’è incentivo all’esodo che tenga. Vi faccio un esempio: c’è stata proposta un’elemosina di 14mila euro lorde da versare in 4 comode rate a chi voleva andar via, nemmeno fossimo una “batteria di pentole”... 

Grazie alla piccola lotta di un gruppo di noi operai, eravamo una decina alla riunione dei confederali che volevano firmare ad occhi chiusi, addirittura hanno detto: per noi non c’era nemmeno bisogno di passare per questa assemblea, solo grazie a quella decina di lavoratori presenti che avevamo deciso di far saltare quello scempio di accordo, questo non è passato. 

Grazie anche a quello che ho imparato in questi mesi dal Collettivo di fabbrica della Gkn, dico che ci vuole l’unione, ci vuole la solidarietà, ci vuole qualcosa che ci tenga stretti. E non parlo di segreterie, parlo di lavoratori. Se i lavoratori scendono in piazza uniti e lottano con tutte le realtà che abbiamo sentito oggi come abbiamo sentito alla manifestazione del 26, come abbiamo sentito all’Insorgiamo tour della Gkn quando sono venuti a Taranto, allora le cose possono cambiare.

Siamo stati sempre trattati come lavoratori di serie B rispetto alle altre aziende che stanno al nord. Ma ora abbiamo detto: Basta! a tutti gli abusi subiti negli anni, la dignità è nostra, la difenderemo a spada tratta. 

E’ importante, e faccio un appello per questo, che come realtà lavorative simili alla nostra su scala nazionale ci dobbiamo unire; e quindi torno a quello che il collettivo della Gkn chiama “convergere”, è importante unire tutte le realtà lavorative, anche là dove non sono presenti i comitati, sindacati di base, dove non ci sono neanche i confederali, dove ci sono semplici lavoratori. Abbiamo sentito di Amazon poco fa, e si parla di una mega struttura, è giusto che anche quelle strutture dove non ci sono comitati e sindacati devono essere coinvolte.

Quindi, uniamoci per essere più forti in questa lotta per difendere il nostro lavoro e il salario. E’ importante, voglio dire al Collettivo Gkn, continuare ad unire gli operai e portare avanti questa grande macchina che avete messo in moto. Sono d’accordissimo con la manifestazione che si verrà a fare in autunno.

Per tornare al discorso di prima la lotta a Taranto degli operai, vi faccio un piccolo esempio che è successo poco tempo fa. Il 6 maggio all’Ilva di Taranto c’è stata una protesta dei lavoratori. ArcelorMittal continua ad andare dritto per le sue idee, non rispetta nulla; gli operai si sono ribellati; è uscita addirittura l’Amministratrice delegata dalla fabbrica per vedere uno ad uno chi stava scioperando quel giorno, avevano tutti il diritto di scioperare. ArcelorMittal ha detto che 3500 operai devono andare in cassintegrazione e non si sa nemmeno il perchè, e nessuno da una motivazione valida agli operai che stanno a casa. 

Insorgere soprattutto con i lavoratori. 

Una cosa che volevo mettere in evidenza, è che al momento c’è una trattativa sporca per quanto riguarda il nostro stabilimento, perchè non c’è nulla al Mise, nulla alla Regione, ma un ex sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri all’epoca di Conte, sta facendo campagna elettorale su un eventuale azienda che vorrebbe entrare nel nostro stabilimento, Bene quest’azienda non ha nemmeno una fabbrica in Italia, le ha tutte all’estero e ha detto: se non ci danno il 40% dei finanziamenti, nero su bianco, noi ce ne andiamo in Albania. E’ una cosa normale? Noi abbiamo vissuto uno scippo di posti di lavoro perchè hanno chiuso la fabbrica per delocalizzazione e adesso viene un’azienda che se non riceve il 40% degli investimenti del piano industriale, possono tranquillamente andarsene in Albania. E’ uno scempio questa delle delocalizzazioni, è scandalosa la norma che ha fatto il governo. Io ho avuto un dibattito con questo ex sottosegretario, Sen Turco dei 5Stelle. Questo ha detto che grazie al loro emendamento hanno fatto una legge per delocalizzazione che fa solamente il solletico alle grandi multinazionali, che anche pagando il doppio riescono a delocalizzare lo stesso.

Per questo Insorgiamo e discutiamo tutte le date fissate dal Collettivo Gkn. E’ importante continuare ad unire, ed è una lezione del collettivo l’unità, la costruzione della solidarietà tra operai e non solo,noi vogliamo che i lavoratori sostengano le altre mobilitazioni, capiscano la ricchezza delle lotte e dello stare insieme. Perchè se si ottiene sia pur un parziale risultato tramite la lotta, permette di elevare la coscienza della necessità di non fermarsi ma di avanzare nella lotta"

 

Asili - le lavoratrici chiedono: basta con le sospensioni estive

Tra poco più di un mese, come da tanti anni, più di 70 lavoratrici e lavoratori addetti a pulizie/ausiliariato non potranno più lavorare per luglio e agosto e quindi per tre mesi non riceveranno più stipendio (dato che il primo stipendio di settembre lo riceveranno ad ottobre). 

