mercoledì 29 novembre 2023
martedì 28 novembre 2023
Acciaierie d'italia - nulla di fatto - rinvio al 6 dicembre del cda - Indicazione Slai cobas e Info
Lo Slai cobas è per la mobilitazione ad oltranza dei lavoratori contro le tre M con blocco di produzione e città - Il resto sono parole.
Acciaierie d'Italia l'indicazione dello Slai cobas
Info oggi da primo canale genova
Ex Ilva, altra fumata nera: assemblea rinviata al 6 dicembre
GENOVA - Un'altra fumata nera nella lunga partita legata al futuro dell'ex Ilva. Dopo il nulla di fatto dal consiglio di amministrazione di giovedì scorso a Milano, oggi altra tappa a vuoto. L'assemblea è stata nuovamente aggiornata questa volta al 6 dicembre. Ancora futuro incerto dunque
Tra i temi affrontati, la posizione del presidente Franco Bernabé, che potrebbe rimanere ancora al timone, nonostante le ventilate dimissioni, per gestire il momento delicato, le modalità per far fronte al pagamento della fornitura di gas e alle esigenze più immediate dello stabilimento di Taranto, la complicata situazione finanziaria, e la richiesta di 320 milioni per far fronte alle esigenze di produzione. I sindacati chiedono chiarezza al gruppo per capire quali sono le intenzioni. Acciaierie d'Italia oggi è in mano per il 62% ad ArcelorMittal mentre il restante 38% è sotto il controllo di Invitalia, partecipata dello Stato.
Prima del nuovo nulla di fatto il presidente di Confindustria Carlo Bonomi a Genova per un evento ha detto: "Questo Paese deve decidere se l'acciaio lo vuole o no. Credo che sia fondamentale avere l'acciaio e quindi spero in una soluzione positiva perché Acciaierie d'Italia è un asset strategico per il nostro Paese".
Il presidente di Federacciai Antonio Gozzi ha commentato parlando ad assemblea in corso: "Questo è il momento della verità, non so quali altre prove di appello ci debbano essere. Se la più grande siderurgia del mondo mette soldi e management per salvare il più importante impianto italiano questa è la soluzione migliore ma se non fa questo bisogna voltare pagina. Il ministro Giorgetti ha detto molto bene che in una società dove uno dei soci ha il 62% e l'altro il 38% se c'è bisogno di capitali il socio maggioritario deve mettere il 62% delle risorse e quello minoritario, lo Stato, il 38%. Sembra quasi banale ricordarlo ma vediamo che cosa succede speriamo cose buone".
A Genova i mille lavoratori dello stabilimento di Cornigliano denunciano la grave situazione legata alla sicurezza sul posto di lavoro e la sottoproduzione dell'impianto che lavora al 20% delle sue potenzialità. A questo si aggiunge l'incertezza ormai ultradecennale legata ai 238 lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria che a fine estate sarebbero dovuti essere riassorbiti, cosa non avvenuta visto l'incertezza che riguarda il futuro della siderurgia.
L'amministratore delegato di Acciaierie d'Italia Lucia Morselli ha spiegato che per rilanciare nell'immediato la produzione degli stabilimenti servirebbero 350 milioni. Secondo quanto riporta MilanoFinanza l'ex-Ilva dispone infatti di una sola linea di credito da 250 milioni di euro attivata da Unicredit con scadenza a maggio 2024. Nel mentre Franco Bernabé, presidente dell’holding di Acciaierie d’Italia ha congelato le sue dimissioni.
Diverse le opzioni possibili, la principale potrebbe essere l'impegno di ArcelorMittal a rilanciare la produzione. La seconda, meno probabile, vede lo Stato aumentare il suo peso specifico nella gestione di Acciaierie d'Italia.
LA SITUAZIONE - L'ex Ilva non vive sogni sereni, per portare avanti il processo di de-carbonizzazione sono necessari 5,5 miliardi di euro e intanto per il 2023 erano stati annunciate 4 milioni di tonnellate ma ci si fermerà a 3 milioni. Nel 2024 il piano prevede di arrivare a 5 milioni di tonnellate, ma a queste condizioni i sindacati vedono il dato lontano da raggiungere. Lo Stato ha spiegato di essere pronto a fare la sua parte per avviare il processo. I sindacati a Genova hanno denunciato la mancanza di pezzi di ricambio, fatto che genera il fermo dell'impianto, inoltre è sotto la produzione prevista la banda stagnata, fondamentale per lo stabilimento di Cornigliano perché è l'unico in Italia capace di produrla.
