Dall'introduzione alla terza lezione tenutasi a Taranto
Stiamo facendo una formazione marxista di base, di base nel senso che si rivolge a militanti, lavoratori, giovani. E riprendiamo le cose dall'inizio, riprendiamo le cose da Marx, dal Capitale. Siamo partiti dal libro primo del Capitale perché è uscita una nuova edizione a cura delle Einaudi, su cui la borghesia ha fatto nel suo circuito affidamento anche di tipo di investimento e su cui sono usciti diversi articoli, commenti e recensioni sui giornali anche della borghesia – per esempio Sole 24 ore vi ha dedicato due volte due pagine - , e ad altri giornali a tiratura più grande, il Corriere della sera pure ha investito su questo.
Questa edizione del libro primo del Capitale è fatta con molta cura da uno studioso marxista, E’ un'operazione volta a riaffermare la funzione teorico-analitica del Capitale. Noi siamo dall'altra parte della barricata rispetto, chiaramente, alla borghesia, alla grande stampa. Evidentemente ci fa piacere che il libro primo del Capitale torni a uscire in questa nuova veste e che si riapre al dibattito, perché noi siamo assolutamente dell'opinione che le teorie e l'elaborazione teorica di Marx, contenute in tutte le sue opere e nella sua opera maggiore che è il Capitale, siano quanto mai attuale, siano strumenti di base, scientifica, di analisi e di conoscenza del mondo reale. Oggi più necessari che ieri.
Questo in qualche maniera lo riconosce anche sia la borghesia, nel senso che spesso dice che la grande crisi globale del capitale e gli sviluppi che ha avuto trovano in Marx un fondamento scientifico; sia la faccia politica del Capitale, i governi, i partiti, che lo riconoscono come il nemico, per quello che c'è dietro, i gruppi militanti che si rifanno alla rivoluzione, al marxismo, alla lotta di classe. L'ultimo arrivato in questa campagna anti-marxista non poteva che essere il Presidente degli Stati Uniti, che sta particolarmente insistendo in America per mettere in una sorta di fuorilegge postuma, il marxismo, Marx, addebitando agli studenti che stanno lottando, alle università che partite dalla questione delle questioni, la Palestina, stanno lottando contro la nuova Presidenza Trump, come stavano lottando sicuramente prima contro la Presidenza Biden. E quindi si negano i finanziamenti, si attaccano i movimenti degli studenti, dicendo che sono portatori di marxismo e questa cosa deve essere cancellata. Chiaramente Trump è l'ultimo interprete di una lunga storia che c'è sempre stata, ma oggi è di particolare impatto, proprio perché i sostenitori dell'anti-marxismo di principio e di azione contro i “seguaci di Marx” o coloro che vengono ispirati dal marxismo, o che ad esso si rifanno perché parte integrante della lotta di classe - dove la lotta di classe oggi si trova di fronte a un bivio storico tra barbarie o alternativa comunista, proprio perché l'imperialismo, fase suprema del capitalismo, basata sulle stesse leggi di fondo del capitalismo - puntano a fare terra bruciata di ogni opposizione, proprio perché l’imperialismo marcia verso la guerra, la dittatura aperta delle classi dominanti che nel nostro paese abbiamo imparato a chiamare fascismo. Per questo si vogliono seppellire le idee di rivolta, si vuole seppellire il pensiero che le ha prodotto e a cui si sono riferite.
Noi invece vogliamo ridare agli operai, ai compagni, ai giovani, alle donne in lotta gli strumenti di base del marxismo che purtroppo nel post anni settanta sono andati in disuso nell'attività politica, sia per la sparizione del partito comunista, sia per la sconfitta dei movimenti rivoluzionari che si rifacevano al marxismo negli anni settanta.
Quindi, formazione di base. Ma quando si dice “formazione di base” non significa affatto “bignami del marxismo”, cioè sintetizzare le leggi, i principi fondamentali.
La formazione marxista ha un suo fondamento quando ci sono i grandi partiti comunisti che hanno la necessità di fornire gli arnesi di base a centinaia di migliaia di lavoratori. E’ avvenuto così nel nostro Paese quando il Partito Comunista, da Gramsci al post-Resistenza, è stato l'organizzatore collettivo di centinaia di migliaia di operai, di lavoratori, di giovani, di intellettuali.
Oggi, purtroppo, non stiamo nella stessa situazione, ma non vuol dire che dobbiamo abbassare il livello teorico.
La lotta proletaria contro i padroni, il governo e così via la facciamo quotidianamente, si chiama lotta di classe, sindacato di base, gruppi di orientamento comunista rivoluzionario. Noi siamo proletari comunisti, e ci sono con noi tanti altri compagni che non sono appartenenti a questa specifica organizzazione, ma con cui lavoriamo. anche l'altro giorno.
Il 25 aprile duecento compagni, che a Taranto non so pochi, hanno sfilato per le vie del centro occupandolo per oltre quattro ore, e per venti minuti il ponte, in nome della resistenza, in nome della lotta alla guerra, in nome della solidarietà alla Palestina, come questioni principali, insieme alla lotta contro la repressione, il decreto di sicurezza, l'attacco alle condizioni di vita e di lavoro dei proletari, la devastazione ambientale, ecc.
Quindi, quando parliamo di marxismo non intendiamo i professori, ma intendiamo coloro che si rifanno alla corrente principale della rivoluzione proletaria nel nostro Paese, nel mondo.
