martedì 28 febbraio 2023

Taranto - appalto ex Ilva - Unire le lotte per il lavoro e il salario - Contratto unico metalmeccanico con clausola sociale

Morselli Mittal avevano detto che richiamavano le ditte sospese il 15 gennaio - siamo arrivati a fine febbraio e non hanno richiamato proprio niente - dilaga la cassa integrazione, i pagamenti dei salari in ritardo o sospesi

FIM/FIOM/UILM avevano chiamato alla lotta per cacciare la Morselli e far rientrare le ditte...

La Morselli sta ancora lì, i soldi del governo Meloni/Urso stanno arrivando, ma gli operai stanno fuori e in alcune ditte si taglia il lavoro.

I sindacati confederali tornano a trattare con la Morselli come se niente fosse. 

Lo Slai cobas aveva denunciato e proposto un'altra strada e là dove è presente l'altra strada l'ha praticata.

Ora è il tempo di ribellarsi ad Acciaierie d'Italia Morselli/Bernabè e a chi un giorno li combatte e un giorno dopo si accorda.

Asili, la Cisl dice il falso! Alle assemblee possono partecipare legalmente tutte!

Abbiamo, come Slai cobas e Usb, avviato da oggi un giro di assemblee negli asili, per informare le lavoratrici della vertenza che abbiamo aperto con Comune e Ditta, su aumento dell'orario, del salario e difesa della salute e sicurezza, e che vedra' insieme a un Tavolo gi convocato in prefettura, lo sciopero delle lavoratrici e lavoratori che si terra' l'8 marzo. 

Stamattina ci è pervenuto questo messaggio mandato dalla Cisl alle lavoratrici degli asili loro iscritte:

"Ragazze ascoltate ho saputo che le iscritte cobas e Usb verranno nelle strutture a parlare con voi in orario di lavoro. È vietato fare sindacato in orario di lavoro.
Il 2 Marzo andranno alla Magicondo e Fantasia.
1 marzo e il 2 alla Vasto e Bruno ciari.
Verranno a fare proselismo sindacale riempiendovi di chiacchiere, per farvi partecipare al loro sciopero. Poi in orario vostro nn hanno il permesso di entrare nelle vostre strutture e parlare con tutte ci possono essere lettere di contestazione di non autorizzazione.
Se hanno chiesto assemblea ..... è per i loro iscritti. Noi non abbiamo chiesto nulla.
Perché la ditta verificherà chi ha dato autorizzazione.
Per non trovarvi in situazioni nn accettate vi prego di nn farvi influenzare.
Perché le problematiche dell'appalto con il comune sono alla nosta attenzione. Credo di aver chiarito. Nn cadete nelle trappole del proselitismo. Buon lavoro. Alessio cisl".

Quanto scrive Alessio Carpignano della Cisl oltre che totalmente falso, è un evidente azione antisindacale, che punta a impedire il libero esercizio di assemblee e sciopero e a screditare Slai cobas e Usb.
Pertanto, oltre le iniziative sindacali che stiamo gia' prendendo, denunceremo anche legalmente questa O.S.
 
LE ASSEMBLEE SI POSSONO FARE NELL'ORARIO E SUL POSTO DI LAVORO (art. 20 dello Statuto dei Lavoratori); TUTTE LE LAVORATRICI E LAVORATORI HANNO DIRITTO DI PARTECIPARE, tutte, sia che sono iscritte ad altri sindacati o non iscritti a niente; L'ORA DI ASSEMBLEA E' RETRIBUITA REGOLARMENTE A TUTTI I PARTECIPANTI; NESSUNA AVRA' LETTERA DI CONTESTAZIONE PERCHE' SIA L'ASSEMBLEA CHE LO SCIOPERO SONO AUTORIZZATI

Evidentemente questa giusta e necessaria lotta sta dando molto fastidio alla Cisl, che usa aperte falsita' per boicottare le assemblee e impedire alle lavoratrici di partecipare alle assemblee. Questo se da un lato dimostra che questo sindacato non conosce neanche lo Statuto dei Lavoratori, dall'altro dimostra che teme che le lavoratrici aprano gli occhi. Dato che finora solo Slai cobas e Usb con la mobilitazione (presidi,scioperi, incontri con Ditta e Comune) hanno ottenuto risultati (riconoscimento giuridico ed economico dell'ausiliariato, lavoro di un mese nella sospensione estiva e nei giorni di natale, pagamento integrale delle sostituzioni, ecc.), la Cisl e gli altri sindacati confederali, non hanno mai chiesto nulla e non hanno mai ottenuto nulla per migliorare la pesante condizione delle lavoratrici. E ora cerca, con gli imbrogli, di ostacolare la mobilitazione che stiamo facendo.

Partecipiamo tutte e tutti alle assemblee, non ci facciamo imbrogliare! Stiamo portando avanti i nostri interessi e bisogni, da troppi anni negati.

 

domenica 26 febbraio 2023

La manifestazione di Genova contro la guerra, l'uso dei porti per carichi di armi, le morti sul lavoro

 La voce dei portuali del Calp organizzatori della manifestazione

Taranto, gli operai di Cstiglia, appalto AdI al Porto

Un altro suicidio nel carcere di Taranto. BASTA!


Da Corriere di Taranto

A Taranto si è verificato l’ennesimo suicidio di un detenuto con problemi psichiatrici che già in precedenza si era procurato una serie di ferite sul corpo autolesionandosi.

“Nel mese di settembre del 2022, il Sappe ha presentato degli esposti presso la procura della repubblica di Taranto evidenziando sia le responsabilità dell’amministrazione penitenziaria, sia per la grave carenza nell’assistenza dei detenuti con problemi psichiatrici da parte della competente autorità sanitaria – ricordano dal sindacato -. Purtroppo da allora nulla è accaduto... la regione Puglia purtroppo è maglia nera sia per l’indice di sovraffollamento che per il rapporto agenti/detenuti che è il più basso di 0,48 a fronte di una media nazionale di 0,66, con il carcere di Taranto con 0,36 è in assoluto il penitenziario più penalizzato della nazione”.

Denuncia della situazione Amiu. Ma i consiglieri che fanno?


Riportiamo questa nota da Antenna Sud su dichiarazioni di 2 consiglieri comunale sulla situazione disastrosa dell'Amiu.

MA IL PROBLEMA CHE QUESTI DUE SONO APPUNTO CONSIGLIERI COMUNALI.   

DA LORO CI ASPETTERMMO NON DOMANDE E DENUNCIA DELLO STATO DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA, DELLA SPORCIZIA DELLA CITTA', MA RISPOSTE, INIZIATIVE.

