Iniziamo con questo scritto un'analisi del processo Ilva, della fase conclusasi da poco, e delle posizioni che si stanno esprimendo.
I PARTE
La fase preliminare del processo all'Ilva di Taranto si è finalmente conclusa e il 20 ottobre si aprirà il processo vero e proprio.
Sono stati rinviati a giudizi i padron Riva, i direttori dello stabilimento, i fiduciari dei padroni assassini che costituivano il 'governo ombra' del siderurgico, il responsabile delle relazioni con le istituzioni, politici, i sindacati, con l'accusa di “associazione a delinquere” che con piena consapevolezza hanno determinato un gravissimo pericolo per la salute pubblica, causando eventi di malattie e morte della popolazione, mettendo a rischio i lavoratori e i cittadini.
Sono stati rinviati a giudizio le società Ilva spa, Riva Fire e Riva forni elettrici.
Più una catena di complici del sistema Riva che avrebbero consentito a causare il disastro ambientale.
Tra questi ultimi vi sono soprattutto Niki Vendola, il direttore generale dell'Arpa Puglia Assennato, il Sindaco di Taranto Stefano, il Presidente della Provincia Florido, l'ex assessore all'ambiente della Provincia Conserva, l'attuale parlamentare di Sel Fratoianni, all'epoca assessore regionale, il consigliere regionale del Pds Pentassuglia, e l'uomo di punta della Digos locale De Michele; e altri minori.
Sono già stati condannati perchè hanno chiesto il rito abbreviato, l'uomo del vescovo di Taranto Don Marco Gerardo e il consulente corrotto della Procura, Roberto Primerano (il primo a 10 mesi e il secondo a 3 anni e 4 mesi).
Quest'insieme di rinvii a giudizio dà il senso dell'importanza del processo e dell'ampiezza del sistema che ha prodotto morti, malati in fabbrica e fuori e inquinamento di quartieri.
Ma la prima cosa da dire ora che il processo ha superato l'ostacolo della fase preliminare è che l'inchiesta della Procura è largamente carente. Manca nelle carte un quadro effettivo delle
principali vittime del sistema Riva, gli operai dell'Ilva che hanno pagato un alto tributo di sangue con diverse centinaia di morti sul lavoro, di ancora più numerosi morti da lavoro e con un numero sterminato di malattie professionali, certo solo in parte dovuti agli anni di Riva (dal 1995 in poi).
L'inchiesta non fa alcuna radiografia reale, né sembra avere voglia di un'analisi concreta che guardi la fabbrica dall'interno e non dagli effetti sull'esterno.
L'altra grave lacuna è il non vedere, o non essersi impegnati abbastanza, nel radiografare e colpire l'intero sistema al servizio dei padroni; vale a dire, la catena di governi e di ministri, per lunghi anni di centrodestra oltre che di centrosinistra, che hanno sostenuto e coperto Riva dall'inizio alla fine. Dove sono i Ministeri dell'Ambiente e dell'Industria di Berlusconi – eppure Riva ha finanziato ufficialmente le campagne elettorali di Berlusconi; dove sono la Regione e il Comune precedenti a Vendola e Stefano fatti di uomini e personaggi notoriamente legati a Riva, i reati giustamente imputati a Vendola e Stefano sono comunque minori di quelli di cui si sono resi responsabili i loro predecessori.
Che dire poi del rapporto con gli organi di controllo verso i quali l'inchiesta appare quasi assente, quando è del tutto evidente che le violazioni all'interno della fabbrica e percepibili ad occhio nudo fuori dalla fabbrica hanno visto Ispettori spesso assenti o intervenuti solo su denuncia e e in generale con un impegno al minimo possibile.
Ma il vero buco nero dell'inchiesta sono i sindacalisti che all'Ilva di Taranto sono stati il puntello decisivo del sistema Riva, il supporto necessario per coprire la violazione sistematica delle norme di sicurezza in fabbrica e delle norme ambientali fuori dall'Ilva.
I segretari provinciali, divenuti poi politici, uomini delle Istituzioni o segretari nazionali di Fim e Uilm sono notoriamente personaggi corrotti e collusi. Come è possibile che l'inchiesta li abbia ignorati? Su quali specchi si possono arrampicare i giudici, così solerti a beccare con le mani nel sacco uno dei tanti funzionari, ma a non far nulla per portare a nudo i complici principi e davvero indispensabili dei padroni. Come si fa a non incriminare un Palombella e i suoi lacchè? Come si fa a non cercare le responsabilità dei segretari della Fiom che, al di là delle chiacchiere che va raccontando Landini e i suoi referenti Rappa, Stefanelli, sono arrivati fino all'emarginazione, espulsione degli unici delegati che hanno sollevato seriamente i problemi della sicurezza in questa fabbrica con le denunce e la lotta.
Per questo, se le dimensioni di questo processo appaiono massime e per tanti aspetti fin troppo evidenti, dal punto di vista di classe, dal punto di vista di chi questo sistema lo ha combattuto in tutti questi anni in fabbrica e fuori, questa è una mini inchiesta, che dà vita ad un processo costituzionalmente non in grado di dare una giustizia reale, anche quella che le attuali leggi, limitate e di classe, questo sistema garantisce.
Per questo verso il processo del 20 ottobre, sia ben chiaro che la battaglia iniziata è solo una parte della 'madre di tutte le battaglie' che è ancora da fare e di cui il Tribunale è un parziale scenario.
Per questo noi non abbiamo da unirci al “coro giulivo” dell'arcipelago ambientalista in cerca di notorietà, che vede l'albero del sistema Riva ma non la foresta e che non ha nessuna intenzione di mettere realmente in discussione il sistema del capitale, di cui la famiglia Riva è rappresentante, e il sistema borghese di cui la rete di relazioni complice è espressione, e meno che mai di utilizzare il processo per un “processo popolare” che contribuisca ad ispirare e a sostenere un'opposizione reale di operai, masse popolari che difendano nell'immediato con la lotta il lavoro e la salute e in prospettiva la battaglia per rovesciare l'intero sistema.
Proletari comunisti – Pcm
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