sabato 31 maggio 2025

Palestina Regione - una buona notizia frutto della mobilitazione - proseguiamo il 2 giugno

 Una buona notizia il consiglio regionale approva lo stop ai rapporti con Israele fin che dura l’operazione genocida. 

E'  una decisione tardiva e limitata ma buona - abbiamo fatto diverse manifestazioni a Bari per questo - l’ultima il primo maggio - ed è quindi una vittoria parziale di questa mobilitazione. Dobbiamo ora più che mai intensificare la mobilitazione a Taranto, a Bari ovunque 

Ora 2 giugno Taranto ore 10 lungomare nei pressi ammiragliato
 - con la Palestina, contro riarmo e decreto sicurezza
 
 
La Puglia è la prima Regione italiana a boicottare Israele. Il Presidente Michele Emiliano ha sollecitato tutti i dirigenti e dipendenti dell’amministrazione regionale, comprese agenzie e società partecipate, «ad interrompere ogni rapporto di qualunque natura con i rappresentanti istituzionali» del Governo Netanyahu «e con tutti quei soggetti ad esso riconducibili che non siano apertamente e dichiaratamente motivati dalla volontà di organizzare iniziative per far cessare il massacro dei palestinesi nella striscia di Gaza».
Nella comunicazione, Emiliano denuncia espressamente «il genocidio di inermi palestinesi». Si sottolinea che «questa è una posizione che viene assunta nei confronti del Governo Netanyahu, non del popolo israeliano. Sono infatti tantissimi israeliani ed ebrei di tutto il mondo che stanno condannando» l’operato dell’esecutivo di Tel Aviv.
L’annuncio del Presidente regionale segue un ordine del giorno approvato in Consiglio comunale, a Bari, che ribadisce che «l'amministrazione dichiara non gradita, anche per le prossime edizioni della Fiera del Levante e nei Saloni specializzati, la partecipazione in qualsiasi forma dello Stato di Israele, o di suoi rappresentanti, sino a quando non porrà fine all'intervento militare nella Striscia di Gaza e alla violazione dei diritti umani della popolazione civile».
Già a gennaio, l’assemblea barese aveva impegnato il sindaco Vito Leccese a trasmettere al Governo italiano la richiesta di riconoscimento dello Stato di Palestina come entità sovrana e indipendente, seguendo l’esempio di Spagna, Irlanda e Norvegia.

Un commento di L.
 Ho visto in giornata il video della dichiarazione di Emiliano, qualcosa inizia finalmente a muoversi; però non dimentichiamo che questo arriva dopo oltre 53000 morti e 2 milioni di sfollati (per non parlare dei feriti gravi e gravissimi tra cui moltissimi mutilati), ed uno Stato, che Stato non è, completamente raso al suolo dove oramai nessuno più ha una casa dove poter tornare. Troppo facile adesso accodarsi a chi sino ad oggi ha rischiato sulla propria persona, resta si una buona notizia, 
ma questo non li assolve. 
 sotto il consolato onorario d'Israele a Bari il 1 maggio

venerdì 30 maggio 2025

Al processo contro gli 8 autisti dell'Amat per violenza sessuale, i loro avvocati fanno il solito sporco mestiere - MA NON DEVONO RIUSCIRCI!

Hanno cercato di screditare le dichiarazioni della ragazza che ha dovuto subire per molto tempo violenze, abusi sessuali; cercano anche di strumentalizzare le difficoltà psichiche della ragazza - quando questo stato della ragazza è un'aggravante!

Il 26 giugno vi sarà una nuova udienza in cui altri squallidi, avvoltoi di avvocati degli autisti.
Il 10 luglio vi dovrebbe essere la sentenza!

CHE CI SIA ALMENO GIUSTIZIA IN TRIBUNALE!
Noi ci saremo e chiamiamo tute le compagne ad esserci.
La ragazza non è sola! deve sentire la nostra solidarietà
 

2 GIUGNO FESTA DELLA REPUBBLICA... MA QUALE REPUBBLICA... 2 giugno con la Palestina, contro riarmo e decreto sicurezza

 

2 GIUGNO
FESTA DELLA REPUBBLICA ....
MA QUALE REPUBBLICA !
 
QUELLA DI UN PRESIDENTE CHE STRINGE LE MANI INSANGUINATE DEI CAPI ISRAELIANI CRIMINALI, QUELLA CHE CALPESTA LA COSTITUZIONE, QUELLA CHE INVIA ARMI ED ARMAMENTI DAPPERTUTTO, QUELLA CHE VUOL REPRIMERE, INGABBIARE ED INTIMORIRE LA LOTTA ED OGNI FORMA DI MOBILITAZIONE ANCHE "PACIFICA" CON DECRETI "MILITARESCHI" E DI MILITARIZZAZIONE DELLE CITTA,
QUELLA CHE VOTA A FAVORE DEL FINANZIAMENTO BELLICO IN UCRAINA E IN ISRAELE
QUELLA COMPLICE DEL GENOCIDIO DEL POPOLO PALESTINESE
QUELLA CHE INSIEME ALLA GERMANIA NON INTERROMPE ALCUN RAPPORTO COMMERCIALE E POLITICO CON ISRAELE ANZI NE INCREMENTA E RAFFORZA GLI ACCORDI...
 
INOLTRE TARANTO E' SEMPRE STATA VENDUTA DAI GOVERNI E DALLE AUTORITA' DELLA MARINA MILITARE CHE REGNA E COMANDA, CHE HA SOTTRATTO TERRITORIO A PIU' NON POSSO A QUESTA CITTA',
E SEMPRE I DETENTORI DEL POTERE POLITICO E MILITARE HANNO FATTO DEL TERRITORIO TARANTINO E DELLA PUGLIA ALTRE ZONE DI SACRIFICIO IMMOLATE ALLE BASI NATO CON TUTTO QUEL CHE NE HA CONSEGUITO, CHE NE CONSEGUE E NE COSEGUIRA' VISTO IL SEMPRE PIU' INCALZANTE CLIMA GUERRAFONDAIO
E LA SEMPRE PIU' FINANZIATA ECONOMIA DI E DA GUERRA..
PROPRIO GIORNI FA C'E' STATA UNA ESERCITAZIONE DI CACCIA F35 ISRAELIANI A FOGGIA CHE POI SONO ANDATI A BOMBARDARE GAZA!
 