Il perchè sta questa assurda e illegittima situazione lo dovrebbero indagare anche loro; cosi' come sullo stato dei bilanci dell'Amiu, che una volta sulla stampa vengono presentati come positivi, con utili e un mese dopo come disastrosi; chi controlla? I consiglieri che stanno a fare se non approfondiscono, studiano i bilanci, scoprono i perchè? 

Fanno una denuncia che è sotto gli occhi di tutti, che la può fare qualsiasi cittadino. Ma loro stanno li' per fare altro; altrimenti anche queste sono parole che non servono a niente se non a farsi pubblicita'.

Poi, a fronte di questa grave situazione denunciata, chiedono che questo presidente Mancarelli venga cacciato? NO. Chiedono al Sindaco di un Comune che è socio al 100% dell'Amiu di assumersi concretamente le sue responsabilita', di fare un piano concreto, verificabile, e non di stare quasi tutti i giorni nelle Tv locali a dire che va tutto bene a Taranto? NO.

Sono stati al fianco e sono al fianco dei lavoratori ex pasquinelli licenziati da ottobre e che ancora aspettano di riprendere il loro lavoro sull'impianto di selezione della raccolta differenziata, da più di 5 anni fermo (con soldi pubblici spesi per portare i rifiuti in altro impianto privato); lavoratori a cui Mancarelli, approggiato dal direttore del Comune, Pisano, ad inzio di dicembre giurò che avrebbero lavorato sull'impianto da gennaio? NO

Allora, questo si chiama demagogia da strapazzo.

E' necessario riprendere la lotta. Noi chiamiamo i lavoratori ex pasquinelli a unirsi, a passare a forme più incisive di lotta.

SLAI COBAS per il sindacato di classe


“Nella giornata di martedì nelle Commissioni Ecologia e Ambiente e Bilancio abbiamo chiesto al presidente di Kyma Ambiente, Giampiero Mancarelli, informazioni sulla stato di salute di tale partecipata del Comune di Taranto. Durante la riunione abbiamo richiesto notizie sulla sua esposizione debitoria nei confronti del personale, dei terzi e dei fornitori. Abbiamo sollecitato al Presidente il pagamento degli stipendi arretrati, ancora non corrisposti, verso tutto il personale interinale (agenzia Tempor) attualmente in forza che ha chiuso il contratto di lavoro giorno 30 Gennaio 2023”. Lo dichiarano, in una nota, i consiglieri comunali Massimo Battista Massimo (Una città per cambiare Taranto) e Luigi Abbate (Taranto senza Ilva).

”Inoltre abbiamo fatto presente che il servizio di raccolta differenziata a Taranto presenta tante, anzi troppe criticità, nonostante da circa 3 anni sia partito un nuovo servizio (vero fallimento di quest’Amministrazione!) – proseguono -. Il servizio di gestione dei rifiuti urbani deve essere svolto secondo criteri di efficienza, efficacia e trasparenza. La legge indica, come raccolta differenziata da raggiungere, il 65%, percentuale che i Comuni italiani avrebbero dovuto conseguire già nel 2012. La stragrande maggioranza dei rifiuti urbani prodotti a Taranto viene smaltita ancora come indifferenziata, il che significa che sarà destinata all’incenerimento o alla messa in discarica. Ne consegue che le percentuali delle frazioni, destinate a recupero e riciclo, sono ancora disastrose, nonostante gli annunci e i soldi spesi da parte di questa partecipata che, ricordiamolo, opera sotto la guida ed il controllo dell’amministrazione Melucci”.

”L’ultimo dato pubblicato riporta che la percentuale di raccolta differenziata nel 2022 è stata del 27,07% rispetto al già deludente 24,93% del 2021 – continuano Battista e Abbate -. Inoltre abbiamo voluto comprendere come mai sia stato sospeso il servizio di spazzamento meccanico che da circa 20 giorni non viene effettuato durante la giornata, così come previsto dal contratto di servizio tra il Comune di Taranto e Kyma Ambiente, siglato a Novembre 2020”.

”Inoltre – sottolineano i due consiglieri comunali -, non si capisce come mai la raccolta differenziata non sia partita in tutto il territorio tarantino, quando invece il sindaco Melucci, con una sua ordinanza datata aprile 2021, annunciava l’avvio della raccolta in tutti i quartieri del capoluogo tarantino. Purtroppo, come spesso accade, le risposte del Presidente sono state molto evasive: basta farsi un giro per la città e verificare lo stato di degrado in cui versa il nostro territorio, una città sporca e un servizio di raccolta differenziata fallimentare, nonostante i cittadini di Taranto paghino appunto un servizio molto costoso”.

”Risulta necessario un cambio di passo, ampliare le attività di raccolta e più in generale di decoro urbano, al fine di garantire il servizio previsto nel contratto: ciò per assicurare la vivibilità urbana. La situazione è catastrofica: concorsi per l’assunzione del personale bloccati per presunte irregolarità, raccolta differenziata fallimentare, pagamenti verso i dipendenti a contratto non corrisposti, pignoramenti e conteziosi verso terzi. Crediamo che l’Amministrazione Melucci dovrebbe iniziare a raccogliere quello che “dice” di aver seminato in questi 6 anni. Se questi sono i presupposti, la rinascita di Taranto rimarrà solo uno slogan di chi ostinatamente, molto probabilmente, non gira per la città”, concludono i consiglieri Massimo Battista e Luigi Abbate.

sabato 25 febbraio 2023

Presidio ieri al Tribunale di Taranto in solidarieta' con Alfredo Cospito. Gli interventi

Presenti al presidio lavoratori, operai ex Ilva, sindacati di base (Slai cobas e Cobas confederazione), Comitati di quartiere citta' vekkia, rappresentanti Sinistra anticapitalista e di anarchici di Bari; importante è stata la partecipazione attiva degli studenti, Fgc, che nelle prime ore del mattino avevano dato vita ad un sit in itinerante al centro citta' contro la guerra imperialista.

Contestato lo sproporzionato dispiegamento di Digos, polizia, che è arrivata anche a bloccare di fatto l'entrata del Tribunale, ostacolando il passaggio di avvocati, cittadini.

ASCOLTA GLI INTERVENTI

https://drive.google.com/file/d/1qTJZXWW_kzi2ECdw2cRrd8Xw3PGnfYzH/view?usp=share_link


venerdì 24 febbraio 2023

ASSASSINI!!


La Corte di Cassazione ha deciso di lasciare Alfredo Cospito al “41 bis”! 
La Cassazione, Nordio, Meloni hanno deciso che Alfredo Cospito deve morire!
Dal Corriere della Sera:"Appena appresa la notizia, i manifestanti del sit-in per Cospito, in piazza Cavour, dove si trova la sede della Cassazione, hanno urlato «assassini». Aggiungendo: «Saranno responsabili di tutto quello che succederà».
 