In questo mesi si sospende forse il mangiare, i bisogni quotidiani e vitali delle lavoratrici e delle loro famiglie?

Lo Slai cobas chiede che si metta da quest'anno fine a questa sospensione. Questo è anche una necessità per il servizio, per i bambini e il resto del personale, perchè con gli asili vuoti è possibile fare quelle attività di pulizie approfondita e straordinaria, previste nell'appalto ma che non si possono effettuare durante l'anno per la presenza dei bambini e per le pochissime ore di lavoro quotidiano (3 giornaliere) della lavoratrici che non bastano neanche a fare le pulizie ordinarie (a mò di esempio: lavaggio brandine, pulizia infissi, porte, pulizia frigoriferi, forni, cappe di aspirazione, sanificazione di piastrelle, riordino degli armadi, pulizia di tapparelle e zanzariere, ecc. ecc.).

In questi due anni per la pandemia le lavoratrici hanno dovuto lavorare al doppio sempre nelle stesse tre ore, per pulire e sanificare a fondo ogni mobile, suppellettile, letti, tavolini, ecc, e continuamente centinaia e centinaia di giocattoli di ogni dimensione; in una condizione, tra l'altro, in cui nonostante l'appalto preveda per le pulizie, soprattutto quelle di sanificazione - tuttora decisive per tutelare dal covid - l'uso di attrezzature meccaniche ed elettriche, le lavoratrici operano sempre e solo come 100 anni fa, con stracci e scope, piegandosi a terra in ginocchio o arrampicandosi su mezzi di fortuna, a rischio della sicurezza e pagando con la propria salute; mentre la Ditta ha ottenuto punteggio e assegnazione appalto affermando che tali attrezzature ci sono.

Ora le lavoratrici non sono più disposte ad accettare tutto questo, vogliono fine delle sospensioni estive, aumento dell'orario di lavoro a 5 ore giornaliere e lavorare in condizioni di salvaguardia della salute e sicurezza. 

O Comune e Ditta, con cui si stanno facendo incontri, rispondono alle loro richieste o sarà avviato uno stato di agitazione.

PS. Quest'anno si celebrano i 40 anni dell'istituzione degli asili nido comunali, ma sono anche 40 anni di precariato continuo delle lavoratrici passate da varie ditte, anni di sfruttamento, di taglio di ore nonostante l'aumento delle mansioni, anni di perdita della salute, ecc. 

Ma tutto questo non ha diritto di cronaca per amministratori celebranti...   

 

giovedì 26 maggio 2022

info - Chiusura definitiva per l’ex Cementir di Arquata Scrivia

Chiusura definitiva per l’ex Cementir di Arquata Scrivia

Saranno chiusi definitivamente il prossimo 30 giugno i cancelli dell’ex Cementir di Arquata Scrivia. Nemmeno le commesse del terzo valico hanno appianato una crisi in corso da alcuni anni.

Non solo si condanna chi lotta per il lavoro e la salute, ma si attuano anche pesanti trattamenti discriminatori

Pubblichiamo questa lettera e chiediamo con forza anche noi, come Slai cobas sc, che questo trattamento ingiustamente e immotivatamente discriminatorio cessi subito.

Chiamiamo alla solidarietà tutti coloro, persone, compagni, associazioni che si battono contro la repressione delle lotte e sono sensibili nel denunciare e contrastare questi soprusi - inviando messaggi al Tribunale di Sorveglianza e Direzione del Centro Servizi Sociali per Adulti: ornella.defilippo@giustizia.it 

 

Come Slai cobas rivendichiamo pienamente le lotte dei disoccupati per il lavoro, la raccolta differenziata, l'ambiente, ecc. che negli anni passati abbiamo organizzato; lottare per questi diritti fondamentali NON E' REATO! Solo grazie a quelle lotte una parte significativa dei disoccupati oggi lavora. Ma, come Benni, tanti altri disoccupati e disoccupate, noi stessi, siamo stati processati e condannati come se fossimo criminali!

Ora con Benni si è andati anche oltre. Sembra una specia di "vendetta" dello Stato. 

Questa discriminazione su diritti umani deve finire!

