sabato 7 maggio 2022

Sciopero e giornata di lotta Acciaierie d'Italia - la posizione dei sindacati - e quella dello Slai cobas

Da Corriere di Taranto

 


Secondo i sindacati, lo sciopero all’ex Ilva di oggi ha visto una grande partecipazione dei lavoratori. Solo qualche attimo di tensione per la presenza ai cancelli dell’ad Lucia Morselli, ma per il resto sembra essere scivolato senza grandi problemi.
La protesta di 24 ore, proclamata unitariamente dalle sigle sindacali, si concluderà domani mattina alle 7.00.
“Lo sciopero di oggi di 24 nello stabilimento Acciaierie d’Italia di Taranto ha visto una grande partecipazione dei lavoratori. Il presidente Draghi batta un colpo, stiamo perdendo un asset strategico dell’industria del nostro Paese”: a dichiararlo è Gianni Venturi, segretario nazionale Fiom Cgil e responsabile siderurgia.
“Invece che ai cancelli nel giorno dello sciopero, l’Amministratore delegato di Acciaierie d’Italia dovrebbe presentarsi più spesso nelle sedi in cui il confronto tra le parti potrebbe aiutare ad individuare gli strumenti per dare una prospettiva ed uno sbocco positivi ad una vertenza ormai senza tempo”, aggiunge l’esponente sindacale.

“Noi non abbiamo mai immaginato, e tantomeno preteso, di scegliere gli AD di qualsiasi azienda, ma l’Amministratore delegato di Acciaierie d’Italia si rassegni all’idea di poter scegliere i sindacati che vorrebbe e risponda alle questioni poste con lo sciopero di oggi: dal mancato accordo sulla cigs alla mancata risalita produttiva, dalle questioni della sicurezza agli investimenti ordinari e straordinari necessari per assicurare una prospettiva credibile di attuazione delle linee di un piano industriale semplicemente presentato e mai condiviso dal sindacato e dai lavoratori – continua Venturi -. Sembra si sia scelta la strada di un’involuzione autoritaria nei rapporti in tutti gli stabilimenti del gruppo tra inaccettabili pressioni, sospensioni, licenziamenti disciplinari, per non dire di ciò che sta avvenendo nelle imprese dell’indotto. Questo clima è cresciuto dopo l’ingresso del capitale pubblico con Invitalia, e rappresenta l’altra faccia di una medaglia che vede la ‘diserzione’ del Governo dagli impegni assunti e dagli annunci ripetuti sul ruolo strategico di Taranto nel fantomatico piano nazionale della siderurgia. Lo sciopero di oggi è solo l’inizio della mobilitazione”.
Parla di “sciopero sin qui riuscito, allo stabilimento Acciaierie D’Italia di Taranto, dove non si vedeva una massiccia adesione di manifestanti da diversi anni. Dalle 7.00 di questa mattina i lavoratori di Acciaierie D’Italia, insieme ai colleghi dell’Appalto e di Ilva in Amministrazione Straordinaria, protestano per le tante risposte che continuano a non arrivare, da parte del management dell’azienda e del Governo centrale” la FIM Cisl.

“La riuscita dello sciopero di oggi al siderurgico di Taranto – dichiara il segretario generale FIM, Roberto Benaglia – è un fatto molto positivo che evidenzia come i lavoratori e il sindacato dei metalmeccanici non si arrendono di fronte alla crisi e alle difficoltà storiche, nonché alla situazione difficile in cui versa tutto il polo di Taranto”.
Il tempo passa e la tensione sale tra i lavoratori, che garbatamente hanno aderito all’iniziativa del sindacato. Come sindacato – continua Benaglia – denunciamo il fatto che il 2022 rischia di essere un altro anno perso e negativo, in quanto gli obiettivi della produzione di acciaio, pari a 5,7 milioni di tonnellate, che l’azienda solamente un mese fa aveva dichiarato di raggiungere, in queste condizioni è chiaro che non potranno essere centrati. La difficoltà e l’incertezza che l’attuale gestione procura allo stabilimento e a tutta Acciaierie d’Italia non è più sopportabile. Abbiamo bisogno di un nuovo confronto che permetta di togliere il siderurgico dalla situazione di debolezza e di scarso funzionamento in cui oggi si trova”.
Da qui l’appello al Governo che “deve rispondere, non solamente delle prospettive future e dei programmi verso la decarbonizzazione, ma soprattutto degli impegni che lo riguardano, come principale azionista per risollevare la produzione e rilanciare i volumi, riducendo il numero di persone messe in cassa integrazione. Solo così potremo ritrovare chiarezza nelle relazioni industriali e soprattutto un confronto che guardi in avanti. Proseguiremo l’iniziativa sindacale e – conclude Benaglia – cercheremo in tutti i modi di riaprire un confronto con l’azienda con il Governo su questi obiettivi”.