Al Tribunale di Taranto questa mattina

Dagli operai del Porto/appalto Acciaierie Slai cobas: Basta morti per lavoro nei porti! Basta navi per la guerra nei nostri porti!

Oggi alle portinerie di Acciaierie e Appalto: gli operai contro la guerra, contro il governo italiano che da miliardi per le armi e niente soldiper lavoro, sanita', scuola,

 


Proletari e guerra imperialista. Editoriale a un anno dall'inizio della guerra in Ucraina


La guerra inter imperialista in corso in Ucraina ha avuto una nuova accelerata dopo il Vertice Nato di Ramstein che ha deciso un massiccio invio di ogni tipo di armi di carattere offensivo allo scopo non certo di difendere l’Ucraina dall’invasione ma di sostenerne la controffensiva volta a riprendere le zone del Donbass e la Crimea e collocare Usa/ Nato e i paesi imperialisti europei ai confini della Russia, pronti ad approfittare di arretramenti e debolezze per mettere in crisi il regime reazionario dell’imperialismo russo di Putin fino a piegarne le velleità politico militari e ridimensionarne il peso strategico ed economico. E’ chiaro che in questa prospettiva il passo successivo è l’incendio mondiale nelle forme che i rapporti di forza permetteranno e che certo non esclude l’uso del nucleare tattico o strategico che sia. 

L’invasione russa dell’Ucraina che raggiunge il 24 febbraio il primo anno si va sempre più dimostrando come un passo offensivo dell’imperialismo russo dettato da ragioni difensive che, però, lungi da aver ristabilito il peso della Russia e contenuto il suo processo di ridimensionamento, ha messo sul tappeto i reali rapporti di forza esistenti attualmente nel campo dell’imperialismo.

La guerra avviata in Ucraina è stata quindi un punto di arrivo delle contraddizioni inter imperialiste nello scenario Europa/Russia, ma sullo sfondo evidentemente della contesa Usa/Cina di un mondo in crisi economica che domanda una nuova ripartizione, nella quale ogni imperialismo vuole la sua parte, fa la sua parte, contribuisce a quella tempesta perfetta che può sfociare nella terza guerra mondiale. L’Ucraina si è trovata ad essere il territorio dell’acutizzazione di questa contesa, ma dentro questo territorio e questa contesa un fattore determinante è stata la trasformazione reazionaria e fascio-nazista del governo ucraino che, andando anche oltre e forzando la mano della borghesia capitalista, oligarchica ucraina, è diventata parte del fattore scatenante l’acutizzazione della crisi mondiale e il suo passaggio a una fase prevalentemente militare. 

E’ inutile ripetere tutti i fattori economici sottostanti questa guerra, lo abbiamo già scritto e denunciato in numerose pubblicazioni e volantini, che sono divenuti di dominio pubblico nel movimento internazionale di opposizione all’imperialismo e alla guerra. Il punto è ora di comprendere la partita in gioco su scala mondiale, nei diversi territori del mondo, nel nostro paese. 

Su scala mondiale è giusto e necessario richiedere a gran voce che si fermino i passi e l’escalation di

giovedì 23 febbraio 2023

Formazione operaia su "guerra imperialista e proletari". Contro la"difesa della patria" capitalista/imperialista

Riprendiamo in questo terzo appuntamento a leggere insieme il testo di Lenin, raccogliendo in questa occasione alcune citazioni che commenteremo nel prossimo appuntamento.

Che cos’è il socialsciovinismo?

Il socialsciovisnismo consiste nel sostenere l’idea della “difesa della patria” nella guerra attuale. Da questo idea deriva inoltre la rinuncia alla lotta di classe in tempo di guerra, l’approvazione dei crediti di guerra, ecc.

In realta’ i socialsciovinisti conducono una politica borghese antiproletaria, perchè in realta’ essi sostengono non la difesa della patria nel senso di una lotta contro l’oppressione straniera, ma il diritto di determinate grandi potenze a depredare colonia e opprimere popoli stranieri.

I socialsciovinisti rinnovano ai danni del popolo l’inganno borghese, come se la guerra si facesse per la difesa delle liberta’ e per l’esistenza delle nazio0ni e passano cosi’ dalla parte della borgheia contro il proletariato.

Sono da annoverare tra i socialsciovinisti sia coloro che giustificano e mettono in buona luce i governi e la borghesia di uno dei gruppi di potenze belligeranti, sia coloro che riconoscono ai socialisti di tutte le potenze belligeranti lo stesso diritto di “difendere la patria”.

Il socialsciovinismo rappresenta in realta’ la difesa dei privilegi del predominio, dei saccheggi, delle violenze, della “propria” (o in generale di qualsiasi) borghesia imperialista”.

A differenza dei socialsciovinisti Lenin fa riferimento al Manifesto sulla guerra accettato all’unanimita’ a Basilea, che riferendosi alla guerra tra Inghilterra e Germania e i loro rispettivi alleati dichiara apertamente che “nessun interesse del popolo può giustificare una simile guerra, condotta “per i profitti dei capitalisti e a vantaggio delle dinastie” sul terreno della politica imperialista di rapina delle grandi potenze. Il Manifesto dichiara apertamente che la guerra è pericolosa “per i governi” (tutti senza eccezione), rileva il loro timore di una “rivoluzione proletaria”, cita con la massima precisione l’esempio della Comune del 1871 e dell’Ottobre/Dicembre del 1905, cioè l’esempio della rivoluzione e della guerra civile. In tal modo il Manifesto di Basilea fissa proprio per questa guerra la tattica della lotta rivoluzionaria degli operai su scala internazionale contro i propri governi, la tattica della rivoluzione proletaria...

In caso di guerra i socialisti devono sfruttare la “crisi economica e politica” che ne deriva per “affrettare l’eliminazione del dominio di classe capitalista”, cioè sfruttare le difficolta’ che la guerra crea ai governi e l’indignazione delle masse ai fini della rivoluzione socialista”

Di conseguenza, Lenin segnala che questo è esattamente l’opposto di quello che dicono e fanno i socialsciovinisti, e qui facendo riferimento non solo a quelli esplicitamente legati ai partiti di governo ma a tutta la genia di socialsciovinisti che si trovano nell’opposizione a questi governi o che pretendono di agire a nome dei lavoratori e delle masse.

Dice Lenin “la politica dei socialsciovinisti, la giustificazione che essi fanno della guerra con argomenti di “liberta’” borghesi, l’ammissione della “difesa della patria”, la votazione dei crediti (aumento delle spese militari, invio di armi e soldati. Ndr), la partecipazione ai Ministeri, è un aperto tradimento del socialismo..., e si spiega solo, con la vittoria dell’opportunismo e della politica operaia nazional liberale”.

