venerdì 6 dicembre 2024

Hiab - la fabbrica chiude, ma la lotta - occupazione della fabbrica - comincia a pagare, anche se parzialmente - lotta che deve continuare info

da corriere di taranto


A distanza dall’ultimo vertice di due settimane fa, è tornato a riunirsi il tavolo consultazione in merito alla vertenza Hiab, che riguarda 102 lavoratori, apertasi a seguito della procedura di delocalizzazione (ex art. 9 CCNL, ex art. 1co. 224 e ss. l. 234/2021) avviata dopo l’annuncio della società di voler chiudere il sito di Statte, trasferendo per ora tutte le attività presso lo stabilimento di Minerbio.

Dopo una riunione preliminare tenuta al ministero delle Imprese e del Made in Italy di mattina, nel corso della quale sono stati esposti agli esponenti ministeriali gli aggiornamenti rispetto al piano di applicazione della 234/21 che interesserà il sito di Statte, nel pomeriggio l’incontro è continuato in ristretta tra le organizzazioni sindacali dei metalmeccanici e l’azienda al fine di approfondire alcuni dettagli basati specificatamente sulle richieste avanzate da Fim, Fiom e Uilm lo scorso 19 novembre. La società ha inoltre confermato la possibilità per 25 lavoratori di trasferirsi su base volontaria nel sito di Minerbio e inserendo un’indennità di 10mila euro, così come la possibilità di usufruire per i lavoratori della mobilità interna volontaria non oppositiva che ricopra una copertura pari a 15 mensilità.

Rispetto a queste ultime, dopo ampia discussione, è stata accolta da parte di Hiab la richiesta di integrare totalmente (al 100%) il trattamento di Cigs, che dovrebbe avviarsi dal prossimo 1 gennaio 2025 per concludersi il 31 gennaio 2025, in modo tale da garantire ai lavoratori di percepire mensilmente un importo pari alla retribuzione netta che sarebbe spettata loro nel caso di regolare prestazione lavorativa (compresi la maturazione dei ratei, ferie e tredicesima). Così come vi sarà, a partire dalla emissione della prossima busta paga, la copertura del periodo relativo all’occupazione messa in atto dai lavoratori a difesa del sito.

giovedì 5 dicembre 2024

Formazione operaia - Lo Stato borghese e la rivoluzione proletaria - da Stato e rivoluzione di Lenin

In questo capitolo come nell'altro che segue sull'esperienza della Comune di Parigi, Lenin mette in evidenza il metodo di Marx - ed Engels - la concezione che guida i loro scritti; non si tratta di un'esposizione di "idee" (a cui contrapporre altre "idee") ma di un'analisi concreta basata sui processi storici concreti, sull'esperienza storica, sul bilancio di questa esperienza, applicando la filosofia del materialismo storico dialettico.

E Lenin ci guida in questo metodo scientifico. Mostra come Marx ha potuto formulare concretamente la questione dello Stato nelle mani del proletariato, arrivando a formulare dopo l'esperienza della Comune di Parigi "l'idea della dittatura del proletariato", analizzando il percorso storico delle società e le esperienze della lotta delle classi.

Marx, Engels e poi Lenin, non si "inventano" nulla, nè espongono proprie teorie non basate sull'analisi dell'esperienza. In questo è scienza. Scienza del proletariato.

Proseguiamo, col testo "Stato e rivoluzione".

Lo Stato e la rivoluzione. L'esperienza del 1848-1851

1. La vigilia della rivoluzione

" ...La classe lavoratrice scrive Marx nella Miseria della filosofia - sostituirà, nel corso del suo sviluppo, all'antica società civile un'associazione che escluderà le classi e il loro antagonismo, e non vi sarà più potere politico propriamente detto, poiché il potere politico è precisamente il riassunto ufficiale dell'antagonismo [delle classi] nella società civile" (p. 182, ed. tedesca, 1885)...

E nel Manifesto del Partito comunista alcuni mesi dopo, Marx ed Engels scrivono:

"Il proletariato si servirà della sua supremazia politica per strappare alla borghesia, a poco a poco, tutto il capitale, per accentrare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato, vale a dire del proletariato stesso organizzato come classe dominante, e per aumentare, con la massima rapidità possibile, la massa delle forze produttive" (pp. 31 e 37, settima edizione tedesca, 1906).

Vediamo qui formulata una delle più notevoli e importanti idee del marxismo a proposito dello Stato, l'idea della "dittatura del proletariato" (espressione che Marx ed Engels cominciano ad usare dopo la Comune di Parigi)...”

Questa definizione dello Stato… è stata dimenticata appunto perché è assolutamente inconciliabile col riformismo e perché contrasta in modo irriducibile con i pregiudizi opportunistici abituali e con le illusioni piccolo-borghesi sullo "sviluppo pacifico della democrazia".

Il proletariato ha bisogno di uno Stato, ripetono tutti gli opportunisti, i socialsciovinisti e i kautskiani, assicurando che questa è la dottrina di Marx, ma "dimenticando" di aggiungere che innanzi tutto il proletariato, secondo Marx, ha bisogno unicamente di uno Stato in via di estinzione, organizzato cioè in modo tale che cominci subito ad estinguersi, e non possa non estinguersi. E, in secondo luogo, che i lavoratori hanno bisogno dello "Stato", "cioè del proletariato organizzato come classe dominante"...

 I lavoratori hanno bisogno dello Stato solo per reprimere la resistenza degli sfruttatori, e solo il proletariato è in grado di dirigere e di attuare questa repressione, perché il proletariato è la sola classe rivoluzionaria fino in fondo, la sola classe capace di unire tutti i lavoratori e tutti gli sfruttati nella lotta contro la borghesia, per soppiantarla completamente.

Le classi sfruttatrici hanno bisogno del dominio politico per il mantenimento dello sfruttamento, vale a dire nell'interesse egoistico di un'infima minoranza contro l'immensa maggioranza del popolo. Le classi sfruttate hanno bisogno del dominio politico per sopprimere completamente ogni sfruttamento, vale a dire nell'interesse dell'immensa maggioranza del popolo, contro l'infima minoranza dei moderni schiavisti: i proprietari fondiari e i capitalisti...".

