giovedì 30 luglio 2015

L'Associazione Salam rifiuta ai migranti di poter avere il documento di identità

Nell’incontro tenutosi questa mattina in Prefettura in presenza di una delegazione di migranti del Bel Sit con lo Slai cobas e la responsabile dell’Ass. Salam, quest’ultima ha comunicato che non avvierà la procedura affinchè i migranti, come tutti gli altri che sono sul territorio di Taranto da più di 3 mesi, ottengano il certificato di residenza e la Carta d’Identità.
Si tratta di una presa di posizione assurda che di fatto non ha altro scopo che mettere i bastoni tra le ruote a 138 migranti residenti al Bel Sit.
 
Su questo diritto dei migranti, il Comune – Ufficio stranieri dice che spetta ai migranti il documento d’identità e che potrebbe rilasciarlo subito, se chiaramente l’associazione garantisce che i migranti stanno presso il Bel Sit; tutte le altre Associazione nella stessa situazione della Salam hanno già fatto ottenere i documenti ai migranti nei loro centri; la viceprefetto Trematerra ha inviato alla Salam una lettera con cui scrive che per la Prefettura nulla osta al rilascio della documentazione richiesta dai migranti del Bel Sit..
 
MA LA RESPONSABILE DELLA SALAM, SIMONA FERNANDEZ, HA CONTINUATO ANCHE QUESTA MATTINA A DIRE NO!! 
 
I migranti hanno pari diritti e devono avere pari condizioni indipendentemente dall’associazione che gestisce il centro! Altrimenti ci troveremmo di fronte ad una oggettiva discriminazione dei migranti del Bel Sit dagli altri.
 
Su questo le Istituzioni, in primis la Prefettura deve prendere atto e adottare provvedimenti
 
La lotta, quindi, continuerà più di prima nei prossimi giorni!
 
SLAI COBAS per il sindacato di classe

SPECIALE FORMAZIONE OPERAIA! - LE RISPOSTE DEL PROF. GIUSEPPE DI MARCO DELL'UNIVERSITA' 'FEDERICO II' DI NAPOLI - 2° parte

Dopo questa risposta, sospenderemo la Formazione Operaia. Riprenderemo a metà settembre.
DOMANDA

DA UNA LAVORATRICE DELLA SCUOLA DI PALERMO
Una domanda… Marx anticipa nella parte della 'compera – vendita della forza lavoro' la questione del plusvalore prodotto dalla forza-lavoro dell’operaio in fabbrica.
Nel plusvalore come e se rientra il cosiddetto lavoro non produttivo? (vedi un’impiegata come me della scuola)…

RISPOSTA
DA GIUSEPPE ANTONIO DI MARCO

Non ho capito se questa lavoratrice della scuola vi lavora come insegnante o negli uffici amministrativi. Però la questione è perfettamente la stessa. Non solo, ma le prime battute del capitolo quattordicesimo del Capitale, intitolato «Plusvalore assoluto e plusvalore relativo» sembrano scritte da Marx apposta per rispondere alla domanda che ha fatto la lavoratrice e/ovvero la compagna. Perciò seguiamo e commentiamo questa pagina molto densa, perché – diciamolo già da adesso la risposta non è “no” o sì” secchi ma più complessa, e segue un modo di esporre la cosa che si chiama dialettico e che adesso non mette in conto si spiegare perché lo lasciamo emergere dal commento.
Comincia Marx col dire che in generale ogni lavoro è un rapporto dinamico che si stabilisce tra l’uomo e la natura, quindi un lavoro che si svolge tra questi due poli, soggetto (l’uomo) e oggetto (la natura). In che senso? Nel lavoro l’uomo si appropria della natura che è il suo materiale di lavoro, mediante un mezzo di produzione. Qui “natura” come materiale di lavoro è intesa in un senso ampio, quindi anche il corpo umano, nel caso del lavoro di un medico, o il cervello umano nel caso del lavoro di un maestro di scuola, cioè come Marx stesso dice, «un lavoro al di fuori della sfera della produzione materiale» sono “natura”. Così mezzi di produzione sono la mano o qualsiasi altro organo dell’uomo, mezzi della «propria natura» oppure, l’aratro, una macchina ecc. il più aggiornato computer o post computer i cui materiali sono della «cosiddetta natura» (queste parole tra virgolette stanno nei Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica). Inteso in questo senso, dice sempre Marx, «se si considera l’intero processo lavorativo dal punto di vista del suo risultato, mezzo di lavoro e oggetto di lavoro si presentano entrambi come mezzi di produzione, e il lavoro stesso si presenta come lavoro produttivo».
Però questa definizione di lavoro produttivo che, come si vede, raccoglie ogni lavoro umano, o meglio ogni lavoro che ciascun individuo fa anche da solo, quindi si riferisce a un «processo lavorativo semplice», non basta quando abbiamo a che fare con un processo di produzione capitalistico, perché in esso il lavoro si presenta sempre meno come individuale e sempre più come cooperativo e letteralmente “sociale”, posto che anche il lavoratore individuale sta in un rapporto sociale ma in un senso più ampio e diverso da come lo usiamo qui.
In un lavoro inteso come un processo individuale, il singolo lavoratore, pensiamo a un

mercoledì 29 luglio 2015

PROCESSO-SENTENZA ILVA - 4° PARTE: PARLANO GLI UOMINI DEI PADRONI: DAL PD A FORZA ITALIA - E... BISOGNA ESSERE EX MINISTRO PER DIRE COSE SENSATE

4 PARTE

MUCCHETTI: UOMO DEGLI INDUSTRIALI - PARLAMENTARE DEL PD
Non poteva mancare la voce "ultra autorevole" di Massimo Mucchetti, da sempre uomo degli industriali, con qualche problema con la Fiat di Marchionne, per anni editorialista di punta del Corriere della Sera e oggi parlamentare PD, presidente della Commissione industria del Senato.
Mucchetti è pienamente schierato perchè l'Ilva non si tocchi e utilizza ora anche i rinvii a giudizio per tornare sulla sua tesi: “Premessa la piena fiducia nel collegio giudicante, mi chiedo come sia possibile che la qualità dell'aria di Taranto sia migliorata così poco con l'acciaieria a scartamento ridotto. Ci sono altre fonti cospicue di inquinamento atmosferico?”.
Poi si dilunga sulle cifre necessarie e disponibili, sui risanamenti, mancati investimenti che hanno tutte lo scopo per dire che l'azione dei giudici è “piena di errori materiali sul piano contabile”.
Si occupa quindi dei parchi minerali, anche qui per mettere in dubbio i costi indicati dall'inchiesta giuridica. Scende in campo sulla tesi del Prof. Mapelli, perito dell'Ilva sulla questione del sequestro per avvalorare la tesi che esso porterebbe al fermo dell'intero sdtabilimento e al disastro dell'impresa, sostenendo che il governo a questo pone rimedio con il suo decreto. Ma la magistratura non ci sta.
E qui Muchetti pone la sua soluzione, una sorta di 'soluzione a monte', diciamo delle vere e proprie modifiche legislative: primo, che non si possono fare questi sequestri senza il giudizio preliminare della Cassazione e della Corte Costituzionale. Anzi pretende che questa strada sia a favore dei magistrati, “altrimenti si rischia di finire come in Francia”, dove la Procura risponde al governo – e quindi un caso come quello di Taranto sarebbe altamente improbabile.
Infine, alla domanda dell'intervistatore: “Il processo di Taranto si riferisce all'Ilva quando era gestita dai Riva, ma non sembra che con la gestione commissariale del governo si verifichino meno incidenti e ci sia più sicurezza”. E qui Muchetti rivolta la frittata: “Gli incidenti sul lavoro sono una tragedia vera... Oggi l'Ilva non ha padroni”. Come dire: non si può fare niente. 

