Nessuna fiducia dai nuovi incontri con governo e commissari su situazione acciaierie e nuova cassaintegrazione - Solo la lotta operaia e popolare può cambiare le cose
Slai cobas per il sindacato di classe - Taranto
“È stato un incontro duro, ma come doveva essere, perché è del tutto evidente che fino ad oggi non c’è stato un confronto su elementi che per noi sono strategici e fondamentali. Ci siamo presentati a Palazzo Chigi chiedendo un elemento di garanzia sui livelli occupazionali perché, anche se si fa il bando, il bando deve essere oggetto di un confronto e in quel confronto noi vogliamo la garanzia degli occupati in tutti quanti gli impianti”. Così Michele De Palma, segretario generale della Fiom, al termine dell’incontro odierno con il Governo a Palazzo Chigi sul dossier ex Ilva. “Le organizzazioni sindacali non possono essere chiamate solo a sottoscrivere decisioni già prese, in particolare rispetto al piano di ripartenza e al bando di gara di assegnazione degli impianti. Su questo tema abbiamo ottenuto l’impegno dei commissari straordinari e del Governo a confrontarsi sui contenuti del bando di gara. Come Fiom-Cgil abbiamo chiesto la garanzia sui livelli occupazionali, perché dal nostro punto di vista per attuare un piano di ripartenza c’è bisogno dei lavoratori e c’è bisogno di tutelarli anche dal punto di vista salariale. Pertanto, la cassa integrazione deve essere legata al piano della ripartenza e al termine deve essere previsto il rientro al lavoro di tutti. Riteniamo che il Governo abbia la responsabilità di dover costruire con i commissari straordinari e con le organizzazioni sindacali una soluzione strategica per quanto riguarda il principale impianto siderurgico d’Europa, in un contesto in cui è del tutto evidente che le scelte industriali fatte dal management passato stanno facendo pagare un caro prezzo alle lavoratrici e ai lavoratori, anche per gli effetti della cassa integrazione finora utilizzata. Per noi vale ancora l’accordo del 2018, a partre dalla clausola di salavaguardia peri lavoratori di Ilva in AS. Tutta questa discussione non può prescindere dalla decarbonizzazione degli impianti e quindi dalla transizione ecologica. A tal proposito il Governo deve assumere un ruolo di garanzia attraverso la presenza nel capitale del pubblico oltre all’esercizio della golden power. Domani, presso il Ministero del Lavoro, si entrerà nel merito del piano di ripartenza e della cassa integrazione. Per la Fiom-Cgil l’obiettivo fondamentale è riportare tutte le persone al lavoro”.
Il segretario generale FIM Ferdinando Uliano intervenendo al termine dell’incontro ha invece dichiarato che “registriamo le difficoltà illustrate dai commissari rispetto alla ripartenza produttiva che si sono rilevate molto più complicate del previsto: rispetto a questo comprendiamo la richiesta di cassa che necessariamente deve essere legata alla ripartenza degli impianti e all’andamento produttivo. Per noi è importante che anche il processo di formazione vada portato avanti parallelamente all’integrazione dell’ammortizzatore, questo valutando anche, non meno importante, gli impatti che l’andamento produttivo può avere sul sistema dell’indotto. Per quanto riguarda il bando di cessione – ha sottolineato Uliano – per noi è importante mettere al centro la tenuta di tutto il personale degli stabilimenti facenti parte del Gruppo compreso i dipendenti di Ilva in AS. Vogliamo poi sapere se nel piano di ripartenza è previsto l’acquisto di coils e bramme come richiesto dalla FIM nel precedente incontro al fine di far lavorare le persone degli impianti delle aree a freddo”. “Domani – ha infine aggiunto il segretario nazionale della Fim Cisl D’Alò – valuteremo se quanto discusso oggi e da noi proposto a più riprese sarà assunto dalla discussione sulla Cigs e se ci saranno i presupposti per una discussione concreta anche degli ammortizzatori sociali”.