 

LA LETTERA  

 

Gentile dott.ssa De Filippo, le scrivo questa email per esporle il rammarico per il  trattamento discriminatorio esercitato nei miei confronti. Naturalmente non mi riferisco alla gestione del caso da parte sua che ritengo, al contrario, corretto, comprensivo e impeccabile. Mi riferisco al trattamento riservatomi dal Tribunale di Sorveglianza e dalla Direzione del Centro Servizi Sociali per Adulti.

Premetto che, seppur ritengo ingiusto ogni trattamento punitivo nei confronti dei lavoratori che legittimamente rivendicano i diritti inalienabili del lavoro e della salute, non ho mai contestato la condanna subita  perché mi ritengo da sempre consapevole delle conseguenze a cui sarei andato incontro. 

Il pregiudizio nei miei confronti si nota già nel rigetto della istanza di affidamento dove sono presenti varie inesattezze e riferimenti alla mia supposta personalità delinquenziale fondati su precedenti penali risalenti a più di 25 anni fa, per reati strettamente legati al mio stato di tossicodipendenza, considerati ostativi alla concessione dell’affidamento per un reato di interruzione di pubblico servizio, nello specifico, un consiglio comunale interrotto con striscioni che denunciavano la gestione illecita di fondi destinati ai rifiuti, confermati successivamente dalle indagini della Magistratura, che avevano come conseguenza la perdita del lavoro. 

Si fa riferimento a un reato di violazione edilizia a me totalmente sconosciuto, tranne se per violazione edilizia si intende le morosità delle rate del mutuo di una abitazione che mi è stata confiscata nonostante io abbia pagato le somme del pignoramento fino al 2020. Si fa riferimento alla violazione dell’affidamento mai avvenuta. Si legge ancora: Si ritiene inoltre “una immagine non proprio tranquillizzante (soprattutto alla luce della revoca dell’affidamento concessogli, delle altre misure diverse di cui ha fruito, della assoluta insensibilità a tutti i benefici di legge ottenuti nel corso degli anni), peraltro in assenza totale di una qualche attività risocializzante”; giudizio da parte del Tribunale con evidente pregiudizio nei miei confronti. Non si ritiene attività risocializzante l’impegno nel sociale del sottoscritto riguardo l’immigrazione, i diritti delle classi più povere come i disoccupati, la lotta per il lavoro e l’ambiente, temi sui quali il sottoscritto ha tenuto vari incontri con le Istituzioni locali e Regionali, convegni pubblici sull’ambiente e incontri periodici formativi sulla gestione dei rifiuti rivolti ai disoccupati, informazioni che il Tribunale avrebbe certamente e facilmente trovato se solo le avesse cercate.

Si fa riferimento poi al reperimento di una attività di volontariato mai cercata in oltre un anno dall’istanza, questo è falso, è stata presentata una disponibilità da parte dell’ass. “Noi e Voi” all’UEPE  di via Cagliari  in data 24/07/2020, come confermato  dalla responsabile dell’associazione dott.ssa  M.Grazia Marangi, documentazione smarrita negli uffici di via Cagliari.

La richiesta di permesso pasquale di pochi giorni che mi avrebbe permesso di uscire con mio figlio di 8 anni, a cui ho dovuto raccontare diverse bugie per giustificare la mia permanenza continua in casa durante tutte le festività natalizie, mi è stato negato senza alcuna comunicazione né rigetto che motivasse tale decisione, costringendomi a raccontare a mio figlio cose di cui avrei sicuramente fatto a meno. 

Considerando che, per una sorta di umanizzazione della pena, nella stragrande maggioranza dei casi di semilibertà, detenzione domiciliare e persino affidamento lavorativo, questi permessi vengono concessi in automatico, senza alcuna richiesta da parte del detenuto, è lecito pensare che nei miei confronti si è voluto attuare una disumanizzazione della pena. 

Ritengo di essere stato oggetto di discriminazione di carattere sicuramente politico poiché non riesco a trovare altra motivazione plausibile. Se non ritenessi certa l’ influenza negativa che potrebbe impattare sul morale e sul rendimento scolastico del mio bambino, restituirei anche il permesso per accompagnarlo a scuola. 

Le ho inviato questa email perché spero vorrà accluderla al mio fascicolo personale, io cercherò di rendere nota questa attività discriminatoria il più possibile e in diversi ambienti affinché se ne conoscano gli artefici e si impedisca loro di trattare con pregiudizio altri detenuti.

 

Cortesi saluti.

Benni Scripilliti

mercoledì 25 maggio 2022

BRACCIANTATO FEMMINILE E MIGRANTE AL SUD

(Da infoaut)


È da poco uscito il report curato da ActionAid (Cambia Terra. Dall’invisibilità al protagonismo delle donne in agricoltura, 2022, relativo a una ricerca condotta sul campo per raccogliere dati sullo sfruttamento delle donne nell’agricoltura meridionale.