GIOVANNI MARIA FLICK - DA QUANDO NON E' PIU' MINISTRO - COMINCIA A RAGIONARE
Hanno cercato di arruolare in questa contesa, il Corriere della Sera in particolare, l'ex Ministro della Giustizia, Giovanni Maria Flick, anche lui presidente emerito della Corte Costituzionale.
Flick anche lui all'inizio si pone dei dubbi sul sequestro degli impianti, ma, pressato, risponde un po' diversamente da come l'intervistatrice pretende.
Quello che posso dire è che a Taranto si è arrivati troppo in là. E' evidente. Siamo ormai al corto circuito e lo dimostra il fatto che 8 decreti siano intervenuti sull'azienda. Non vorrei che si ingenerasse la prassi che certe imprese siano troppo grandi per rispettare la legge, e nemmeno si può pensare che ad ogni decisione scomoda del giudice si possa ricorrere ad un decreto legge”.
Giusto professore, ma si renda conto che questa prassi è esattamente quella che il governo sta praticando.
L'intervistatrice incalza però nel cercare di schierare il professore: “Anche lei crede come il presidente della Confindustria, Squinzi, che il diritto non possa essere uno ostacolo all'impresa?”.
Io credo – risponde Flick - che non si possa chiedere al magistrato provvedimenti che tengono conto dell'accettabilità sociale o della sostenibilità economica. Non è il suo mestiere. Lui deve rispondere alla legge, non ai requisiti socioeconomici...”.
E qui, purtroppo per l'intervistatrice, Flick mette un altro carico da 90: “Io mi preoccupo quando vedo certe cose. Mi riferisco al fatto che mi sembra preoccupante e mi lascia perplesso l'alleanza innaturale che si è formata tra politica, sindacato e impresa sull'acciaieria di Taranto. Ciascuno persegue fini diversi, ma tutti insieme invocano proprio quei concetti che dicevamo di “accettabilità sociale” o “compatibilità economica nelle decisioni del giudice”. E insiste: “Non seguirei fino in fondo il discorso di Squinzi che scorda una cosa fondamentale... dimentica completamente l'art. 41 della Costituzione: l'iniziativa economica non può svolgersi se reca danni a libertà, sicurezza e dignità umana. Squinzi non può denunciare la 'manina' e i pregiudizi del giudice nei confronti dell'impresa come ha fatto per Ilva e Fincantieri e non riconoscere contemporaneamente il braccino dell'impresa nella corruzione o il tentativo dell'impresa di sottrarsi alle regole e di vederle in una prospettiva solo formale e cosmetica”.

Ben detto, professore. Evidentemente non essere più ministro e presidente emerito aiuta nella libertà di pensiero.

SACCONI, UOMO PER ECCELLENZA DEI PADRONI
Non ci stupiamo affatto che a chiudere ulteriormente il discorso sia poi intervenuto un uomo per eccellenza dei padroni, l'ex Ministro Sacconi che è tuttora presidente della Commissione lavoro al Senato nonostante, o potremmo dire grazie, il parlamento renziano, grillino e quindi non certo targhettato Forza Italia.
Sacconi senza citare espressamente il caso in oggetto la butta sul generale e vede la vicenda frutto della ostilità nei confronti dell'impresa diffusa nel nostro paese in conseguenza del forte radicamento che, qui più che altrove, hanno avuto le posizioni ideologiche anticapitalistiche del '900. “Di conseguenza, risultano incomprensibili tutti quei provvedimenti cautelari (vedi sequestro Altoforno Ilva, non citato – ndr) che producono danni certi e immediati ai terzi incolpevoli come lavoratori, fornitori, clienti, azionisti; o determini il crollo di un marchio con effetti irreversibili”.
Poi prosegue: non si può accettare che si penalizzi sempre e soltanto l'impresa, né che l'informazione e la semplificazione dei social funzionino da incitamento alla giustizia sommaria...
Insomma, per Sacconi l'azione dei giudici né ispirata da un'ideologia anticapitalista novecentesca e tradotta in una giustizia sommaria da “dittatura del proletariato”. 

LE IMMAGINI DELLA MANIFESTAZIONE DEI MIGRANTI A TARANTO - UNA BELLA "ROTTURA" PORTATA NEL CENTRO CITTA' CON I MIGRANTI NON "ELEMOSINANTI ASSISTENZA" MA PROTAGONISTI IN LOTTA

Ieri la manifestazione dei migranti a Taranto ha spostato nel centro città, in maniera chiara, gridata e visibile, e nei confronti delle Istituzioni, in primis la Prefettura, la pesante condizione dei migranti, bloccati spesso per più di un anno in Centri d'accoglienza, in attesa di documenti di identità, riconoscimento condizione di rifugiato, permessi di soggiorno, tessera sanitaria, ecc. e a cui non viene normalmente corrisposto il pocket money, e anche diritti fondamentali quali assistenza sanitaria viene fornita in maniera totalmente inadeguata.  
Questa denuncia, le rivendicazioni i migranti le hanno scritte sugli striscioni, sulle decine di cartelli e le hanno gridate e spiegate per tutto il tempo del presidio sotto la Prefettura.
Questo ha permesso di ottenere un primo parziale risultato nell'incontro avuto in prefettura, con la disposizione da parte del Prefetto di dare ai migranti il documento di identità, e fissando un nuovo incontro con l'Associazione del Centro per la concreta procedura.

Questa manifestazione organizzata nei giorni precedenti dallo slai cobas sc insieme ai migranti ha rotto anche una situazione di visibilità solo dell'azione delle Istituzioni locali e di silenzio ipocrita sulla reale condizione dei migranti a Taranto in alcuni centri di accoglienza, che invece di provvedere all'assistenza dei migranti e a far rispettare i loro diritti, fanno "i più realisti del re", applicando in maniera iperburocratica, con il minimo impegno, e con un'interpretazione più a destra possibile, la legislazione esistente, cercando di rendere i migranti dei silenti assistiti che devono pure "ringraziare", e non dei protagonisti.
IERI QUESTA SITUAZIONE SI E' CAPOVOLTA, I MIGRANTI HANNO PRESO IN MANO LA LOTTA E HANNO FORTEMENTE DENUNCIATO ANCHE QUESTA LOGICA DI ALCUNE ASSOCIAZIONI