Lenin spiega la netta differenza tra lo Stato borghese e lo Stato proletario. Lo Stato nelle mani del proletariato per la prima volta nella storia è uno Stato espressione e organizzato dalla maggioranza del popolo, contro la minoranza sfruttatrice; finora esso è stato sempre uno Stato nelle mani di una minoranza contro la maggioranza del popolo. Ogni sconvolgimento finora realizzato compresa la rivoluzione borghese ha sempre mantenuto questa oppressione di una minoranza sulla maggioranza; solo quindi lo Stato nelle mani del proletariato è un effettivo nuovo e diverso Stato, che per la prima volta nella storia ha la funzione di "sopprimere ogni sfruttamento" e quindi di estinguersi come Stato, per l'estinzione delle classi. In questo senso lo Stato proletario non è un perfezionamento, miglioramento della attuale macchina statale, ma la sua distruzione e la organizzazione di uno Stato che ha come scopo di non essere Stato. (e questo dovrebbe mettere l'animo in pace agli anarchici)

Perchè questo Stato è diverso e può essere opera solo del proletariato? Lenin lo spiega:

"...L'abbattimento del dominio borghese è possibile soltanto ad opera del proletariato, come classe particolare, preparata a questo rovesciamento dalle proprie condizioni economiche di esistenza che gli danno la possibilità e la forza di compierlo. Mentre la borghesia fraziona, disperde la classe contadina e tutti gli strati piccolo-borghesi, essa  concentra, raggruppa e organizza il proletariato. Grazie alla sua funzione economica nella grande produzione, solo il proletariato è capace di essere la guida di tutti i lavoratori e di tutte le masse sfruttate, che la borghesia spesso sfrutta, opprime, schiaccia non meno e anche più dei proletari, ma che sono incapaci di lottare indipendentemente per la loro emancipazione..."

Quindi è la borghesia stessa, il modo di produzione capitalista che crea le condizioni perchè il proletariato sia la classe in grado di unire, guidare tutte le masse sfruttate; perchè il proletariato è il cuore del modo di produzione della società e il capitale ha realizzato la sua concentrazione.  

"...Il potere statale, l'organizzazione centralizzata della forza, l'organizzazione della violenza, sono necessari al proletariato sia per reprimere la resistenza degli sfruttatori, sia per dirigere l'immensa massa della popolazione - contadini, piccola borghesia, semiproletariato - nell' opera di "avviamento" dell'economia socialista..."

Educando il partito operaio, il marxismo educa una avanguardia del proletariato, capace di prendere il potere e di condurre tutto il popolo al socialismo, capace di dirigere e di organizzare il nuovo regime, d'essere il maestro, il dirigente, il capo di tutti i lavoratori, di tutti gli sfruttati, nell'organizzazione della loro vita sociale senza la borghesia e contro la borghesia..."

Ma se il proletariato ha bisogno dello Stato in quanto organizzazione particolare della violenza contro la borghesia, ne scaturisce spontaneamente la conclusione: la creazione di una tale organizzazione è concepibile senza che sia prima annientata, distrutta la macchina dello Stato che la borghesia ha creato per sé?..."

Evidentemente No. Lo Stato borghese deve essere distrutto, per organizzare lo Stato proletario. Lo Stato borghese che ha avuto la funzione, come abbiamo visto prima, non di conciliazione tra le classi, non "al di sopra dei differenti interessi di classe", ma di reprimere, opprimere, il proletariato e le masse popolari per rappresentare e difendere solo gli interessi della borghesia al potere, non può esso stesso essere usato, sia pur con "cambiamenti" per fare l'esatto contrario.  

Questo lo dicono e lo vogliono i riformisti, sia pur radicali, gli opportunisti, il cui obiettivo è al massimo entrare nella macchina statale borghese, occuparne dei posti, illudendo (o anche illudendosi) che in questo modo potranno trasformare quello stesso Stato in una macchina appunto di "conciliazione" tra sfruttati e sfruttatori. Ma così sono loro che mascherano, attenuano la vera natura dello Stato borghese, sono i "cantori" del parlamento, della possibilità attraverso la via elettorale di prendere pezzi dello Stato; ma così hanno solo la funzione di danneggiare, frenare la lotta rivoluzionaria del proletariato e delle masse popolari per abbattere questo Stato. Mentre loro - come dice Lenin - "si sistemano" abbastanza comodamente nel regime capitalistico".

Proseguiamo con "Stato e rivoluzione".

2. Il bilancio di una rivoluzione

Sul problema dello Stato che ci interessa, Marx, nella sua opera Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte, fa con questo ragionamento il bilancio dei risultati della rivoluzione del 1848-l851.

"...Ma la rivoluzione va fino al fondo delle cose. Sta ancora attraversando il purgatorio. Lavora con metodo. Fino al 2 dicembre [1851]" (data del colpo di Stato di Luigi Bonaparte) "non ha condotto a termine che la prima metà della sua preparazione; ora sta compiendo l'altra metà. Prima ha elaborato alla perfezione il potere parlamentare, per poterlo rovesciare. Ora che ha raggiunto questo risultato, essa spinge alla perfezione il potere esecutivo, lo riduce alla sua espressione più pura, lo isola, si leva di fronte ad esso come l'unico ostacolo, per concentrare contro di esso tutte le sue forze di distruzione" (il corsivo è nostro). "E quando la rivoluzione avrà condotto a termine questa seconda metà del suo lavoro preparatorio, l'Europa balzerà dal suo seggio e griderà: Ben scavato, vecchia talpa!..."

"...In questo ammirevole ragionamento il marxismo fa un grandissimo passo in avanti in confronto al Manifesto del Partito comunista. Il problema dello Stato nel Manifesto era posto in modo ancora troppo astratto, in nozioni e termini dei più generici. Qui il problema è posto concretamente e la conclusione è estremamente precisa, ben definita, praticamente tangibile: tutte le rivoluzioni precedenti non fecero che perfezionare la macchina dello Stato, mentre bisogna spezzarla, demolirla.