“ActionAid ha concentrato le sue attività nell’Arco ionico, in particolare nei Comuni di Grottaglie e Ginosa in Puglia, Scanzano Jonico e Matera in Basilicata e Corigliano-Rossano in Calabria. […] L’Arco ionico è caratterizzato da un’ampia superficie agricola destinata principalmente all’ortofrutta (fragole, angurie, pesche, albicocche, pomodori, cavolfiori, finocchi, peperoni, asparagi, mandorle, etc.), all’agrumicoltura e alla viticoltura. La scelta di intervenire in particolare in quest’area dell’Italia meridionale è legata alla grande rilevanza a livello nazionale delle filiere agricole che la caratterizzano, in cui la componente lavoro è fondamentale per realizzare le produzioni più diffuse” (ActionAid, Cambia Terra, cit., p. 45).

Chiaramente il dato ufficiale dei braccianti agricoli impiegati in questi territori non tiene conto dell’esercito degli invisibili che vivono di lavoro nero, irregolari e alloggiati in maniera precaria negli stessi territori di produzione. Braccianti spesso senza permesso di soggiorno e privi di una qualsiasi forma di tutela contrattuale, nonostante il blocco imposto dalla pandemia abbia favorito un maggior utilizzo di braccianti comunitari viste le “maggiori” misure di controllo. Nella fase pandemica, infatti, si è registrata anche un’inversione di tendenza delle politiche occupazionali in agricoltura. La paura del blocco produttivo per l’impossibilità di raggiungere i campi da parte della manodopera comunitaria ed extracomunitaria ha dato luogo alla sperimentazione di iter burocratici semplificati per l’ottenimento di permessi di soggiorno e contratti lavorativi. Da forme di apartheid a forme “inclusive” a solo vantaggio dei proprietari terrieri. Nonostante ciò, molti studi fanno emergere la sostanziale inadeguatezza di tali politiche rispetto al problema del lavoro nero svolto spesso in condizioni di schiavitù e, visti i livelli retributivi, in un regime che potremmo definire di lavoro gratuito.

Dalla lettura dei dati raccolti dai censimenti agricoli si evidenzia una drastica riduzione di aziende agricole e una diminuzione, meno evidente, di superficie agricola utilizzata (SAU), che confermano il “fenomeno di concentrazione dei terreni agricoli e degli allevamenti in un numero sensibilmente ridotto di aziende […] dove la principale dinamica strutturale è stata quella della ricomposizione fondiaria. […] Le trasformazioni intervenute nel corso degli anni nel settore primario hanno comunque avuto un impatto sulla composizione e sull’intensità del lavoro agricolo. Alla riduzione del numero di aziende e della superficie agricola utilizzata, oltre che ai cambiamenti organizzativi intervenuti (si pensi ad esempio all’incremento e miglioramento della meccanizzazione), è seguita una minor esigenza di impiego di lavoro. (sottolineatura nostra). La diminuzione complessiva delle giornate di lavoro impiegate in agricoltura ha riguardato tuttavia prevalentemente la componente lavorativa familiare, mentre quella non familiare, e in particolare quella saltuaria, è aumentata. Quindi alle aumentate dimensioni aziendali è corrisposto un minor contributo della famiglia alla manodopera agricola e un maggior ricorso a manodopera extraziendale, in particolare quella avventizia di provenienza straniera”.

La maggiore produttività e il minor lavoro necessario grazie alla meccanizzazione non si spalma uniformemente ma, da una parte, crea la necessità per il capitale di un soccorso statale al reddito con misure di sostegno ai cittadini bisognosi e, dall’altra, crea forme di concentramento del lavoro su una residua parte della classe lavoratrice, anche migrante, che vede diminuire il salario e aumentare o intensificare le ore di lavoro.