 
Questa scesa in campo diretta dei migranti ha fatto emergere la possibile unità tra migranti e lavoratori, disoccupati, i cui rappresentanti dello Slai cobas sc hanno sostenuto attivamente la manifestazione, stringendo legami di lotta tra proletari che hanno anche gli stessi nemici.
Ma nello stesso tempo ha affrontato, senza nasconderle dietro un dito, contraddizioni con atteggiamenti da "razzismo qualunquista" presenti tra settori delle masse e che ieri per esempio sono stati espressi da una minoranza di lavoratori in lotta per il lavoro anch'essi in presidio sotto la Prefettura di Taranto ("lo Stato pensa ai migranti e non a noi lavoratori italiani", "loro hanno 30 euro al giorno e noi stiamo morendo dalla fame", "ritornate sulle navi..." e stupide e ignoranti amenità di questo genere). 
La determinazione a respingere questo razzismo, pur espresso da lavoratori giustamente in lotta, la forza e giustezza della denuncia fatta dai migranti, ha permesso di stoppare sul nascere questi atteggiamenti, con altri lavoratori che invece hanno espresso sostegno alla mobilitazione dei migranti

 




Il sindaco Stefano "la zuppa nera" la fa mangiare alle tante famiglie in difficoltà, ai disoccupati in lotta da anni per un lavoro e un salario dignitoso e non per avere elemosine assistenzialiste elargite dal comune

Stefano e la sua "zuppa spartana"

Da semplice considerazione personale, a sfottò. Persino a barzelletta. Nel fine settimana appena trascorso non si è fatto altro che parlare, soprattutto sui social della presunta natura “spartana” del sindaco Stefàno. Facciamo un passo indietro.
Venerdì mattina durante il gemellaggio con la città di Sparta, suggellato con l’approvazione di una delibera in consiglio comunale, il sindaco ha rilasciato un’intervista durante la quale ha dovuto rispondere a domande sul suo rinvio a giudizio, arrivato il giorno prima, nell’ambito dell’inchiesta per disastro ambientale che coinvolge non solo la famiglia Riva, ma anche, ad esempio, l’ex governatore di Puglia Nichi Vendola, e, appunto, il primo cittadino di Taranto, Ezio Stefàno. Per spiegare le sue mancate dimissioni aveva detto intanto di «sentirsi con la coscienza in ordine» e poi che «da spartano» era abituato «a mangiare la zuppa nera che faceva soffrire ma rafforzava».

Ecco queste parole hanno fatto il giro del web. Prima di tutto è partita una ricerca: Il brodo nero era il piatto tradizionale spartano, assurto a simbolo della frugalità dei costumi spartani. Malfamato per la sgradevolezza del suo sapore, era la pietanza fondamentale consumata nei sissizi (i pasti comuni degli spartani). In realtà la traduzione brodo nero non rende pienamente il significato del termine greco, che più letteralmente indica una zuppa nera: si trattava in effetti di uno spezzatino di maiale, reso scuro dall'aggiunta di sanguinaccio. Svelato quindi l’arcano. Resta invece il parallelo con la sofferenza, ovvero l’attesa fino al processo (che comincerà il 20 ottobre), nel quale, forse, parlerà ai giudici di Taranto che lo vogliono, appunto, coinvolto nell’inchiesta. Per la precisione “omissione di atti d’ufficio”, ovvero sapeva dell’inquinamento ma non ha fatto quanto di sua competenza per impedirlo.

Ma il sindaco avrà modo di spiegare e di difendersi a tempo debito. Oggi invece, le sue affermazioni sulla vicinanza al popolo spartano, impazzano sul web, ovviamente si tratta di commenti molto ironici. «Ma da oggi a Taranto, il protocollo del pranzo domenicale prevederà ancora pasta al forno o zuppa nera?» Il tono era tutto sommato questo. E poi ci sono gli increduli. «Ma sul serio ha risposto così? Ditemi che non è vero?» Infine quelli rassegnati. «Non c’è futuro per Taranto, fino a che un sindaco rinviato a giudizio, al posto che dimettersi, dirà che resta in carica perché mangia zuppa nera».

E’ questo che accade quando una frase mal gestita, una frase “leggera” posizionata in un contesto serio, diventa virale, ponendo il fianco, ad un’infinità di commenti. Critiche piuttosto, che segnano ancora una volta la distanza tra Palazzo di città e la comunità, sempre più nutrita, che non si riconosce nell’attuale sindaco e nelle sue scelte politiche. Ed infatti, la più condivisa sui social, dopo le affermazioni pubbliche di venerdì, è la frase «Stefàno non è il mio sindaco». Il cui peso, sempre politico, non va più nemmeno interpretato. Quello che Taranto non accetta sono le affermazioni, qualcuno le ha persino definite “promesse” non mantenute. Nel 2012 dichiarò che non avrebbe accettato indagati nella sua nuova Giunta, e in ballo c’era già l’inchiesta Ilva. Alla fine l’unico indagato era lui. Ma non si dimise. A quel punto rilanciò: «Se mi arriva l’avviso di garanzia lascio».

Anche questo, illo tempore, arrivò, ma niente. Tutto spostato all’eventuale rinvio a giudizio. Che oggi c’è, e lo traghetta direttamente a processo, ma lui risponde intanto che è “contento”, e poi che potrà finalmente «essere ascoltato». Come se durante la fase preliminare ci fosse un diktat. Ma la città sa bene che così non è, e che invece avrebbe potuto rilasciare dichiarazioni spontanee, come fatto da altri indagati. Per spiegare, difendersi, raccontare la sua versione. Ecco è questo che Taranto, fatica ad accettare. E’ questo che poi riversa, sotto forma di rabbia, su un web diventato incandescente. Un mondo social che è sempre più lo specchio di un “sentire” di piazza. Le dichiarazioni di Stefàno, arrivano nella giornata in cui viene sancito ufficialmente un gemellaggio, da molti definito storico. E innescano un dibattito che provoca fibrillazioni anche in ambienti insospettabili.
(Da Gazzetta del Mezzogiorno)

martedì 28 luglio 2015

MANIFESTAZIONE DEI MIGRANTI QUESTA MATTINA ALLA PREFETTURA

Riuscita manifestazione questa mattina sotto la prefettura dei migranti alloggiati al al centro BEL SIT, con una partecipazione compatta, combattiva.
CON CARTELLI SCRITTI DA LORO E STRISCIONI, PER CIRCA DUE ORE HANNO URLATO LE LORO RICHIESTE E INVITATO ALLA SOLIDARIETA’- nella manifestazione i migranti hanno espresso una posizione molto critica verso l’associazione SALAM che gestisce il centro.
Alle 10 una delegazione con Margherita Calderazzi dello Slai cobas è salita in prefettura per un incontro
in cui sono state ribadite le richieste – prima fra tutte – il documento d’identità.
La richiesta è stata accolta e la Prefettura ha comunicato che nella giornata di ieri aveva già trasmesso una lettera all’associazione Salam perchè si attivasse subito.
A questo scopo l’associazione è stata convocata domani insieme allo slai cobas e alla delegazione dei migranti.
Nello stesso tempo sono state raccolte e portate le altre richieste che riguardano tutti: pagamento puntuale pocket money, assistenza sanitaria fruibile e quelle che riguardano alcuni migranti che non hanno ancora il permesso di soggiorno e la tessera sanitaria.
La lotta organizzata e combattiva è partita e arriverà fino in fondo
 
