ore 9 sotto la prefettura con lo slai cobas per il sindacato di classe
L'ignobile uomo di Renzi, De Vincenti - in combutta e a libro paga con i padroni inquinatori responsabili di 427 morti - se ne deve andare subito, così come i suoi padrini DEL RIO E RENZI
il Ministro Guidi e funzionari del ministero dell'ambiente
Tirreno Power: la Procura indaga tutta l’ex giunta regionale
Quello studio, così scomodo e indigesto, parla di 427 morti, e migliaia di ricoveri legati ai fumi della centrale di Vado. Eppure in alcuni passaggi degli atti pare quasi che la preoccupazione principale sia lui, un procuratore scomodo («in Italia possono i procuratori fare ciò che vogliono», dice uno degli indagati), tanto da spingere il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti (ad affermarlo sono due dirigenti del ministero dell’Ambiente intercettati) a informarsi se è possibile dargli fastidio con un’indagine disciplinare del Consiglio superiore della magistratura: «
Il primo riguarda la «porcata», copyright di Giuseppe Lo Presti e Antonio Milillo, dirigenti del dicastero dell’Ambiente: si tratta di una leggina ad hoc (rimasta un’intenzione) che il governo
starebbe preparando per favorire l’azienda, il dissequestro dell’impianto e salvare l’occupazione. La norma, da licenziare con la firma del ministero dell’Ambiente, sarebbe in realtà partorita negli uffici dello Sviluppo economico, dove il ministro Federica Guidi, per i carabinieri «incontra a tal proposito» l’avvocato di Tirreno Power, l’ex Guardasigilli Paola Severino.
- Tirreno Power, le quattro delibere che inguaiano Burlando
Il secondo fatto viene raccontato dagli investigatori in un capitolo intitolato «tentativi di delegittimazione della perizia». È in questa parte di informativa che compaiono i vertici della Regione Liguria, in particolare la dirigente del settore Ambiente Gabriella Minervini, che risponde direttamente all’ex governatore Claudio Burlando. L’obiettivo, per gli inquirenti, è chiaro: «Minimizzare qualsiasi dato che, anche indirettamente, sia coerente con quanto accertato dalla consulenza epidemiologica come ad esempio il riferimento all’eccesso di mortalità rilevato dai dati Istat per malattie cardiorespiratorie connesse alle caratteristiche di una centrale elettrica». È in questo contesto che compare una sorta di controperizia, che Minervini discute con uno dei suoi autori, Franco Merlo, epidemiologo dell’Ist di Genova. Il dossier, che dovrebbe «demolire» la perizia della Procura, non è firmato. E quando i pm convocano i medici che l’hanno redatta, questi «rinnegano ciò che hanno scritto», spiegando che quelle conclusioni erano affrettate e «superficiali».
L’ultimo tassello è la segnalazione al Csm, che non risulta essere mai partita. «Ripeto, non mi stupisco degli attacchi personali - conclude Granero - Non fanno che confermare la bontà del nostro lavoro».
Genova - Impegnati a chiedere le dimissioni di Rosario Crocetta per non aver
reagito a una frase indegna che però la Procura di Palermo ha smentito, i
politici della maggioranza non hanno detto una sola parola sul coinvolgimento
del governo Renzi nella vicenda della Tirreno Power, la centrale di Vado
Ligure sospettata di aver ucciso 427 persone e fatto ammalare oltre duemila
adulti e centinaia di bambini.
Claudio De Vincenti, economista e professore universitario, viceministro allo Sviluppo economico del governo Renzi e dal 10 aprile sottosegretario alla presidenza del Consiglio al posto di Delrio, viene citato più volte nelle carte dell’inchiesta guidata da Francantonio Granero, procuratore capo di Savona, che conta 86 indagati fra cui l’intera ex giunta regionale di centrosinistra,
De Vincenti, invece, non è indagato. Le intercettazioni di Massimiliano Salvi, direttore generale della Tirreno Power, e di Mariano Grillo, alto dirigente del ministero dell’Ambiente, gli attribuiscono due “pensate” a favore dell’azienda sotto accusa: avrebbe suggerito la strada per evitare l’obbligo di coprire il deposito del carbone entro il 15 marzo di quest’anno e ipotizzato un esposto al Csm per far aprire un’inchiesta del ministero della Giustizia sui pm di Savona.
Stiamo ai fatti. La Tirreno Power è un’azienda privata, che all’epoca delle intercettazioni era controllata dalla Sorgenia del gruppo Cir (De Benedetti). Giuste o infondate le accuse, è sotto inchiesta per reati gravissimi come il disastro ambientale doloso. Perché mai un membro del governo avrebbe dovuto adoperarsi in sua difesa? Perché non aspettare serenamente la conclusione dell’inchiesta ed eventualmente il processo? Può un viceministro battersi per i posti di lavoro compromessi senza attendere che la giustizia faccia il suo corso sul sospetto di disastro ambientale?
De Vincenti, non indagato, può anche continuare a tacere. Il governo, invece, deve spiegare.
Il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi sapeva di questa azione di contrasto all’inchiesta? E il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, citato a sua volta? Scherzavano i due uomini del suo ministero quando parlavano di «porcata» a proposito delle richieste dello Sviluppo economico e si sentivano le «mani sporche di sangue»?