Il report di ActionAid sulla situazione dell’agricoltura nell’Arco ionico si focalizza sulla condizione femminile e migrante. “Nello specifico, le operaie agricole sono 22.702, 16.801 italiane e 5.901 straniere, di cui il 76% è costituito da comunitarie, soprattutto rumene e bulgare, con una netta prevalenza delle prime sulle seconde. Nel periodo 2012-2018, le lavoratrici rumene costituivano il 15% della forza lavoro femminile, mentre le lavoratrici bulgare il 2,7%, percentuali che nel 2020 hanno registrato una significativa contrazione, rispettivamente del 25% e del 42%, ulteriormente aumentata a seguito dello scoppio della pandemia. Tale trend è interpretato non tanto come una fuoriuscita dal mercato del lavoro tout court, ma come uno scivolamento in situazioni di irregolarità lavorativa di difficile misurazione. Spinte dalle difficoltà economiche e dalle scarse opportunità lavorative, le donne rumene e bulgare arrivano generalmente nell’Arco ionico direttamente dal Paese di origine, senza conoscere la lingua e con scarse informazioni. Trovano subito un impiego grazie all’intermediazione di un/a conoscente o di un/a familiare già impiegato/a in agricoltura nell’area. A volte sono gli stessi caporali che operano in Puglia a reclutare le donne andando personalmente nelle zone agricole della Romania. […] La loro giornata lavorativa inizia tra le 4.00 e le 4.30 del mattino. Per raggiungere il posto di lavoro utilizzano la corriera o macchine spesso gestite dagli stessi caporali. Circa la metà delle 119 donne incontrate ha dichiarato di lavorare in più aziende contemporaneamente, nonostante le difficoltà di spostamento tra i diversi luoghi di lavoro” e di avere condizioni lavorative al limite della sopportazione umana, senza servizi igienici, pause, presidi di sicurezza e altre tutele. “Hanno in sostanza rilevato la loro subalternità agli occhi di caporali e datori di lavoro che le considerano numeri perché, come una lavoratrice ha sottolineato, «non siamo donne, siamo le cassette che riempiamo»”
Inutile dire che i turni di lavoro e le precarie condizioni di vita non permettono, per le donne ancora di più che per gli uomini, forme di organizzazione collettiva per rivendicare migliori condizioni di lavoro.

Le braccianti spesso lavorano in più aziende, distanti tra loro anche centinaia di chilometri. Questo dato estende considerevolmente l’orario di lavoro. La condizione è aggravata dalla difficoltà ad accedere ai servizi pubblici sia a causa della mancanza di tempo libero sia per problemi linguistici. La condizione femminile si aggrava ancora di più in presenza di minori da accudire... sopperiscono alla mancanza di asili o comunque di servizi pubblici, grazie all’aiuto di madri, suocere o altre parenti. Alcune volte sono costrette a organizzarsi differentemente creando privatamente in alcune case piccoli asili irregolari gestiti a pagamento da connazionali. In casi estremi “c’è poi chi, in mancanza di alternative, in alcune giornate si ritrova costretta a portare con sé le figlie o i figli sul posto di lavoro”. 

Per le braccianti, accanto alle difficoltà lavorative, compaiono spesso le molestie sessuali da parte degli sfruttatori. Le donne che si oppongono ai tentativi di abuso hanno successivamente maggiori difficoltà a trovare lavoro anche presso altre aziende. “Mi è capitato tantissime volte e me ne sono sempre andata. All’inizio sembrano cortesi, dicono frasi che possono sembrare dei complimenti, come se non ci fosse niente di male. Però, poi, una parola tira l’altra e si arriva sempre a quello. Ormai me ne accorgo subito. Allora saluto con educazione e me ne vado via. A volte insistono, anche telefonicamente. Mi chiamano e chiedono: «Ma non vuoi accettare il lavoro?». Sono uomini italiani quelli che fanno così. Sanno che siamo straniere e siamo in forte difficoltà economica. Pensano che io sia una poverina buttata lì, una morta di fame e che il bisogno mi spinga a fare altro”.

I dati sulla Calabria nel Report del Crea. In linea con i dati nazionali, anche in Calabria il numero di aziende negli ultimi dieci anni è diminuito del 28% mentre è aumentata del 4% la superficie totale lavorata. Meno soggetti, maggiore produzione. Un peso rilevante in termini produttivi è rappresentato dalle coltivazioni arboree con il 41% della SAU complessiva regionale e con un incidenza di manodopera (soprattutto nella fase della raccolta) elevata. “All’interno delle legnose ben 172.210 ettari sono rappresentati dall’olivo (73% della SAU investita a colture arboree), presente nell’83% delle aziende calabresi”.In effetti il 57% della produzione ai prezzi di base dell’agricoltura calabrese “è composta da soli 3 prodotti: quelli olivicoli (19%), quelli agrumicoli (10%), patate e ortaggi (27%)”
Proprio in questi ambiti, nella raccolta di olive ma soprattutto in quella d’agrumi fra le piane di Sibari e Gioia Tauro, si registrano il maggior impiego di manodopera e la gran parte dei casi di sfruttamento di lavoratori migranti. Secondo i dati della Banca d’Italia del 2019, in Calabria il settore agricolo assume un peso rilevante in quanto “rappresenta circa il 6 per cento del valore aggiunto, oltre il doppio del corrispondente dato nazionale. In esso trova impiego circa il 15 per cento degli occupati, l’incidenza più alta tra le regioni italiane” (Banca d’Italia, L’economia della Calabria, n. 18, giugno 2019).