I migranti
Slai cobas per il sindacato di classe Taranto

PROCESSO-SENTENZA ILVA - 3° PARTE: GOVERNO, GIORNALISTI, GIURISTI TUTTI AL SERVIZIO DEI PADRONI

3 PARTE

IL GOVERNO AL SERVIZIO SEMPRE E COMUNQUE DEL CAPITALE
Renzi proseguendo l'opera dei governi precedenti si è schierato apertamente al servizio dei padroni assassini, con una serie di decreti tutti sotto il segno di contrastare e vanificare l'inchiesta della magistratura e il processo, usando la gravità della situazione e le preoccupazioni esistenti nella fila operaie per il lavoro, ma rispondendo in realtà solo ai diktat dei padroni dell'acciaio e della Confindustria.
I decreti annunciavano provvedimenti per ambientalizzare la fabbrica ma contengono tutti all'interno la scappatoia per evitarli. Questo ha portato al fatto che finora si è fatto poco o niente mentre la situazione in fabbrica e città è obiettivamente peggiorata. 
Su questo esiste un'ampia denuncia articolata dei decreti a cui rimandiamo.
Ma è sugli ultimi due decreti che va posta l'attenzione principale; dal punto di vista del contrasto al processo nel 7° decreto si esenta di fatto i commissari di Renzi da responsabilità penali relative a quello che può succedere in materia di sicurezza e salute – un decreto subito messo alla prova dei fatti con nuovi morti in fabbrica e nuovi gravi incidenti.
L'ultimo decreto invece è quasi un decreto dello scontro corpo a corpo che apparentemente è nei confronti dell'azione della magistratura ma che in realtà vuole mettere a tacere qualsiasi voce critica in fabbrica e in città che voglia dire: ora basta! E pone in termini seri, e non demagogici da titoli sui giornali, il problema che questa fabbrica, questi impianti, questa organizzazione del lavoro, questo sistema di comando non può avere libero corso e licenzia di uccidere. Non tanto perchè la fabbrica uccide ma perchè il capitale uccide e la condizione attuale della fabbrica è espressione di questa logica, a dimostrazione che l'industria può essere nelle mani dello Stato (perchè così è attualmente per l'Ilva) e fare le stesse cose, se non peggio, dei padroni assassini.
Può essere gestita da commissari di Stato e di governo e rispondere agli esclusivi interessi di Confindustria e dei padroni dell'acciaio.
Può essere una fabbrica sostanzialmente nazionalizzata e condotta e gestita in funzione di svenderla ai padroni indiani, che altrimenti non se la prenderebbero - con buona pace della nazionalizzazione richiesta da Usb e troskisti. Nazionalizzazione senza dittatura del proletariato è fabbrica del capitale gestita dai funzionari dello Stato borghese.

Tornando a noi. Il caso ha voluto (per modo di dire) che la conclusione dell'udienza preliminare sia coincisa con lo scontro sulla continuità produttiva dell'Afo2 stabilita dall'8° decreto Renzi.
Ciò ha permesso a tutti di 'parlare a suocera perchè nuora intenda'. Così sono entrati in campo padroni, l'intero schieramento dei padroni e ancor più giuristi, politici, economisti, ecc. che hanno sciorinato tutto l'ampio campionario del perchè non si può fermare una fabbrica pena la rovina della società e chi si azzarda viola i 'sacri principi' dell'ordine capitalista.

I GIORNALISTI AL SERVIZIO E MEGAFONO DELLA CONFINDUSTRIA
Il Corriere della Sera con Dario De Vico ha subito gridato ad un conflitto che è durato troppo e che deve finire. Deve finire naturalmente nel senso che devono finire i processi e la messa sotto accusa. Perchè questo? Perchè gli industriali “nel riposizionamento qualitativo post crisi dell'impresa hanno ora intrinsicamente una maggiore attenzione all'ambiente e al capitale umano”. Insomma a prescindere. 
Quali dato De Vico, che pure dovrebbe essere persona che di dati vive, apporta a conferma di questa affermazione? Quale fabbrica grande, media o piccola, nel nostro paese attualmente è espressione di una maggior attenzione all'ambiente e al capitale umano? Quando nelle fabbriche grandi, medie, piccole, non solo siderurgiche, avviene esattamente il contrario.
In realtà De Vico fa da megafono al ben più consistente comunicato della Confindustria che sostanzialmente dice “basta” e mette in campo per così dire tutta la forza dei padroni, annunciando con aria di sfida a settembre terranno il Consiglio generale della Confindustria a Taranto.

Il giornalista Paolo Bricco su 'Sole 24 Ore' è più cauto e chiede che si separi la vicenda processuale dalla questione della fabbrica in queste ore e che chi ha sbagliato paghi, scaricando di fatto la famiglia Riva; e che invece ci si concentri sulla vicenda industriale che rischia di far collassare l'Ilva.
Ma che vuol dire questo? Che i colpevoli del processo possono essere condannati e la continuità delle morti operaie e da inquinamento in corso deve andare avanti? Nonostante si tratti obiettivamente degli stessi reati.
Ma Bricco, esorcizzato il passato, ripropone gli stessi argomenti usati quando il processo è partito: “E' in pericolo il destino industriale e del paese”. Ed è più preciso, cosa naturale dato che si parla del giornale della Confindustria, sulla linea e gli obiettivi di quest'ultima rilanciando il grande appuntamento di settembre, presentato così:
“Una scelta coerente con la preoccupazione che ogni segmento avveduto e non ideologico della classe dirigente italiana – dal sindacato al ceto politico nazionale fino ad una parte della stessa magistratura – sta sviluppando sempre di più, di fronte alla prospettiva del disastro economico e sociale successivo alla chiusura dell'impianto, un disastro per Taranto... un disastro per il paese che perderebbe uno degli architravi del suo sistema industriale”.

Quindi è una chiamata alle armi quella della Confindustria. Si vuole fare del 24 settembre una sorta di 'Stati generali', in cui intorno alla Confindustria si raccolgano i sindacati, il ceto politico borghese nazionale e, importante, una parte della stessa Magistratura. Un “Comitato di salute pubblica” a meno di un mese dall'inizio del nuovo processo.
Come dire, i padroni la guerra la fanno e si preparano a farla sempre di più.

Il giornalista Federico Pirro, da sempre vicino all'impresa, e l'avvocato dell'impresa Pellegrino sono particolarmente indignati per il ricorso alla Corte Costituzionale operato dalla Procura e usano lo stesso argomento: “il decreto è stato firmato dal presidente Mattarella”. E Pirro aggiunge: “il decreto legge, come prevede la nostra Costituzione è stato firmato dal capo dello Stato dopo che i competenti uffici del quirinale ne hanno verificato la rispondenza ai requisiti di costituzionalità. Inoltre è facilmente ipotizzabile che Mattarella, già docente di diritto costituzionale presso l'Università di Palermo e componente della stessa Corte Costituzionale fino al giorno della sue elezione a capo dello Stato, abbia letto con particolare attenzione e competenza personale il testo. Un ultimo ricordo. Sergio Mattarella era già giudice della Corte Costituzionale che riaffermò la piena costituzionalità della legge 231, la prima approvata dal parlamento dopo il sequestro senza facoltà d'uso dell'area a caldo dell'Ilva sulla quale la Procura tarantina aveva sollevato dubbi di costituzionalità”.