Lenin poi prende in considerazione nel campo dei partiti socialisti e facenti riferimento ai lavoratori l’uso socialsciovinista di alcuni falsi richiami a Marx ed Engels; in particolare di Engels del 1891 sull’obbligo per i socialisti tedeschi di difendere la patria in caso di guerra contro la Russia e la Francia unite, e del fatto che Marx ed Engels in occasione di alcune guerre, nell’arco degli anni fino al 1877, si posero dalla parte di un determinato Stato belligerante una volta che la guerra era scoppiata.

Si tratta, dice Lenin, di ripugnanti deformazioni. Marx ed Engels condannarono decisamente i tedeschi e avevano approvato il rifiuto di Bebel e Liebknecht di votare i crediti di guerra e avevano consigliato i socialdemocratici a non fondersi con la borghesia e a difendere gli interessi di classe indipendenti del proletariato.

Inoltre tutti i socialsciovinisti nascondono che Marx si riferiva a guerre nel periodo progressivo della borghesia, “quando non c’erano ne l’imperialismo attuale ne le condizioni obiettive gia’ mature del socialismo, ne partiti socialisti in tutti i paesi belligeranti.

La posizione di Marx è una sola “gli operai non hanno patria”, parole che si riferiscono precisamente all’epoca della borghesia reazionaria, superata, all’epoca della rivoluzione socialista”.

 

Presidio alla Cassazione venerdi 24 ore 11 - presidi ovunque in tutta Italia - Taranto ore 11 Tribunale

"Il tempo scorre... la mobilitazione non si ferma". Presidio in solidarietà con Alfredo Cospito, previsto per venerdì 24 febbraio davanti alla Corte di Cassazione a Roma, giornata in cui è prevista la Camera di consiglio per decidere sul ricorso presentato dalla difesa di Cospito che chiede la revoca del regime detentivo di 41bis. 

Noi saremo al Tribunale di Taranto alle 11 in presidio, come sempre al suo fianco.

Asili: Stamattina un passo avanti, ma non ci fermiamo: CONTINUA LO STATO DI AGITAZIONE E L'8 MARZO SCIOPERO!


Comunicato

Lo stato di agitazione e l'annuncio dello sciopero negli asili ha gia' ottenuto che la Ditta si stia preoccupando e sia passata dal NO di questi mesi alla disponibilita' a trattare su salario/contrattazione aziendale, questione attrezzature/salute e sicurezza e un'organizzazione dell'attivita' lavorativa che rispetti le esigenze delle lavoratrici e lavoratori.

Questa mattina per dare effettive risposte a questo ha chiesto un rinvio dell'incontro il prefettura. Pertanto l'incontro in prefettura si terra' il 6 marzo alle 12.

Nel frattempo:

- Continua lo stato di agitazione in tutti gli asili, che significa rallentare il lavoro (con l'appello a tutte e tutti a farlo, coordinandosi con le rappresentanti degli asili dello Slai cobas e Usb);

- faremo nella prossima settimana assemblee dalle 12,30 alle 13,30 in ogni asilo, con un calendario che comunicheremo successivamente. Le assemblea sono pienamente legittime e tutti possono partecipare (anche se iscritti ad altri sindacati o non iscritti a niente)

- l'8 marzo è sciopero (probabilmente il primo sciopero); tutte e tutti lo devono fare. Concorderemo per quel giorno con la Ditta una presenza molto minima per i "servizi minimi essenziali". La riuscita dello sciopero è molto importante per i risultati della nostra lotta. Faremo noi un comunicato ai genitori per informare dello sciopero e dire che stiamo lottando anche a loro, per un miglior servizio ai bambini,

Ora è un momento buono per noi, in cui non dobbiamo mollare, essere compatti. Stiamo vendendo che solo la nostra mobilitazione paga. Dobbiamo lottare fino ad ottenere realmente risultati, senza farci intimidire da direttrici, copperative, dalla Nobile, ecc. Perchè più Comune, Ditta, Direzioni scolastiche si arrabbiano più vuol dire che stiamo incidendo.

Infine, lunedi' 27 prepareremo un esposto/denuncia contro la Nobile Patrizia per la sua continua attivita' discriminatoria, antisindacale, di interesse privato. Noi non vogliamo più che sia lei la referente. Tutte le lavoratrici che hanno da segnalare comportamenti della Nobile, lo possono comunicarealla RSA Enza.

QUESTA SERA, NELL'ASSEMBLEA DONNE/LAVORATRICI ON LINE NAZIONALE CON INIZIO ALLE 17, FAREMO CONOSCERE A LIVELLO NAZIONALE LA NOSTRA LOTTA, E CI UNIREMO ALLE ALTRE LAVORATRICI IN LOTTA.

INVITIAMO TUTTE E TUTTI A COLLEGARSI. IL LINK è: https://meet.google.com/fdd-atkx-bzc

mercoledì 22 febbraio 2023

Asili: domattina in Prefettura o risposte concrete o SCIOPERO!

Domattina alle ore 9,30 incontro convocato dalla Prefettura per la vertenza delle lavoratrici degli asili comunali.

INVITIAMO STAMPA E TV LOCALI (saremo o all'esterno o all'interno della Prefettura. Per com. 3475301704).

Con i carichi di lavoro da fare in pochissime ore le lavoratrici e lavoratori degli asili non ce la fanno più, e il salario non basta neanche per sopravvivere!

Il lavoro aumenta, le condizioni di lavoro attaccano la salute e il salario diminuisce!

Chiamiamo Servizi Integrati srl, il Comune a rispondere con fatti alle esigenze urgenti dei lavoratori! Altrimenti SCIOPERO!

Lavoratrici e lavoratori Slai cobas e Usb

Comunicato/report: Assemblea proletaria anticapitalista di Roma del 18 febbraio

L’assemblea proletaria anticapitalista di Roma del 18 febbraio ha permesso di dare continuità al lavoro per unire le lotte, avanzare a livello nazionale lungo la linea e la prassi del fronte unico di classe, esigenza imprescindibile oggi per i proletari e le realtà in lotta ben oltre le logiche degli intersindacali, degli intergruppi, ristretti o allargati che siano, e in netta alternativa all’auto referenzialità espressasi in maniera palesemente dannosa in occasione del 2 e 3 dicembre.

All’assemblea hanno partecipato i rappresentanti delle principali realtà di lotta prevalentemente dello Slai cobas per il sindacato di classe di 5 città del nord e del sud, i compagni di Roma e Viterbo del Comitato di lotta di Viterbo, operanti nella Rete dei collettivi organizzati a Roma, nel coordinamento regionale della sanità, e in altre realtà sindacali di base e di classe, Classe contro Classe, Proletari comunisti.

Presente il Soccorso rosso internazionale e compagni attivamente impegnati nella campagna Cospito; il ricercatore Fabrizio Chiodo intervenuto sul fronte vaccini, industria capitalistica farmaceutica e guerra.