Il pm Granero ha confermato ieri, con uno sfogo inusuale per un magistrato riservato come lui, la denuncia che aveva esposto a gennaio davanti alla commissione parlamentare sulle ecomafie, quando disse che la sua vera controparte non era tanto l’azienda incriminata, quanto la Regione, i Comuni, la Provincia, e che gli “creava imbarazzo” il fatto che le istituzioni cercassero di ostacolare il corso della giustizia. Se è vero, perché l’hanno fatto? Quali rapporti c’erano fra la politica locale e nazionale e gli interessi dell’azienda?
Tirreno Power: la Procura indaga tutta l’ex giunta regionale
Quello studio, così scomodo e indigesto, parla di 427 morti, e migliaia di ricoveri legati ai fumi della centrale di Vado. Eppure in alcuni passaggi degli atti pare quasi che la preoccupazione principale sia lui, un procuratore scomodo («in Italia possono i procuratori fare ciò che vogliono», dice uno degli indagati), tanto da spingere il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti (ad affermarlo sono due dirigenti del ministero dell’Ambiente intercettati) a informarsi se è possibile dargli fastidio con un’indagine disciplinare del Consiglio superiore della magistratura: «
Il primo riguarda la «porcata», copyright di Giuseppe Lo Presti e Antonio Milillo, dirigenti del dicastero dell’Ambiente: si tratta di una leggina ad hoc (rimasta un’intenzione) che il governo
starebbe preparando per favorire l’azienda, il dissequestro dell’impianto e salvare l’occupazione. La norma, da licenziare con la firma del ministero dell’Ambiente, sarebbe in realtà partorita negli uffici dello Sviluppo economico, dove il ministro Federica Guidi, per i carabinieri «incontra a tal proposito» l’avvocato di Tirreno Power, l’ex Guardasigilli Paola Severino.
- Tirreno Power, le quattro delibere che inguaiano Burlando
Il secondo fatto viene raccontato dagli investigatori in un capitolo intitolato «tentativi di delegittimazione della perizia». È in questa parte di informativa che compaiono i vertici della Regione Liguria, in particolare la dirigente del settore Ambiente Gabriella Minervini, che risponde direttamente all’ex governatore Claudio Burlando. L’obiettivo, per gli inquirenti, è chiaro: «Minimizzare qualsiasi dato che, anche indirettamente, sia coerente con quanto accertato dalla consulenza epidemiologica come ad esempio il riferimento all’eccesso di mortalità rilevato dai dati Istat per malattie cardiorespiratorie connesse alle caratteristiche di una centrale elettrica». È in questo contesto che compare una sorta di controperizia, che Minervini discute con uno dei suoi autori, Franco Merlo, epidemiologo dell’Ist di Genova. Il dossier, che dovrebbe «demolire» la perizia della Procura, non è firmato. E quando i pm convocano i medici che l’hanno redatta, questi «rinnegano ciò che hanno scritto», spiegando che quelle conclusioni erano affrettate e «superficiali».
L’ultimo tassello è la segnalazione al Csm, che non risulta essere mai partita. «Ripeto, non mi stupisco degli attacchi personali - conclude Granero - Non fanno che confermare la bontà del nostro lavoro».
Il commento: «Il governo spieghi il ruolo di De Vincenti»
La
centrale di Vado
Claudio De Vincenti, economista e professore universitario, viceministro allo Sviluppo economico del governo Renzi e dal 10 aprile sottosegretario alla presidenza del Consiglio al posto di Delrio, viene citato più volte nelle carte dell’inchiesta guidata da Francantonio Granero, procuratore capo di Savona, che conta 86 indagati fra cui l’intera ex giunta regionale di centrosinistra,
De Vincenti, invece, non è indagato. Le intercettazioni di Massimiliano Salvi, direttore generale della Tirreno Power, e di Mariano Grillo, alto dirigente del ministero dell’Ambiente, gli attribuiscono due “pensate” a favore dell’azienda sotto accusa: avrebbe suggerito la strada per evitare l’obbligo di coprire il deposito del carbone entro il 15 marzo di quest’anno e ipotizzato un esposto al Csm per far aprire un’inchiesta del ministero della Giustizia sui pm di Savona.
Stiamo ai fatti. La Tirreno Power è un’azienda privata, che all’epoca delle intercettazioni era controllata dalla Sorgenia del gruppo Cir (De Benedetti). Giuste o infondate le accuse, è sotto inchiesta per reati gravissimi come il disastro ambientale doloso. Perché mai un membro del governo avrebbe dovuto adoperarsi in sua difesa? Perché non aspettare serenamente la conclusione dell’inchiesta ed eventualmente il processo? Può un viceministro battersi per i posti di lavoro compromessi senza attendere che la giustizia faccia il suo corso sul sospetto di disastro ambientale?
De Vincenti, non indagato, può anche continuare a tacere. Il governo, invece, deve spiegare.
Il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi sapeva di questa azione di contrasto all’inchiesta? E il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, citato a sua volta? Scherzavano i due uomini del suo ministero quando parlavano di «porcata» a proposito delle richieste dello Sviluppo economico e si sentivano le «mani sporche di sangue»?
Il pm Granero ha confermato ieri, con uno sfogo inusuale per un magistrato riservato come lui, la denuncia che aveva esposto a gennaio davanti alla commissione parlamentare sulle ecomafie, quando disse che la sua vera controparte non era tanto l’azienda incriminata, quanto la Regione, i Comuni, la Provincia, e che gli “creava imbarazzo” il fatto che le istituzioni cercassero di ostacolare il corso della giustizia. Se è vero, perché l’hanno fatto? Quali rapporti c’erano fra la politica locale e nazionale e gli interessi dell’azienda?
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