lunedì 26 maggio 2025

"Rimettere in campo gli operai delle grandi fabbriche su una visione internazionale della lotta"

Intervento di un compagno operaio della Tenaris Dalmine nella telematica nazionale sull'Ilva


La discussione sulla situazione dell’Ilva di Taranto, riguarda e toccherà tutte le grandi aziende, in particolare quelle siderurgiche. Questa situazione di Taranto è all'interno del contesto mondiale in corso in cui le questioni della siderurgia sono legate al ciclo dell'energia, ma anche a tutta la destabilizzazione della guerra in Palestina, nei paesi arabi e anche in Africa. E questa situazione riguarda anche a noi operai per i riflessi che comunque ci saranno in questa guerra di contesa mondiale.

Dietro la questione dei dazi commerciali si innescano le politiche del capitale nel nostro paese. Lo dicono direttamente anche i padroni nelle loro analisi. Per esempio il padrone della Tenaris Dalmine, Rocca - un padrone che sta tifando Trump non solo perché ha degli interessi direttamente negli Stati Uniti, ma perché il suo problema è legato a questo riequilibrio - dice che i dazi sono delle misure che servono, perché devono riportare la produzione industriale degli Stati Uniti ad essere in grado di modificare i parametri del sistema industriale mondiale che oggi è completamente sbilanciato.

Ovviamente tutto questo cosa comporta? Che la ridefinizione dei mercati attraverso questa guerra commerciale, che chiaramente è un aspetto anche della guerra più generale che viene portata avanti con il riarmo, ha dei riflessi anche a medio termine a livello delle fabbriche. I dazi in corso stanno creando incertezze, inducendo le aziende a ritardare o a congelare gli investimenti. Ciò ha portato a un rallentamento della crescita economica che a sua volta riduce la domanda di energia, quindi all'abbassamento del prezzo del petrolio. E prevediamo che ci saranno delle riduzioni dei livelli operativi soprattutto, non solo negli Stati Uniti ma anche negli altri paesi.

Questa è un'analisi su cui serve lavorare nelle fabbriche, per rimettere in campo gli operai su una visione internazionale della loro battaglia; che è anche la strada per fare una battaglia di classe che non difenda ovviamente gli interessi nazionali o dei singoli padroni, ma che veda una unità di lotta degli operai, perché possano effettivamente ribaltare questo sistema capitalista, perché all'interno di questo sistema - e l'esempio dell'Ilva in tutti questi anni, non solo nell'ultima fase, è una conferma - ogni soluzione che cercano di mettere in campo peggiora la condizione degli operai.

Questo lavoro di lunga durata comunque deve partire da subito, con collegamenti con altre fabbriche, in particolare i grandi complessi. Ogni realtà ha chiaramente le sue specificità, ma tutte si muovono all'interno di una guerra commerciale mondiale, e quindi il problema è di trovare la strada della lotta, non di “seguire il morto” o, peggio ancora, di andare dietro a soluzioni nazionalistiche, con questo governo in particolare, che portano gli operai ad illudersi che la soluzione è quella di difendere il proprio padrone, la propria nazione, quando invece è un problema di un sistema capitalista giunto alla fase di crisi. E la nostra risposta questa crisi, la nostra “soluzione” è la ripresa effettiva della lotta di classe all'interno dei grandi gruppi industriali.

In questo senso tutta la vicenda che sta attraversando l'Ilva è un aspetto importante, su cui portare il ragionamento anche agli altri posti di lavoro.

Il problema non è che siamo distanti di mille chilometri, il problema è che se questa è la situazione generale in cui si trovano gli operai, devono trovare anche in questa situazione generale un punto di incontro e una prospettiva, la lotta per il potere operaio, che è quella più importante.

Quindi dobbiamo proseguire questo tipo di lavoro e di azione nelle grandi fabbriche. E’ sicuramente un lavoro di lunga durata, ma porterà dei frutti.

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