Noi abbiamo bisogno di compagni che studiano, che,come dice Marx, vogliono capire cose che non hanno capito, che vogliono esporle in termini scientifici e vogliono faticare per farlo. Perché noi abbiamo bisogno delle masse, ma innanzitutto di una generazione di compagni che si rivolge alle masse, non nel senso populista del termine, ma per organizzare energie, prima piccole e poi più grandi; che fanno questo lavoro di formazione sul campo tra i lavoratori, i giovani, i proletari in generale, nel fuoco della lotta di classe, cioè in combinazione con le lotte e combattendo i nemici di sempre nelle forme anche aggiornate con cui si presentano.
Stiamo facendo un ciclo di formazione di base di livello universitario. Sicuramente Marx l'ultima cosa che voleva è che il marxismo fosse questione di professori universitari. Tutte le volte che è diventato questione di professori universitari, esiste un termine nel movimento comunista, è diventato “marxismo della cattedra”, che apparentemente è un amico del proletariato, del popolo perché si rifà il marxismo, ma in realtà lo rende innocuo, lo rende una teoria dell'oggettività del reale e non della critica dell'economia politica e della critica dell'esistente.
Contro il “marxismo della cattedra” noi siamo sessantottini, e i sessantottini portavano gli operai dentro le università e gli studenti andavano dalla classe operaia.
Questo è quello che intendiamo: consegnare il marxismo a chi lotta, a chi effettivamente è attivo. Chiaramente è un'operazione difficile, quasi impossibile, per così dire, nella congiuntura attuale. Però noi dobbiamo fare il nostro. Poi saranno dieci, cento, mille, non dipende solo da noi ma dipende dalla coscienza soggettiva dei compagni, dalle situazioni oggettive.
Per questo lavoro di Formazione ci affidiamo al Prof. Di Marco. Di Marco è un compagno innanzitutto, è un compagno militante come tutti voi, nel campo specifico della lotta teorica e della divulgazione, affermazione del marxismo. E’ stato preside di una delle principali università di questo Paese, la Federico II di Napoli, ed è maestro di tanti allievi che sono, tra l'altro, attivi ieri, attivi oggi.
Quindi un ciclo di Formazione marxista su Il Capitale, un ciclo di 9 lezioni, tenute in tre città, dove le possiamo organizzare perché siamo presenti e perché lì possiamo fare la nostra esperienza, imparare dall'esperienza, per poterla poi generalizzare con i compagni che lo vogliano. Le tre città dove le stiamo facendo sono Taranto, Palermo e Bergamo.
Chiaramente sono città differenti, in cui l'unica cosa che li unisce è che ci sono compagni appartenenti a ‘proletari comunisti’ come riferimento politico stabile, che fanno il lavoro militante quotidiano e continuativo, che hanno un minimo di impianto organizzativo.
Questo ciclo, lo stiamo facendo fondamentalmente non telematico, perché pensiamo che la trasmissione diretta sia l'arma in più della situazione. Questo permette anche l'interscambio, non solo durante la lezione, che comunque è lunga, e il tempo che abbiamo è breve.
Ma comunque stiamo usando questo sistema di realizzarlo in presenza, in luoghi che non siano di per sé la sede dei nostri compagni, ma luoghi deputati, per così dire, a questo tipo di incontro, anche per stile di lavoro.
La base di partecipazione è diversa. A Palermo sono prevalentemente donne proletarie, lavoratrici della scuola, precarie, da anni in lotta. A Taranto vi sono compagne e compagni, giovani studenti, compagni di movimenti, che ogni giorno lavorano tra le masse, più singoli democratici. A Bergamo ci sono operai e operaie di fabbriche, alcuni immigrati. Sono tre spezzoni, sempre appartenenti al nostro mondo ma sono diversi e quindi ci permettono di portare una formazione uguale in tre situazioni diverse e vedere, come si dice, l'effetto che fa; e imparare.
Nelle tre città stiamo completando fino a giugno tre lezioni, poi ci sarà una pausa, poi faremo una due giorni estiva in un habitat diverso. Vedremo a che punto stiamo e faremo l'ultima parte di questo ciclo.
Chi vivrà vedrà, perché non dipende soltanto da noi, dipende da chi vi partecipa e dipende, in ultima analisi, dalla situazione, perché le stesse date non sono fissate a priori. Vorremmo fare una lezione al mese, stiamo cercando di mantenere questo ritmo, ma, per esempio, veniamo dal 25 aprile, andiamo verso il primo maggio, ci sono le urgenti manifestazioni per la Palestina, ecc., e siamo occupati nell'organizzare queste mobilitazioni; questo evidentemente da un lato è positivo, dall’altro è negativo, perché fai questo lavoro teorico in mezzo a tante altre cose.
Chi ci viene a queste lezioni sa già che deve avere pazienza, perché l'esposizione necessaria del professor Di Marco è lunga, dura tre quarti d'ora, a volte un'ora. Il tempo che abbiamo è limitato, non si riesce tanto a interscambiare pareri, a fare interventi, discussioni, domande, come avremmo voluto. Però innanzitutto dobbiamo dare il “prodotto”, per così dire, ai compagni, perché poi si possa dibattere.
Poi verifichiamo, strada facendo, le novità che possiamo apportare a questo lavoro. Ora è presto per immettere delle novità, perché siamo al terzo incontro, abbiamo appena cominciato. Dopo l'estate le novità ci dovranno essere, perché si fa tesoro dell'esperienza, ma fino all'estate tiriamo avanti così nel bene e nel male.
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