PER QUESTO, ANCHE PER QUESTO E' SACROSANTO MOBILITARSI E SCENDERE IN STRADA.
RICONOSCERSI NEI POPOLI IN LOTTA E VITTIME DI CRIMINI E PIANI GENOCIDARI, E RICONOSCERE NELLE NOSTRE LOTTE LE LORO E VICEVERSA,
E RICONOSCERE CHI SONO I NEMICI CHE VOGLIONO IMPADRONIRSI ANCORDIPPIU' DEL MONDO CHE SI CHIAMANO CAPITALISMO ED IMPERIALISMO E RICONOSCERNE I SERVI, I COMPIACENTI, I COMPLICI NEI FATTI, NELLE DICHIARAZIONI
E .... DIMMI CON CHI VAI E TI DIRO' CHI SEI!!
 
2 GIUGNO ORE 10
LUNGOMARE ADIACENZA AMMIRAGLIATO
 
NOI CI SAREMO.
 
NO AL RIARMO
TARANTO NON VUOL ESSERE "BASE DI GUERRA"
NO ALLE BASI NATO CHE FOMENTANO L'USO DELE ARMI E GIOCANO ALLA GUERRA CON LE INNUMEREVOLI ESERCITAZIONI NEI NOSTRI MARI
CONTRO IL DDL, CHE NON E' ALTRO CHE LA LEGITTIMAZIONE DELLO STATO DI POLIZIA E LA CRIMINALIZZAZIONE DELLE LOTTE E LA MILITARIZZAZIONE DEI TERRITORI

giovedì 29 maggio 2025

Taranto - processo contro gli 8 autisti che hanno perpetrato violenze e abusi sessuali - Il volantino del Mfpr

 

Italia/Israele alleanza infame assassina e genocida e la Puglia è coinvolta - Bastardi! 2 giugno a Taranto denunceremo e agiremo!

Bonelli rivela: “Esercitazione di caccia F35 israeliani a Foggia, poi bombardano Gaza”. E attacca il governo: “Vergogna”

“Alcune settimane fa nella base militare di Foggia il 32/esimo Stormo dell’Aeronautica militare italiana ha ospitato caccia F35 israeliani per esercitazioni nel cielo militare italiano. Avete consentito a quei caccia 35 che poi sono tornati in Israele di andare a bombardare a Gaza, vi dovreste vergognare. Avete garantito una esercitazione militare su una base italiana ai caccia che poi vanno a bombardare Gaza, vergogna”. Lo ha rivelato il deputato di Alternativa verdi sinistra Angelo Bonelli in aula alla Camera durante il Question time rivolto al governo.

Interrogando il ministro Luca Ciriani, Bonelli ha chiesto la revoca del memorandum Italia-Israele. Il ministro per i rapporti con i parlamenti, nella replica, ha parlato di una “legittima reazione” israeliana all'”insensato attacco” di Hamas. “Siamo sempre tentati di voler usare toni pacati ma è difficile farlo nel momento in cui si parla di ‘legittima reazione’. Legittima reazione cosa? Di radere al suolo una città di, uccidere 18mila bambini? Ma si rende conto di cosa ha detto?“, ha attaccato Bonelli. “Pensate che il dialogo si costruisca attraverso un memorandum che rafforza la cooperazione militare? – ha proseguito – C’è una ipocrisia inaccettabile. Ci parlate dell’assistenza ai bambini palestinesi, che li portiamo nei nostri ospedali. E poi portiamo le armi per andare a bombardare”. Quindi ha concluso facendo l’esempio dei caccia F35 israeliani, in Italia per l’addestramento: “Vergogna, vergogna”.

Palestina, ORA BASTA! 2 giugno ore 10 Taranto lungomare/nei pressi ammiragliato

Palestina / ora basta! Taranto è solidale! 

No al riarmo - Taranto non è né vuole essere base di guerra! 

No Ddl - No stato di polizia - Taranto è per la democrazia e la libertà di lottare. 

2 giugno ore 10 lungomare 

nei pressi Ammiragliato.


Displaced Palestinians flee from Shijaiyah, Gaza, on April 3, 2025 following evacuation orders.

mercoledì 28 maggio 2025

Palestina - le tenebre e le bombe - Non possiamo accettare tutto questo! 2 giugno manifestazione a Taranto ore 10 lungomare/nei pressi dell'Ammiragliato

Prosegue la mattanza di Gaza, giorno dopo giorno, implacabile. Cinquantasette le persone uccise stanotte, tra cui diciotto bambini. È diventato virale il video delle fiamme che inseguivano una bambina che scappava dall’aula divorata dall’incendio innescato dalle bombe che hanno colpito la scuola dove lei e altri fanciulli avevano trovato rifugio.

At least 18 children among killed in Israeli attack on Gaza school

Le tenebre e le bombe

Al solito, Israele bombarda di notte. Non c’è nessun motivo militare per attaccare col buio, ché Hamas non ha certo la contraerea e per i droni che battono la Striscia in cerca di bersagli la notte è come il giorno.Il perché l’IDF scelga le tenebre per i suoi attacchi lo ha spiegato ad al Akhbar la psicologa Sabreen Al-Shaer: serve a “istillare terrore psicologico nella popolazione, il che aumenta la paura, l’ansia e la mancanza di sicurezza”. Inoltre, “l’oscurità totale causata dall’interruzione della corrente in tutta la Striscia ostacola le operazioni di soccorso e l’arrivo delle ambulanze, aumentando il numero delle vittime e rendendo ancora più difficile prestare assistenza ai feriti”.