A Genova si è anche aperta la possibilità di rivedere l'accordo di programma che regola tra le altre cose la gestione delle aree ex Ilva a patto di conservare il reddito dei lavoratori. L'accordo di programma e le aree ex Ilva sono al centro del dibattito in queste settimana. Su quelle aree c'è l'interesse di tanti si parla di quasi 1.000.000 metri quadri vicine all'aeroporto e vicine all'autostrada, sul mare e fornite di banchina. Un accordo che prevedeva occupazione per 2500 lavoratori dello stabilimento di Genova Cornigliano, oggi in realtà sono circa 1000 più 200 in amministrazione straordinaria.
Gazzetta del Mezzogiorno: Un altro rinvio. A rischio il futuro di Taranto
TARANTO - E’ ancora fumata nera dall’assemblea di Acciaierie d’Italia. Secondo quanto si apprende, la riunione tra i soci che dovevano discutere, tra l’altro, delle risorse finanziarie per garantire il futuro dell’ex Ilva di Taranto, è aggiornata al 6 dicembre prossimo.
Un altro rinvio per il futuro dello stabilimento in mano al gruppo, che fa capo per il 62% al socio privato Arcelor Mittal e per il 38% al socio pubblico Invitalia, dopo quello di giovedì scorso, quando si erano fatti «passi in avanti». Bocche cucite, ma la sensazione è che per affrontare la situazione delicata, tra finanza e produzione di acciaio, si proceda step by step.
«L'Assemblea dei soci di Acciaierie D’Italia è stata nuovamente rinviata e la situazione che abbiamo di fronte è che mentre da una parte Arcelor Mittal e Invitalia giocano al 'Monopolì, il più grande Gruppo siderurgico italiano rischia la chiusura» Lo dichiara in una nota Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil. "Serve subito liquidità corrente per far funzionare il Gruppo e bisogna definire i 5 miliardi di investimento. Abbiamo detto più volte - afferma Scarpa - che non c'è più tempo, Governo e azienda si assumano subito le proprie responsabilità e decidano il da farsi. A questo punto sono solo due le possibilità in campo: che ogni socio metta la sua quota oppure che entro la primavera dell’anno prossimo lo Stato italiano passi in maggioranza, purché si dia una svolta a questa condizione diventata ormai insostenibile. Chiediamo quindi al Governo di mantenere gli impegni presi all’ultimo incontro e di riconvocare al più presto le Organizzazioni sindacali»
Ex Ilva; Palombella (Uilm): “Ulteriore rinvio è ennesima umiliazione all’Italia da parte di ArcelorMittal, Governo non può rimanere in silenzio”
“L’ulteriore rinvio, chiesto da ArcelorMittal nell’assemblea dei soci di oggi, rappresenta l’ennesima umiliazione perpetrata da questa multinazionale contro il nostro Paese. Allo stesso modo è grave il silenzio del Governo. Da oltre quattro mesi registriamo continui rinvii dell’assemblea dei soci e abbiamo chiesto più volte di verificare se ci siano illeciti legali. Quanto successo oggi è la conferma evidente, qualora ce ne fosse stato bisogno, dell’irresponsabilità e della mancanza di volontà del socio privato nel non voler investire per il rilancio dell’ex Ilva. Chiediamo al Governo quanto tempo dobbiamo ancora attendere prima che si prenda l’unica decisione possibile per il bene dei lavoratori: mandare via ArcelorMittal e prendere il controllo dell’azienda. Avevamo già preannunciato che l’assemblea dei soci di oggi sarebbe stata un ulteriore atto di una commedia che va avanti da anni, ma la realtà ha superato qualsiasi ipotesi. Ora ci aspettiamo dall’Esecutivo una decisione netta e definitiva e le dimissioni irrevocabili dei componenti di Invitalia dal Cda dell’azienda, come atto minimo di rispetto verso i 20 mila lavoratori e intere comunità che non possono rimanere appesi alle decisioni di una multinazionale che sta distruggendo un asset strategico del nostro Paese. Il Governo non può rimanere in silenzio, sarebbe un’ammissione di responsabilità e di connivenza intollerabile. Non staremo fermi, chiediamo un incontro urgente a Palazzo Chigi e siamo pronti a mobilitarci di nuovo per la dignità e il futuro dei lavoratori”.
Ex Ilva, l’Usb: “Il Governo svende il futuro del Paese, manifestazione nazionale a Taranto".
Una grande manifestazione nazionale a Taranto per rilanciare l’azione del sindacato e ribadire che la politica deve ascoltare, la cittadinanza, i lavoratori, il sindacato sui temi, gravi e improcrastinabili, legati all’ex Ilva.