Con il discorso di Pirro, la Corte costituzionale può andare benissimo in soffitta. Perchè un decreto, una legge se firmata dal presidente della Repubblica sarebbe già di per sé al riparo da dubbi di costituzionalità. Per di più ora, essendoci Mattarella, il discorso sarebbe chiuso.
Quello che diciamo noi è che purtroppo essendoci Mattarella temiamo davvero che il discorso sia chiuso. 

GIURISTI AL SERVIZIO DEI PADRONI
Gli interlocutori della Confindustria, giuristi, sono però già scesi in campo schierandosi in maniera quasi volgare.
Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, come si direbbe “uscendo dal riserbo”, scende apertamente in campo dalle pagine de Il Messaggero, con uno stile ipocrita. L'obiettivo è apertamente i Magistrati di Taranto.
Fingendo di volere equilibrio in uno scontro di potere tra governo e magistrati che “non fa bene a nessuno”, parte diretto con consigli, “l'attività di un magistrato ha bisogno di equilibrio quando il suo lavoro ha un impatto molto forte sull'opinione pubblica”.
Tutto il tono dell'intervista dimostra che quella che lui chiama “opinione pubblica” è poi l'opinione dei padroni, governo e di tutto il sistema di consenso ad essi.
Alla domanda se il futuro dell'Ilva è sempre più nelle mani della magistratura, Mirabelli risponde: “La decisione del rinvio a giudizio mi sembra inevitabile rispetto a 'vecchi episodi' e responsabilità che sono state individuate... Il punto è come assicurare la continuità della produzione di un'industria essenziale per il paese, nel rispetto della tutela primaria...”.
E' esattamente la tesi della Confindustria. Va bene perseguire reati vecchi ma ora la priorità della magistratura dovrebbe essere l'altra cosa.

Mirabelli esprime anche il suo fastidio perchè l'ultimo decreto sia finito davanti alla Corte costituzionale impugnato dalla Procura di Taranto “uno scontro di potere che non fa bene a nessuno”. Ma Mirabelli, tu sei 'presidente emerito' della Corte Costituzionale... Hai già quindi emesso la sentenza della Corte Costituzionale? Altrochè. Infatti alla domanda se “i sequestri degli impianti che mettono a rischio migliaia di posti di lavoro sono indispensabili”, Mirabelli risponde che la Corte Costituzionale ha già risposto “Ci vuole un ragionevole bilanciamento degli interessi tra diritto alla salute e quello al lavoro... Ciò significa non eccedere nell'uso dello strumento del sequestro preventivo degli impianti”. Alla faccia del bilanciamento!
Mirabelli, ma di quale “sequestro preventivo” parli? Il sequestro è successivo alla morte di un operaio per carenze riconosciute dell'impianto e chiaramente pericolose per tutti finchè non vengono eliminate.
E che non ci siano equivoci, il giornalista dice - dando ragione a Mirabelli - “il contrario di quello che stiamo vedendo a Taranto”.

Ma Mirabelli non si ferma qui e fa l'esempio della custodia cautelare di cui bisogna fare un uso sobrio. Siamo d'accordo sulla custodia cautelare ma l'altoforno non è una persona, o è in condizione di lavorare senza rischio vita degli operai o va fermato.

L'intervista prosegue – e appare sempre più come un'intervista richiesta più che un'intervista concessa – per diventare minaccia ai magistrati di Taranto. Infatti il giornalista incalza in una domanda obiettivamente pilotata, quasi simile ad un'autointervista: “Per lei il Csm condivide questa impostazione, visto che non interviene quasi mai nei confronti di magistrati che eccedono?” - una domanda che è un attacco ai magistrati di Taranto e anche al Csm che non interviene contro di loro.
Mirabelli prima risponde con una frase di rito e poi scarica la bordata “(il Csm) però può valutare la professionalità” - con un'allusione esplicita ai magistrati di Taranto - “a partire dall'equilibrio e in base a questo fare le necessarie verifiche e decidere avanzamenti di carriera”. Il messaggio è chiaro e pesante.  

Ma ormai l'autostrada è aperta. Continua Mirabelli “la professionalità delle toghe è messa a rischio dall'attrazione delle sirene della notorietà”. Il giornalista incalza: “in Puglia stiamo vedendo una cosa del genere?”. Mirabelli: “Non posso dirlo con certezza. Però purtroppo una certa pressione dell'opinione pubblica anche attraverso gli organi di informazione e una certa politica che ha arruolato con disinvoltura titolari di inchieste poi finite nel nulla inducono alcuni magistrati a prendere posizioni eclatanti, a sentirsi campioni di un caso giudiziario”. Siamo ai limiti della diffamazione, se riferita all'inchiesta del processo di Taranto.
Ma Mirabelli evidentemente ha obiettivi anche più alti. E l'intervista prosegue:
“tornando a Taranto – dice il giornalista – intanto ci sono tre commissari che la bonifica la stanno facendo”. “Già è vero – risponde pronto Mirabelli – un motivo in più perchè la Magistratura agisca con il necessario equilibrio. Lo dico con una battuta: i magistrati non devono mai chiudere gli occhi ma neanche guardare sempre i fatti col microscopio”. Questa è una aperta e volgare interferenza!

Il pezzo più grosso messo in campo dal fronte Stato-padroni nella contesa con la Procura di Taranto è Sabino Cassese, candidato presidente della Repubblica e considerato “oracolo istituzionale” per eccellenza. E dall'alto di questo pulpito, rappresentato in questo caso dalle colonne de Il Messaggero tuona sicuro e determinato: “I giudici rispettino il decreto sull'Ilva... Spetta al Parlamento e non ai magistrati decidere qual'è il giusto equilibrio tra i diversi diritti costituzionali”.
Dire che spetta al parlamento significa dire che spetta al governo, e quanto questo sia coerente con la divisione dei poteri Cassese non lo spiega. Il decreto che per altro come legge deve essere confermato, è stato impugnato presso la Corte Costituzionale perchè “viola l'art. 2 della Costituzione”. “L'esercizio dell'attività di impresa – scrive la Procura di Taranto – non può essere garantito pur in presenza di impianti pericolosi per la vita o l'incolumità umana senza pretendere dall'azienda l'adeguamento degli stessi alle più avanzate tecnologie di sicurezza. Dato che – ricorda la Procura – la Costituzione tutela sì il diritto al lavoro, ma impone quale presupposto essenziale e inderogabile che il lavoratore operi in condizione di massima sicurezza”.
Ma per Cassese tutto questo non è Costituzione: “non ci si può svegliare la mattina e inventarci il diritto che ci piace” puntualizza infastidito. E per Cassese il governo con il decreto ha sospeso l'esecuzione del sequestro. “I giudici sono sottoposti alla legge e questo atto è legge e devono rispettarlo”.

L'intervistatore pure ha dei dubbi: “Il principio vale anche per i decreti legge prima della loro conversione definitiva?”. Cassese aggira la domanda: “I decreti legge vengono adoperati in casi straordinari, di necessità, urgenza. In questo caso evidentemente il governo ritiene che la necessità e urgenza ci siano, altrimenti sarebbe stato inutile vararlo”.
Che risposta è? Il governo avrebbe ragione a prescindere. Ma Cassese evidentemente interpreta così la Costituzione.
Poi anche lui fa il “difensore degli operai”, senza accertare minimamente se il fatto realmente esiste se la prende direttamente con i Magistrati per la presunta incriminazione dei 19 operai dell'Altoforno: “Non è bello prendersela con i più deboli”. E' bello evidentemente per Cassese che i più deboli muoiano in fabbrica e continuino a lavorare a rischio.

lunedì 27 luglio 2015

Con i migranti che chiedono i loro diritti

Domani, martedì 28 luglio dalle ore 9,30 presso la Prefettura, presidio dei migranti. 