La partecipazione romana all’assemblea è stata penalizzata  per la contemporaneità di altre iniziative importanti, si preparano le due giornate su Cospito e la guerra del 24 e 25 a Roma.

Hanno partecipato con interventi scritti il movimento No Muos, compagni impegnati sulla guerra dell’Archivio storico “Benedetto Petrone/Puglia antagonista” di Brindisi; e avevano dato la disponibilità ad intervenire il Calp di Genova e l’Avv. Gianluca Vitale, poi non intervenuti per tempo.

La discussione è stata centrata sulla lotta contro la guerra e il governo Meloni, in continuità con quelli che l'hanno preceduta, che ha visto convergenza di analisi e di impostazione politica nella prassi e nella lotta da sviluppare, anche se sulla base di differenze dipendenti dalle matrici teoriche, politiche della organizzazioni presenti.

Ma la cosa realmente importante è il ruolo che hanno avuto gli interventi di operai, lavoratrici che hanno raccontato lo stadio della loro lotta ma lo hanno arricchito dentro un quadro generale di come farle avanzare sul piano nazionale, dalla Dalmine alla Beretta di Bergamo, alle Acciaierie e appalto ex Ilva, dalle lavoratrici precarie di Palermo alla sanità di Roma.

Altri interventi di altre realtà preparati per l’assemblea saranno comunque pubblicati nella mailing list.

Una parte finale della discussione è stata centrata su come rafforzare il legame delle realtà presenti con la proposta di una chat permanente e come allargare l’area dell’Assemblea proletaria anticapitalista, sia in forma orizzontale con allargamento delle partecipazioni all’assemblea e alle prassi comuni, sia nello sviluppare l’azione e lo sforzo di unità/critica/trasformazione nell’intero movimento di classe.

Su questo, però, il dibattito non si è sviluppato a sufficienza e dovrà continuare ed essere approfondito.

Grande spazio nell’assemblea ha avuto la battaglia per Alfredo Cospito. L’intervento del SRI e di altri compagni ha ottenuto grande attenzione dai proletari presenti, che hanno chiesto anche con domande di approfondire la natura politica attuale e strategica della battaglia sul 41bis e della più generale lotta contro la repressione dello Stato borghese e la sua legislazione repressiva che, comunque motivata, ha lo scopo di reprimere la lotta di classe, le avanguardie rivoluzionarie.

Nell’assemblea è stato anche detto che la battaglia di Alfredo, degli anarchici e delle realtà comuniste, proletarie rivoluzionarie che sono attive in questa campagna è di grande insegnamento per tutti i fronti della lotta di classe su come combattere lo Stato e questo governo nella situazione attuale generale.

L’assemblea è attivamente impegnata in tutte le sue componenti nelle giornate del 24 e 25 febbraio sui posti di lavoro e nelle piazze contro la guerra imperialista, l’imperialismo italiano, il suo Stato, il suo governo, sostenendo e partecipando anche alle iniziative di Genova lanciata dal Calp, di Milano, di Roma, ecc.
Assemblea proletaria anticapitalista - Roma 18 febbraio

il 24 alle fabbriche: nell'anniversario della guerra imperialista Ucraina, che la classe operaia faccia sentire forte il suo NO alla guerra e al governo guerrafondaio Meloni

Venerdi' al cambio turno pomeridiano intervento/raccolta firme alla portineria appalto Acciaierie

Ore 11 alla Prefettura

 

NO! A voi profitti a noi cassintegrazione e attacco ai salari

 

martedì 21 febbraio 2023

La storia dell'ex Ilva è la storia della classe operaia che può e deve scendere in campo

Dall'intervento di un operaio Ilva AS dello Slai cobas Taranto all'Assemblea proletaria anticapitalista di Roma del 18 febbraio  

Il capitalismo è un mostro che genera a sua volta mostri, ma sono mostri di bell’aspetto, una bella sintesi di questo concetto ne è stata fatta 35 anni fa nel film Essi Vivono, nel quale la borghesia capitalista veniva rappresentata come esseri ripugnanti che avevano assunto fattezze umane e il proletariato e la piccola borghesia come gente ignara di essi e dei loro scopi reali. Dico questo perché non c'è momento in cui non mi guardi intorno e non veda parenti o amici, ma anche semplici conoscenti o estranei, divorati chi dall’ansia, chi da problemi economici, chi da malattie ed anche chi dal pensiero dominante decide di vivere costantemente nella competizione verso i propri simili, per non parlare poi di tante, troppe persone che non ce la fanno uccise dai ritmi elevatissimi dell’iper produzione, da malattie causate dal raggiungimento del massimo profitto ovviamente a scapito di salute ed ogni pur minimo diritto ognuno possa sperare ad ambire. Mi riesce difficile credere al numero impressionante di quanti facciano ricorso ad antidepressivi, se non li conoscessi personalmente direi che si tratti sicuramente di una bufala, magari deliri di coloro che tentano semplicemente di porsi al centro della scena, sarebbe il male minore se così fosse.
Dato che ciò che come compagni cerchiamo di perseguire è proprio il benessere della società tutta sappiamo benissimo, sia per prassi che per fondamenti teorici, che è nel fuoco della lotta che dobbiamo trovare le risposte di cui necessitiamo, una lotta che già da sé porta giovamento a chi la mette in atto ma che ovviamente non sia fine a sé stessa quanto propedeutica all'eliminazione delle differenze di classe causa della supremazia di alcuni esseri umani su altri esseri umani, classi sociali poste in maniera gerarchica, in cui come sappiamo una piccola fetta di grandi borghesi domina sulle vite di miliardi di donne e uomini decidendone sulla base dei propri interessi economici la condizione esistenziale. Certo, la lotta non si improvvisa e non si viene colti dal “furore cieco” di voler cambiare lo stato delle cose di punto in bianco, essa è la conseguenza naturale di una lunga e continua condizione di sfruttamento nella quale grandi masse vengono sottoposte alla produzione e alla circolazione delle merci, dove l'esistenza di ogni lavoratore salariato viene consumata nella ricerca del massimo profitto possibile, e di questo la classe operaia non solo ne è ben consapevole, ma ne è anche la protagonista storica.