Nel Manifesto del Partito comunista si ricavano gli insegnamenti generali della storia; questi insegnamenti ci mostrano lo Stato come l'organo del dominio di una classe e ci portano a questa necessaria conclusione: il proletariato non potrebbe rovesciare la borghesia senza aver prima conquistato il potere politico, senza essersi assicurato il dominio politico, senza trasformare lo Stato in "proletariato organizzato come classe dominante"; e questo Stato proletario comincerà ad estinguersi subito dopo la sua vittoria, poichè lo Stato è inutile ed impossibile in una società senza antagonismi di classe. Il problema di determinare in che cosa consista - dal punto di vista dello sviluppo storico - questa sostituzione dello Stato proletario allo Stato borghese... è il problema che Marx pone e risolve nel 1852. Fedele alla sua filosofia, il materialismo dialettico, Marx prende come base l'esperienza storica dei grandi anni rivoluzionari 1848-l851. Qui, come sempre, la dottrina di Marx è il bilancio di un'esperienza, bilancio illuminato da una profonda concezione filosofica del mondo e da una vasta conoscenza della storia..."

Questo passo è molto importante. Conduce a comprendere quanto finora la storia (preistoria)  ha prodotto e cosa accade quando comincia la storia del proletariato. Le rivoluzioni, dice Marx, finora hanno fatto solo una metà del loro cammino. In questo cammino hanno portato alla sua massima espressione il potere della classe sfruttatrice, ne ha mostrato la natura più "pura" del suo potere, e oggi può essere solo distrutto. Da qui Lenin scrive: "tutte le rivoluzioni precedenti non fecero che perfezionare la macchina dello Stato, mentre bisogna spezzarla, demolirla". Le rivoluzioni precedenti, nel perfezionare la macchina dello Stato, hanno costruito le condizioni perchè ora la rivoluzione, la rivoluzione dell'"ultima classe" che eliminerà tutte le classi, possa compiere la sua opera di distruzione e di costruzione della vera storia dell'umanità.  

Qui si mostra chiaramente come questi passaggi, come dicevamo nell'introduzione, sono frutto del bilancio concreto dell'esperienza storica "illuminato da una profonda concezione filosofica del mondo e da una vasta conoscenza della storia..."

Continuiamo

Scrive Lenin: "...Il potere statale centralizzato, proprio della società borghese, apparve nel periodo della caduta dell'assolutismo. Le due istituzioni più caratteristiche di questa macchina statale sono: la burocrazia e l'esercito permanente... La classe operaia impara a conoscerli a proprie spese. Per questo essa afferra con tanta facilità ed assimila così bene la scienza che afferma l'ineluttabilità di questi legami, scienza che i democratici piccolo-borghesi negano per ignoranza o per leggerezza...

Questo apparato burocratico e militare si sviluppa, si perfeziona e si rafforza attraverso le numerose rivoluzioni borghesi di cui l'Europa è stata teatro dalla caduta del feudalesimo in poi...

Lenin, facendo l'esempio della Russia prima della rivoluzione d'Ottobre del 1917, descrive come, questo apparato, anche per attrarre la piccola borghesia verso la grande borghesia, realizza nuove spartizioni del "bottino" alle quali si procede, "dall'alto al basso, in tutto il paese, in tutte le amministrazioni centrali e locali". - Quanto questa spartizione, occupazione di posti non è mai cambiata! anzi, nei nostri giorni è diventata una delle caratteristiche più spudorate dell'azione dei partiti e dei suoi uomini.

"Ma - continua Lenin - più si procede a "nuove spartizioni" dell'apparato amministrativo fra i diversi partiti borghesi e piccolo-borghesi... e con maggiore evidenza appare alle classi oppresse, e al proletariato che ne è il capo, la loro ostilità irreducibile alla società borghese nel suo insieme. Di qui la necessità per tutti i partiti borghesi, anche i più democratici e "democratici rivoluzionari", di accentuare la repressione contro il proletariato rivoluzionario, di rafforzare l'apparato di coercizione, cioè questa stessa macchina statale. Questo corso degli avvenimenti obbliga perciò la rivoluzione a "concentrare tutte le sue forze di distruzione" contro il potere dello Stato; le impone il compito non di migliorare la macchina statale, ma di demolirla, di distruggerla.

Non le deduzioni logiche, ma il corso reale degli avvenimenti, l'esperienza vissuta del 1848-1851, hanno condotto a porre il problema in questi termini...

Con che cosa il proletariato la sostituirà? La Comune di Parigi ci ha fornito a questo proposito gli esempi più istruttivi.

3. Come Marx poneva la questione nel 1852

Mehring pubblicava nel 1907 nella Neue Zeit ( XXV, 2, 164 ) alcuni estratti di una lettera di Marx a Weydemeyer, del 5 marzo 1852. Questa lettera contiene fra l'altro il seguente importantissimo passo:

"Per quello che mi riguarda, a me non appartiene né il merito di aver scoperto l'esistenza delle classi nella società moderna né quello di aver scoperto la lotta tra di esse. Già molto tempo prima di me degli storici borghesi avevano esposto la evoluzione storica di questa lotta delle classi, e degli economisti borghesi avevano esposto l'anatomia economica delle classi. Quel che io ho fatto di nuovo è stato di dimostrare: l. che l'esistenza delle classi è soltanto legata a determinate fasi di sviluppo storico della produzione...; 2. che la lotta di classe necessariamente conduce alla dittatura del proletariato; 3. che questa dittatura stessa costituisce soltanto il passaggio alla soppressione di tutte le classi e a una società senza classi..."...