Siamo solidali, sosteniamo il presidio!

PROCESSO-SENTENZA ILVA - 2° PARTE: Sindacalisti parti civili invece che imputati

2° PARTE 

Non solo l'inchiesta della Procura, a nostro giudizio, fornisce un quadro parziale e allo stesso tempo un pò deformato del sistema Riva e dei suoi complici, ma anche le parti civili costituiscono a volte un'accozzaglia, una sorta di “fiera delle vanità” di quelli che sono gli interessi colpiti. Parti civili in questo processo hanno diritto di esserlo le decine di migliaia di operai dell'Ilva e dell'appalto, i proletari dei quartieri inquinati, i lavoratori del cimitero epicentro dell'inquinamento dai parchi minerali, le famiglie degli operai morti sul lavoro e dei tanti morti di tumore e da inquinamento, alcuni delegati operai che hanno fatto battaglie esplicite in tutti questi anni subendo la repressione padronale e sindacale, alcuni ambientalisti che hanno contribuito effettivamente con una denuncia sistematica, parziale ma efficace, a mettere in luce gli effetti dell'Ilva sulla città e all'inchiesta; lo Slai cobas per il sindacato di classe unica organizzazione che ha denunciato giorno per giorno le responsabilità di padroni, governi, sindacati, organi di controllo, che ha sostenuto battaglie in Tribunale contro Riva, dalla Palazzina Laf alla Nuova Siet, ai morti in fabbrica, battaglie che ha fatto diventare nazionali contribuendo in maniera determinante a fondare l'Associazione '12 giugno' e la Rete nazionale per la sicurezza, quello Slai cobas che con i suoi esponenti ha subito denunce e querele da Palombella Uilm, dal segretario della Fiom, Fiusco, sempre inchiodati per le loro responsabilità sul terreno della sicurezza in fabbrica, fino all'unico processo realmente simbolico che ha preceduto il maxi processo attuale, quello per “Riva assassino” scritta sui muri della fabbrica, rivendicato nei volantini, che ha scomodato direttamente padron Emilio Riva nell'unico processo a cui si è presentato come un lupo travestito da pecora venuto a dire che non era assassino ma che era un imprenditore che faceva del bene alla città...

Queste dovevano essere le sole parti civili di questo processo e non la pletora di associazioni inesistenti, personaggi che nessuno conosce perfino nella nostra città, fino alla grottesca presenza nel processo come parti civili dei sindacati confederali, venuti lì con inutili faldoni di un'opposizione inesistente, con Landini sorridente senza minimamente vergognarsi dei suoi esponenti locali che avevano espulso proprio quei delegati che denunciavano e si esponevano sui problemi della sicurezza e dell'ambiente e che fanno sempre le denunce “post mortem” di operai

In questo senso anche le parti civili sono una rappresentazione deformata ma anche una farsa che inquina il processo e rende difficile che in esso ci siano da un lato i padroni assassini e i loro complici e dall'altro operai e masse e i loro legittimi rappresentanti.

Anche in questo processo lo Slai cobas per il sindacato di classe è l'unico che abbia realmente organizzato con assemblee, incontri un contingente autorganizzato di operai dell'Ilva, dell'appalto, di lavoratori del cimitero, di proletari dei Tamburi e di Paolo VI, perchè diano voce ai senza voce, senza delegare a nessuno.

Al contrario abbiamo visto l'Usb esibirsi nell'autopropaganda su scala nazionale quando questo sindacato non esisteva e nulla ha mai fatto per combattere i padroni assassini, non solo all'Ilva ma neanche alla Thyssen, all'Eternit, al Petrolchimico. Mentre sarebbe stato legittimo e giusto che gli attuali operai e delegati che fanno riferimento a questo sindacato, alcuni dei quali la battaglia in fabbrica l'avevano fatta anche dall'interno dei sindacati confederali, si fossero costituiti in questo processo e si fosse organizzata la costituzione di tanti operai.
Così come estremamente deludente è stata la presenza dei “Liberi e pensanti” che per mesi hanno continuato e continuano a raccontare che loro sono il popolo, rifiutano la delega, sono lavoratori e cittadini, ma che poi al processo non hanno permesso a questi lavoratori e cittadini di costituirsi parte civili, espropriandoli e presentando solo la loro sigla che anche tecnicamente non poteva essere ammessa perchè costituitasi successivamente agli avvenimenti oggetto del processo.

E' chiaro quindi che discende da questa situazione che al processo che viene siano operai e masse che devono essere protagoniste.
E questo è possibile solo se le masse si liberano della scimmia addosso rappresentata da sindacati, associazioni, che cercano notorietà e soldi per sè, invece che rivendicare giustizia e risarcimenti per operai e cittadini,

Proletari comunisti - PCm

domenica 26 luglio 2015

PROCESSO-SENTENZA ILVA - 1° PARTE: LE FORTI CARENZE DEL PROCESSO

Iniziamo con questo scritto un'analisi del processo Ilva, della fase conclusasi da poco, e delle posizioni che si stanno esprimendo.


I PARTE

La fase preliminare del processo all'Ilva di Taranto si è finalmente conclusa e il 20 ottobre si aprirà il processo vero e proprio.
Sono stati rinviati a giudizi i padron Riva, i direttori dello stabilimento, i fiduciari dei padroni assassini che costituivano il 'governo ombra' del siderurgico, il responsabile delle relazioni con le istituzioni, politici, i sindacati, con l'accusa di “associazione a delinquere” che con piena consapevolezza hanno determinato un gravissimo pericolo per la salute pubblica, causando eventi di malattie e morte della popolazione, mettendo a rischio i lavoratori e i cittadini.
Sono stati rinviati a giudizio le società Ilva spa, Riva Fire e Riva forni elettrici.
Più una catena di complici del sistema Riva che avrebbero consentito a causare il disastro ambientale.  
Tra questi ultimi vi sono soprattutto Niki Vendola, il direttore generale dell'Arpa Puglia Assennato, il Sindaco di Taranto Stefano, il Presidente della Provincia Florido, l'ex assessore all'ambiente della Provincia Conserva, l'attuale parlamentare di Sel Fratoianni, all'epoca assessore regionale, il consigliere regionale del Pds Pentassuglia, e l'uomo di punta della Digos locale De Michele; e altri minori.
Sono già stati condannati perchè hanno chiesto il rito abbreviato, l'uomo del vescovo di Taranto Don Marco Gerardo e il consulente corrotto della Procura, Roberto Primerano (il primo a 10 mesi e il secondo a 3 anni e 4 mesi).

Quest'insieme di rinvii a giudizio dà il senso dell'importanza del processo e dell'ampiezza del sistema che ha prodotto morti, malati in fabbrica e fuori e inquinamento di quartieri.