Venendo da vent’anni di dipendenza della grande fabbrica ho visto ed imparato a mie spese che nulla ci è dovuto, che anche la più piccola delle conquiste di un lavoratore è frutto della sua protesta, ma non sua intesa come personale quanto dell'intera classe. Nonostante senta spesso ripetere che gli operai hanno perso la loro forza trainante e l'impatto sociale che ebbero nei decenni passati, che non scioperino più, che chiamati a lottare non rispondano come dovrebbero posso dire, nella mia esperienza, che non è proprio vero. Nonostante sia innegabile una minore partecipazione agli scioperi, è possibile confermare senza timore di smentita che se chiamati alla lotta essi rispondono, e rumorosamente anche.
La questione operaia nelle grandi fabbriche, come può essere quella dell’ex Ilva dalla quale io vengo, è legata storicamente al sindacalismo confederale che nel corso dei decenni ha via via perso la sua originaria funzione di rappresentanza dell'interesse dei lavoratori e di contrapposizione all'interesse del padronato per divenire un organo di conciliazione con quest’ultimo ed un freno alle rivendicazioni dei primi. Un piccolo indizio in tal senso può essere visto nella selezione dei lavoratori da mantenere in fabbrica che è stata fatta dopo l'accordo del 6 settembre 2018, quello che ha sancito il passaggio dall’amministrazione straordinaria ad Arcelor-Mittal dell’acciaieria di Taranto. A dispetto dei criteri di assunzione della forza lavoro, i quali erano sostanzialmente tre: anzianità di servizio; professionalità (cioè il livello di inquadramento) e carichi familiari, assunzione che prevedeva che dei circa 11700 dipendenti dell’epoca ne sarebbero dovuti rientrare solo 8200 (e già questo basterebbe per rendere quello stesso accordo nullo, dato che contravviene all’articolo 2112 del codice civile), nessuno dei sindacalisti di Fim, di Fiom e di Uilm, e che fossero RSU o RLS o anche semplici attivisti, è stato messo fuori, sintomo di come alla direzione aziendale interessasse la loro presenza all'interno della fabbrica stessa. Un accordo, quello, che è un pasticcio da qualsiasi punto lo si guardi, visto che nonostante sia stato firmato in sede ministeriale alla presenza delle parti anche dall’allora ministro dello sviluppo economico Di Maio, esso, come dicevo prima, va contro le stesse leggi, leggi che come sappiamo sono di stampo borghese. Un disastro.

Come se non bastasse quello stesso accordo è divenuto ben presto carta straccia visto che dopo poco più di un anno è stato rinegoziato.
Tornando al discorso che a noi preme, e cioè quello delle lotte operaie e della loro funzione nella guerra di classe, un esempio controverso ma anche complesso da analizzare è quello che ci porta indietro sino al 2012, anno in cui avvenne il sequestro dell'area a caldo e l'inizio dell’inchiesta che sarebbe poi sfociata nel processo Ambiente Svenduto: ritengo che in quell'anno si sia in parte perso il momento adatto per una reale rivendicazione dei lavoratori. Durante i primi due scioperi che avvennero alla fine di marzo, nell'arco di pochi giorni l’uno dall’altro, ci fu qualcosa di controverso. Al primo dei due la partecipazione fu relativamente bassa, da notare che lo sciopero era proclamato da Fim-Fiom-Uilm, mentre al secondo la partecipazione dire che fosse strepitosa sarebbe riduttivo. La differenza col primo giorno derivava dal fatto che in quest'ultima occasione la richiesta di andare per strada veniva nientepopodimeno che direttamente dalla direzione aziendale! Ovviamente essa perseguiva i propri interessi che erano quelli di chiedere attraverso noi dipendenti il dissequestro degli impianti. Da notare che il processo Ambiente Svenduto ha portato dopo ben sette anni dall’inizio a condanne sino a 22 anni in primo grado a ben 47 imputati. Dopo questo secondo sciopero si sono susseguite nel corso di quell'anno numerose altre iniziative tra manifestazioni e blocchi stradali, culminate il 2 agosto con la venuta in città dei segretari nazionali dei confederali dell’epoca i quali non ebbero modo di parlare alla platea dei lavoratori perché gli furono letteralmente strappati dalle mani i microfoni da quelli che in quello stesso giorno si costituirono come comitato dei Liberi e Pensanti. Quando dicevo che si è in parte persa l'occasione è perché è vero si che in quei giorni la città è rimasta paralizzata dall'esorbitante numero di operai coinvolti nei blocchi stradali e nei cortei, ma non si è riusciti a dare una vera impronta alle proteste che fosse proletaria, che fosse prettamente portatrice di istanze, di rivendicazioni esclusive di noi lavoratori, tant’è che a distanza di sei anni da quegli avvenimenti è arrivata una nuova proprietà (anche se è improprio riferirsi alla nuova come proprietà), dopo uno iato in cui l'azienda è stata commissariata, dove la nostra situazione è precipitata inesorabilmente.

Continuando a dimostrare che la classe operaia se chiamata a lottare è ancora viva e vegeta (e questo non vuol dire che sia vincente come dimostrato poc’anzi, ma che non è arrendevole dinanzi alla sconfitta), si può annoverare il bellissimo ma allo stesso tempo ingannevole sciopero del 6 maggio scorso, e adesso spiegherò il perché. Il fatto che finalmente, dopo tre anni e mezzo dall'insediamento della nuova proprietà (definiamola così per comodità) si fosse tornati alle proteste da parte dei confederali, che sino ad allora erano stati restii all'azione preferendo sempre la via del dialogo, dagli incontri e dei tavoli, scelta che ha portato nel tempo ad una sciagurata sorte sia degli operai lasciati alla mercé degli umori del management aziendale quanto ad una fallimentare gestione della stessa, con numeri di cassintegrati via via sempre più elevati ed un accrescimento vertiginoso del debito verso i creditori, dicevo, il fatto che si fosse quasi insperabilmente ormai tornati alla via dello sciopero aveva acceso le speranze di tutti noi, di un ritorno al metodo più giusto e più efficace di rivendicazione dei propri diritti. A fronte di un’adesione come quasi mai prima di allora, si parlava di circa il 90% di scioperanti della fabbrica dove entrò esclusivamente chi era di comandata, quando mi sentii dire che quei risultati erano stati ottenuti semplicemente perché i varchi d'ingresso erano stati bloccati e non per una vera volontà e coscienza dei lavoratori, c'era da far notare che se la strada per la riuscita dell'iniziativa di lotta fosse quella allora voleva dire che avevamo imboccato il sentiero giusto, e si sarebbe dovuti proseguire per quel sentiero, cosa che ahimè non è stata. Infatti i segretari locali di Fim-Fiom-Uilm sbugiardarono se stessi dato che, a fine giornata e con un sorriso Durban’s a trentadue denti per la riuscitissima iniziativa, avevano dichiarato che da quel momento si sarebbe scioperato regolarmente almeno ogni mese con anche assemblee. Quando successivamente gli operai hanno fatto calare la loro presenza è perché di presenza non poteva essercene visto che quello sciopero è rimasto un caso isolato. Non dando continuità alla lotta i risultati ottenuti sono stati due, entrambi deleteri: aver in primis fatto perdere inutilmente parte del salario già da condizione di sudditanza, ma soprattutto aver dato una spinta verso la disaffezione dell'operaio a questa forma unica e fruttuosa nel proprio cammino di ribaltamento del proprio status sociale prima e di annullamento al culmine