كابوس الظلام في غزة: لماذا يقصف العدو ليلاً؟

“I bombardamenti notturni sui civili – ha aggiunto – lasciano profonde conseguenze psicologiche, che si manifestano in disturbi del sonno, attacchi di panico, ansia e una costante sensazione di insicurezza […] molti abitanti di Gaza, soprattutto i bambini, soffrono di difficoltà a dormire, insonnia cronica e incubi ricorrenti”.

Secondo la psicologa, sintetizza al Akhbar, “gli effetti psicologici dei bombardamenti notturni sui bambini provocano anche patologie fisiche come spasmi muscolari e minzione involontaria, a causa dell’estremo stress psicologico, nonché comportamenti aggressivi o di ritiro in se stessi in risposta al trauma psicologico, con conseguenti difficoltà di apprendimento.

martedì 27 maggio 2025

Fai circolare, partecipa e fai partecipare - 2 giugno a Taranto

Palestina / ora basta! Taranto è solidale! 

No al riarmo - Taranto non è né vuole essere base di guerra! 

No Ddl - No stato di polizia - Taranto è per la democrazia e la libertà di lottare. 

2 giugno ore 10 lungomare nei pressi Ammiragliato. 

Fai circolare, partecipa e fai partecipare

Sulle elezioni a Taranto - un primo commento

In queste elezioni che confermeranno anche nel loro esito finale che per i proletari, i lavoratori, i disoccupati, le donne, i giovani dei quartieri di Taranto; per i problemi essenziali delle masse nella nostra città: lavoro, basta precarietà e miseria salariale (caratteristica proprio degli appalti pubblici comunali), salute, peggioramento della situazione negli ospedali, condizioni delle scuole, stato di degrado ambientale della nostra città, aumento della militarizzazione, del fare di Taranto sempre più città di guerra, ecc., "si cambia per non cambiare niente";

vi è stata una certa "novità": l'attivismo propagandistico di liste e candidati da parte di commercianti, esercenti - anche nelle altre elezioni alcuni si erano attivati, ma in questa occasione questo appoggio o diretta partecipazione si è molto esteso, sia ai candidati sindaci (con poche differenze) sia alle liste. Questo ha contribuito ad una crescita del numero dei votanti, che è stato più del 56%.

Quindi anche i due candidati sindaci - Bitetti centrosinistra, da anni nell'istituzione comunale, che ha preso il 37,39% e Tacente che ha raccolto l'area intorno a Melucci, equivoca tendenzialmente di centrodestra e ha raccolto la Lega, prendendo il 26,16% -  che andranno al ballottaggio sono espressione politica degli interessi economici di questi settori, e in generale dei settori della piccola e media borghesia, Tacente, con la Lega della borghesia bottegaia - non certo delle masse popolari che però sono sempre la maggioranza.

Certo, rispetto alle ultime tornate elettorali (ma questa volta si votava su 2 giorni), i votanti sono aumentati. Ma da una prima valutazione, sono invece diminuiti i voti degli operai, dei lavoratori, lavoratrici in lotta. Un esempio significativo è stato la dichiarazione esplicita durante lo sciopero e il blocco di mercoledì 21 maggio fatta dagli operai dell'Ilva che hanno detto che loro non sarebbero andati a votare, perchè nessuno dei candidati sindaci, dei partiti, dei componenti delle liste si era mai fatto vedere o si era realmente occupato della grave situazione degli operai e degli abitanti dei quartieri inquinati a causa dei piani del governo, padroni sull'Ilva.

Tornando agli attuali esiti elettorali, il M5stelle è andato più avanti rispetto alle aspettative; ha più che raddoppiato la sua precedente percentuale, arrivando a più del 10%. Questo sembrerebbe il frutto soprattutto di 2 fattori. Da un lato il suo smarcarsi dalle altre liste, quindi è sembrato un pò prendere le distanze rispetto ai disgustosi giochi di potere che abbiamo visto negli scorsi mesi a Taranto - nella precedente elezione comunale invece aveva appoggiato la coalizione 'Melucci'; dall'altro della raccolta di una parte di voti di ambientalisti che non poteva andare alle altre liste, anche se una parte di loro ha votato Bitetti. 
Ma sicuramente a questa lista, al M5S non si può dare affatto un segno positivo - i suoi principali esponenti sono per la chiusura dell'Ilva; nè l'abbiamo visto in città nella importante mobilitazione per la Palestina, contro la guerra e del fare di Taranto città di guerra.  

Tuttora gli operai, i giovani, le donne, le masse di Taranto più sfruttate e oppresse, non hanno un partito da appoggiare. Hanno invece un loro partito proletario da costruire, e questo non può che essere rivoluzionario, comunista di tipo nuovo; hanno una loro forza politica di classe da sviluppare e da far pesare dovunque, ma prima di tutto nelle lotte. 

Nell’India in rivolta, dove proletari e masse più oppresse sviluppano una guerra di popolo, assassinato il segretario del Partito Comunista dell'India (maoista)

Perchè ciò che accade in India interessa anche noi, operai, giovani, donne

anche qui a Taranto

Ore12/Controinformazione rossoperaia è uno strumento di denuncia politica, sociale, sindacale, di parte proletaria e comunista contro l'imperialismo, i governi dell'imperialismo, le forze alleate o complici dei governi imperialisti e in primo luogo contro il nostro governo.

Ore12/Controinformazione rossoperaia si occupa delle grandi questioni internazionali, della lotta contro la guerra e di quella che oggi riempie purtroppo lo scenario del mondo, il genocidio del popolo palestinese.

E lo facciamo per dare ai proletari e alle masse popolari gli strumenti per capire, per schierarsi, per mobilitarsi, e comprendere come queste questioni sono legate strettamente alle condizioni di vita e di lavoro, e non solo, ma anche alle questioni della pace, della democrazia, della solidarietà.


