Un clima di forte tensione e di attesa attraversa in queste ore gli
operai dell'Ilva. Ci si aspetta sostanzialmente l'annuncio di una nuova
grande cassintegrazione straordinaria per 8 mila operai, di cui 6 mila a
Taranto, ma che toccherà anche Genova e forse altri stabilimenti in
Italia. Ci si aspetta una nuova pesante minaccia di non pagamento degli
stipendi il 12 di questo mese.
E' necessario, ma anche inevitabile, che a queste eventuali decisioni
gli operai Ilva a Taranto, ma anche a Genova, rispondano duramente. Le
prossime due settimane sono quindi teatro di uno scontro che può avere
una svolta e influenzare la situazione sindacale, sociale e politica non
solo di Taranto, Genova, Novi Ligure ma dell'intero paese.
Tocca, quindi, a tutte le forze in campo schierarsi. Due sono i fronti
effettivi che esistono sulla questione, da un lato, padroni, governo,
Stato, sostenuti da sindacati confederali e Istituzioni locali,
dall'altro operai che vogliono lavoro e salute in fabbrica e sul
territorio, masse popolari tarantine che vogliono fermare la catena di
morti da inquinamento e di attacco alla salute e che in maggioranza non
vogliono la chiusura della fabbrica, nè un massiccio aumento della
disoccupazione e desertificazione e un'altra Bagnoli.
Se i due fronti oggettivamente esistono, non sono così chiari nella
realtà soggettiva della lotta di classe a Taranto e nelle altre realtà
interessate da questa lotta di classe.
Padron Riva non vuole perdere la fabbrica che è stata fino adesso la
"gallina dalle uova d'oro" dei suoi profitti e della trasformazione di
questa famiglia in una delle grandi potenze industriali in Italia, in
Europa e in misura minore nel mondo. Tutti coloro che dicono: "Riva se
ne vuole andare", "Riva non ha interesse a mantenere la proprietà della
fabbrica", non conoscono la realtà effettiva di questo gruppo
industriale e della sua collocazione nel sistema capitalistico italiano e
internazionale. I padroni non mollano mai la fonte dei propri profitti
se non quando questi profitti diventino realmente impossibili, e anche
in caso di grave crisi innanzitutto chiamano lo Stato borghese al loro
servizio e i governi, comitati d'affari dei loro interessi, a salvare i
loro profitti, la loro proprietà e ad intervenire perchè si socializzino
le perdite e si possa riprendere a fare profitti.
Oggi i padroni Riva vogliono uscire dal carcere e dalla latitanza,
mantenere il controllo del gruppo, essere sostenuti nello sforzo
finanziario di una parziale bonifica dello stabilimento ed essere messi
al riparo da conseguenze sul piano giudiziario effettivamente gravi -
come minimo stile "padroni Thyssen ed Eternit" - e dall'attacco al loro
patrimonio per effetto anche delle imponenti cause risarcitorie che si
affacciano sulla scena. Se il sistema dei padroni, che all'acciao di
Riva ci tiene, lo Stato e il governo aiuteranno a raggiungere in maniera
se non totale almeno significativa questo obiettivo, il gruppo Riva e
l'Ilva di Taranto resteranno in piedi e proseguiranno a svolgere la loro
funzione nel sistema capitalistico italiano; con i conseguenti danni di
sfruttamento della classe operaia occupata e di permanenza del pericolo
di attacco alla salute in fabbrica e sul territorio.
Per questo lo scontro è con padron Riva, il sistema del capitale, Stato e
governo. Ed esso non deve fare il gioco di queste controparti e dei
loro piani immediati e futuri.
Questo scontro si può fare se gli operai restano in fabbrica, se la
fabbrica diventa la roccaforte della classe operaia in questa lotta, se
le masse popolari si uniscono alla classe operaia e alzano il tiro della
loro battaglia per ottenere risultati immediati e futuri reali.
Dietro ogni quotidiana vicenda di questa lotta si cela la sostanza di
questo scontro. Se si comprende questo punto, diventa facile leggere le
posizioni reali esistenti nella fabbrica e nella città, e si può
giudicare con sufficiente chiarezza e autonomia di pensiero e di azione,
forza e limite delle realtà organizzate di parte operaia e proletaria,
popolare e cittadina che stanno agendo nello scenario di Taranto.