“Negli ultimi 40 anni in Calabria la popolazione straniera è cresciuta enormemente. Si passa dai 2,5 mila nel 1981 agli oltre 100 mila del 2019 che rappresentano il 5,5% della popolazione calabrese. La popolazione straniera più numerosa è quella dei romeni con il 31,8%, seguita da quella del Marocco (13,8%) e dai bulgari (6,1%). Nel 2019 è la provincia di Cosenza (35.559 unità) seguita da quella di Reggio Calabria (32.870) ad avere il maggior numero di stranieri soggiornanti. Seguono nell’ordine le province di Catanzaro (19.140), Crotone (12.789) e Vibo Valentia (8.136). […] Negli ultimi anni la presenza di lavoratori stranieri nell’agricoltura regionale si è sostanzialmente stabilizzata e si aggira intorno alle 30mila unità in larga parte comunitarie (70%).Sono il settore agrumicolo nella Piana di Rosarno e di Sibari, seguito da quello orticolo (cipolle lungo la costa tirrenica da Vibo a Cosenza, finocchi nel Crotonese) i comparti che richiedono il maggiore impiego di manodopera straniera”

“La presenza di questa manodopera a basso costo e flessibile permette agli agricoltori di tenere il costo del lavoro all’interno dei limiti dettati dai bassi margini di profitto. Molti agricoltori si ritengono “costretti” ad abbassare il costo del lavoro perché soffocati dalla grande distribuzione organizzata e dalle imprese di trasformazione (degli agrumi) che pagano la materia prima al di sotto di un prezzo equo (le arance per la trasformazione vengono pagate soltanto 3 centesimi al chilogrammo)” (ivi, p. 183).
In realtà, quello che avviene è soltanto un ripresentarsi ciclico dei meccanismi di produzione e riproduzione del capitale lungo tutta la filiera del valore. Nessuna “costrizione”, dunque. Ma è, quasi sempre, un’accettazione sic et simpliciter del modello di produzione imposto.

...la valorizzazione del capitale passa attraverso l’automazione in tutti i campi dell’economia, generando, oltre che un minore impiego di forza lavoro, un aumento delle ore lavorate per quei “pochi” lavoratori che subiscono anche un peggioramento delle condizioni di base. L’ampliamento, nel settore agricolo, delle dimensioni aziendale, attraverso processi di accorpamento e spossessamento forzato, produce una concentrazione di capitale – una sorta di “americanizzazione” del comparto – che condurrà inevitabilmente ad un mercato monopolizzato da pochissimi gruppi societari.

Se pensiamo che già in alcune grandi città Amazon si occupa di recapitare a casa anche la cassetta di ortofrutta, abbiamo un quadro di quello che sarà il prossimo sviluppo del comparto agricolo in Italia e nel mondo. Molto probabilmente anche l’italianissima idea dei Gruppi di Acquisto Solidali (GAS) verrà sussunta e integrata (come già avvenuto per il cosiddetto “commercio equo e solidale”) nelle grandi piattaforme della logistica: avremo grandissimi magazzini colmi di alimenti organici e biologici pronti per essere consegnati a prezzi concorrenziali attraverso team di riders.

La redazione di Malanova

lunedì 23 maggio 2022

Domani sera libreria Ubik presentazione dell'opuscolo su scritti di Lenin - Perchè importante oggi

Dall'opuscolo - Sui sindacati gli scioperi l'economismo - che raccoglie scritti di Lenin

“...l’operaio isolato è impotente e inerme di fronte al capitalista… L’operaio deve ricercare, a qualunque costo, i mezzi per opporre resistenza al capitalista, per difendersi. E questo mezzo lo trova nell’unione. Impotente se isolato, l’operaio diviene una forza quando si unisce ai propri compagni; allora può lottare contro il capitalista e opporgli resistenza..."

"...Ogni sciopero ricorda ai capitalisti che i veri padroni non sono loro, ma gli operai… Ogni sciopero ricorda agli operai che la loro situazione non è disperata, che essi non sono soli…"

"...Ma lo sciopero fa capire agli operai chi sono non soltanto i capitalisti, ma anche il governo e le leggi…Diventa allora chiaro per ogni operaio che il governo… è il suo peggiore nemico, un nemico che difende i capitalisti e lega mani e piedi agli operai. L’operaio comincia a capire che le leggi vengono emanate nell’interesse dei soli ricchi...".


L'accordo discriminatorio della Pellegrini e Cisl/Usb viola anche norme dello Statuto dei Lavoratori e deve essere ritirato

Lo sciagurato e illegale accordo sottoscritto a marzo dalla azienda dell'appalto Acciaierie d'Italia, Pellegrini Spa e da Cisl eUsb (gli altri sindacati pur presenti in fabbrica non l'hanno firmato), che abbiamo subito denunciato (vedi comunicato precedente e testo dell'accordo), nella sua applicazione si sta dimostrando ancora peggiore. La maggiorparte dei lavoratori e lavoratrici che nei due anni di covid erano passati a 24 ore, non stanno avendo la stabilizzazione delle 24 ore perchè hanno superato le 48 ore di assenza per malattia; ma da queste assenze vengono arbitrariamente escluse buona parte delle malattie, anche interventi operativi, periodi di quarantena per covid - in cui era vietato dalla normativa Asl uscire di casa, malattie psichiche, ecc.