L'elemento essenziale della dottrina di Marx è la lotta di classe. Cosí si dice e si scrive molto spesso. Ma questo non è vero e da questa affermazione errata deriva, di solito, una deformazione opportunista del marxismo, un travestimento del marxismo nel senso di renderlo accettabile alla borghesia. Perchè la dottrina della lotta di classe non è stata creata da Marx, ma dalla borghesia prima di Marx. e può, in generale, essere accettata dalla borghesia... Marxista è soltanto colui che estende il riconoscimento della lotta delle classi sino al riconoscimento della dittatura del proletariato... L'opportunismo non porta il riconoscimento della lotta di classe sino al punto precisamente essenziale, sino al periodo del passaggio dal capitalismo al comunismo, sino al periodo dell'abbattimento della borghesia e del suo annientamento completo. In realtà, questo periodo è inevitabilmente un periodo di lotta di classe di un'asprezza inaudita, un periodo in cui le forme di questa lotta diventano quanto mai acute, e quindi anche lo Stato di questo periodo deve essere uno Stato democratico in modo nuovo (per i proletari e i non possidenti in generale), e dittatoriale in modo nuovo (contro la borghesia)...".

Più chiaro di così! Marx dice: Prima di tutto che l'esistenza delle classi non eterna, che si arriverà ad una società, il comunismo, senza classi; quindi che la dittatura del proletariato è una necessità - e chi pur ammettendo la lotta di classe, non riconosce, anzi respinge indignato, il passaggio della dittatura del proletariato per arrivare ad una società senza classi, in realtà è contro la rivoluzione proletaria e vuole soltanto che la lotta del proletariato porti a "migliorare" la società borghese, non ad abbattere la borghesia; praticamente vuole un miglioramento per la piccola, anche media borghesia, mentre i proletari e le masse popolari restano sfruttati e oppressi sempre più.

E Lenin spiega perchè è necessaria la dittatura del proletariato per l'abbattimento completo della borghesia, che pure sconfitta dalla rivoluzione proletaria, non scompare da un giorno all'altro e diventa feroce per riprendere in tutti i modi, soprattutto violenti, il potere che ha perso. 

Per questo Lenin dice che nel periodo del potere in mano al proletariato la lotta di classe non solo non termina o si attenua, ma diventa acuta - come tutte le esperienze storiche ci hanno mostrato, dalla stessa Russia di Lenin alla Cina di Mao Tse tung.

(continua)

Riuscita presentazione del libro sul processo "Ambiente svenduto".

Oltre i preannunciati interventi di Alessandro Marescotti presidente di PeaceLink, dell'Avvocata Antonietta Ricci e di Calderazzi Margherita per il coordinamento Slai cobas, si sono collegati e sono intervenuti l'Avv Vitale da Torino e l'Avv. Lamanna di Taranto in trasferta a Bologna.

Assemblea di qualità alta. Elogiatissimo il libro. Avanza una lettura marxista di quanto è successo e succede nella più grande fabbrica in Italia e nella città di Taranto, sintetizzato e rappresentato dal processo Ilva.

Da questo, la comprensione che la battaglia del processo va portata sul terreno politico strategico contro il modo di produzione capitalista / il capitalismo ‘feroce’ / la giustizia borghese passata (dal processo di 1° grado all'appello) dalla tragedia alla farsa. La battaglia per vincere deve uscire dal tribunale, diventando processo al sistema/programma di trasformazione della fabbrica e sociale, adeguata al futuro dell’umanità globalizzata: dall’Amazzonia a Taranto.

Questi in sintesi i contenuti più significativi degli interventi.

A cui si è unita, in maniera esemplificativa, una esposizione del libro, attraverso una breve lettura dei passi più emblematici di questo processo storico, "strategico", come dicevano gli stessi padroni imputati.

Nei prossimi giorni metteremo a disposizione la registrazione degli interventi.

Il libro "Processo "Ambiente svenduto" - un lungo processo raccontato attraverso 7 anni di udienze" è disponibile - si può richiedere a slaicobasta@gmail.com o WA 3519575628 (costo 10 euro)

domenica 1 dicembre 2024

venerdì 29 novembre 2024

Durante lo sciopero generale, l'intervento dello Slai cobas sc Taranto

Oggi purtroppo non siamo a Bari, dovevamo essere a Bari perché è giusto che la capa di questo governo capitalista, fascista, imperialista, trovasse l'opposizione innanzitutto dei lavoratori e dei lavoratori che più di ogni altro stanno combattendo non solo la guerra, la repressione, il razzismo, ma stanno combattendo ogni aspetto della vita economica. Innanzitutto sul fronte della sanità, perché oggi a Bari c'era il G7 della sanità, sugli antibiotici, gestito dall'amico di famiglia della Meloni, Gemmato, il leghista che sta facendo strada e che è legato mani e piedi alla sanità privata; che fa il vertice sulla sanità mentre lui stesso manda le persone alla sanità privata e approfitta di questo governo per piazzarsi nei posti di potere e di ricchezza, e di corruzione.

Quindi avremmo voluto essere lì. Ma purtroppo non è l'ultima volta che verrà la Meloni a Bari o in Puglia e troverà “l'accoglienza” che come Coordinamento regionale da tempo stiamo preparando. Però il problema oggi è essenzialmente lo sciopero.

Lo sciopero generale ci voleva, è molto tardivo e chiaramente i sindacati di base, tutti i sindacati di base hanno cercato di chiamare i lavoratori allo sciopero generale.

Sappiamo bene che i lavoratori dei sindacati di base, dei Cobas, in particolare dello Slai Cobas sc, come noi a Taranto, sono in lotta tutti i giorni, non hanno bisogno di aspettare lo sciopero generale per scendere in piazza, per lottare, per scontrarsi con i padroni, le amministrazioni e i governi su tutti i temi, quelli fondamentali del lavoro, della tutela del salario e di quello emergente della salute e sicurezza, e dell'inquinamento che nel nostro territorio è molto dannoso, uccide gente della popolazione e lavoratori, frutto di un modello di sviluppo fondato sullo sfruttamento e sulla mancanza di salute e sicurezza dei cittadini.

Però lo sciopero generale ci vuole e siamo perfino d'accordo con Landini quando parla di “rivolta sociale”, anche se noi per primi sappiamo che il sindacalista parolaio, forte in televisione e nei comizi, poi tutti i giorni attraverso i suoi organizzati nelle fabbriche, nei posti di lavoro tutto fa tranne che la rivolta sociale.