Un altro episodio meritevole di menzione, questa volta però non per dimostrare che la classe operaia risponde affermativamente allo scendere in campo (tanto per usare una definizione molto cara una trentina di anni fa all'allora leader del capitalismo nostrano) che come abbiamo già visto è conseguenza naturale delle sue condizioni di moderno schiavismo, quanto piuttosto per mettere questa volta in evidenza la totale arbitrarietà delle decisioni di un'azienda in sfregio ad ogni pur minimo, basilare fondamento stesso della vita e del suo diritto in quanto tale, mi riferisco alla vicenda del collega Riccardo Cristello, protagonista di un episodio tanto surreale quanto tragico. Lui è stato la vittima sacrificale della metodologia del fascismo aziendale tanto cara ai padroni, la messa in atto del colpirne uno per educarne cento. Quando si viene a conoscenza del licenziamento di un collega solo perché tra le quattro mura della sua casa, e dunque fuori dall'orario lavorativo, si è permesso di condividere un post nel quale si consigliava ai propri contatti di vedere una serie televisiva che aveva come spunto narrativo la questione ambientale nella propria città non si può che restare basiti. Purtroppo in quel caso, uno dei tanti ahimè, le tre sigle confederali non fecero altro che rilasciare dichiarazioni che definire vergognose è un eufemismo. Quelle di Fim e Uilm erano perfettamente sovrapponibili in quanto dissero, chi in un'intervista e chi tramite un comunicato, che non proclamavano alcuno sciopero in quanto i lavoratori erano già stressati dalle vicende della fabbrica, mentre la Fiom, con un funambolismo degno dei gemelli Derrick, usò questa occasione per rilasciare un comunicato che, al di là dei soliti virtuosismi lessicali, chiedeva sostanzialmente al governo di acconsentire alle richieste di Arcelor-Mittal di ulteriori finanziamenti e deroghe al pagamento del canone d'affitto che la società aveva avanzato verso lo stesso. Direi che si commenta da solo. L'USB dal canto suo dichiarò un presidio permanente davanti ai cancelli della direzione della fabbrica, al quale noi dello Slai Cobas aderimmo immediatamente, per avviare un dialogo con il responsabile delle risorse umane che permettesse di aprire una porta al rientro di Riccardo, responsabile che nell'arco dei tre giorni di presidio non rispose mai alla richiesta d’incontro. Di certo non si può pretendere del fegato da un burattino del capitale. La vicenda si è in seguito risolta con l'avvio di un'azione legale da parte del lavoratore conclusasi con il riconoscimento da parte del giudice dell’inconsistenza, dell’aleatorietà della motivazione di parte aziendale e dunque con il suo rientro nel posto di lavoro, anche se trasferito di reparto. 

Ci sarebbe anche da raccontare dell’ultima di innumerevoli proteste sotto il Mise dello scorso gennaio, dove alla presenza di ben 700 operai venuti da Taranto con 14 pullman si è consumata l'ennesima beffa ai nostri danni: al tavolo convocato dal ministro Urso per i sindacati si sarebbe dovuto discutere in particolar modo dell’aumento di capitale da parte della partecipata statale Invitalia all'interno della società Acciaierie d’Italia in modo tale da raggiungerne la maggioranza delle quote e così avere un peso decisionale maggiore in consiglio di amministrazione (da premettere come noi dello Slai Cobas non riteniamo l'aumento di capitale della parte pubblica come questione dirimente, risolutiva delle condizioni dei lavoratori in fabbrica). Al termine del tavolo, da un ministro di nome Adolfo, non si poteva certo sperare in un esito favorevole per i lavoratori e difatti così è stato, determinando ufficialmente come questi personaggi vivano di corsi e ricorsi storici. Usciti dal Mise con un pugno di mosche in mano, i tre segretari De Palma, Palombella e Rizzo, rispettivamente di Fiom, Uilm e USB nelle dichiarazioni finali avevano annunciato di essere sul piede di guerra e riprendere con gli scioperi. Tempo una settimana ed è tutto crollato come un castello di carta, infatti convocati nuovamente ma questa volta dall'azienda nella sede di Confindustria, i tre confederali in assenza però dell’USB sono usciti rincuorati dalle promesse della direzione aziendale sulla ripresa delle attività, peccato però che non abbiano fatto minimo cenno al taglio dei numeri della cassintegrazione e che quelle fatte ad oggi risultino promesse da marinaio. Ma Fim-Fiom-Uilm sono comunque contenti del tavolo in quanto tale.

Ho stilato un parziale elenco di eventi non per fare una semplice cronistoria degli accadimenti del nostro stabilimento, ma per ribadire ancora una volta che non dobbiamo mollare la guida della classe operaia, che essa va diretta verso un obiettivo comune, e che questo compito non può essere lasciato ai collaborazionisti del capitale.
Così come ho iniziato nominando un film concludo accennando la strofa di una canzone:

"Da ogni angolo di questa terra
Un grido si alzerà
Resurrezione, insurrezione
La lotta continuerà"

Verso l'8 marzo. Giovedi' prossimo Assemblea telematica nazionale Donne/Lavoratrici. Anche da Taranto uniamoci alle altre lavoratrici


dalle lotte delle proletarie, operaie, lavoratrici, precarie... 
dal nuovo percorso delle Assemblee operaie
dalle mobilitazioni contro la guerra e al fianco della rivolta in Iran delle donne
dalla manifestazione nazionale del 26 novembre, dalle prime trincee contro il governo Meloni: "Dio, patria e famiglia"
all'8 marzo e allo sciopero delle donne.Quali le ragioni in questo anno.

Colleghiamoci, partecipiamo, organizziamoci! 

23 FEBBRAIO DALLE ORE 17,00

Assemblea donne/lavoratrici

Il processo "Ambiente svenduto" continua... Indagati 6 testimoni. Bene!

 

Elezioni Rsu Acciaierie: non è un problema di cambio di nomi

Alle prossime elezioni delle Rsu non è questione di persone e di nomi i sindacati in fabbrica e i loro Rsu non sono stati in grado di difendere a fronte di padroni e governo gli interessi dei lavoratori cassintegrazione permanente - salari tagliati - condizioni di lavoro e sicurezza peggiorati - diritti dei lavoratori calpestati e con un futuro peggiore con il decreto Meloni/Urso/Mittal.

Questa situazione non si cambia cambiando un delegato per un altro ma con la ribellione/ l’autorganizzazione/ la lotta organizzata e decisa dai lavoratori nelle assemblee/ con la piattaforma operaia.