Questo scontro si vince con le masse, operaie innanzitutto. Per questo
sono gli orientamenti e l'azione di massa il fattore decisivo. Gli
operai si muovono a livello di massa quando effettivamente le questioni
toccano tutti e non ci sono nè prediche moraliste nè avanguardismo, per
quanto bene intenzionati, che possano rimuovere questo dato di fatto. Le
prossime due settimane che possono produrre eventi gravi, quali la
cassintegrazione straordinaria di massa e il non pagamento dei salari,
con la conseguente reazione operaia, possono effettivamente essere
giorni decisivi di questa vicenda.
Gli operai nella loro lotta non possono nè devono avere limiti, se non
quelli dettati dai rapporti di forza reali e dalla esigenza di unire il
fronte di lotta per isolare i loro reali nemici. Questo è stato sempre
così nella lotta di classe, da Spartaco fino ai giorni nostri. Solo
degli idioti confusi possono pensarla diversamente. Idiozia che fa
diventare "i soliti idioti" e confusione che si trasforma in divisione
al servizio sempre e solo del padrone.
Per questo la proposta politica e sindacale di classe è quella del
blocco della fabbrica e della città, e dell'utilizzo della forza per
imporre gli interessi operai e popolari al fronte unito del nemico di
classe.
Gli operai dell'Ilva e le masse popolari di Taranto in parte sanno e in
parte devono comprendere che questa è una battaglia che ha a Taranto il
suo scenario principale, ma che ha come elemento secondario importante
la dimensione nazionale e, per cui, devono portare questo scontro a
livello nazionale.
In questo senso una manifestazione nazionale a Roma può essere utile e
necessaria e deve chiamare a raccolta nella battaglia di Taranto tutte
le forze nazionali, piccole o grandi che siano, che sono dalla parte
degli operai e delle masse popolari di Taranto a difesa del lavoro e
della salute, ma non solo, anche dei diritti e degli interessi degli
operai e delle masse contro il capitale, il suo Stato e i suoi gioverni.
Queste forze, inoltre, possono e devono essere chiamati a raccolta in
una manifestazione nazionale a Taranto che abbia al centro l'Ilva e il
quartiere principale - Tamburi - dell'emergenza tumori e morti da
inquinamento, in tempi ravvicinati e adeguatamente preparata, per
incidere nello scontro in atto.
Per raggiungere questi due obiettivi sono necessari in questo momento gli strumenti adatti.
A Taranto serve l'unità degli operai d'avanguardia, già attivi e
combattivi, che possano insieme essere punto di riferimento per tutti
gli operai in fabbrica per sottrarli al padrone e al suo braccio
operativo in fabbrica, l'apparato sindacale confederale. A questo serve
un presidio anche permanente, non di una sigla sindacale ma degli operai
attivi, dei cassintegrati che sono già fuori dalla fabbrica, perchè
agiscano da punto di riferimento della mobilitazione a Taranto come
della eventuale manifestazione a Roma.
Chi mette cappelli- che nel caso dei sindacati di base, si tratta di
'cappellini'- in forme egemoniche e propagandistiche e impone parole
d'ordini non adeguate all'unità di classe possibile nella fase attuale
di questo scontro, fa danni, non è una soluzione ma una parte del
problema.
Chi sottrae con mille pretesti una parte degli operai combattivi da
questa funzione quotidiana in fabbrica e in particolare in queste ore,
indebolisce la possibilità di far esprimere la democrazia e la forza
degli operai uniti, e di trattare correttamente la contraddizione tra
operai che si vogliono muovere indipendentemente dalla tessera sindacali
e sindacati confederali che li vogliono tenere fermi o sotto la propria
cappella che è poi quella di padroni, Stato e governi.
Bloccare la fabbrica e andare in massa a Roma sono l'una al servizio
dell'altra. E' solo così che servono. Altrimenti si alimentano illusioni
che lasceranno gli operai con un pugno di mosche in mano, con
conseguente sfiducia e delusioni che faranno il gioco del padrone.
Sul piano cittadino è fondamentale chiamare tutta la città a mobilitarsi
con tutti gli operai, paralizzando in una emergenza che imponga alla
controparte risposte all'altezza di questa emergenza di lavoro e salute.