Però la rivolta sociale è necessaria, sia chiaro, perché questo paese non si può cambiare senza una rivolta sociale fondata essenzialmente sulla mobilitazione dei lavoratori. Senza una rivolta sociale non spazzeremo via il governo Meloni, come non siamo riusciti evidentemente a spazzare via tutti i governi dei padroni che l'hanno preceduto.

Noi siamo. Perché lo sciopero generale continui nelle forme in cui è possibile, con le forze che abbiamo per una rivolta sociale.

Ma a proposito di rivolta sociale, ci fa specie che si parli di rivolta, poi non si dice nulla quando una rivolta c'è, come quella dei giovani immigrati di Milano che stanno incendiando quella città e quel quartiere Corvetto, perché hanno ragione, un loro fratello è stato ucciso ancora una volta dalla brutalità, dall'arroganza della polizia ed è giusto che si ribellino e mettano a ferro e fuoco quel quartiere e quella città. Perché in quel quartiere, che non è poi tanto alla periferia, è molto centrale anche nella stessa Milano, la gentrificazione lo ha trasformato in un quartiere abbandonato.

Ma nelle grandi città italiane ci sono tanti quartieri abbandonati, senza servizi, in cui i ragazzi sono senza lavoro e ogni giorno devono in qualche maniera trovare il modo di sopravvivere, addirittura di vivere. E quindi quando ne uccidono uno di loro è giusto che si ribellino.

Noi siamo saldamente dalla parte dei giovani ribelli di Milano e speriamo si ottengano giustizia anche se non ci crediamo. Perché in questo paese la giustizia non la ottiene nessuno.

Che dobbiamo dire di Taranto? Noi siamo parte civile, la principale parte civile nel processo “Ambiente svenduto”. Lavoratori, cittadini e abitanti di quartiere, insieme allo Slai Cobas, hanno condotto una battaglia in quel processo, insieme ad altre settori dell'ambientalismo, perché i padroni venissero condannati. Ebbene, la Corte d'appello ha annullato quella sentenza e quel processo durato 7 anni, per dire praticamente che padron Riva non ha fatto niente, i padroni assassini se la possono cavare e la gente, gli operai possono continuare a morire.

Noi chiaramente non ce ne siamo stati fermi e zitti. Abbiamo protestato anche in tribunale. Ora vogliono trasferire il processo a Potenza, non se la scamperanno, e se non riuscirà la giustizia normale a raggiungerli, dovrà raggiungerli la giustizia proletaria.

Perché in questo paese dobbiamo finirla di subire tutto senza poter rispondere a chi ci rende la vita impossibile.

Arriviamo agli altri temi dello sciopero generale. Non ci piacciono, lo diciamo a tutti, anche ai nostri compagni e fratelli dei Cobas, le lunghe piattaforme dove si chiede tutto e il contrario di tutto. Noi vogliamo che su alcune cose si facciano scioperi continuativi, un vero e proprio braccio di ferro Oggi le 3/4 questioni essenziali sono: il salario, i salari dei lavoratori sono mangiati e ogni giorno di più non si arriva alla fine del mese. E per di più per una classe falcidiata da precarietà, dalla cassa integrazione, dalla Naspi. E’ evidentemente che con questi quattro soldi non si può dare avanti. Ci vuole un aumento secco del salario per tutti, ci vuole il ripristino, comunque lo chiamiate, del reddito di cittadinanza, ci vuole il salario minimo garantito.

La seconda questione è il lavoro. Tante fabbriche stanno chiudendo anche a Taranto una fabbrica efficiente produttrice di gru, la Hiab, ha messo da un giorno all'altro in mezzo alla strada 102 operai, così come erano stati messi in mezzo alla strada 120 operai e operaie dalla Tessitura Albini. Ebbene, queste fabbriche invece che avere una continuità produttiva vengano cancellate e i lavoratori vengono liquidati: o accetti il licenziamento o accetti un incentivante massimo di 10.000 € con cui non si possono pagare neanche un anno di di mutui, bollette, multe che ciascuno di noi ha. Quindi parlano di lavoro e invece distruggono il lavoro, parlano di sviluppo industriale, comunque, lo vogliate chiamare green, nero, giallo, e invece in questa città, in questa regione, avanza la deindustrializzazione, avanza la precarietà, la povertà. E chiaramente Taranto, come le altre città pugliesi, è poi piena soprattutto dei settori più poveri, le lavoratrici e i lavoratori degli appalti comunali. Le lavoratrici degli asili lavorano 3 ore e 30 dopo una lotta della madonna, con un salario chiaramente bassissimo.

Ecco, in questo stato delle cose non è accettabile che non ci sia uno sciopero generale vero, che non ci sia una rivolta sociale senza la quale non andremo da nessuna parte.

In uno sciopero generale devono entrare tutti i problemi che toccano la popolazione e soprattutto alcuni problemi che sono politici ma che ricadono direttamente sui lavoratori. Primo tra tutti i decreti sicurezza con cui viene stabilito uno Stato di polizia. Siamo contenti che anche nella piattaforma dei sindacati confederali siano entrati i decreti sicurezza sulla guerra. Mentre ancora tacciono sulla guerra, sulla Palestina.

Dobbiamo continuarla questa battaglia sui territori e su scala nazionale, domani ci sarà una grande manifestazione nazionale di solidarietà con la Palestina, da cui da questa piazza viene senz'altro un saluto e una partecipazione in delegazione.

giovedì 28 novembre 2024

Formazione operaia - "L'estinzione" dello Stato e la rivoluzione violenta" - da Stato e rivoluzione di Lenin

 

Nella precedente Formazione operaia concludevamo che sulla base dell'analisi storica materialistico dialettica Engels spiega perchè lo Stato non è sempre esistito e non esisterà per sempre e Lenin può dire che l'intera macchina statale può essere relegata nel "museo dell'antichità".
Che succede quando il proletariato si impadronisce del potere statale? 