E' su questo che la situazione può e deve cambiare a partire dalla consapevolezza che con lo Slai cobas in fabbrica non si sarebbe arrivati mai a questo punto.

Slai cobas per il sindacato di classe taranto

wa 3519575628

Centinaia di migranti nuovamente a Taranto. Che non si ripetano le condizioni indegne di gennaio che diedero giustamente vita a proteste dall'interno dell'hot spot e a denuncia dello Slai cobas


 

giovedì 16 febbraio 2023

Formazione operaia su "guerra imperialista e proletari"

 (Continua dalla Formazione operaia del 9 febbraio)

Lenin è estremamente chiaro nel tracciare i limiti della cosiddetta "guerra difensiva", cos come nel collocare esattamente le guerre che oggi chiamiamo di "liberazione" e che vanno viste limitatamente alle lotte di liberazione nazionale nei paesi oppressi dall'imperialismo.

Ciò domanda nell'attuale epoca anche un'analisi corrispondente di quando si può parlare di paesi oppressi dall'imperialismo, dato che gli sviluppi e i cambiamenti avvenuti nella fase imperialista hanno fatto si' che molti di questi paesi sia divenuti non paesi oppressi dall'imperialismo, ma paesi capitalisti essi stessi inseriti nella catena mondiale del sistema imperialista e nella divisione internazionale del lavoro e dello sviluppo disuguale che c'è sempre stato tra paesi capitalisti e ancor più vi è nella fase dell'imperialismo. 

Estendere il concetto di paese oppresso dall'imperialismo porta ad estendere in seno a paesi divenuti capitalisti sia pur dipendenti del concetto di "difesa della patria", di "guerra difensiva". Questo produce la collaborazione di classe alle guerre del proprio paese, la subordinazione del proletariato e delle masse popolari alle borghesie capitaliste del proprio paese; e di conseguenza l'affermazione nelle fila proletarie e popolari dell'ideologia del nazionalismo e l'abbandono della lotta per il socialismo.

Questo ad esempio è del tutto evidente nel caso dell'Ucraina.
L'Ucraina non è un paese oppresso dall'imperialismo, è un paese capitalista dipendente, dove per altro il capitalismo è stato restaurato dopo il cambio di natura della Russia. 
La guerra Russia/Ucraina, anche se non ci fosse, come in questo caso, l'intervento di tutte le potenze imperialiste in contesa con la Russia a farne una pedina dello scontro inter imperialista, sarebbe sempre una guerra tra l'imperialismo russo e l'Ucraina capitalista. nella quale la posizione indipendente del proletariato sarebbe comunque quella di lottare contro l'imperialismo aggressore e contro la borghesia capitalista aggredita nel proprio paese.

Questo vale ancora di più nel contesto di quella che è oggi, in realta', una guerra inter imperialista.

Quindi, in Ucraina, nella quasi totalita' dei paesi dell'Est, all'interno dei paesi imperialisti e capitalisti, tranne rare eccezioni, non ci sono lotte di liberazione nazionale, e di conseguenza il concetto di "guerra difensiva" o di "difesa della patria" costituisce, come ci insegna Lenin, una "falsificazione storica e solo un inganno del popolo semplice da parte dei padroni". 
Anzi, è su questa base che le borghesie di questi paesi servendosi dell'ideologia nazionale e del concetto di "difesa della patria" hanno portato al potere regimi di carattere sovranista, che nella sostanza praticano il fascismo all'interno e si allineano attivamente ai paesi imperialisti maggiori all'esterno, partecipando, e in certi casi fomentando, guerre reazionarie. 

Proseguendo nell'esame dello scritto di Lenin. In un altro passo del testo "il socialismo e la guerra", Lenin scrive: "quasi tutti riconoscono che la guerra attuale è imperialista. Ma i più deformano questo concetto e lo applicano unilateralmente o cercano di far credere nella possibilita' che queste guerra abbia un significato progressivo, di liberazione nazionale".
Lenin prosegue descrivendo come l'imperialismo è il più alto grado di sviluppo del capitalismo, che ha sviluppato tutte le sue caratteristiche ad un livello che abbraccia, e oggi ancor più, la gran parte dei paesi del mondo. E' in questo contesto che via via che si estende l'imperialismo, si estende il capitalismo all'interno di questi paesi. Che certamente non è il capitalismo degli albori, è una sorta di capitalismo deformato che l'analisi marxista leninista maoista in molti casi ha analizzato nella forma di capitalismo burocratico, ma sempre capitalismo è. E, quindi, non vi può essere all'interno dei paesi dipendenti un capitalismo progressivo. E la linea del "capitalismo progressivo" e dell'alleanza con la borghesia capitalistica nazionale in seno ai paesi dipendenti è una deviazione grave che ha portato, in particolare nel dopo guerra, le lotte e i movimenti di liberazione nazionale a trasformarsi, anche quando hanno vinto, in nuovi Stati inizialmente a capitalismo  di Stato, in Stati a capitalismo tout court parte integrante del sistema imperialista mondiale. 
Per cui nella maggiorparte dei casi in questi paesi non è continuata la rivoluzione democratica, la rivoluzione di Nuova democrazia verso il socialismo. 
Ma non solo. Questi Stati hanno contribuito allo sviluppo del capitalismo nel loro paese, trasformando questi paesi in paesi di capitalismo selvaggio; confermando quanto scrive Lenin: "da progressivo il capitalismo è divenuto reazionario". 

E' chiaro, per rientrare nel tema di fondo dello scritto di Lenin e del suo rapporto con la realta' di oggi, che questi paesi diventano attivi protagonisti di guerre reazionarie e anelli dello scontro inter imperialista mondiale.

Lenin prende in considerazione lo stato delle cose in alcuni paesi che nel suo tempo erano oppressi dall'imperialismo, e scrive: "In Cina, in Persia e in India e in altri paesi soggetti si è sviluppata nel corso degli ultimi decenni una politica di risveglio alla vita nazionale di decine e centinaia di milioni di uomini, di liberazione dall'oppressione delle grandi potenze reazionarie. Su questo terreno storico una guerra può essere anche oggi borghese progressiva di liberazione nazionale".

Oggi è del tutto evidente che in paesi come Cina, Persia (ovvero Iran), India, in nessuna maniera si può parlare di una guerra borghese progressiva di liberazione nazionale. 
Continuare a sostenere questa possibilita' è collaborazione di classe invece che lotta di classe all'interno di questi paesi tra borghesie imperialiste (Cina) o borghesie alleate e strettamente legate al sistema imperialista, dentro il quale proseguire lo sviluppo capitalista e in prospettiva imperialista, e classe operaia, contadini poveri e masse sfruttate che hanno necessita' e devono liberarsi dal dominio borghese capitalista nel loro paese con la guerra rivoluzionaria per la marcia verso il socialismo nel loro paese e nel mondo.