A questo ora si sta aggiungendo un altro sopruso. Gli stessi sindacati firmatari, vedendo che anche loro iscritti non rientrano nella stabilizzazione delle ore e arrampicandosi sugli specchi, stanno dicendo ai lavoratori di presentare all'azienda cartelle cliniche, di permettere cioè che sia l'azienda a decidere se quella patologia e il livello di malattia sia riconoscita o meno nei criteri fissati dall'accordo. Violando in questo modo sia la privacy di donne e uomini, sia la normativa sanitaria che impedisce che l'azienda sia "giudice" della patologia del lavoratore.      

Siamo anche all'aperta violazione dello Statuto dei Lavoratori - riportiamo questi due articoli:

 ART. 5. - Accertamenti sanitari. Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente. Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda. Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico. ART. 6. - Visite personali di controllo.

ART. 16. - Trattamenti economici collettivi discriminatori. È vietata la concessione di trattamenti economici di maggior favore aventi carattere discriminatorio.

QUESTO ACCORDO DISCRIMINATORIO, ILLEGALE VA STRACCIATO.

IN CASO CONTRARIO LO SLAI COBAS FARA' UN ESPOSTO E UN RICORSO ALLA PROCURA

Il precedente comunicato

L'accordo sottoscritto a fine marzo prevede che solo per una parte minoritaria dei lavoratori part time viene confermato il rapporto di lavoro a tempo indeterminato e le 24 ore settimanali; per tutti gli altri NO.

Si tratta di una vera e propria discriminazione e divisione tra i lavoratori e lavoratrici, fondata su un "criterio di premialità", cioè di piena disponibilità verso l'azienda.

Già il fatto di legare un diritto al lavoro e all'aumento dell'orario ad un "premio" è osceno. Ma quale "premio"? Gli operai e le operaie in questi quasi 3 anni di pandemia si sono fatti il "mazzo", hanno dovuto lavorare anche a rischio di prendersi il covid, e invece che ottenere diritti gli viene concesso un premio dal padrone? 

Di fatto, poi, questo "premio" viene legato ad una sorta di fedeltà all'azienda, alla subordinazione ai criteri di "prottività, efficienza e obiettivi". La Pellegrini, grazie a questo lavoro ha incassato profitti, ai lavoratori si concede un premio...

Ma non a tutti! Chi è stato in malattia, chi ha dovuto per motivi familiari assentarsi viene "punito". Colpendo soprattutto le donne. Per le lavoratrici solo la "maternità obbligatoria o facoltativa" non viene definita "assenza", ma tutto il resto sì: problemi di salute che le lavoratrici hanno per dover fare il doppio lavoro, in fabbrica e in casa, problemi familiari, con i figli, problemi di assistenza anziani (che vengono scaricati sempre sulle donne)... Tutto questo non solo sono "fatti tuoi", ma con questo accordo rischi anche di perdere il lavoro!

Occorre opporsi a questo accordo! Fare assemblee e chiederne l'immediato ritiro. Per tutti e tutte vi deve essere conferma del rapporto di lavoro e dell'incremento di orario! 

PS. Dal Comunicato della Cisl sembra poi che per chi nel periodo Covid (tra l'altro niente affatto finito) era stato aumentato l'orario di lavoro a 30 ore, non c'è alcuna stabilizzazione di tale aumento, si rimanda aduna ipotetica disponibilità futura di un monte ore, ma intanto si vedranno tagliare l'orario?

Mentre, a quanto pare (ma approfondiremo) alcuni "preposti" l'aumento di orario l'hanno avuto, ma, guarda caso, tra questi vi sono anche due delegati...

domenica 22 maggio 2022

Contro la guerra imperialista, il governo della guerra, lo scaricamento dei suoi costi sulle masse, manifestiamo il 2 giugno alla base Navale di Taranto