Lenin riprende Engels:
"Il proletariato si impadronisce del potere dello Stato e anzitutto trasforma i mezzi di produzione innanzitutto in proprietà dello Stato. Ma così sopprime se stesso come proletariato, sopprime ogni differenza di classe e ogni antagonismo di classe e sopprime anche lo Stato in quanto Stato. La società esistita sinora, muoventesi sul piano degli antagonismi di classe, aveva necessità dello Stato, cioè di una organizzazione della classe sfruttatrice, per conservare le condizioni esterne della sua produzione e quindi specialmente per tener con la forza la classe sfruttata nelle condizioni di oppressione date dal modo vigente di produzione (schiavitù, servaggio, lavoro salariato). Lo Stato era il rappresentante ufficiale di tutta la società, la sua sintesi in un corpo visibile, ma lo era solo in quanto era lo Stato di quella classe che al suo tempo rappresentava da sola tutta quanta la società: nell'antichità era lo Stato dei cittadini padroni di schiavi, nel medioevo lo Stato della nobiltà feudale, nel nostro tempo lo Stato della borghesia. Ma, diventando alla fine effettivamente il rappresentante di tutta la società, si rende, esso stesso, superfluo. Quando non vi sarà più nessuna classe sociale da tenere sottomessa, quando insieme col dominio di classe, la lotta per l'esistenza individuale fondata sull'anarchia della produzione sinora esistente, saranno eliminati anche i conflitti e le violenze che ne derivano, allora non ci sarà da reprimere più niente; sparirà quindi la necessità dello Stato come forza repressiva particolare. Il primo atto con cui lo Stato si presenta come il vero rappresentante di tutta la società, cioè la presa di possesso di tutti i mezzi di produzione in nome della società, sarà ad un tempo l'ultimo suo atto indipendente in quanto Stato. L'intervento di una forza statale nei rapporti sociali diventa superfluo a poco a poco in ogni campo e verrà meno da se stesso. Al posto del governo sulle persone appare l'amministrazione delle cose e la direzione dei processi produttivi. Lo Stato non viene " abolito": lo Stato si estingue. Sotto questo aspetto conviene giudicare la frase "Stato popolare libero", la quale è tanto temporaneamente giustificata dal punto di vista dell'agitazione, quanto è, in ultima analisi, scientificamente insufficiente. E sotto questo aspetto conviene giudicare anche la rivendicazione dei cosiddetti anarchici, che vogliono che lo Stato sia abolito dall'oggi al domani" ( Antidühring. [La scienza sovvertita dal signor Eugenio Dühring], pp. 302-303, terza ed. tedesca, 1894).

Quindi, la prima questione, il primo atto che il proletariato fa una volta preso il potere statale è di espropriare la borghesia, i padroni dei mezzi di produzione e trasformarli in proprietà dello Stato, che a questo punto non è più lo Stato di prima rappresentante della classe dominante borghese, una macchina che non può essere "trasformata" ma deve essere totalmente distrutta perchè ha come scopo principale quello di mantenere l'ordine e il dominio della classe di minoranza sulla maggioranza per lo sfruttamento della classe oppressa, ma lo Stato dei proletari, lo Stato socialista che rappresenta, per la prima volta nella storia, la maggioranza della popolazione ma che ha lo scopo di mettere fine all'esistenza stessa delle classi e della divisione di classi.
Ma così, dice Engels, sopprimendo sè  stesso come proletariato "sopprime ogni differenza di classe e ogni antagonismo di classe e sopprime anche lo Stato in quanto Stato".  Lo Stato proletario diventando il rappresentante di tutta la società non ha più ragione di esistere. Prima era necessario per la divisione in classi della società, come organo non di conciliazione tra le classi ma di repressione della classe al potere contro la classe oppressa; una volta che le classi vengono abolite lo Stato, così come lo abbiamo conosciuto, non ha più ragione di esistere.
Quindi, prima questione, lo Stato proletario non è lo Stato odierno riformato. Questo è la falsa idea dei borghesi "democratici" che non vogliono rovesciare, sopprimere il potere dei capitalisti, anzi pensano che senza di loro la società, la produzione non potrebbe continuare, e che vogliono soltanto una appunto conciliazione tra le classi. Lo Stato proletario è uno Stato che mette fine ad ogni struttura, ad ogni funzione dello Stato odierno, perchè ogni struttura, ogni funzione è per imporre la dittatura della borghesia sui proletari e le masse oppresse, comunque questa "dittatura" si presenta.

Seconda questione, su cui poi Lenin insiste molto e chiaramente. 
Engels spiega benissimo che tutto quanto dice dopo sul fatto che lo Stato si rende superfluo, che sparirà la necessità dello Stato come forza repressiva particolare, che quindi lo Stato in quanto Stato si estingue si riferisce allo Stato proletario. 
Questo non può essere travisato per dire che allora è lo Stato borghese che si estingue e quindi contro lo Stato borghese non c'è bisogno di fare la rivoluzione proletaria.

Torniamo a ciò che scrive Lenin su questo.
"Si può dire senza timore di sbagliare che di tutto questo ragionamento di Engels, straordinariamente ricco di idee, i partiti socialisti di oggi non hanno veramente acquisito nel loro pensiero che la formula secondo cui, per Marx, lo Stato "si estingue", in contrapposizione alla dottrina anarchica dell'"abolizione" dello Stato. Amputare in tal modo il marxismo vuol dire ridurlo all'opportunismo, poichè, dopo una tale "interpretazione" non rimane che il concetto vago di un cambiamento lento, uguale, graduale, senza sussulti né tempeste, senza rivoluzione. La "estinzione" dello Stato nel concetto corrente, generalmente diffuso, di massa, se così si può dire, è senza dubbio la scomparsa, se non la negazione, della rivoluzione.
Ebbene, questa "interpretazione" è la più grossolana deformazione del marxismo...

Primo. Proprio al principio del suo ragionamento Engels dice che il proletariato, impadronendosi del potere sopprime con ciò "Lo Stato in quanto Stato". Riflettere sul significato di questa frase è cosa che "non entra nelle abitudini". Per lo più o si trascura completamente questo pensiero o vi si vede una specie di "debolezza hegeliana" di Engels. In realtà, in queste parole è espressa in forma incisiva l'esperienza di una delle più grandi rivoluzioni proletarie, l'esperienza della Comune di Parigi del 1871, di cui parleremo a lungo più avanti. In realtà, Engels parla qui di "soppressione" dello Stato della borghesia per opera della rivoluzione proletaria, mentre ciò ch'egli dice sull'estinzione dello Stato riguarda i resti dello Stato proletario che sussisteranno dopo la rivoluzione socialista. Lo Stato borghese, secondo Engels, non "si estingue"; esso viene "soppresso" dal proletariato nel corso della rivoluzione. Ciò che si estingue dopo questa rivoluzione, è lo Stato proletario o semi-Stato.

