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Intervento dello Slai Cobas Ilva
La situazione all'Ilva è chiaramente
in questa fase determinata dal decreto del Governo Monti-Clini
salva-Riva. Esso è un aperto diktat
verso i lavoratori e le masse popolari di Taranto a difesa di
padron Riva, dei suoi profitti, è un
via libera a produrre come ha fatto finora, lasciando la gestione
nelle mani di chi è agli arresti
domiciliari o latitante. Il decreto diventa così una sorta di
condono ai Riva. Il governo invece di
perseguire Riva lo premia; è come se ad un ladro che deve restituire
ciò che ha rubato, gli si consenta di continuare a rubare per fare i
soldi necessari alla restituzione del malloppo.
La nomina di un Garante che deve solo
segnalare al presidente del consiglio e ai ministri competenti
“eventuali criticità” e al massimo
fare proposte, ma non ha alcun potere interdittivo o di prescrizione
– tra l'altro una persona che verrà ben pagata, 200mila euro lordi
l’anno – non solo non costituisce una “garanzia” ma è
anch'esso un provvedimento anomalo: perché incaricare una persona,
quando esistono gli Enti di controllo e di intervento preposti: Asl,
Ispettorato del Lavoro? Forse perchè questi potrebbero non essere
sempre così ligi ai diktat dello Stato?
Il decreto, né tantomeno l’Aia,
nulla dice sui livelli di produzione record dello stabilimento Ilva
di Taranto, nonostante che il grado di ipersfruttamento degli
impianti, la maggiorparte già vecchi, che hanno portato al record di
10milioni medi di t/a di produzione, con conseguente
supersfruttamento degli operai che hanno dovuto lavorare con ritmi
intensi, in condizioni di insicurezza e di rischio per la salute, ha
un nesso dimostrato con i livelli di inquinamento.
Secondo Clini, Passera e Monti,
dovrebbe dare garanzia, la minaccia contenuta nel decreto di un’
eventuale adozione di provvedimenti di
amministrazione straordinaria. Ma Passera poi spiega che “le norme
di amministrazione controllata potrebbero togliere enorme valore alla
proprietà, il suo bene si depaupera e si arriva fino al punto di
perderne il controllo”. Certo Riva potrebbe perdere la proprietà
dell’Ilva ma lo stabilimento che lascerebbe sarebbe “depauperato”
e quindi con un valore quasi nullo. Chi se lo prenderebbe a questo
punto?
Questo decreto, quindi, è contro una
messa a norma della fabbrica che metta in discussione la libertà di
produrre, e contro la bonifica ambientale, perchè aver dichiarato lo
stabilimento di Taranto di rilievo strategico nazionale, vuol dire
che ogni intervento se in contrasto con gli interessi strategici
nazionali, non va fatto e andrà bloccato. Questo decreto crea un
precedente pericoloso anche per altre fabbriche.
La premessa di questo decreto è la
salvaguardia dell'economia dei padroni e, attenzione, la questione
dell'ordine pubblico, di impedire, cioè, con l'intervento
dittatoriale del governo che si sviluppi una lotta in fabbrica e
fuori che metta in discussione effettivamente gli interessi nazionali
e
internazionali di padron Riva e dello
Stato dei padroni.
Ciò che il decreto infatti stabilisce
è un lavoro forzato, in una fabbrica resa franca da norme e
diritti, ci mancherà che tra poco
entri in Ilva l'esercito per imporre la produzione ad ogni costo.
In nome di questa “libertà”
verranno impediti sia interventi della magistratura, ma anche lotte,
scioperi, proteste degli operai. Gli
operai sono fantasmi se lavorano e non pretendono; sono un
“problema di ordine pubblico”, se
protestano e rivendicano diritti. Questa situazione inevitabilmente
non farà che peggiorare il clima di insicurezza tra gli operai, che
in uno stabilimento come l’Ilva, si traduce immediatamente in
insicurezza della propria salute e vita.
Ma nello stesso tempo governo, Stato e
padroni, con questo decreto si sono creati un grosso problema.
Perchè, se ogni minima rivendicazione di diritti viene visto come un
rischio, un problema di ordine pubblico, allora ogni rivendicazione
di diritti, sia per la salute, per il lavoro, per l'ambiente DEVE
essere un problema di ordine pubblico! Questo devono comprendere gli
operai, e anche le masse popolari di Taranto. Questo potrà far
cadere sui piedi di governo, padron Riva, Stato la pietra che hanno
sollevato.
A Taranto si gioca un pezzo di storia
importante del nostro paese, nello scontro tra capitale e lavoro,
tra difesa degli interessi dei padroni
e difesa degli interessi dei operai e delle masse.