A
organizzarla per il mese di dicembre è l’Usb che ne ha dato notizia
questa mattina, martedì 28 novembre, nel corso di una conferenza stampa
alla quale sono intervenuti il responsabile Industria dell’esecutivo
nazionale del sindacato, Sasha Colaussi, e Francesco Rizzo,
dell’esecutivo confederale.
Un annuncio fatto nel giorno in cui, a
mille chilometri di distanza, si terrà l’assemblea dei soci di
Acciaierie d’Italia il cui esito, per Rizzo e Colautti, sembra essere
scontato. “Siamo convinti – dichiara Rizzo a Cronache tarantine – che si
farà l’accordo con lo Stato che regalerà la fabbrica e miliardi di euro
alla multinazionale franco-indiana e magari si farà nel mese di
dicembre, approfittando del periodo delle feste di Natale. Del resto –
aggiunge Rizzo - ci sono corsi e ricorsi storici a confermarlo come
l’accordo tra l’allora premier Giuseppe Conte e l’ad Lucia Morselli
ratificato poi nel marzo 2020. Crediamo che tutto sia ormai deciso e la
politica italiana sta commettendo gli stessi errori compiuti nel passato
quando non ha mai ascoltato i sindacati e i lavoratori. Per non parlare
del fatto che nulla è dato sapere del memorandum sottoscritto dal
ministro Fitto nè sappiamo nulla su un eventuale piano industriale”.
E
al ministro Fitto l’Usb ha chiaramente detto, spiega ancora Rizzo, che
“nel momento in cui sarà ufficializzato il passaggio ad Arcelor Mittal
con la gestione dei soldi pubblici lì sarà decretata la fine della
fabbrica così come la conosciamo. Questa è una vicenda nazionale:
Taranto, Genova, tutti gli stabilimenti coinvolti. Il Governo sta
decidendo di svendere il futuro del paese. Lo stanno spegnendo
volontariamente”.
Quello che sta succedendo oggi, ha fatto poi eco
alle parole di Rizzo il responsabile Industria Usb, Sasha Colautti,
“dimostra che il Governo ha deciso di mettersi in subordine alle scelte
della multinazionale ed è deprecabile il fatto che il futuro
industriale del nostro Paese si giochi all’interno di un’assemblea dei
soci e fa sorridere il fatto che il Governo aspetti l’esito di questa
assemblea per derimere le politiche industriali”.
Ma sul tavolo della
crisi ci sono altre questioni come quelle che riguardano l’estrema
precarietà dei lavoratori ex Ilva in amministrazione straordinaria, di
quelli in cassa integrazione ormai da cinque anni, “la cui situazione
sottolinea Rizzo - potrebbe precipitare con il perfezionamento
dell’accordo così come lo stanno immaginando”.
Senza dimenticare la
grande vertenza dell’appalto “con le aziende che, ormai terrorizzate, -
denuncia Francesco Rizzo - non denunciano i mancati pagamenti e sono
costrette ad accettare il ricatto per il timore di finire in black list e
non lavorare più per il gruppo. Una situazione che, in vista di
dicembre e della tredicesima, preoccupa ancora di più. La maggioranza
dei lavoratori dell’appalto – prosegue il sindacalista Usb - percepisce
uno stipendio povero con cui si riesce a malapena a coprire le spese
essenziali. Il solo slittamento dei pagamenti per questi lavoratori e
per le loro famiglie diventa deleterio”.
Dalla protesta, quella che
sfocerà nella manifestazione nazionale di dicembre, alla proposta il
passo, è breve. E Rizzo e Colautti la mettono sul piatto delle
iniziative che si potrebbero intraprendere per restituire ossigeno,
sicurezza e risposte a migliaia di lavoratori. “Incentivo all’esodo –
spiegano i due responsabili Usb -, riconoscimento dell’esposizione
all’amianto e lavoro usurante. Tutto questo – concludono Rizzo e
Colautti - costerebbe meno di 400 milioni di euro”.
La grande manifestazione delle donne a Roma del 25 novembre e la solidarietà alle donne palestinesi in piazza a Taranto il 2 dicembre
500 mila donne in piazza a Roma contro femminicidi e oppressione delle donne - grande in essa la solidarietà alle donne palestinesi oggetto dell'invasione, occupazione massacri e genocidio a Gaza
Questa solidarietà è stata oggetto di attacchi da parte del governo e dei suoi mass media che hanno preso ad bersaglio la manifestazione delle donne e le donne del movimento femminista proletario rivoluzionario nelle cui file vi erano le rappresentanti di Taranto alla manifestazione di Roma
Torniamo in piazza a Taranto sabato per continuare il messaggio della manifestazione di Roma
sabato 2 dicembre ore 19-20,30 piazza immacolata
promuovono e invitano tutte a partecipare
#iostocon la palestina
movimento femminista proletario rivoluzionario Taranto
lavoratrici slaicobas per il sindacato di classe Taranto
info/contatti adesioni 347/5301704
wattsapp 3519575628
lunedì 27 novembre 2023
Il 25 novembre anche a Taranto donne e ragazze in piazza!
