Stefano e la sua "zuppa spartana"
Da
semplice considerazione personale, a sfottò. Persino a barzelletta.
Nel fine settimana appena trascorso non si è fatto altro che
parlare, soprattutto sui social della presunta natura “spartana”
del sindaco Stefàno. Facciamo un passo indietro.
Venerdì
mattina durante il gemellaggio con la città di Sparta, suggellato
con l’approvazione di una delibera in consiglio comunale, il
sindaco ha rilasciato un’intervista durante la quale ha dovuto
rispondere a domande sul suo rinvio a giudizio, arrivato il giorno
prima, nell’ambito dell’inchiesta per disastro ambientale che
coinvolge non solo la famiglia Riva, ma anche, ad esempio, l’ex
governatore di Puglia Nichi Vendola, e, appunto, il primo cittadino
di Taranto, Ezio Stefàno. Per spiegare le sue mancate dimissioni
aveva detto intanto di «sentirsi con la coscienza in ordine» e poi
che «da spartano» era abituato «a mangiare la zuppa nera che
faceva soffrire ma rafforzava».
Ecco queste parole hanno fatto il giro del web. Prima di tutto è partita una ricerca: Il brodo nero era il piatto tradizionale spartano, assurto a simbolo della frugalità dei costumi spartani. Malfamato per la sgradevolezza del suo sapore, era la pietanza fondamentale consumata nei sissizi (i pasti comuni degli spartani). In realtà la traduzione brodo nero non rende pienamente il significato del termine greco, che più letteralmente indica una zuppa nera: si trattava in effetti di uno spezzatino di maiale, reso scuro dall'aggiunta di sanguinaccio. Svelato quindi l’arcano. Resta invece il parallelo con la sofferenza, ovvero l’attesa fino al processo (che comincerà il 20 ottobre), nel quale, forse, parlerà ai giudici di Taranto che lo vogliono, appunto, coinvolto nell’inchiesta. Per la precisione “omissione di atti d’ufficio”, ovvero sapeva dell’inquinamento ma non ha fatto quanto di sua competenza per impedirlo.
Ma il sindaco avrà modo di spiegare e di difendersi a tempo debito. Oggi invece, le sue affermazioni sulla vicinanza al popolo spartano, impazzano sul web, ovviamente si tratta di commenti molto ironici. «Ma da oggi a Taranto, il protocollo del pranzo domenicale prevederà ancora pasta al forno o zuppa nera?» Il tono era tutto sommato questo. E poi ci sono gli increduli. «Ma sul serio ha risposto così? Ditemi che non è vero?» Infine quelli rassegnati. «Non c’è futuro per Taranto, fino a che un sindaco rinviato a giudizio, al posto che dimettersi, dirà che resta in carica perché mangia zuppa nera».
E’ questo che accade quando una frase mal gestita, una frase “leggera” posizionata in un contesto serio, diventa virale, ponendo il fianco, ad un’infinità di commenti. Critiche piuttosto, che segnano ancora una volta la distanza tra Palazzo di città e la comunità, sempre più nutrita, che non si riconosce nell’attuale sindaco e nelle sue scelte politiche. Ed infatti, la più condivisa sui social, dopo le affermazioni pubbliche di venerdì, è la frase «Stefàno non è il mio sindaco». Il cui peso, sempre politico, non va più nemmeno interpretato. Quello che Taranto non accetta sono le affermazioni, qualcuno le ha persino definite “promesse” non mantenute. Nel 2012 dichiarò che non avrebbe accettato indagati nella sua nuova Giunta, e in ballo c’era già l’inchiesta Ilva. Alla fine l’unico indagato era lui. Ma non si dimise. A quel punto rilanciò: «Se mi arriva l’avviso di garanzia lascio».
Anche questo, illo tempore, arrivò, ma niente. Tutto spostato all’eventuale rinvio a giudizio. Che oggi c’è, e lo traghetta direttamente a processo, ma lui risponde intanto che è “contento”, e poi che potrà finalmente «essere ascoltato». Come se durante la fase preliminare ci fosse un diktat. Ma la città sa bene che così non è, e che invece avrebbe potuto rilasciare dichiarazioni spontanee, come fatto da altri indagati. Per spiegare, difendersi, raccontare la sua versione. Ecco è questo che Taranto, fatica ad accettare. E’ questo che poi riversa, sotto forma di rabbia, su un web diventato incandescente. Un mondo social che è sempre più lo specchio di un “sentire” di piazza. Le dichiarazioni di Stefàno, arrivano nella giornata in cui viene sancito ufficialmente un gemellaggio, da molti definito storico. E innescano un dibattito che provoca fibrillazioni anche in ambienti insospettabili.
(Da
Gazzetta del Mezzogiorno)
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