Siamo in un sistema sociale imperialista e capitalista che marcia verso una guerra imperialista mondiale. Siamo in un sistema sociale che spinge perché i governi siano sempre più dittatoriali, fascisti, antidemocratici; e il nostro paese con il governo Meloni è ben dentro tutto questo.
Siamo in un sistema mondiale che scarica la crisi mondiale, la crisi climatica sulla pelle dei proletari e delle masse popolari nei paesi in cui viviamo e, soprattutto, là dove vive tre quarti dell'umanità.

Siamo in un sistema mondiale in cui il paese più grande del mondo per popolazione attualmente è l'India.

Il regime indiano è un regime di stampo fascista Hindu, un pò come quello di Netanyahu e come quello dei massacratori dei popoli che vi sono in altre parti del mondo.

È un regime legato alle grandi multinazionalialla devastazione ambientale, alla devastazione delle foreste, è un regime in cui i governanti sono ricchi e sostengono i ricchi e le multinazionali, mentre dall'altro lato i proletari e i popoli sono ridotti alla fame.

È un regime legato all'imperialismo americano, a Trump. Modi è stato uno dei primi ad andare a congratularsi con Trump e a stabilire con esso legami economici, politici, diplomatici, militari, di sfruttamento delle risorse e dei proletari e dei popoli.

L'Italia sta insistendo molto in questi anni per stringere i suoi legami con Modi e con il regime indiano, il governo Meloni lo dice e lo fa, i suoi ministri, i padroni ad esso legati stanno consolidando i rapporti con questo regime e con questo Stato.

Ma all'interno di questo Paese i proletari, i popoli, gli uomini, le donne, le masse più sfruttate, anche discriminate, come le masse adivasi, dalit, che sono considerate una sottoclasse, prive dei diritti sociali, politici e, soprattutto, di un futuro, si ribellano, e per le forme di un regime dittatoriale come quello indiano non possono che farlo con le armi.

Il popolo ha bisogno di sviluppare la sua lotta di liberazione nelle forme di una guerra di popolo per rovesciare questi regimi e, all'inizio, instaurare governi che non siano più asserviti all'imperialismo e che siano poi nelle mani dei proletari e dei popoli.

In India le masse, i proletari, hanno generato una guerra di popolo di lunga durata, così di “lunga durata” che è datata addirittura dal finire degli anni Sessanta, dopo la rivolta di Naxalbari, una rivolta nata nei villaggi, nelle realtà più sfruttate, povere e affamate dell'India, che alzarono la bandiera rossa della rivolta e dissero al regime indiano dell'epoca che quel paese doveva essere cambiato dai proletari e dalle masse. La rivolta di Naxalbari è arrivata anche ai nostri giorni e si incarna nel partito comunista dell'India Maoista.

Maoista significa servire il popolo, guerra di popolo, la classe operaia deve dirigere tutto, è giusto ribellarsi. Questo significa Maoismo e questo è stato incarnato dal Partito Comunista dell'India (maoista), nato in questo paese ed erede della grande tradizione della ribellione in India chiamata Naxalismo.

Ebbene, in queste ultime giornate, dall'India è arrivata la notizia che il segretario generale di questo partito, il compagno Basavraj (nome di battaglia) è stato assassinato insieme a 26 quadri appartenenti a questo Partito. E quando si dice “quadri di questo Partito” bisogna pensare a proletari, contadini, rappresentanti delle masse più povere, donne, giovani, che vivono nelle foreste, nelle zone più sfruttate e oppresse dell'India: questi sono i quadri maoisti.

Ad una grande scrittrice indiana, Arundhati Roy, quando le hanno fatto la domanda: “ma chi sono i maoisti in India?” , la scrittrice ben nota nel mondo ha dichiarato semplicemente: “sono le masse che hanno prodotto questa guerra di popolo, questa lotta di liberazione nel cuore dell'India”.

L'India è un continente sterminato, l'area interessata alla guerra di popolo nei momenti migliori ha raggiunto un'area abitata da 50 milioni di persone.

Sull'uccisione, sull'assassinio del compagno Basavraj - i cui particolari vengono anche denunciati dalle associazioni democratiche in India - ancora non si conosce se sia stata una esecuzione, se sia stato il frutto di uno scontro armato oppure se sia stato un assassinio a sangue freddo.

Comunque non è questo l'aspetto principale, in India queste cose succedono sempre e permanentemente. Sicuramente è stato il frutto di un'operazione militare che ha visto impegnati 7 mila uomini armati in tutta la zona che è stata assediata e attaccata e ha prodotto l'assassinio del segretario generale del partito comunista dell'India, Basavraj.

Questi compagni, questi figli del popolo, eroi del popolo, questi prodotti del popolo indiano e dei suoi settori più sfruttati, hanno combattuto, hanno resistito, hanno utilizzato e hanno usato ogni forma di tattica per potere in ogni caso impedire il massacro.

Ma il massacro c'è stato, ed è parte di una catena di massacri che in questo paese avvengono ormai da decenni. I regimi, in particolare quest'ultimo, il regime fascista Modi, un regime reazionario, oscurantista, ultrareligioso, settario nei confronti del suo stesso popolo, persecutore delle masse e delle rappresentanze delle altre religioni, è costantemente impegnato in una guerra contro il popolo per conto dei ricchi, dei parassiti, degli sfruttatori indiani e internazionali. Questo governo ha lanciato diverse operazioni militari chiamate in diversi nomi ma che hanno puntato sempre allo stesso obiettivo: cancellare questa lotta di liberazione, questa ribellione del popolo e cancellare il Partito comunista maoista che la guida e l'organizza e che continuamente la rilancia, nonostante subisca arresti, persecuzioni, massacri, torture.

Le carceri indiane vengono considerate tra le carceri più affollate del mondo. L'India è definita perfino da esponenti democratici e intellettuali nel mondo una “prigione dei popoli, una prigione dei movimenti”.