Per sviluppare con vigore la finora insufficiente mobilitazione contro la guerra imperialista in Ucraina, contro l’imperialismo italiano, l’aumento delle spese militari, lo scaricamento sui proletari e le masse popolari con carovita, tagli della spesa per lavoro, salute, sanità, scuola a favore di quella militare serve innanzitutto passare all’azione, come è stato all’ammiragliato a Taranto nei primi giorni di guerra, come si proseguito con la contestazione del passaggio al ponte girevole della nave “carabiniere”, come si sta facendo con la mozione operaia che sta raccogliendo centinaia di firme nelle fabbriche e nei presidi dei lavoratori.
Ora, in vista della scadenza nazionale del 2 giugno lanciata dall’assemblea nazionale di Firenze con una grossa manifestazione contro la nuova Base di Coltano (Pisa) occorre che a livello locale e regionale di raccolga la stessa indicazione la mobilitazione presso tutte le basi militari al servizio dei piani di guerra che sempre più fa della Puglia una zona di guerra.
Obiettivo centrale è attualmente Taranto, dove viene messa allerta tutta la Marina e la sua base, protagonista delle grandi manovre congiunte ancora in corso nello Jonio e in tutta l’area del Mediterraneo.
Per questo all'assemblea della rete regionale contro la guerra svoltasi oggi abbiamo proposto una manifestazione, possibilmente unitaria e regionale alla Base navale di Taranto.
L'assemblea non ha accettato la proposta, dando piuttosto indicazione di "attraversare coi temi dell'antimperialismo e della solidarietà internazionale" i presidi che in quella data in ogni provincia sta organizzando il Comitato per la Pace.
Ma manifestare contro le basi della guerra in ogni territorio resta una proposta giusta e necessaria da realizzare, anche se in dimensione solo simbolica

2 giugno, continua la mobilitazione contro la guerra, contro le basi militari/Nato


Lo Slai cobas sc è per un forte sviluppo della mobilitazione contro la guerra imperialista in Ucraina, contro l’imperialismo italiano, l’aumento delle spese militari, lo scaricamento sui proletari e le masse popolari con carovita, niente fondi per lavoro, salute, sanità, scuola.

Nella nostra regione la partecipazione del governo Draghi alla guerra si manifesta con la mobilitazione di tutte le basi militari al servizio dei piani che vogliono fare sempre più della Puglia una zona di guerra; per non parlare della questione strategica del Tap, oleodotti, rigassificatori.

Nel quadro di questo, il centro è attualmente Taranto, dove viene messa allerta tutta la Marina ed è teatro di grandi manovre nello Jonio e in tutta l’area contigua del Mediterraneo.

Serve innanzitutto l’azione, come è stata all’Ammiragliato a Taranto nei primi giorni della guerra, come è proseguita con un azione al ponte girevole contro il passaggio della nave “carabiniere”, e alle fabbriche, Acciaierie d'Italia/Appalto, con una mozione operaia che sta raccogliendo centinaia di firme sia nei posti di lavoro che nei presidi cittadini. 

Ora, a fronte della scadenza nazionale del 2 giugno lanciata anche dall’assemblea nazionale di Firenze del 15/5, con la grossa manifestazione contro la nuova Base di Coltano prevista appunto per il 2 giugno, pensiamo ad una manifestazione parallela alla Base navale di Taranto.-

Dati i tempi ristretti pensiamo che questa debba essere una iniziativa tempestiva e rappresentativa al di là dei numeri.
La proposta è un corteo di macchine che parta dal lungomare e raggiunga la Base (in subordine un concentramento diretto alla Base di tutte le realtà possibili a livello regionale).

SLAI COBAS per il sindacato di classe

sabato 21 maggio 2022

Formazione operaia principalmente alle fabbriche, rivolta agli operai, lavoratori, lavoratrici: Scritti di Lenin sui sindacati, gli scioperi, l'economismo

Inizia la presentazione a Taranto - con la presenza del Prof. marxista Giuseppe Di Marco - MARTEDI' 24 MAGGIO ALLEORE 17 LIBRERIA UBIK VIA NITTI, 27

All'interno degli ingressi di Acciaierie d'Italia Taranto

Alla portineria dell'appalto Acciaierie d'Italia

Vittoria, morire per lavorare


All'alba del 19 maggio è morta Vittoria De Paolis, una bracciante, il pulmino su cui viaggiava con altre braccianti per un sorpasso azzardati del conducente (probabilmente per la fretat di arrivare sui campi) si è schiantato con un auto sulla statale 172, 
tra Turi e Casamassima, ferite altre quattro lavoratrici che viaggiavano e lavoravano nei campi con lei.
La 172 è comunque considerata dai residenti dei due paesi e da chi la percorre spesso, una strada molto pericolosa teatro di incidenti. La strada è solo a due corsie, percorsa anche da trattori  
"Quello di questa mattina è l'ennesimo tragico episodio dell'interminabile scia di sangue che continua a funestare il mondo del lavoro agricolo...Con l’approssimarsi della stagione estiva e, con essa, l’avvio delle grandi campagne di raccolta in Puglia si ripropone, con drammatica puntualità, il tema dei trasporti e della messa in sicurezza delle centinaia di braccianti che all’alba si spostano per raggiungere i luoghi del lavoro».