Secondo. Lo Stato è una "forza repressiva particolare". Questa definizione di Engels, meravigliosa e in sommo grado profonda, è qui enunciata con perfetta chiarezza. E ne deriva che questa "forza repressiva particolare" del proletariato da parte della borghesia, di milioni di lavoratori da parte di un pugno di ricchi, deve essere sostituita da una "forza repressiva particolare" della borghesia da parte del proletariato (dittatura del proletariato). In ciò appunto consiste "la soppressione dello Stato in quanto Stato". In ciò consiste 1'"atto" della presa di possesso dei mezzi di produzione in nome della società. E' ovvio che questa sostituzione di una "forza particolare" (quella della borghesia) con un'altra "forza particolare" (quella del proletariato), non può avvenire nella forma di "estinzione".

Come dire: più chiaro di così si muore... Dopo la rivoluzione proletaria e la soppressione dello Stato borghese, le classi non finiscono da un giorno all'altro, la borghesia non scompare improvvisamente (anzi, come l'esperienza delle rivoluzioni ci insegna, la borghesia tenta disperatamente e con tutti i mezzi di riprendere il potere); quindi è necessario nel socialismo - periodo di transizione verso il comunismo - che il proletariato costruisca "temporaneamente" un proprio Stato, che sostituisca alla dittatura della borghesia - dittatura di una minoranza sfruttatrice sulla maggioranza delle masse - la "dittatura del proletariato" che è la massima democrazia per la maggioranza e dittatura per la minoranza che vuole restaurare il potere di sfruttamento e oppressione. E come la presa del potere da parte del proletariato non può avvenire senza una rivoluzione, questa rivoluzione (come soprattutto la Cina di Mao Tse tung ha insegnato) deve continuare per rendere forte e stabile il potere del proletariato e tutti i suoi atti conseguenti.

Quindi, l’abbattimento dello Stato riguarda necessariamente lo Stato borghese, che non si può estinguere, "non se ne può andare con le sue gambe"; ’abbattimento dello Stato borghese comporta per il proletariato rivoluzionario e il suo partito comunista l’altrettanta necessità di costruire lo Stato di dittatura del proletariato per difendere i risultati della rivoluzione, impedire con la forza dello Stato proletario che la borghesia riprenda il potere. Chi parla di “rivoluzione” e non, insieme, di “dittatura de proletariato” vuole seminare illusioni, e portare il proletariato alla sconfitta.
L’estinzione dello Stato riguarda invece lo Stato proletario, che, via via che le classi e la divisione in classi antagoniste scompare e le masse si autogovernano, non solo nel proprio paese, ma in tutti i paesi, non ha più ragione di esistere.
Gli opportunisti da un lato lottando tenacemente contro l’abbattimento dello Stato borghese, e gli anarchici dall’altro parlando oggi di estinzione dello Stato, negano entrambi la lotta rivoluzionaria del proletariato e la dittatura proletaria.

Continua Lenin:

Terzo. Questa "estinzione", o, per parlare con più risalto e più colore, questo "assopimento", Engels lo riferisce in modo chiaro ed evidente al periodo che segue "la presa di possesso di tutti i mezzi di produzione in nome della società", cioè al periodo che segue la rivoluzione socialista...

Quarto. Enunciando la sua celebre tesi: "Lo Stato si estingue", Engels si affretta a precisare che essa è diretta e contro gli opportunisti e contro gli anarchici. Inoltre da Engels è posta in primo piano quella conclusione dalla tesi sull'"estinzione dello Stato" che è diretta contro gli opportunisti... (ma) la conclusione contro gli opportunisti è stata messa in ombra e "dimenticata "!

Lo "Stato popolare libero" era una rivendicazione programmatica, una parola d'ordine corrente dei socialdemocratici tedeschi degli anni 1870-1880. In questa parola d'ordine non v'è alcun contenuto politico salvo una pomposa enunciazione piccolo-borghese della nozione di democrazia... Ma questa parola d'ordine era opportunista, non soltanto perchè imbelliva la democrazia borghese, ma anche perchè esprimeva l'incomprensione della critica socialista di ogni Stato in generale. Noi siamo per la repubblica democratica, in quanto essa è, in regime capitalista, la forma migliore di Stato per il proletariato, ma non abbiamo il diritto di dimenticare che la sorte riservata al popolo, anche nella più democratica delle repubbliche borghesi, è la schiavitù salariata. Proseguiamo. Ogni Stato è una "forza repressiva particolare" della classe oppressa. Quindi uno Stato, qualunque esso sia, non è libero e non è popolare...

Questa funzione di "forza repressiva particolare" della classe oppressa c’è sia quando lo Stato è democratico sia quando è fascista. "La Repubblica democratica in regime capitalista - dice Lenin - è la forma migliore di Stato del proletariato", perchè il proletariato ha una certa maggiore libertà di organizzare le sue forze per la lotta, per la rivoluzione, ma non perchè cessi o attutisca la dittatura della borghesia (e questo lo abbiamo sperimentato molto bene con i governi di centrosinistra, di "sinistra" che non hanno certo abolito lo sfruttamento delle masse, che non hanno certo garantito i diritti fondamentali, ecc.). Anche la borghesia in generale, da parte sua, preferisce il metodo democratico, perchè così può fare tranquillamente i suoi affari, ma in determinate fasi è costretta ad assumere la forma della dittatura aperta, ma non per negare i conflitti ma sempre allo scopo di attenuarli. Quando l’attenuazione non riesce, occorre soffocarli. Benchè con lo Stato fascista la borghesia deve dichiarare in maniera nuda e cruda la sua vera natura di oppressione e repressione, la democrazia e il fascismo non sono due forme opposte ma l’una serve l’altra. La necessità per il proletariato della rivoluzione non nasce quindi dalla forma fascista dello Stato ma dalla sua permanente natura di classe. 