Presente a Taranto il segretario nazionale Valerio D’Alò il quale afferma: “Evidentemente chi si deve convocare non sa cosa vuol dire vivere con 900 euro al mese. Il Governo sta perdendo tempo, perché dall’entrata a maggio nella governance, quale socio di maggioranza di Acciaierie D’Italia, ha spostato in avanti la scadenza, aspettando un possibile dissequestro. La realtà – spiega ancora D’Alò – è che se non dovesse realizzarsi il dissequestro, vogliamo capire che cosa bisognerà fare: A chi rimarrà l’azienda? Quale sarà l’asset societario? Risposte fondamentali per evitare il solito scaricabarile. Diciamo no alle solite e ripetute scuse per non fare nulla. E quando in uno stabilimento siderurgico qualunque vede questo tipo di manutenzioni non fatte, tutto questo si trasforma in mancanza di sicurezza e in cassa integrazione”.
Ed è proprio sull’argomento cassa integrazione che si sono interrotte le relazioni sindacali con Acciaierie D’Italia. “Un mancato accordo sulla la cassa integrazione evidentemente giustificato, in considerazione che l’aumento dei volumi produttivi sperati e proposti dall’azienda non si sono consuntivati e quindi per le persone non avranno nessuna prospettiva per rientrare dalla cassa integrazione. I lavoratori vogliono risposte – conclude D’Alò – da un Governo assolutamente sordo e assente che sa di doversi prendere delle responsabilità e ancora non se le assume”.

“Oggi lo sciopero a Taranto di 24 ore è contro ArcelorMittal e contro il Governo. Dopo oltre un mese dal mancato accordo sulla cassa integrazione straordinaria al Ministero del Lavoro, nessuno si è mosso a parte qualche dichiarazione a latere e l’unica strada che avevamo è scioperare. Non potevamo continuare a subire. Mi auguro che il Governo intervenga , altrimenti intensificheremo le nostre iniziative. Taranto sta messa malissimo, a Genova la situazione è esplosiva malgrado lì facciano una produzione di mercato come la banda stagnata. Due grandi stabilimenti senza nessun tipo di relazioni industriale. Inoltre si è instaurato un clima di terrore nelle fabbriche con lavoratori sospesi o licenziati. Questa situazione rischia di pesare come un macigno. Abbiamo inviato più volte lettere ai ministri ma non abbiamo mai ricevuto una risposta. Non avevamo altri strumenti se non lo sciopero”. Così Rocco Palombella, segretario generale Uilm.
“Il Governo è diviso su Ilva – insiste il leader Uilm – da una parte si vorrebbe salvare lo stabilimento e dall’altra si ritiene una questione irrecuperabile. Dopo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio Draghi ci aspettavamo atti concreti che non vediamo”.
“Dopo il gravissimo fatto del mancato accordo al Ministero del Lavoro, perché il Governo non ha convocato l’azienda – domanda Palombella – e perché non verifica i livelli produttivi che sono ai minimi, lontani dall’obiettivo dei 5,7 milioni previsti per quest’anno, in un contesto di mercato dell’acciaio che fa segnare record. Nell’agenda di Governo Ilva non esiste più”.

“L’ultimo incontro con il ministro Giorgetti risale a tempo fa – continua – poi non abbiamo ricevuto nulla, nessun tipo di riscontro. Si va verso le elezioni politiche del 2023 senza posizioni concrete su nessuna vertenza, senza assumersi responsabilità e nessun tavolo effettivo su vertenze importanti”.

“Il nuovo piano industriale, la decarbonizzazione e la produzione con il pre ridotto rimangono un libro dei sogni, progetti annunciati ma mai formalizzati, mai discussi e mai definiti dettagliatamente con date, riferimenti o fonti di finanziamento” prosegue.

“Nel frattempo – sottolinea Palombella – Mittal a livello globale ha fatto utili per oltre 4 miliardi di dollari nel primo trimestre del 2022, segnando il record dell’80% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Allo stesso tempo ha completamente marginalizzato Taranto, tenendo il sito a scartamento ridotto e 3 mila persone in cassa integrazione. Inoltre la scelta dell’attuale amministratore delegato vuol dire solo una cosa: annientare lo stabilimento di Taranto. Come se non bastasse hanno chiesto lo sconto sia sul prezzo di acquisto che sull’affitto. Vogliono un regalo, è assurdo”.

“La situazione dei 1.700 lavoratori di Ilva As – conclude – deve essere presa in carico seriamente dal Governo e dai Ministri competenti. Non è possibile pensare che queste persone possano fare solo le bonifiche o stare in cassa integrazione a vita”.

Infine, per lo Slai Cobas “fin dal primo giorno in cui ArcelorMittal si è insediata in questo stabilimento è stata chiara la volontà di non rispettare gli accordi presi, ma d’altronte il principio sul quale si basa l’attuale sistema è solo il profitto, ottenuto con meno operai e più produzione. È in questo contesto che si inserisce questa nuova macro ondata di cassintegrazione voluta dall’azienda che, è sempre bene ricordarlo, ha anche lo Stato come socio. Da qui dobbiamo partire per capire come non sia possibile una conciliazione tra lavoratori e padroni, tra sfruttati e sfruttatori, e discernere tra chi rappresenta gli uni e chi rappresenta gli altri. Dal primo novembre del 2018 ad oggi si sono susseguiti ben tre governi, e nessuno di essi ha mai compiuto un’azione favorevole nei nostri confronti, hanno sempre assecondato il modo d’agire criminoso dell’azienda: dal mancato rispetto dell’accordo alla inesistente enfasi sulla sicurezza, dai licenziamenti pretestuosi e ricattatori alla cassintegrazione permanente da tre anni a questa parte, sfruttando anche la cassa covid quando lo stabilimento è sempre stato regolarmente in marcia, sino ad una delle manovre più infime e vergognose fatte da governo Draghi, lo spostamento dei fondi dalle bonifiche dell’area esterna allo stabilimento alla presunta decarbonizzazione del siderurgico. Siamo tutti ben consapevoli che la nostra forza risiede nel numero. Quando i lavoratori sono uniti ed hanno la determinazione, data dall’immiserimento galoppante, dal rischio di perdere il lavoro, la salute, a volte anche la vita, essi divengono una forza inarrestabile”.

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