venerdì 18 gennaio 2013

Assemblea Nazionale Rete Sicurezza - 1° Parte Intervento dello Slai Cobas Ilva

Pubblichiamo gli interventi di Taranto all'Assemblea Nazionale della Rete per la Sicurezza sui posti di lavoro,tenutasi a Taranto il 7 Dicembre 2012 il dossier completo si può richiedere a :
bastamortesullavoro@domeus.it o telefonare al 349-0668610

Intervento dello Slai Cobas Ilva

La situazione all'Ilva è chiaramente in questa fase determinata dal decreto del Governo Monti-Clini
salva-Riva. Esso è un aperto diktat verso i lavoratori e le masse popolari di Taranto a difesa di
padron Riva, dei suoi profitti, è un via libera a produrre come ha fatto finora, lasciando la gestione
nelle mani di chi è agli arresti domiciliari o latitante. Il decreto diventa così una sorta di
condono ai Riva. Il governo invece di perseguire Riva lo premia; è come se ad un ladro che deve restituire ciò che ha rubato, gli si consenta di continuare a rubare per fare i soldi necessari alla restituzione del malloppo.
La nomina di un Garante che deve solo segnalare al presidente del consiglio e ai ministri competenti
“eventuali criticità” e al massimo fare proposte, ma non ha alcun potere interdittivo o di prescrizione – tra l'altro una persona che verrà ben pagata, 200mila euro lordi l’anno – non solo non costituisce una “garanzia” ma è anch'esso un provvedimento anomalo: perché incaricare una persona, quando esistono gli Enti di controllo e di intervento preposti: Asl, Ispettorato del Lavoro? Forse perchè questi potrebbero non essere sempre così ligi ai diktat dello Stato?
Il decreto, né tantomeno l’Aia, nulla dice sui livelli di produzione record dello stabilimento Ilva di Taranto, nonostante che il grado di ipersfruttamento degli impianti, la maggiorparte già vecchi, che hanno portato al record di 10milioni medi di t/a di produzione, con conseguente supersfruttamento degli operai che hanno dovuto lavorare con ritmi intensi, in condizioni di insicurezza e di rischio per la salute, ha un nesso dimostrato con i livelli di inquinamento.
Secondo Clini, Passera e Monti, dovrebbe dare garanzia, la minaccia contenuta nel decreto di un’
eventuale adozione di provvedimenti di amministrazione straordinaria. Ma Passera poi spiega che “le norme di amministrazione controllata potrebbero togliere enorme valore alla proprietà, il suo bene si depaupera e si arriva fino al punto di perderne il controllo”. Certo Riva potrebbe perdere la proprietà dell’Ilva ma lo stabilimento che lascerebbe sarebbe “depauperato” e quindi con un valore quasi nullo. Chi se lo prenderebbe a questo punto?
Questo decreto, quindi, è contro una messa a norma della fabbrica che metta in discussione la libertà di produrre, e contro la bonifica ambientale, perchè aver dichiarato lo stabilimento di Taranto di rilievo strategico nazionale, vuol dire che ogni intervento se in contrasto con gli interessi strategici nazionali, non va fatto e andrà bloccato. Questo decreto crea un precedente pericoloso anche per altre fabbriche.
La premessa di questo decreto è la salvaguardia dell'economia dei padroni e, attenzione, la questione dell'ordine pubblico, di impedire, cioè, con l'intervento dittatoriale del governo che si sviluppi una lotta in fabbrica e fuori che metta in discussione effettivamente gli interessi nazionali e
internazionali di padron Riva e dello Stato dei padroni.
Ciò che il decreto infatti stabilisce è un lavoro forzato, in una fabbrica resa franca da norme e
diritti, ci mancherà che tra poco entri in Ilva l'esercito per imporre la produzione ad ogni costo.
In nome di questa “libertà” verranno impediti sia interventi della magistratura, ma anche lotte,
scioperi, proteste degli operai. Gli operai sono fantasmi se lavorano e non pretendono; sono un
“problema di ordine pubblico”, se protestano e rivendicano diritti. Questa situazione inevitabilmente non farà che peggiorare il clima di insicurezza tra gli operai, che in uno stabilimento come l’Ilva, si traduce immediatamente in insicurezza della propria salute e vita.

Ma nello stesso tempo governo, Stato e padroni, con questo decreto si sono creati un grosso problema. Perchè, se ogni minima rivendicazione di diritti viene visto come un rischio, un problema di ordine pubblico, allora ogni rivendicazione di diritti, sia per la salute, per il lavoro, per l'ambiente DEVE essere un problema di ordine pubblico! Questo devono comprendere gli operai, e anche le masse popolari di Taranto. Questo potrà far cadere sui piedi di governo, padron Riva, Stato la pietra che hanno sollevato.
A Taranto si gioca un pezzo di storia importante del nostro paese, nello scontro tra capitale e lavoro,
tra difesa degli interessi dei padroni e difesa degli interessi dei operai e delle masse.