Ma, come ha detto la scrittrice, i maoisti sono le masse e quindi liquidare la ribellione significa fare la guerra alle masse, colpire le masse considerate complici, base, partecipanti alla ribellione guidata dai maoisti.

E l'ultima operazione militare che si chiama Kagaar ha lo scopo di raggiungere ciò che finora questo regime e l'imperialismo a cui appartiene non è riuscito a fare. Il regime di Modi ha detto che entro marzo del 2026 cancellerà la guerra di popolo e il Partito comunista dell'India. Questo vuol dire che sta usando i sistemi più feroci di repressione, con la persecuzione delle popolazioni, colpite anche con bombardamenti, che vediamo su larga scala applicarsi oggi nei confronti del popolo palestinese.

Anche in India vogliono fare la stessa cosa o cercano di fare la stessa cosa, perlomeno nelle zone considerate dal regime come “infette” dalla ribellione del popolo, dalla guerriglia. E come viene definita “terrorista” l'organizzazione della resistenza palestinese, così la stessa definizione viene usata per i compagni che combattono in India.

Ebbene quest'ultima operazione ha raggiunto un “successo”, come dicono, nell’uccisione del compagno che la dirige, non un capo astratto, ma un dirigente segretario del Partito comunista che con le sue avanguardie, fatte dal popolo, nate dal popolo, la guida.

E' grande il dispiacere che viene a tutti coloro che seguono questa vicenda, a tutti coloro che si ritengono dello stesso campo, in Italia proletari comunisti, le sue organizzazioni, lo Slai Cobas, il Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario, i suoi attivisti, da sempre impegnati nella solidarietà con le masse indiane. Noi abbiamo legami politici, ideologici con l’India, abbiamo incontrati i compagni indiani e sosteniamo spesso a livello internazionale iniziative di informazione e solidarietà con questo popolo e con questa lotta e con questo Partito che la guida.

Quindi potete pensare come siamo tristi, addolorati per la morte del compagno Basavraj. Lo siamo anche perché i comunisti sono uomini fatti di una pasta speciale, questo lo dice il movimento comunista internazionale dai tempi di Lenin, del socialismo in Russia, della Terza Internazionale. E non perché siano particolari, ma proprio perché sono il meglio che produce il proletariato e il popolo.

Ed è chiaro che il compagno Basavraj era fatto di questa “materia”.

Un compagno che già negli anni settanta si era messo in luce come guida del movimento degli studenti, poi si era legato alla ribellione delle masse sfruttate mettendosi a loro disposizione, soprattutto mettendo in campo la sua vita e la sua capacità; è stato “specialista” della guerra di popolo, è ritenuto il fondatore dell'Esercito Popolare di Liberazione del popolo indiano, è stato il comandante delle Basi della guerriglia ed è stato organizzatore degli organi di potere, perché in India la guerriglia non è solo un fatto militare, costruisce, là dove riesce ad avanzare, a trovare radicamento nel popolo, delle Basi in cui il popolo comanda su quel territorio e nel quadro di una battaglia di lunga durata per rovesciare il regime indiano.

Il compagno Basavraj era temuto dal nemico, era conosciuto dalle masse proprio per questa sua straordinaria capacità di organizzare le unità guerrigliere - a questo compagno vengono addebitate (ma chiaramente si tratta di una definizione giornalistica) le più grandi azioni di carattere militare che hanno afflitto dure perdite al regime indiano e alle sue forze armate.

Nel 2018 questo compagno è divenuto il segretario generale del partito e ha guidato gli ultimi sette anni dello sviluppo della guerra di popolo; e l'ha guidata non solo mantenendo ben alta la sua capacità di resistere alle operazioni repressive, di consolidare i legami con le masse più sfruttate, ma anche portando questo Partito nell'arena internazionale.

Questo Partito è stato una delle bandiere - e in India sicuramente LA BANDIERA - della solidarietà al popolo palestinese, così come questo Partito si batte perché ci sia nel mondo un fronte unito dei proletari e delle masse popolari contro la guerra, così come si batte, raccogliendo le bandiere storiche del movimento comunista e farlo rinascere, perchè rinasca una vera Internazionale Comunista che unisca i proletari, i popoli e i partiti e le organizzazioni che li rappresentano.

Questo Partito si è espresso nel 2017 per il coordinamento internazionale di tutte le forze comuniste rivoluzionarie che si battono contro l'imperialismo e la sua guerra.

Negli ultimi sette anni questo Partito è stato guidato dal compagno Basavraj.

Per questo è importante per i proletari e le masse popolari del nostro paese conoscere queste cose, sapere che nel mondo non saranno mai soli e né la loro lotta sarà mai sola finché ci saranno partiti e organizzazioni che combattono i loro stessi nemici nel mondo e lo fanno a servizio della costruzione del potere operaio e popolare.

Il Partito Comunista dell'India Maoista è oggi il partito comunista più grande del mondo per grado di influenza, dato che l'India è naturalmente il paese più popoloso del mondo.

Il Partito Comunista dell'India Maoista è il partito che conduce la lotta armata di guerriglia più grande al mondo, con decine di migliaia di militanti organizzati che giornalmente lottano, combattono e danno la vita per il loro popolo e per i popoli del mondo.

In questo senso la morte di questo compagno è un grave colpo!

Ma davvero si può pensare che colpendo il segretario di un Partito di questo genere, di una guerra di liberazione di questo genere, si possa fermare la ruota della storia? Che si possa fermare la lotta di liberazione in India e la lotta di liberazione dei popoli?

Si illudono, si illudono! Sanno bene che i proletari e le masse che hanno generato questo compagno caduto in combattimento nei giorni scorsi generano nuovi compagni e nuovi Basavraj.

