Intervento di un compagno operaio della Tenaris Dalmine nella telematica nazionale sull'Ilva
La discussione sulla situazione dell’Ilva di Taranto, riguarda e toccherà tutte le grandi aziende, in particolare quelle siderurgiche. Questa situazione di Taranto è all'interno del contesto mondiale in corso in cui le questioni della siderurgia sono legate al ciclo dell'energia, ma anche a tutta la destabilizzazione della guerra in Palestina, nei paesi arabi e anche in Africa. E questa situazione riguarda anche a noi operai per i riflessi che comunque ci saranno in questa guerra di contesa mondiale.
Dietro la questione dei dazi commerciali si innescano le politiche del capitale nel nostro paese. Lo dicono direttamente anche i padroni nelle loro analisi. Per esempio il padrone della Tenaris Dalmine, Rocca - un padrone che sta tifando Trump non solo perché ha degli interessi direttamente negli Stati Uniti, ma perché il suo problema è legato a questo riequilibrio - dice che i dazi sono delle misure che servono, perché devono riportare la produzione industriale degli Stati Uniti ad essere in grado di modificare i parametri del sistema industriale mondiale che oggi è completamente sbilanciato.
Ovviamente tutto questo cosa comporta? Che la ridefinizione dei mercati attraverso questa guerra commerciale, che chiaramente è un aspetto anche della guerra più generale che viene portata avanti con il riarmo, ha dei riflessi anche a medio termine a livello delle fabbriche. I dazi in corso stanno creando incertezze, inducendo le aziende a ritardare o a congelare gli investimenti. Ciò ha portato a un rallentamento della crescita economica che a sua volta riduce la domanda di energia, quindi all'abbassamento del prezzo del petrolio. E prevediamo che ci saranno delle riduzioni dei livelli operativi soprattutto, non solo negli Stati Uniti ma anche negli altri paesi.
Questa è un'analisi su cui serve lavorare nelle fabbriche, per rimettere in campo gli operai su una visione internazionale della loro battaglia; che è anche la strada per fare una battaglia di classe che non difenda ovviamente gli interessi nazionali o dei singoli padroni, ma che veda una unità di lotta degli operai, perché possano effettivamente ribaltare questo sistema capitalista, perché all'interno di questo sistema - e l'esempio dell'Ilva in tutti questi anni, non solo nell'ultima fase, è una conferma - ogni soluzione che cercano di mettere in campo peggiora la condizione degli operai.
Questo lavoro di lunga durata comunque deve partire da subito, con collegamenti con altre fabbriche, in particolare i grandi complessi. Ogni realtà ha chiaramente le sue specificità, ma tutte si muovono all'interno di una guerra commerciale mondiale, e quindi il problema è di trovare la strada della lotta, non di “seguire il morto” o, peggio ancora, di andare dietro a soluzioni nazionalistiche, con questo governo in particolare, che portano gli operai ad illudersi che la soluzione è quella di difendere il proprio padrone, la propria nazione, quando invece è un problema di un sistema capitalista giunto alla fase di crisi. E la nostra risposta questa crisi, la nostra “soluzione” è la ripresa effettiva della lotta di classe all'interno dei grandi gruppi industriali.
In questo senso tutta la vicenda che sta attraversando l'Ilva è un aspetto importante, su cui portare il ragionamento anche agli altri posti di lavoro.
Il problema non è che siamo distanti di mille chilometri, il problema è che se questa è la situazione generale in cui si trovano gli operai, devono trovare anche in questa situazione generale un punto di incontro e una prospettiva, la lotta per il potere operaio, che è quella più importante.
Quindi dobbiamo proseguire questo tipo di lavoro e di azione nelle grandi fabbriche. E’ sicuramente un lavoro di lunga durata, ma porterà dei frutti.
Nessun commento:
Posta un commento