giovedì 24 gennaio 2013

Assemblea Nazionale Rete Sicurezza - 7° Parte Intervento Conte Operaio ex Belleli

CONTE

Un saluto a tutti in particolare a quei compagni, di Bergamo, Palermo, con cui non ci vedevamo da un pò. Si sa che spesso le strade si dividono, per diverse ragioni, ma il cammino che ci ha portato a lottare insieme e su cui ci siamo conosciuti durante i primi anni '90 resta quello che seguiamo tutti.
Mi battevo allora e ancora mi batto per le ragioni dei lavoratori e soprattutto, in questo momento, sulle questioni ambientali, e in questa assemblea si intersecano sia le questioni dei lavoratori che quelle dell’ambiente che nel nostro territorio sono diventate un’emergenza.
L’intervento del compagno dell’Ilva mi ha fatto rivivere alcuni momenti che abbiamo vissuto all’interno della Belleli, dove ai primi anni ’90 fondammo il primo cobas di fabbrica a Taranto. Anche alla Belleli c’erano dei sindacati confederali molto forti che non davano molto spazio alla difesa dal basso dei diritti dei lavoratori. Già allora avevamo tanti problemi sulle questioni della sicurezza, del salario - per questo facemmo il Cobas - ma se paragoniamo la situazione nostra di allora a quella degli operai Ilva di oggi, il confronto fa rabbrividire.

La situazione all’Ilva è esemplare. Nel ’95, sotto l’allora presidente del Consiglio Dini, si regalò a Riva lo stabilimento di Taranto, per una cifra che oggi sarebbe circa 800 milioni di euro, una miseria, e, quel che è peggio, il salario operaio da allora non è aumentato quasi per niente.
Non solo al privato viene regalata l’Ilva, ma quando arriva si riprende dai lavoratori tutto quello che avevano conquistato nei precedenti anni di lotte, trovando la piena collaborazione dei sindacati confederali, che accentuarono ancora di più il loro atteggiamento di collaborazione col padrone.
Un esempio per tutti: sull’orario di lavoro dei normalisti. I lavoratori dell’allora Italsider avevano conquistato il diritto a timbrare l’entrata e l’uscita ai cancelli, una 20 di minuti prima di arrivare in reparto e 30-40 minuti dopo che l’avevano lasciato, avendo il tempo di cambiarsi e fare la doccia, tempo che era incluso nell’orario di lavoro. Riva impose invece la timbratura in entrata e in uscita già in reparto riprendendosi a costo zero quel tempo e prolungando di fatto l’orario di lavoro di un’ora secca!
Se il sindacato volesse davvero riprendere la difesa dei lavoratori, ecco che questa sarebbe una delle prime questioni da cui partire.
È solo un esempio per far capire che cosa è successo in quella fabbrica. Un altro esempio: la palazzina LAF, il reparto confino per cui Riva è stato condannato per mobbing fino all’ultimo grado di giudizio, con condanna a 1 anno e 2 mesi.
Questa azienda aveva messo su tutto un sistema che in questi giorni le inchieste stanno drammaticamente portando alla luce. Un sistema che ruotava intorno alla figura del dott. Archinà, un personaggio che anch’io ho conosciuto nel periodo in cui sono stato amministratore al Comune di Statte e in cui questo signore era di casa al Municipio di Statte. Infatti le discariche di rifiuti speciali Ilva insistono tutte sul territorio del Comune di Statte, come anche una parte dello stabilimento, e sono discariche che io ho denunciato essere completamente fuori controllo, dove non si rispetta nessuna prescrizione, dove ci sono aree da anni sotto sequestro.
Dunque l’Archinà quasi tutti giorni si aggirava nei corridoi del Comune, per avere garanzie di continuare a gestire quelle discariche fuori controllo da quella parte politica che oggi l’inchiesta sta portando bene alla luce. Ma non solo il Comune di Statte è stato coinvolto nel sistema Riva-Archinà, credo che lo stesso Palazzo di giustizia ne sia stato inquinato, a partire dagli avvocati fino ai magistrati, non si spiegherebbe perché, altrimenti, per anni tutti i ricorsi e le cause intentati dai lavoratori sono stati regolarmente persi.
Dunque era tutto un sistema con cui erano collusi sindacati e istituzioni senza esclusioni, e che oggi in parte sta venendo alla luce.
Dall’altra parte c’è una città oggi profondamente divisa, se ne è avuta un’idea anche dagli interventi che mi hanno preceduto. Una città in cui, come già detto, si vive una vera emergenza sanitaria. Non solo per la dimensione della devastazione dell’ambiente e del danno alla salute della gente che vi abita, ma anche per la carenza di strutture sanitarie sullo stesso territorio, dove diversi reparti e ospedali sono stati recentemente chiusi.
Su questo si è pronunciato il presidente della repubblica, che secondo me recita a soggetto: il giorno prima firma il decreto Salva-Riva, il giorno dopo dice che la sanità non può essere un lusso per i cittadini italiani. Venga a Taranto e vedere se la sanità è un lusso o no per i tarantini!
Nelle scorse settimane è venuto in città il ministro della Sanità e ha presentato lo studio epidemiologico che dimostra la relazione tra inquinamento e patologie presenti sul nostro territorio. Quello studio dice che il picco di malattie si avrà nel 2020, ma già oggi le patologie legate all’amianto sono aumentate del 400%. Se consideriamo che tutto l’amianto smaltito all’interno per le bonifiche dopo il ’92 è stato stoccato nelle discariche speciali che dicevo prima, da cui quando c’è vento forte si alza una nube che investe lo stabilimento, il quartiere Tamburi, Statte e tutta la città di Taranto, si capisce bene che pericolo siano quelle polveri.

Nessun commento:

Posta un commento