CONTE
Un saluto a tutti in particolare a quei
compagni, di Bergamo, Palermo, con cui non ci vedevamo da un pò. Si
sa che spesso le strade si dividono, per diverse ragioni, ma il
cammino che ci ha portato a lottare insieme e su cui ci siamo
conosciuti durante i primi anni '90 resta quello che seguiamo tutti.
Mi battevo allora e ancora mi batto per
le ragioni dei lavoratori e soprattutto, in questo momento, sulle
questioni ambientali, e in questa assemblea si intersecano sia le
questioni dei lavoratori che quelle dell’ambiente che nel nostro
territorio sono diventate un’emergenza.
L’intervento del compagno dell’Ilva
mi ha fatto rivivere alcuni momenti che abbiamo vissuto all’interno
della Belleli, dove ai primi anni ’90 fondammo il primo cobas di
fabbrica a Taranto. Anche alla Belleli c’erano dei sindacati
confederali molto forti che non davano molto spazio alla difesa dal
basso dei diritti dei lavoratori. Già allora avevamo tanti problemi
sulle questioni della sicurezza, del salario - per questo facemmo il
Cobas - ma se paragoniamo la situazione nostra di allora a quella
degli operai Ilva di oggi, il confronto fa rabbrividire.
La situazione all’Ilva è esemplare.
Nel ’95, sotto l’allora presidente del Consiglio Dini, si regalò
a Riva lo stabilimento di Taranto, per una cifra che oggi sarebbe
circa 800 milioni di euro, una miseria, e, quel che è peggio, il
salario operaio da allora non è aumentato quasi per niente.
Non solo al privato viene regalata
l’Ilva, ma quando arriva si riprende dai lavoratori tutto quello
che avevano conquistato nei precedenti anni di lotte, trovando la
piena collaborazione dei sindacati confederali, che accentuarono
ancora di più il loro atteggiamento di collaborazione col padrone.
Un esempio per tutti: sull’orario di
lavoro dei normalisti. I lavoratori dell’allora Italsider avevano
conquistato il diritto a timbrare l’entrata e l’uscita ai
cancelli, una 20 di minuti prima di arrivare in reparto e 30-40
minuti dopo che l’avevano lasciato, avendo il tempo di cambiarsi e
fare la doccia, tempo che era incluso nell’orario di lavoro. Riva
impose invece la timbratura in entrata e in uscita già in reparto
riprendendosi a costo zero quel tempo e prolungando di fatto l’orario
di lavoro di un’ora secca!
Se il sindacato volesse davvero
riprendere la difesa dei lavoratori, ecco che questa sarebbe una
delle prime questioni da cui partire.
È solo un esempio per far capire che
cosa è successo in quella fabbrica. Un altro esempio: la palazzina
LAF, il reparto confino per cui Riva è stato condannato per mobbing
fino all’ultimo grado di giudizio, con condanna a 1 anno e 2 mesi.
Questa azienda aveva messo su tutto un
sistema che in questi giorni le inchieste stanno drammaticamente
portando alla luce. Un sistema che ruotava intorno alla figura del
dott. Archinà, un personaggio che anch’io ho conosciuto nel
periodo in cui sono stato amministratore al Comune di Statte e in cui
questo signore era di casa al Municipio di Statte. Infatti le
discariche di rifiuti speciali Ilva insistono tutte sul territorio
del Comune di Statte, come anche una parte dello stabilimento, e sono
discariche che io ho denunciato essere completamente fuori controllo,
dove non si rispetta nessuna prescrizione, dove ci sono aree da anni
sotto sequestro.
Dunque l’Archinà quasi tutti giorni
si aggirava nei corridoi del Comune, per avere garanzie di continuare
a gestire quelle discariche fuori controllo da quella parte politica
che oggi l’inchiesta sta portando bene alla luce. Ma non solo il
Comune di Statte è stato coinvolto nel sistema Riva-Archinà, credo
che lo stesso Palazzo di giustizia ne sia stato inquinato, a partire
dagli avvocati fino ai magistrati, non si spiegherebbe perché,
altrimenti, per anni tutti i ricorsi e le cause intentati dai
lavoratori sono stati regolarmente persi.
Dunque era tutto un sistema con cui
erano collusi sindacati e istituzioni senza esclusioni, e che oggi in
parte sta venendo alla luce.
Dall’altra parte c’è una città
oggi profondamente divisa, se ne è avuta un’idea anche dagli
interventi che mi hanno preceduto. Una città in cui, come già
detto, si vive una vera emergenza sanitaria. Non solo per la
dimensione della devastazione dell’ambiente e del danno alla salute
della gente che vi abita, ma anche per la carenza di strutture
sanitarie sullo stesso territorio, dove diversi reparti e ospedali
sono stati recentemente chiusi.
Su questo si è pronunciato il
presidente della repubblica, che secondo me recita a soggetto: il
giorno prima firma il decreto Salva-Riva, il giorno dopo dice che la
sanità non può essere un lusso per i cittadini italiani. Venga a
Taranto e vedere se la sanità è un lusso o no per i tarantini!
Nelle scorse settimane è venuto in
città il ministro della Sanità e ha presentato lo studio
epidemiologico che dimostra la relazione tra inquinamento e patologie
presenti sul nostro territorio. Quello studio dice che il picco di
malattie si avrà nel 2020, ma già oggi le patologie legate
all’amianto sono aumentate del 400%. Se consideriamo che tutto
l’amianto smaltito all’interno per le bonifiche dopo il ’92 è
stato stoccato nelle discariche speciali che dicevo prima, da cui
quando c’è vento forte si alza una nube che investe lo
stabilimento, il quartiere Tamburi, Statte e tutta la città di
Taranto, si capisce bene che pericolo siano quelle polveri.
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