Ma la prima cosa da dire ora che il processo ha superato l'ostacolo della fase preliminare è che l'inchiesta della Procura è largamente carente. Manca nelle carte un quadro effettivo delle

Dopo l'assemblea dei migranti al Bel Sit - manifestazione martedì 28 luglio alla Prefettura

Una partecipatissima e bella assemblea si è svolta venerdì scorso con i rappresentanti dello Slai cobas presso il centro del Bel Sit; tanti migranti sono intervenuti per raccontare la loro situazione e rafforzare le loro richieste, in primis di poter avere il documento di identità - vi è anche la mancata corresponsione da maggio del pocket money: si tratta di appena 2,50 euro al giorno, ma anche per questo devono penare.
La maggiorparte dei migranti è a Taranto da più di un anno, per cui è assurdo che il Bel sit venga considerato come un centro di prima accoglienza, negando quindi ai migranti i documenti di cui hanno diritto.
L'assemblea si è conclusa con la determinazione unanime di andare in massa martedì 28 alla prefettura ore 9,30 - a cui è stato richesto un nuovo incontro per dare soluzioni concrete ai problemi dei migranti.

Basta con lo scambio di lettere! Retribuzioni alle lavoratrici degli asili

E' da due mesi che assistiamo ad uno scambio di lettere, di accuse contro accuse tra la Ditta Thesis appaltatrice fino al 30 giugno del servizio di pulizia (ma di fatto anche di ausiliariato) negli asili comunali e il Comune di Taranto.
L'ultima querelle è sulla corresponsione degli stipendi alle 90 lavoratrici. La Thesis dice che non li paga finchè il Comune non paga a sua volta le fatture per il servizio, il Comune dice che non pagherà le fatture finquando la Thesis non paga le retribuzioni. Intanto...
le lavoratrici dovrebbero stare a guardare o parteggiare con l'uno o con l'altro dei "contententi", mentre non hanno ancora ricevuto gli stipendi di maggio e giugno, devono mangiare loro e i loro figli, devono pagare bollette, ecc.

Ora i due "attori"dell'appalto si rompono le corna, quando finora insieme, ognuno per la propria convenienza, hanno gestito un appalto vergognoso, con contratti al di sotto di ogni legge contrattuale e normativa, a soli 11 ore alla settimana, a salari sotto ogni decenza, mentre pretendevano che le lavoratrici facessero oltre i lavori di pulizia anche quelli di ausiliariato che sono andati via via aumentando, senza che venissero riconosciuti - Ora nel nuovo appalto, vinto dalla ditta servizi Integrati, queste attività sono ufficializzate, ma... orario e livelli retributivi restano sempre uguali a prima!

Una parte delle lavoratrici, tra cui quelle dello Slai cobas, questa settimana sono andate a protestare al Comune. Frutto di questa giusta iniziativa è stato che il Comune ora dovrebbe pagare direttamente lo stipendio di maggio alle lavoratrici, ma i tempi lunghi con le lettere che continuano rischiano di far vedere non si sa quando i soldi alle lavoratrici.

Per questo mercoledì le lavoratrici torneranno al Comune per pretendere il pagamento immediato sia di maggio che di giugno!

I primi condannati del processo Ilva: Don Marco Gerardo: i soldi alla curia tarantina dati da Girolamo Archina'

(dal Quotidiano digitale)

 I versamenti erano continui, variavano dai cinque ai quindicimila euro. Le occasioni erano Natale e Pasqua, e in un caso anche c'è stato un versamento diretto nei confronti dell'allora Arcivescovo, monsignor Benigno Papa. E' un rapporto costante e diretto quello che lega l'Ilva, e dunque il suo uomo delle pubbliche relazioni, Girolamo Archinà, alla Curia tarantina.

Sono dei "benefattori" i Riva. E per questo la Chiesa è sempre stata loro molto grata. Inaugurano nuove opere (grande per esempio fu la soddisfazione, condivisa con il sindaco, quando fu inaugurato il sistema idrico per tutte le fontanelle del cimitero), scoprono targhe e quando servono usano le parole giuste. Emblematiche sono proprio le dichiarazioni di monsignor Benigno Papa, dopo aver ricevuto 365mila euro per la ristrutturazione di una chiesa: "Vogliamo ringraziare Dio per questo dono della Sua Provvidenza: il presidente Riva mi ha espresso le motivazioni che hanno indotto il suo gruppo a tale atto di generosa attenzione...", diceva. Gli ambientalisti provarono a protestare per quelle parole. E lui si infuriò: "Quello che non dovrebbe accadere è cavalcare la giusta tematica della salvaguardia dell'ambiente per motivazioni strumentali. Caso contrario dovrei pensare che ci sia un inquinamento spirituale che è peggiore dell'inquinamento ambientale".

Ora nell'inchiesta è indagato don Marco Gerardo, accusato di aver mentito agli investigatori per coprire Archinà. Sostenne di aver preso lui i soldi di Archinà che invece secondo gli investigatori furono destinati per una tangente versata al consulente della Procura, Lorenzo Liberti

venerdì 24 luglio 2015

AGGIORNAMENTO DEL POST DI IERI DEI LAVORATORI APPALTI STORICI ED EXLSU PULIZIE SCUOLE STATALI IN PRESIDIO AL MIUR ROMA

Ieri i lavoratori pulizie scuole statali sono rimasti al presidio sotto al MIUR a Roma, sotto il sole cocente per buona parte della giornata, per difendere il loro diritto al lavoro e a un salario dignitoso.
18.000 lavoratori a rischio in tutte le regioni, in Puglia 3200.
Ma  il risultato a Roma è stato un nulla di fatto. Le lavoratrici che sono la maggioranza si sono viste cacciare e minacciare dalla polizia in assetto antisommossa verso i bus.

QUESTA E' LA VERGOGNOSA RISPOSTA DEL GOVERNO RENZI ALLE PROBLEMATICHE OCCUPAZIONALI DELLE LAVORATRICI!

L'altra vergogna sono i sindacati confederali conniventi con il governo e i padroni.
Hanno ottenuto solo un ennesimo rinvio del tavolo al 30 luglio.

MA NOI DELLO SLAI COBAS NON CI STIAMO, LA LOTTA DEVE CONTINUARE SEMPRE PIU' DURA  CONTRO QUESTO GOVERNO DEI PADRONI CHE CI VORREBBE DEBOLI E RICATTABILI

Fiorella Masci Rsa Slai Cobas per i sindacato di classe
per info 3339199075


SOTTO IL VERBALE DELL INCONTRO

giovedì 23 luglio 2015

NUOVAMENTE A RISCHIO IL POSTO DI LAVORO PER I 3200 LAVORATORI PUGLIESI DELL'APPALTO PULIZIE SCUOLE STATALI

Oggi 23 luglio si sta consumando  a Roma al MIUR il destino di 18.000 addetti alle pulizie ed ex lsu pulizie scuole statali.
Il governo Renzi aveva stanziato 450 ml di euro per il decoro delle scuole, in seguito alle nuove gare d' appalto espletate nel 2013 che vennero vinte al massimo ribasso del 80%  in tutte le regioni con riduzione dell'orario di lavoro a un ora.
Vi furono massicce proteste e manifestazioni in tutte le città culminate a Roma il 12 dicembre 2013 con forti cariche e manganellate da parte della polizia ai lavoratori in lotta per il lavoro e il reddito
Il governo prese allora la decisione di stornare i soldi del progetto scuole belle per salvare i posti di lavoro, e di adibire i lavoratori alla manutenzione delle scuole.