Oltre un centinaio di manifestanti, tante ragazze, si sono concentrati in piazza Marconi per poi fare un corteo, nonostante la pioggia e l'improvviso freddo.
E' stato importante perchè da anni non si vedeva nella nostra città una manifestazione delle donne.
A questa manifestazione l'Mfpr, benchè le sue rappresentanti più impegnate erano alla manifestazione di Roma, è stata presente, è stato diffuso il volantino portato anche a Roma - che pubblichiamo in fondo pagina.
Confidiamo che questo 25 novembre non resti isolato. Che quest'anno sia di incitamento, di presa di coscienza a lottare anche negli altri giorni, in primis contro governo, padroni, Stato, Istituzioni locali che a Taranto mostrano il loro marcio attacco alle donne e in particolare alle lavoratrici, negando il lavoro (anche negli appalti pubblici) o relegando le donne a lavori ultraprecari, con bassissimi salari, ma carichi alti di lavoro che attaccano la salute, e quindi costringendo le ragazze, le donne a continuare ad essere dipendenti in famiglia, dal loro uomo, all'interno di una condizione generale che scarica sulle donne ancora di più il lavoro domestico, di assistenza, di carovita, di mancanza o peggioramento dei servizi sociali, aumentando la loro oppressione; a Taranto dove tante donne si ammalano, muoiono assassinate da padroni e governo che pensano solo a garantire i profitti, scaricando la loro "merda" sui corpi e la vita di tante donne e bambini. E non basta certo negli schermi luminosi stradali della polizia municipale mettere, da parte del Comune, un appello per il 25 novembre, per cancellare che le Istituzioni sono "pienamente coinvolti" in questa violenza strutturale di subordinazione, di oppressione, di attacco alle condizioni di vita e di lavoro delle donne, che crea condizioni favorevoli alla violenza sessuale contro le donne.
Confidiamo che questo 25 novembre non resti isolato, perchè anche nella nostra città troppi sono i casi di femminicidi, stupri, violenze sessuale - ricordiamo la violenza sessuale subita da una ragazza da 8 autisti dell'Amat, per cui ancora è in corso il processo e ancora non c'è giustizia; così come tanti sono gli episodi di molestie sessuali che avvengono da parte di padroni e padroncini dei negozi, esercizi, ecc., che purtroppo spesso non vengono denunciati.
Anche a Taranto le ragazze, le donne devono sapere, sentire che "non sei sola!".
Noi lavoratrici Slai cobas, compagne del Mfpr, impegnate soprattutto e costantemente nelle lotte delle lavoratrici, continueremo come prima e più di prima.
Nei prossimi giorni:
faremo un volantinaggio alle scuole, in particolare Vittorino da Feltre e Cabrini, per smascherare l'indicazione del Min. Valditara sull'ora di "educazione alle relazioni" nelle scuole e proporre ben altro
manderemo una lettera aperta ai presidi delle scuole per poter incontrare, dibattere con le studentesse e gli studenti, e soprattutto raccontare l'importante ed enorme manifestazione del 25 novembre a Roma
organizzeremo un incontro con le avvocatesse sulla nuova normativa del cosiddetto "Codice rosso", per raccogliere la loro opinione.
Queste ed evantuali altre iniziative le vorremmo discutere e fare con le donne, ragazze che hanno partecipato alla manifestazione a Taranto del 25 nov.
PROPONIAMO DI INCONTRARCI GIOVEDI' 30 NOVEMBRE ORE 18 c/o via Livio Andronico, 47
Il volantino diffuso alla manifestazione di Taranto
Stato comatoso della vertenza Acciaierie d'Italia - situazione emblematica dell'attacco di padroni e governo agli operai
Gli operai e i lavoratori, le condizioni economiche e sociali delle masse popolari, i precari, i disoccupati, i lavoratori di ogni settore, i lavoratori della sanità, della scuola, i pensionati, oggi fronteggiano un attacco frontale da parte del governo, che unisce demagogie di provvedimenti - in realtà di pura propaganda - con un attacco sistematico alle condizioni salariali, normative, dell'intero arco del proletariato e delle masse popolari.