Niente e nessuno può fermare la lotta di liberazione in India, come niente e nessuno potrà fermare la nuova ondata della rivoluzione proletaria mondiale necessaria per mettere fine alla barbarie e all’orrore dei regimi della ricchezza, della guerra, dei genocidi, dell'oppressione e dell'immiserimento dei popoli.

Quindi rendiamo onore a questo compagno, lo faremo in tutte le forme nei prossimi giorni, sia nel denunciare questo assassinio e onorare il compagno, sia nelle forme di esprimere una nuova solidarietà verso questa guerra di popolo e sia giurando a noi stessi, a questo compagno, che non ci fermeremo mai perché le idee di rivolta, le idee della trasformazione del mondo non sono mai morte né possono morire.

Il compagno caduto in combattimento in India vive nelle nostre lotte, vive nei nostri cuori e nel nostro impegno inderogabile a mettere fine al sistema che l'ha assassinato e che con lui assassina decine di migliaia di proletari e masse in India e che è parte della gigantesca barbarie e genocidio che colpiscono il popolo palestinese e i popoli del mondo.

Questo vogliamo dire ai proletari e ai compagni e lo diremo in forme sempre più combattive. Trasformeremo la grande tristezza in una maggiore forza e convinzione che alla fine vinceremo! Vinceranno i compagni indiani! Vinceranno i proletari e i popoli del mondo! Vinceremo anche nel nostro paese.

Guerra di popolo fino alla vittoria!

Bambini bruciati vivi a Gaza - 2 giugno manifestazione ore 10 lungomare nei pressi dell'Ammiragliato

dai Giovani Palestinesi

video su https://www.instagram.com/reel/DKHHwm3sSP5/?igsh=YmcxamxrMmZzY3ow

Almeno 30 martiri, tra cui bambini, bruciati vivi in un nuovo massacro durante la notte dell’esercito di occupazione sionista alla scuola Fahmi al-Jargawi, che ospitava sfollati, nel quartiere di al-Daraj, nella città di Gaza.

Questo massacro è solo l’ultimo degli innumerevoli che l’esercito di occupazione sionista ha compiuto impunemente contro scuole che ospitavano sfollati nella Striscia di Gaza. Ricordiamo infatti:

- Nel novembre 2023, poco dopo l’inizio del genocidio, le bombe e gli attacchi di artiglieria “israeliani” portarono al martirio di almeno 50 palestinesi, tra cui bambini, all’interno della scuola al-Buraq nella città di Gaza.
- In due attacchi avvenuti nel novembre 2023 a distanza di due settimane l’uno dall’altro, l’esercito sionista aveva colpito la scuola di al-Fakhoura nel campo profughi di Jabalia, nel nord di Gaza, uccidendo almeno 65 persone.
- Nel luglio 2024, l’esercito “israeliano” uccise almeno 30 persone in un attacco alla scuola al-Awda, situata nella città meridionale di Abasan, vicino a Khan Younis.
- Nell’agosto 2024, più di 100 persone furono uccise quando le forze di occupazione bombardarono la scuola al-Tabin nella città di Gaza, mentre le persone si riunivano per le preghiere mattutine.
- Ad aprile di quest’anno, almeno 33 palestinesi sono stati martirizzati e più di 100 sono rimasti feriti in attacchi aerei “israeliani” su tre scuole nel quartiere Tuffah della città di Gaza

EMBARGO A “ISRAELE” ORA

ALT - Foglio di intervento teorico - sarà presentato on line il 4 giugno ore 18,30 - a Taranto collegamento collettivo dalla sede slai cobas via Livio Abdronico 47


 

lunedì 26 maggio 2025

"Rimettere in campo gli operai delle grandi fabbriche su una visione internazionale della lotta"

Intervento di un compagno operaio della Tenaris Dalmine nella telematica nazionale sull'Ilva


La discussione sulla situazione dell’Ilva di Taranto, riguarda e toccherà tutte le grandi aziende, in particolare quelle siderurgiche. Questa situazione di Taranto è all'interno del contesto mondiale in corso in cui le questioni della siderurgia sono legate al ciclo dell'energia, ma anche a tutta la destabilizzazione della guerra in Palestina, nei paesi arabi e anche in Africa. E questa situazione riguarda anche a noi operai per i riflessi che comunque ci saranno in questa guerra di contesa mondiale.

Dietro la questione dei dazi commerciali si innescano le politiche del capitale nel nostro paese. Lo dicono direttamente anche i padroni nelle loro analisi. Per esempio il padrone della Tenaris Dalmine, Rocca - un padrone che sta tifando Trump non solo perché ha degli interessi direttamente negli Stati Uniti, ma perché il suo problema è legato a questo riequilibrio - dice che i dazi sono delle misure che servono, perché devono riportare la produzione industriale degli Stati Uniti ad essere in grado di modificare i parametri del sistema industriale mondiale che oggi è completamente sbilanciato.

Ovviamente tutto questo cosa comporta? Che la ridefinizione dei mercati attraverso questa guerra commerciale, che chiaramente è un aspetto anche della guerra più generale che viene portata avanti con il riarmo, ha dei riflessi anche a medio termine a livello delle fabbriche. I dazi in corso stanno creando incertezze, inducendo le aziende a ritardare o a congelare gli investimenti. Ciò ha portato a un rallentamento della crescita economica che a sua volta riduce la domanda di energia, quindi all'abbassamento del prezzo del petrolio. E prevediamo che ci saranno delle riduzioni dei livelli operativi soprattutto, non solo negli Stati Uniti ma anche negli altri paesi.

Questa è un'analisi su cui serve lavorare nelle fabbriche, per rimettere in campo gli operai su una visione internazionale della loro battaglia; che è anche la strada per fare una battaglia di classe che non difenda ovviamente gli interessi nazionali o dei singoli padroni, ma che veda una unità di lotta degli operai, perché possano effettivamente ribaltare questo sistema capitalista, perché all'interno di questo sistema - e l'esempio dell'Ilva in tutti questi anni, non solo nell'ultima fase, è una conferma - ogni soluzione che cercano di mettere in campo peggiora la condizione degli operai.