Il decreto riconsegna di fatto la
fabbrica nelle mani dei sindacati confederali. La Fim (che ha detto:
“il decreto è una giusta soluzione... L’azienda è un grande
gruppo che ha le giuste garanzie…”), e la Uilm (che ha detto:
“credo che occorra dare tempo a questa o a un’altra azienda per
ottemperare alle
prescrizioni…”) si sono subito
schierati a sostegno del decreto. Il segretario della Fiom, invece ha
fatto lo spirito ad un funerale:
“L’Ilva non avrà più scusanti, i lavori per il risanamento
ambientale
potranno essere finalmente realizzati e
nel più breve tempo possibile...”.
Chiamarli ancora “sindacati” è
assolutamente improprio.
La preoccupazione della Uilm e della
Fim in questa fase sono le perdite che il sequestro dei prodotti
sta provocando all'azienda, e subito
hanno dato prova del loro impegno firmando una cassintegrazione, che
ha una giustificazione solo come ulteriore ricatto/pressione verso il
governo da parte di Riva per avere di più. La Fiom fa molte
chiacchiere, alte dichiarazioni, ma mai che chiami a mezza
mobilitazione contro i piani di Riva.
Noi dello slai cobas per il sindacato
di classe siamo, possiamo dire, il sindacato “contro i
sindacati”! Lo slai cobas è
l'opposizione storica in fabbrica, ha offerto il terreno per
l'alternativa, nessun operaio può non ammettere che se avessero
avuto il coraggio di costruire un grande cobas dentro la fabbrica,
non saremmo arrivati a questa situazione. Questa alternativa, benchè
più di 1000 operai hanno firmato per l'entrata dello slai cobas e
l'anticipo delle Rsu - ancora non si è consolidata e gli operai sono
arrivati allo scontro attuale in condizioni di debolezza, confusi.
Il No operaio alla chiusura dell’Ilva
e il ricatto produttivo di Riva e del Governo Monti sono due cose
opposte, e servono interessi opposti. Sono gli operai dell’Ilva che
negli anni passati hanno lottato, quasi sempre da soli, per la difesa
della salute, della sicurezza, dell’ambiente, che oggi, quando
lottano, sono la “garanzia” per gli abitanti di Taranto.
Gli operai il 27 novembre quando hanno
occupato lo stabilimento e invaso la direzione aziendale, con i
dirigenti di Fim, Fiom e Uilm che stavano dentro e non con gli
operai, gli operai del Mof con il lungo sciopero e presidio, isolati
e contrastati dai sindacati confederali, gli operai degli altri
reparti che hanno scioperato al fianco dei loro compagni rischiando
il posto di lavoro, hanno nei fatti posto una parola decisiva a
questa situazione, sia pur ancora tutta da consolidare. In queste
lotte, nelle forme di autorganizzazione che si sono manifestate sono
emersi percorsi diversi e anche settori differenti di operai che
vanno uniti, operai in dissenso con i propri sindacati, operai che
via via prendono coscienza, ex attivisti sindacali, operai ribelli.
Il percorso può essere differente ma i
lavoratori devono essere uniti in un solo sindacato di classe.
Il MOF ha indicato la strada per la
messa in sicurezza, ma è il rifiuto del lavoro a rischio che
bisogna praticare, utilizzando anche la
legge. Ma e non delegando alla magistratura o agli Enti. Ogni
aspetto, oggi più che mai è interno ad una guerra dichiarata da
padron Riva e governo.
Il 27 per questo è stato importante.
Ma dopo? Ora chi si ferma è perduto. Poi non si può gridare: “I
padroni della fabbrica siamo noi” e poi sprecare l'occupazione
della direzione, l'imposizione al direttore Buffo di venire a parlare
dal camion degli operai 'liberi e pensanti' per poi richiedere le
visite mediche e obiettivi minimalisti.
Lo slai cobas lavora per l'unità di
questi percorsi e settori di operai nella battaglia per il sindacato
di
classe nelle mani degli operai. Ma in
questo non solo si trova da solo, ma deve scontrarsi con personalismo
di alcune avanguardie, con discorsi qualunquisti degli operai del
Comitato Liberi e pensanti contro l'organizzazione sindacale tout
court: “tutti i sindacati sono uguali, nessun sindacato”; con
ragionamenti dell'Usb guarda solo alla propria struttura e questa va
avanti se ha i soldi.
Questo oggi è il problema, il nodo
principale all'Ilva per rispondere adeguatamente alla situazione.
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