Ciò richiede un blocco generale, anche prolungato se necessario della
città, in cui alimentare l'unità e non le contrapposizioni, alimentare
la partecipazione al blocco e non una situazione del tipo: chi blocca e
chi sta a guardare e si lamenta. Serve molto più una mobilitazione di
questa natura per risolvere la questione a favore di operai e masse
popolari cittadine che marce pacifiche del sabato sera. Chi contrasta
questa linea qualunque siano le sue ragioni agisce da ostacolo degli
operai e delle masse, da nuovo "truffapopolo" che si aggiunge ai vecchi
che hanno portato la situazione a questo punto.
Sul piano nazionale, alla manifestazione a Roma, possibile nei prossimi
giorni, è necessario che tutte le forze rappresentative possano
parteciparvi. Ma questa manifestazione non può essere limitata al fatto
di avere la garanzia di un mese di salario e il finanziamento degli
ammortizzatori sociali, per "cavare le castagne dal fuoco" ai nemici
degli operai e delle masse, come vogliono realmente i dirigenti
sindacali confederali a livello nazionale e locale; ma per imporre le
richieste reali degli operai e delle masse già presenti in varie forme
nella lotta:
i cassintegrati devono rientrare non aumentare
la fabbrica deve rimanere
aperta con gli operai dentro
per essere messa realmente a norma in forme
accellerate
gli stipendi devono essere pagati
i fondi e beni di padron
riva requisiti
i fondi dello stato per la bonifica della città a partire dal
quartiere
tamburi devono essere fortemente aumentati e operai e cittadini
risarciti
Ma blocco della città e manifestazione nazionale sono risposte immediate
per imporre una sterzata allo scontro non ancora per risolverlo, perchè
questo domanda necessariamente, visti i problemi, una lotta prolungata
che non può non passare da diverse tappe. E nel quadro di questa lotta
prolungata, qualunque siano gli sviluppi dei prossimi giorni e
settimane, è necessaria, come abbiamo già detto, una manifestazione
nazionale a Taranto che segni una tappa di questa battaglia.
La promozione di questa manifestazione domanda che essa sia non di una
sigla sindacale o semplicemente di un comitato locale ma di una rete
nazionale che possa rappresentare le varie realtà e anime del movimento
nelle fabbriche e nel territorio a difesa della sicurezza e salute a
livello nazionale.
Vi sono state precedenti manifestazioni, in occasione della strage della
Thyssen a Torino e a Taranto il 18 aprile 2009, che, se pur non davvero
grandi come sarebbe stato necessario, hanno indicato la forma con cui
oggi questa manifestazione si può realizzare: con il protagonismo attivo
di quelle strutture di lavoratori, familiari, esperti, comitati che
sono già impegnati in diverse città italiane.
Noi pensiamo che una rete di questo tipo possa e debba convocare questa manifestazione a Taranto.
La Rete nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro e
territori ha già tenuto un'assemblea nazionale a Taranto il 7 dicembre
scorso che ha permesso che punti di vista si siano confrontati e uniti, e
ora sta sviluppando una campagna nazionale con questo metodo. Ma siamo
ben consapevoli che tutti devono potere promuovere e partecipare a
questa manifestazione. E devono poterlo fare con libertà di pensiero e
di azione, senza qualunquismi e veti di chicchessia, ma mettendoci la
propria faccia organizzata di uomini,sigle,bandiere,parole d'ordini e
proposte e dando così il proprio contributo alla battaglia.
A questa manifestazione è necessario e indispensabile arrivare, in tempi
adeguati di preparazione, ma che possa incidere qui ed ora nello
scontro in atto.
OPERAI IN FABBRICA PADRONI IN GALERA!
BASTA CON LE MORTI SUL LAVORO, DA LAVORO E DA INQUINAMENTO!
NOCIVO E' IL CAPITALE NON LA FABBRICA!
TARANTO LIBERA NELLE MANI DEGLI OPERAI E DELLE MASSE POPOLARI UNITE E IN
LOTTA CONTRO PADRONI, STATO, GOVERNI, PER UNA DIFESA REALE DEL LAVORO,
SALARI, SICUREZZA, SALUTE E AMBIENTE!
slai cobas per il sindacato di classe Ilva
slaicobasta@gmail.com
347-5301704
27 gennaio 2013