Questo lavoro di lunga durata comunque deve partire da subito, con collegamenti con altre fabbriche, in particolare i grandi complessi. Ogni realtà ha chiaramente le sue specificità, ma tutte si muovono all'interno di una guerra commerciale mondiale, e quindi il problema è di trovare la strada della lotta, non di “seguire il morto” o, peggio ancora, di andare dietro a soluzioni nazionalistiche, con questo governo in particolare, che portano gli operai ad illudersi che la soluzione è quella di difendere il proprio padrone, la propria nazione, quando invece è un problema di un sistema capitalista giunto alla fase di crisi. E la nostra risposta questa crisi, la nostra “soluzione” è la ripresa effettiva della lotta di classe all'interno dei grandi gruppi industriali.

In questo senso tutta la vicenda che sta attraversando l'Ilva è un aspetto importante, su cui portare il ragionamento anche agli altri posti di lavoro.

Il problema non è che siamo distanti di mille chilometri, il problema è che se questa è la situazione generale in cui si trovano gli operai, devono trovare anche in questa situazione generale un punto di incontro e una prospettiva, la lotta per il potere operaio, che è quella più importante.

Quindi dobbiamo proseguire questo tipo di lavoro e di azione nelle grandi fabbriche. E’ sicuramente un lavoro di lunga durata, ma porterà dei frutti.

domenica 25 maggio 2025

Il punto sull'Ilva

Il Ministro Urso ha rinviato il nuovo incontro che si doveva tenere il 27 maggio a Roma coi sindacati sull'emergenza Ilva e appalto al 9 giugno, con la motivazione: "«al fine di acquisire elementi di valutazione più compiuti e tenuto conto degli impegni congressuali e internazionali di talune delle organizzazioni sindacali». (?).

Questo rinvio non va affatto bene!

Riportiamo dalla stampa borghese o esplicitamente padronale, alcune informazioni e alcune valutazioni/commenti.

Da esse emergono alcune cose:
Primo, che Baku Steel, l'attuale possibile acquirente dell'ex Ilva, pretende molto di più, mettendo in forse la sua offerta, e per questo usa chiaramente anche il grave incidente all'Altoforno 1, ma è strumentale visto che già da prima dell'incidente gli azeri avevano alzato il tiro delle pretese - e abbassato del 50% i soldi da mettere per il passaggio della fabbrica a loro.  
Secondo, anche Baku Steel, come gli altri passati padroni dell'Ilva, chiede di non essere frenato da norme ambientali e che quindi la produzione deve avere continuità in ogni modo.
Terzo, e soprattutto, dice chiaramente che il suo interesse primario è il rafforzamento con Taranto delle forniture di gas e quindi di una nave per il Gnl a Taranto. 
 
Su questo ultimo aspetto c'è la "novità" della posizione del presidente Emiliano della Regione Puglia che dice sì alla nave rigassificatrice nel porto di Taranto: "Se il gas è necessario per la decarbonizzazione è un sacrificio che può essere ipotizzato". Dichiarazioni che hanno reso molto contento il Min. Urso. Quindi val bene un nuovo inquinamento della città, e questo verrebbe fatto come primo intervento degli azeri; poi vi sarà la decarbonizzazione, che a detta degli stessi esperti ha tempi molto lunghi.
 
Questo "sacrificio", come si può leggere, è presente anche nelle dichiarazioni del presidente della Federacciai, Gozzi che dice che per fronteggiare la perdita di competitività a livello mondiale della siderurgia italiana "È essenziale correggere il tiro, bilanciando la transizione ecologica con il supporto alla capacità produttiva e alla competitività industriale». Della serie: prima salvaguardate i nostri profitti, poi si pensa alla "transizione ecologica" che comunque deve essere compatibile con la nostra competitività industriale.
 
Ora, a fronte del "rischio" che Baku Steel molli, anche i padroni cominciano a considerare l'ipotesi di un ritorno in campo dello Stato, un suo controllo pubblico al 50%. Questo è però più o meno quello che è successo con ArcelorMittal e col passaggio da Ilva ad Acciaierie d'Italia. Nello stesso tempo si lega questa prospettiva ai grandi lavori, come il Ponte sullo Stretto e, in  termini di produzione strategica dell'acciaio, allo sviluppo dell'armamento per le guerre, per le "politiche di rilancio dell'Industria della Difesa"; cioè l'Ilva si salva se si lega alla produzione bellica.
Così come i sindacati confederali, in particolare Uilm, Fiom, cominciano a parlare di "nazionalizzazione", anche momentanea, a fronte della situazione di grave crisi dell'ex Ilva (non parliamo della richiesta fatta da tanto tempo di nazionalizzazione dell'Usb che la considera la panacea di tutti i mali). 
Noi stiamo dicendo che una "nazionalizzazione", a fronte della politica di svendita che il governo Meloni/Urso intende fare con tutte le pesanti immediate ricadute sui lavoratori, sulla sicurezza, salute e ambiente, è inevitabile e necessaria perchè lo Stato si assuma la responsabilità diretta verso gli operai e la popolazione di Taranto di difesa dell'occupazione, del salario ed di effettivo intervento per l'ambiente; ma senza alcuna illusione, perchè "padroni pubblici, padroni privati, stesso sfruttamento del proletariato". Per questo o si lega la "nazionalizzazione" alla piattaforma operaia che lo Slai cobas da tempo ha espresso raccogliendo centinaia e centinaia di firme di operai diretti e dell'appalto, o la situazione non può cambiare.
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DA NOTIZIE STAMPA

L’Occidente è alle prese da tempo con grandi partite economico-industriali riguardanti l’acciaio, e l’Italia con l’ex-Ilva è tornata nuovamente a affrontare il rischio di uno stop a quello che un tempo era l’impianto siderurgico più grande d’Europa...
“Qualora l’altoforno dovesse rivelarsi danneggiato in maniera irreparabile, il piano industriale di Acciaierie d’Italia – che punta a una produzione di sei milioni di tonnellate di acciaio entro il 2026 – si rivelerebbe probabilmente infattibile“, nota StartMag, sottolineando che questo rischia di rappresentare un pregiudizio alla possibile cessione del gruppo a Baku Steel.