Il decreto riconsegna di fatto la fabbrica nelle mani dei sindacati confederali. La Fim (che ha detto: “il decreto è una giusta soluzione... L’azienda è un grande gruppo che ha le giuste garanzie…”), e la Uilm (che ha detto: “credo che occorra dare tempo a questa o a un’altra azienda per ottemperare alle
prescrizioni…”) si sono subito schierati a sostegno del decreto. Il segretario della Fiom, invece ha
fatto lo spirito ad un funerale: “L’Ilva non avrà più scusanti, i lavori per il risanamento ambientale
potranno essere finalmente realizzati e nel più breve tempo possibile...”.
Chiamarli ancora “sindacati” è assolutamente improprio.
La preoccupazione della Uilm e della Fim in questa fase sono le perdite che il sequestro dei prodotti
sta provocando all'azienda, e subito hanno dato prova del loro impegno firmando una cassintegrazione, che ha una giustificazione solo come ulteriore ricatto/pressione verso il governo da parte di Riva per avere di più. La Fiom fa molte chiacchiere, alte dichiarazioni, ma mai che chiami a mezza mobilitazione contro i piani di Riva.

Noi dello slai cobas per il sindacato di classe siamo, possiamo dire, il sindacato “contro i
sindacati”! Lo slai cobas è l'opposizione storica in fabbrica, ha offerto il terreno per l'alternativa, nessun operaio può non ammettere che se avessero avuto il coraggio di costruire un grande cobas dentro la fabbrica, non saremmo arrivati a questa situazione. Questa alternativa, benchè più di 1000 operai hanno firmato per l'entrata dello slai cobas e l'anticipo delle Rsu - ancora non si è consolidata e gli operai sono arrivati allo scontro attuale in condizioni di debolezza, confusi.
Il No operaio alla chiusura dell’Ilva e il ricatto produttivo di Riva e del Governo Monti sono due cose opposte, e servono interessi opposti. Sono gli operai dell’Ilva che negli anni passati hanno lottato, quasi sempre da soli, per la difesa della salute, della sicurezza, dell’ambiente, che oggi, quando lottano, sono la “garanzia” per gli abitanti di Taranto.
Gli operai il 27 novembre quando hanno occupato lo stabilimento e invaso la direzione aziendale, con i dirigenti di Fim, Fiom e Uilm che stavano dentro e non con gli operai, gli operai del Mof con il lungo sciopero e presidio, isolati e contrastati dai sindacati confederali, gli operai degli altri reparti che hanno scioperato al fianco dei loro compagni rischiando il posto di lavoro, hanno nei fatti posto una parola decisiva a questa situazione, sia pur ancora tutta da consolidare. In queste lotte, nelle forme di autorganizzazione che si sono manifestate sono emersi percorsi diversi e anche settori differenti di operai che vanno uniti, operai in dissenso con i propri sindacati, operai che via via prendono coscienza, ex attivisti sindacali, operai ribelli.
Il percorso può essere differente ma i lavoratori devono essere uniti in un solo sindacato di classe.
Il MOF ha indicato la strada per la messa in sicurezza, ma è il rifiuto del lavoro a rischio che
bisogna praticare, utilizzando anche la legge. Ma e non delegando alla magistratura o agli Enti. Ogni aspetto, oggi più che mai è interno ad una guerra dichiarata da padron Riva e governo.
Il 27 per questo è stato importante. Ma dopo? Ora chi si ferma è perduto. Poi non si può gridare: “I padroni della fabbrica siamo noi” e poi sprecare l'occupazione della direzione, l'imposizione al direttore Buffo di venire a parlare dal camion degli operai 'liberi e pensanti' per poi richiedere le visite mediche e obiettivi minimalisti.
Lo slai cobas lavora per l'unità di questi percorsi e settori di operai nella battaglia per il sindacato di
classe nelle mani degli operai. Ma in questo non solo si trova da solo, ma deve scontrarsi con personalismo di alcune avanguardie, con discorsi qualunquisti degli operai del Comitato Liberi e pensanti contro l'organizzazione sindacale tout court: “tutti i sindacati sono uguali, nessun sindacato”; con ragionamenti dell'Usb guarda solo alla propria struttura e questa va avanti se ha i soldi.
Questo oggi è il problema, il nodo principale all'Ilva per rispondere adeguatamente alla situazione.

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