“Dopo cinque mesi dall’avvio dell’Amministrazione straordinaria oggi stiamo parlando di un piano di discesa e non di risalita, con il raddoppio della cassa integrazione e una produzione minima con un solo altoforno. Nel progetto illustrato dal Governo e dai Commissari non vediamo garanzie, non ci sono certezze per i lavoratori né una prospettiva industriale solida. Si parla di una produzione a sei milioni tra non meno di un anno e mezzo, con i tre altoforni a fine vita, non ci sono scadenze precise sull’avvio della decarbonizzazione, sulla costruzione dei forni elettrici e dell’impianto di pre ridotto. Stiamo parlando di una lenta e inesorabile agonia che, purtroppo, il Governo e i Commissari non stanno evitando. Vogliamo parlare di prospettive concrete, di rilancio reale, di sviluppo, di decarbonizzazione, di tutela occupazionale e ambientale e non solo di ammortizzatori sociali. Oggi abbiamo ascoltato solo progetti generici senza alcun impegno vincolante. Se non ci sarà una svolta chiara e immediata il destino è segnato” così Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, al termine dell’incontro a Palazzo Chigi. “Cosa mette sul mercato il governo – domanda il leader Uilm – abbiamo impianti fermi e in condizioni fatiscenti e una richiesta per 5mila lavoratori in cassa integrazione. Quale azienda si farà carico di questo? Nel bando di gara si metteranno delle garanzie anche per i 1.600 in Ilva AS e delle aziende dell’indotto? Per noi sono imprescindibili, come previsto dall’accordo del 2018 che non metteremo in discussione”. “Sono dieci anni che si parla di forni elettrici ma non si parte mai – insiste Palombella – e abbiamo una gara per il preridotto bloccata da mesi, con fondi disponibili per oltre un miliardo fermi. Ma qual è il progetto per il futuro dell’ex Ilva? Accompagnarla lentamente alla chiusura?”. “Fino a oggi, grazie alla lotta dei lavoratori, abbiamo evitato una chiusura imminente degli stabilimenti – conclude -. Quello che ci hanno detto oggi il Governo e i Commissari non ci tranquillizza perché non abbiamo ottenuto garanzie. Di fatto siamo tornati indietro al 2017, al bando di gara, con la differenza che all’epoca gli impianti funzionavano. Quel che è certo è che non ci siamo arresi allora e non ci arrenderemo nemmeno questa volta”.
“Il tavolo odierno a Palazzo Chigi per la nostra organizzazione ha sancito due elementi – affermano Francesco Rizzo e Sasha Colautti Esecutivo Confederale Usb -. Il primo è che ci sembra a senso unico la strada che porta al piano “di ripartenza” e quindi alla CIGS. Gli amministratori hanno rappresentato nel merito la difficilissima situazione impiantistica e le modalità con cui arrivare entro il primo trimestre 2026, e nel pieno rispetto degli svariati dettami legge, ad una produzione stabile basata su 3 altoforni, capace di saturare tutto il personale. La proposta dei commissari è quella di abbassare ulteriormente i numeri della cassa, di garantire rotazione e formazione, ma per la nostra organizzazione questo ancora non basta, e servono ulteriori garanzie per un’integrazione economica e numeri di utilizzo ribassati ulteriormente”. “Abbiamo però ribadito anche che, a nostro avviso, la questione centrale, al di là della gestione della “ripartenza”, diventa da subito quella che riguarda il bando di vendita e le condizioni dello stesso – affermano i due sindacalisti -. Secondo noi infatti non è stato sufficiente il racconto dei commissari e del Governo su quelle che sono le condizionalità o i requisiti per l’acquisto degli stabilimenti da parte di uno dei 6 soggetti privati che si sono affacciati a questa vicenda. I requisiti infatti, oltre a non essere stati oggetto di una discussione preventiva con noi, ci sembrano ancora troppo generici e privi di una reale indicazione sul futuro concreto dell’azienda. Serviva dal Governo un vero chiarimento sull’idea di carbonizzazione, di cosa questo significa concretamente, anche per quanto riguarda la paventata realizzazione dei forni elettrici su cui oggi non si è detto nulla”. “La nostra organizzazione ha quindi ribadito la necessità di un confronto nel merito sulle condizioni di ingresso di un eventuale nuovo soggetto. Per noi serve una prima fase di accompagnamento pubblico reale per evitare il ripresentarsi di una nuova ArcelorMittal – concludono -. Per USB è prioritaria la garanzia totale dell’occupazione, della tenuta unitaria del gruppo (no allo spezzatino tra stabilimenti), dell’indotto e ovviamente abbiamo ribadito che i lavoratori di Ilva in AS devono essere dentro a questo percorso”.
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