Sarebbero 39, tra fabbriche e altri posti di lavoro, le vertenze in Puglia.
Ne elechiamo alcune (utilizzando anche dati dal giornale L'Edicola del Sud):
Alla Bosch di Bari 700 lavoratori rischiano il licenziamento, perchè considerati esuberi. Da circa un mese su 1715 dipendenti 1.300
erano in cassa integrazione. L’azienda ha annunciato che vuole ridurre gli operai a 1.000 entro il 2027. Eppure, dicono i sindacati, «Nelle altre sedi c’è un sovraccarico produttivo"
Alla BariTech, passata dalla produzione di lampadine a quella di mascherine in tessuto non-tessuto, ora i 156 dipendenti sono però di nuovo a rishio. Il 31 dicembre è terminato l’accordo con la struttura d’emergenza Covid guidata dal generale Figliuolo. Verificata la non volontà di proroga, la fabbrica ha chiuso i battenti una settimana prima, lasciando i lavoratori in cassa integrazione.
Ilva Taranto, 1.600 operai sono da tre anni in cigs. I lavori di bonifica, in cui dovevano essere impiegati, si fanno sempre più aleatori, ora più che mai con lo scadaloso trasferimento dei soldi per le bonifiche alla ristrutturazione degli impianti, in realtà alla produzione.
Alla Tessitura di Mottola 115 operai e operaie sono in cassintegrazione, per chiusura della fabbrica non certo per crisi ma per delocalizzazione. Dovrebbe passare ad altro padrone, ma per ora sono solo ipotesi. E il presidio e le iniziative dei lavoratori, una parte organizzata nello Slai cobas continuano, e grazie dall'opposizione di questi è stato impedito un accordo vergognoso che per 14mila euro voleva far licenziare 40 operai.
Hotel Palace Bari, lo scorso novembre la proprietà ha avviato la procedura di licenziamento dei 69 lavoratori. Una iniziativa che ha scatenato le rimostranze dei dipendenti che per settimane hanno manifestato fuori da quello che era il loro posto di lavoro. La scorsa settimana si è riusciti a trovare l’accordo sulla cassa integrazione che durerà dodici mesi.
Cemitaly-ex Cementir di Taranto decine di operai sono in una cassa integrazione senza prospettive, la fabbrica ha chiuso, lasciando anche dal punto di vista inquinamento una situazione a rischio.
Eco Leather di Monopoli. Era l’unica conceria del Mezzogiorno e oltre a pellame produceva materiale per l’automotive. Ora 256 dipendenti rischiano di perdere il lavoro.
E TANTE ALTRE
Si tratta spesso di azinde grandi, multinazionali, che hanno avuto molti fondi dallo Stato e dopo aver sfruttato lavoratori e incentivi chiudono e vanno via,spesso dove possono are più profitti.
Il governo che dà tanti soldi alle aziende, ora sotto il grande manto della pandemia, ha fatto una legge recentemente contro la delocalizzazione, che non impedisce affatto che le aziende chiudano, pur pagandonuna sanzione; mentre agli eventuali nuovi compratori di queste aziende si pensa già di dare nuovi incentivi.
Solo agli operai e operaie non si dà niente, se non la miseria di una cassintegrazione che riduce di quasi il 50% il salario, e senza prevedere alcuna integrazione.
E' NECESSARIO UNIRE QUESTE REALTA', UNIRE LE FORZE.
OCCORRE UNO SCIOPERO GENERALE IN PUGLIA.CHE ALL'INTERNO DELLE VERTENZE SPECIFICHE PONGA ALCUNI OBIETTIVI COMUNI.
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