Il progetto "Scuole belle" ha cercato di trasformare gli addetti alle pulizie in addetti alla manutenzione, cioè imbianchini muratori, giardinieri, idraulici con un finto corso di riqualificazione durato solo 4 ore che è servito unicamente a far entrare soldi nelle tasche delle ditte vincitrici dell'appalto (in Puglia e Toscana la multinazionale  Dussmann Service srl, in altre regioni Coop sotto inchieste per corruzione).
Parte dei lavoratori, costretti a percorrere anche piu di cento km per raggiungere la scuola cantiere, e in alcuni casi anche a proprie spese.
All' inizio dell'anno scolastico 2014/2015 i lavoratori, quindi, si sono trovati a vivere in una situazione infernale, unita alla vergognosa gestione portata avanti dai sindacati CGIL, CISL, UIL, che avevano firmato il miserabile accordo  ministeriale il 28 Marzo 2014 che si è rivelato solo un grande bluff .

Gia dal mese di Maggio il MIUR ha fatto sapere che il finanziamento del semestre luglio 2015/Marzo 2016 (scadenza del finaziamento e tutti a casa!) non ci sarebbe stato.

Ma i sindacati confederali pugliesi se ne sono fregati bellamente. I lavoratori ex lsu, che a fronte di un contratto di 12 mesi si sono visti notificare dalla Dussmanno la sospensione nei mesi di luglio e agosto, hanno cominciato a questo punto a manifestare con i Cobas organizzando un sit in al MIUR a Roma.

Da stamane alle 9 è in corso il presidio a Roma sotto il MIUR; le notizie non sono confortanti le istituzioni fanno sapere che il problema non è tecnico ma "politico" che i soldi "scuole belle" non ci sono .
I lavoratori giunti da tutte le Regioni nonostante il forte caldo non mollano e il presidio continuerà a oltranza.

LO SLAI COBAS CHIAMA TUTTI I LAVORATORI A CONTINUARE LA LOTTA. 
IL DIRITTO AL LAVORO E A UN SALARIO DIGNITOSO NON SI TOCCA!
NEI PROSSIMI GIORNI CI SARA' UN ASSEMBLEA DEI LAVORATORI IN SEDE
LA DATA E' DA DEFINIRSI.

NELLE PROSSIME ORE CI SARANNO AGGIORNAMENTI DELLA SITUAZIONE.

Fiorella Masci Rsa Slai Cobas per il sindacato di classe
tel. 3339199075

ILVA-AFO2: L'USB AGLI OPERAI CHE CHIEDONO COSA FARE, DICE: ANDATE A LAVORARE - AZIENDA E GOVERNO RINGRAZIANO...

Riportiamo di seguito stralci del comunicato dell'Usb sulla vicenda dell'AFO2.

Avevamo scritto giorni fa che gli operai per difendere realmente sicurezza e lavoro devono avere una posizione di opposizione e di lotta autonoma dalle posizioni aziendali, dei commissari del governo, dei sindacati in fabbrica.
L'USB, con questa posizione, fa esattamente il contrario: subordina gli interessi degli operai a quelli dell'azienda, contribuendo al clima di paura, ricatto tra gli operai che governo e Ilva stanno portando avanti. L'Usb dice la stessa cosa dei capi Ilva, e come l'azienda si preoccupa di ciò che succede all'impianto non agli operai, mandati sull'Afo2 dall'azienda per produrre!
Gli operai che si rivolgono al Usb per avere una indicazione diversa dai sindacati collaborazionisti, si trovano invece questa organizzazione che dice agli operai: 'non potete rifiutarvi di andare a lavorare all'AFO2 - anche a rischio della vita.
Da un sindacato, che per giunta si presenta agli occhi degli operai come alternativo, ci si dovrebbe aspettare di sentire quello che serve per difendere la sicurezza degli operai, non la mera esposizione di quello che dicono gli avvocati, l'azienda, il governo, per concludere poi che gli operai non possono fare niente se non ubbidire e andare sull'impianto a rischio.
Ma se gli operai non possono fare nulla e devono solo piegare la testa, a cosa serve un Usb all'Ilva? Gli operai non hanno bisogno di un quarto sindacato uguale agli altri.
Un sindacato di classe può fare nel caso concreto diversamente? SI, lo può fare! Gli RLS, le Rsu - in nome dell'art. 44 del Testo Unico n. 81/08 sulla sicurezza (questa, sicuramente legge certa che nessuno può mettere in discussione) - possono dire agli operai che devono allontanarsi da una zona pericolosa senza subire pregiudizio alcuno. Ma gli Rsu e Francesco Rizzo dirigente dell'Usb dicono esattamente il contrario.
L'Usb deve spiegare agli operai perchè questo TU non va rispettato, mentre il decreto illegittimo del governo, sì. Quindi, non è neanche un ottemperare alla legge - che già sarebbe sbagliato quando la legge mette a rischio la salute e la vita degli operai - ma è un esplicito dire SI al governo, ai commissari aziendali. 
L'Usb fa anche peggio: cristallizza una situazione negativa di timore, di idee sballate che c'è tra gli operai, che è purtroppo normale, ma diventa tragica quando chi dovrebbe contrastare questo clima, fare coraggio e fiducia agli operai, dice loro "così è e così sarà...".
D'altra parte tra gli operai abbiamo detto c'è una destra, un centro e una sinistra, la situazione non è per forza statica. Subito dopo l'infortunio una parte di operai che lavorava all'AFO2 ha cercato di rifiutarsi di andare sull'impianto della morte, ma poi azienda e tutti i sindacati, nessuno escluso, li ha "convinti" ad andare. 
Questo è altrettanto criminale!

Dal comunicato del'USB Ilva Taranto:

ILVA TARANTO : Ed ora che si fa??

Questa è la domanda che ci hanno rivolto i lavoratori di AFO2 e a cui ancora oggi non si riesce a dare risposta... Ora, il problema è capire se ha la precedenza il decreto o l’ordinanza di sequestro senza facoltà d’uso.
Alcuni avvocati/giuristi sostengono che il decreto legge è efficace da quando è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed anche, in presenza di ricorso alla Consulta per incostituzionalità non perde di effetto, almeno fino a quando non ci sarà parere contrario da parte degli organi competenti.
Altri, invece, sostengono che il decreto essendo un atto provvisorio non può prevalere su un’ordinanza del giudice, almeno fino a quando non viene convertito in legge.
Insomma un gran casino...
L’altro problema serio è che i Lavoratori anche se volessero non potrebbero neanche scegliere.
Infatti, le procedure di spegnimento all’indomani del decreto sono state sospese e l’AFO2 ha ripreso la marcia regolare, quindi i Lavoratori anche se volessero optare per seguire la linea del GIP avrebbero bisogno di avviare un nuovo programma di spegnimento che stilano i tecnici Ilva e non loro che sono gli esecutori.
Quindi, è tecnicamente impossibile che i Lavoratori possano rifiutarsi di lavorare così come qualcuno blaterava, il rifiuto incondizionato di colare in assenza del piano di spegnimento poteva e può produrre gravissimi rischi per tutti..."