Esemplare è quanto sta accadendo nella vertenza Ex Ilva,/Acciaierie d'Italia, con i suoi stabilimenti e con il principale di esso, lo stabilimento di Taranto, anche ora la più grande fabbrica in funzione di questo paese. Qui, governo e padroni vogliono procedere a una nuova, pesante, ristrutturazione, in nome della transizione a stabilimenti ambientalmente migliori, in realtà si sta mandando in rovina gli stabilimenti che ci sono e in particolare quello di Taranto, dove a volumi produttivi nettamente inferiori alle potenzialità degli impianti corrisponde una cassa integrazione permanente che colpisce pesantemente il salario dei lavoratori. L’ultima cassa integrazione non è stata neanche firmata dalle organizzazioni sindacali confederali e quindi è unilaterale, come unilaterale ne è la gestione. E in questa unilateralità di gestione c'è l'arbitrio, c'è la divisione dei lavoratori e c'è soprattutto l'abbassamento generalizzato dei salari. In questa fabbrica non si pagano neanche gli straordinari a fasce di lavoratori. E i lavoratori, tutti, vengono penalizzati da una gestione all'insegna dell'arroganza da parte dell'amministratore delegato, Morselli.
È inutile dire che tutto ciò si riflette in una situazione nell'appalto fatta di licenziamenti, cassa integrazione, intensificazione dello sfruttamento, peggioramento dei contratti. E in tutta l'area industriale incombe l'insicurezza sul lavoro, con incidenti a rischio vita che si presentano più o meno stabilmente, in una vicenda in cui questo stabilimento continua a inquinare e a colpire la città con il suo carico di morti e malattie.
A fronte di questo, il nuovo governo è peggio dei precedenti: tratta in un accordo privato, segreto – anche se è divenuto il "segreto di Pulcinella" - fuori dai tavoli, previsti anche per legge, di trattativa e di discussione di questa vertenza. Intorno al "memorandum", a questo patto segreto da settimane si tengono i lavoratori nell'incertezza, nell'insicurezza, nella mancanza di un futuro.
In particolare si vuole ancora una volta, con la logica di socializzare le perdite e privatizzare i profitti, versare centinaia di milioni - 1 miliardo, si parla fino a 3 miliardi e mezzo - che verrebbero utilizzati per potere salvaguardare il presente e il futuro di questo stabilimento. Con i soldi pubblici si permette ai padroni privati - in questo caso la grande multinazionale dell'acciaio ArcelorMittal - di continuare a fare profitti in un quadro in cui continua lo scaricamento di tutte le forme di crisi - compresa quella di mercato - sui lavoratori e sulle condizioni di lavoro.
Esiste un'opposizione dei sindacati confederali a questo piano, perché sono tagliati fuori, perché governo e azienda decidono fuori dai tavoli a cui essi sono convocati e che spesso si traducono in “comunicazioni di servizio”, peraltro, in generale, già anticipate dalla stampa. Sindacati umiliati, lavoratori in attesa: questo è lo stato delle cose.
E anche il presidio fatto giovedì scorso a Milano da un centinaio di rappresentanti sindacali di Genova e Taranto ha avuto lo stesso senso - al di là delle parole dette dai sindacalisti, dello spirito combattivo portato come sempre dalla delegazione di Genova, la sostanza è zero. Un consiglio di amministrazione che si prolunga, il cui presidente, Bernabè, è dimissionario, diventa semplicemente la cassa di risonanza, il luogo in cui deve arrivare quest'accordo segreto per essere approvato.
È chiaro che il limite fondamentale è che la risposta dei lavoratori non è all'altezza della gravità di questa vertenza. Ci sono degli scioperi, peraltro in genere ordinari, c'è stata una manifestazione a Roma che non ha spostato di una virgola il livello di trattativa, manca la rivolta operaia, la Piattaforma operaia che ponga dei paletti irrinunciabili intorno a cui costringere con la forza della lotta, bloccando produzioni, strade e città, governo e padroni a offrire soluzioni che tutelino innanzitutto il lavoro di tutti e che aggrediscano i problemi del salario, delle condizioni di lavoro, della sicurezza e dell'ambiente, secondo gli interessi degli operai, dei lavoratori e delle comunità cittadine, in particolare a Taranto.
Questa è la linea di un solo sindacato, piccolo, anche se presente con il suo materiale permanentemente nelle manifestazioni e perfino nella piccola manifestazione di giovedì a Milano: lo Slai Cobas per il sindacato di classe, che gode nella fabbrica di un notevole consenso d'opinione che però non si traduce ancora in una forza organizzata che effettivamente cambierebbe lo stato delle cose, fino a cambiare l'agenda intorno a cui si sviluppa questa vertenza.