Gli azeri chiedono al Governo Meloni garanzie per proseguire la trattativa: innanzitutto, una garanzia di continuità operativa di fronte alle norme ambientali, ma soprattutto, la prospettiva securitaria di un rafforzamento delle forniture gasiere a Taranto tramite installazione di una nuova nave per il Gnl che si sommi alle forniture via tubo (proprio provenienti dall’Azerbaijan) del gasdotto Tap...

Resterebbe allora una sola strada: la ripresa del controllo da parte dell’azionista pubblico.

La prospettiva di un possibile ritorno dello Stato in campo come primo attore prende le mosse in una fase storica in cui Regno Unito vede lo Stato scendere in campo per rilevare la proprietà di British Steel, prevenendo una scalata cinese e in cui gli Stati Uniti, al passaggio tra Joe Biden e Donald Trump, continuano la linea operativa di fermare la scalata della giapponese Nippon Steel alla storica Us Steel di Pittsburgh in nome della tutela della sicurezza industriale nazionale.

La base di partenza del controllo pubblico al 50% di Adi tramite un soggetto legato allo Stato come Invitalia potrebbe essere interessante. E in prospettiva, da grandi agende infrastrutturali (si pensi al Ponte sullo Stretto) alle politiche di rilancio dell’industria della Difesa sono molti i campi in cui al Paese, negli anni a venire, servirà acciaio.

L’Italia in termini di produzione è dodicesima al mondo e seconda in Europa, dopo la sola Germania. Eppure il rischio di perdere il primato è alto. E sta avvenendo proprio mentre l’economia globale ridisegna le sue filiere tra reshoring e decarbonizzazione.

Nel 2024 l’industria siderurgica italiana ha realizzato 20 milioni di tonnellate di acciaio (dati Federacciai), segnando un calo del 5% rispetto all’anno precedente. Flessione divenuta strutturale: la produzione su base annua era scesa del 2,3% nel 2023 e dell’11,5% nel 2022.

A livello geografico il cuore della siderurgia italiana si trova al Nord e oltre l’85% di quel che viene prodotto è «acciaio secondario», così chiamato perché ottenuto fondendo rottame ferroso all’interno di forni elettrici.

Proprio questa dotazione impiantistica ha reso l’Italia la prima elettrosiderurgia dell’Unione Europea, alla quale contribuisce per il 30% del totale, davanti a Germania (18,5%) e Spagna (12%).

In Italia la produzione di acciaio primario – fondamentale per settori come la meccanica, i mezzi di trasporto e gli elettrodomestici – rappresenta meno del 15% dell’output nazionale. L’unico stabilimento a «ciclo integrale» in grado di produrre questa tipologia di acciaio è quello della ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia, a Taranto, dotato di altoforni.

Ma oggi il gruppo, in amministrazione straordinaria, sta attraversando l’ennesima crisi industriale con la produzione che nel 2024 non è andata oltre 2 milioni di tonnellate. La crisi dell’ex Ilva, però, ne genera almeno altre due.

La quasi inattività dell’unico stabilimento a ciclo integrale sul territorio nazionale equivale a una scarsa produzione dei laminati piani: prodotti fondamentali per auto, elettrodomestici, apparecchi elettrici ed edilizia. Da qui la seconda crisi: a fronte di un consumo interno pari a 15 milioni di tonnellate, nel 2023, il Paese ha dovuto importare oltre 11 milioni di tonnellate di prodotti piani.

La Cina produce, l’India avanza e l’America protegge

La dipendenza dall’estero non rappresenta un sano stato di salute per le filiere coinvolte. Ma nel settore siderurgico il problema diventa ancor più grande perché, al livello mondiale, non c’è già più spazio per essere auto-sufficienti. L’industria siderurgica globale tutta deve fare i conti con l’eccesso di capacità produttiva della Cina che rappresenta il 55% della produzione mondiale di acciaio e occupa il posto di primo fornitore europeo e italiano.

Pechino, che nel 2024 ha prodotto oltre 1 miliardo di tonnellate di acciaio, è una delle cause del sottoutilizzo degli impianti europei e della perdita di quote di mercato per i relativi produttori. L’eccesso di capacità ha determinato un peggioramento significativo del saldo commerciale, con le vendite extra-Ue di prodotti in acciaio che tra il 2014 e il 2023 si sono ridotte del 45%. E una forte crescita della capacità produttiva nei prossimi anni è prevista anche per l’India, oggi secondo produttore al mondo con quasi 150 milioni di tonnellate annue.
A completare il quadro c’è l’America, che nel 2018 ha introdotto dazi volti a penalizzare la penetrazione dell’industria europea (poi sostituiti con un sistema meno punitivo e oggi nuovamente minacciati da Donald Trump).

«Per il 2025, la siderurgia italiana si attende una graduale stabilizzazione, favorita da politiche monetarie meno restrittive e dalla speranza di soluzioni diplomatiche ai conflitti, che potrebbero rilanciare la fiducia e gli investimenti globali. Tuttavia», ha spiegato a MF-Milano Finanza il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, «le difficoltà attuali non sono solo congiunturali, ma riflettono anche problematiche strutturali».
«La crisi dei consumi e il riposizionamento dei prezzi verso valori storici evidenziano la necessità di adeguamenti strategici. L’industria siderurgica europea soffre una progressiva perdita di competitività.... È essenziale correggere il tiro, bilanciando la transizione ecologica con il supporto alla capacità produttiva e alla competitività industriale».