Lenin proseguendo e riprendendo sempre Engels chiarisce come il proletariato può prendere il potere: con la rivoluzione violenta.

"Quinto. La stessa opera di Engels, in cui si trova il ragionamento sull'estinzione dello Stato che tutti ricordano, contiene anche una considerazione sul significato della rivoluzione violenta. La valutazione storica della sua funzione si trasforma in Engels in un vero panegirico della rivoluzione violenta. Nessuno "se ne ricorda"...

Ecco questa considerazione di Engels: "...che la violenza abbia nella società ancora un'altra funzione [oltre al male che essa produce] nella storia, una funzione rivoluzionaria, che essa, secondo le parole di Marx, sia la levatrice di ogni vecchia società gravida di una nuova, che la violenza sia lo strumento con l'aiuto del quale il movimento sociale si fa strada e spezza le forme politiche irrigidite e morte..." (p. 193, terza ed. tedesca, fine del 4° capitolo, II parte).

Come unire nella stessa dottrina questo panegirico della rivoluzione violenta, tenacemente presentato da Engels ai socialdemocratici tedeschi dal 1878 al 1894, cioè fino alla sua morte, e la teoria dell' "estinzione" dello Stato?...

Abbiamo già detto prima, e lo dimostreremo in modo più particolareggiato nel seguito della nostra argomentazione, che la dottrina di Marx e di Engels sulla necessità della rivoluzione violenta si riferisce allo Stato borghese. Questo non può essere sostituito dallo Stato proletario (dittatura del proletariato) per via di "estinzione"; può esserlo unicamente, come regola generale, per mezzo della rivoluzione violenta. Il panegirico con cui Engels esalta la rivoluzione violenta concorda pienamente con le numerose dichiarazioni di Marx (ricordiamo la conclusione della Miseria della filosofia e del Manifesto del Partito comunista che proclama fieramente e categoricamente l'ineluttabilità della rivoluzione violenta; ricordiamo la critica del programma di Gotha nel 1875, circa trent'anni più tardi, dove Marx flagella implacabilmente l'opportunismo di questo programma)...

La sostituzione dello Stato proletario allo Stato borghese non è possibile senza rivoluzione violenta. La soppressione dello Stato proletario, cioè la soppressione di ogni Stato, non è possibile che per via di "estinzione".

Marx ed Engels svilupparono queste concezioni in modo particolareggiato e concreto, studiando ogni situazione rivoluzionaria particolare, analizzando gli insegnamenti forniti dall'esperienza di ogni rivoluzione...

Dall’analisi dello Stato borghese, dalla sua genesi, così come tracciata da Marx, Engels e ripresa da Lenin, scaturisce l’inevitabilità e indispensabilità della rivoluzione violenta, base di principio indispensabile della teoria rivoluzionaria del proletariato.

Lo Stato borghese è distaccamenti speciali di uomini armati che dispongono di prigioni, ecc.…”. Certo, lo Stato non è solo ‘distaccamenti armati’, quindi polizia, eserciti, prigioni – Engels dice “…e istituti di pena di ogni genere…” - ma questa è la forza principale di uno Stato come strumento di dominio della classe dominante. Da qui il carattere necessariamente violento della rivoluzione proletaria, la sua necessità di distruzione dell’apparato statale borghese. Pur se su piccola scala al momento, i proletari, le masse popolari lo vedono ogni volta che sviluppano lotte dure, rivolte, contro le quali lo Stato mostra senza orpelli la sua natura oppressione/repressiva di fondo. 
Questo carattere dello Stato si rafforza nell’imperialismo così come si rafforza nella misura in cui si sviluppano gli antagonismi di classe e i contrasti tra Stati. Si tratta di un processo non certo dipendente da questo o quell’evento, ma legato al processo di progressivo estraniamento dello Stato dalla società e dal potenziale degli antagonismi di classe che lo sviluppo della società imperialista produce sia al suo interno sia all’esterno nelle contese tra Stati, nella fase dell'imperialismo. 
Da ciò l'inevitabilità della rivoluzione proletaria come rivoluzione violenta che non dipende dalle forme specifiche del dominio della classe dominante. La diversità dei regimi e dei governi influisce nella tattica della realizzazione della rivoluzione proletaria, non nel suo carattere.
La rivoluzione proletaria mette la violenza al servizio della lotta contro il carattere principale dello Stato e in funzione di strappare il potere alla classe dominante, distruggere l’apparato statale della classe dominante, mettere fine alla violenza reazionaria della borghesia, e nel comunismo alla violenza in generale.

Gli opportunisti, anche tra coloro che si dicono rivoluzionari o addirittura "comunisti", cercano di nascondere la necessità della rivoluzione proletaria violenta; parlano a volte di rivoluzione ma di fatto non lavorano realmente per essa e si accontentano al massimo, anche gli anarchici, di azioni più dure ma di gruppo; non si ha fiducia e non si lavora per la violenza da parte del proletariato e delle masse oppresse. 

Ma, infine vigliamo sottolineare le parole di Marx sulla violenza rivoluzionaria che Lenin riprende: "la violenza (ha) nella società ancora un'altra funzione [oltre al male che essa produce] nella storia, una funzione rivoluzionaria (come) la levatrice di ogni vecchia società gravida di una nuova... la violenza sia lo strumento con l'aiuto del quale il movimento sociale si fa strada e spezza le forme politiche irrigidite e morte..."
La violenza non è solo "male necessario" essa serve anche come levatrice di una nuova società, che distrugge le forme morte per le nuove forme vive. In questo quello che avviene nella la società non è diverso da quello che avviene nella natura, in cui i reali cambiamenti avvengono spesso in forme traumatiche, violente, ma necessarie.
Questo deve far piazza pulita di ogni moralismo piccolo borghese che non ha nulla a che fare con i movimenti storici dell'umanità.
(continua)