sabato 22 agosto 2015

L'IPOCRISIA DELLA LOTTA AL CAPORALATO PER SALVARE LE GRANDI AZIENDE - E ANCHE SAVIANO SALE SULLO STESSO CARRO

In questa strage di braccianti immigrati e italiani, questi soprattutto donne, si sta parlando e puntando il dito sul caporalato, quasi separandolo dalle aziende, fino a – come è successo per l'inchiesta giudiziaria ultratardiva della Procura sulla morte di Paola Clemente di S. Giorgio J. - indagare all'inizio solo l'autista-caporale e solo giorni dopo l'azienda; così nei pochissimi interventi di ministri, Istituzioni locali si parla essenzialmente di adottare provvedimenti contro il caporalato, mentre verso le associazioni delle aziende al massimo la Regione Puglia di Emiliano fa incontri di “collaborazione per debellare insieme il fenomeno”.

E il governo verso le aziende fa anche di più. Invece di porre leggi che impongano il rispetto dei contratti, dei diritti dei lavoratori, i controlli, che perseguano le aziende che traggono grandi profitti dalle condizioni di lavoro schiaviste dei braccianti, il Ministro Martina, come in una commedia delle beffe, sta pensando ad un aiuto alle imprese agricole, anticipando di un anno l'eliminazione totale dell'imposta regionale (Irap).  

Si tratta di una spudorata politica per salvaguardare gli interessi economici delle aziende agricole, ortofrutticole, che sono generalmente grandi società capitaliste.
Ma il caporalato nelle campagne è legato a filo stretto con le aziende, non potrebbe vivere senza le aziende e le aziende non possono e soprattutto non vogliono lavorare senza di loro.
I caporali gli fanno il lavoro “sporco”: di scegliere i braccianti, decidendo chi va a lavorare e chi viene lasciato a casa, di prenderli e portarli nei campi riempendo fino al massimo i bus, di fare da intermediari nei pagamenti ai braccianti detraendo dalla loro paga, non contrattuale, il loro costo di caporali, il costo del viaggio, spesso il costo acqua, ecc., garantisce alle aziende di tenere i braccianti sotto controllo durante il lavoro.

Quindi parlare di leggi contro il caporalato senza leggi contro le aziende è una oscena, ipocrita presa in giro fatta sulle morti dei braccianti, e, bene che vada, un'azione impotente.
La grande lotta degli immigrati di Nardò che portò all'introduzione nel 2011 del reato di caporalato, non è servita a debellare, né a ridurre il caporalato; condizioni di schiavitù, morti sul lavoro avvengono ora come e a volte più di prima; al massimo il primo anello dell'azione del caporale: l'assunzione, viene in alcuni casi fatta dalle agenzie interinali, che agiscono però come una sorta di caporalato ufficiale.

Le Agenzie interinali sono spesso uffici locali di grandi agenzie del nord. Spesso con le agenzie vi è solo un “passaggio” in più della catena, per poi tornare sempre all'anello principale del caporale. (da Repubblica) - “Funziona così: c'è il proprietario terriero che si rivolge a un'agenzia interinale. Per reclutare lavoratori, queste maxi agenzie interinali si appoggiano ad alcuni personaggi locali: lo fanno nel Tarantino, nel Barese, ma anche in Calabria, in Campania, in alcune zone dell'Emilia-Romagna... "In sostanza se vogliamo lavorare, dobbiamo andare da loro ". E cosa chiedono in cambio "loro"? La signora con le dita fa il segno del denaro. Soldi. Percentuali. Non è cambiato niente dunque. Poi questi caporali “...alla minima lamentela o insubordinazione hanno il potere di lasciarli il giorno dopo a casa... 
...In Italia il nuovo caporalato - nove miliardi di euro di fatturato, tre che vengono solo dal pomodoro, seicento milioni di contributi evasi secondo la Cgil, in sostanza il narcotraffico dell'agroalimentare - funziona proprio così: i braccianti muoiono di fatica. Con tutte le carte a posto”.

Anche le “belle” voci non si discostano da questo andazzo.
Saviano in una sua intervista su Repubblica invece di attaccare le aziende dice che per debellare il caporalato e il suo legame con la mafia, bisogna dare la “possibilità alle aziende di trarre vantaggio dalle assunzioni e non spingerle ad essere oneste per un comportamento morale... Quindi è necessario assicurare flessibilità nelle assunzioni...”; invece di snmascherare il caporalato legale delle agenzie interinali dice: “costruire dei controlli capillari attraverso agenzie sul territorio in grado di chiamare manodopera ma anche di controllarla sul posto di lavoro … Garantire acqua, un minimo di assistenza e la possibilità di un lavoro in condizioni dignitose: questo è il punto”.
NO, NON E' PROPRIO QUESTO IL PUNTO!

In questi anni, per rispondere alla crisi, sempre più le grandi aziende puntano ad alzare la produttività, che vuol dire alzare i livelli di intensificazione del lavoro e quindi della fatica, ma vuol dire anche un uso più intensivo di fitofarmaci, antiparassitari (spesso concausa delle morti dei braccianti) per avere produzioni più resistenti, prodotti più ricercati sui mercati (ma della serie: belli da fuori e meno gustosi da dentro); puntano a ridurre i costi di lavoro – quindi l'impiego delle donne (buone anche perchè in alcuni lavori, per esempio acinellatura, servono mani più piccole e più accurate) e un sempre più grosso impiego di braccianti immigrati, spesso a nero, che costano poco e sono più ricattabili, e a volte, se vivono (in condizioni bestiali) nelle campagne possono essere sempre a disposizione. Puntano ad elevare i loro guadagni, maledetti e subito.
In questo le morti sono degli “accidenti” da tenere nascosti o al massimo da relativizzare/normalizzare – come ha dichiarato il Sindaco di S. Giorgio Jonico: “Sicuramente con il caldo che ha fatto qualcuno è venuto meno. Quello che mi sento di dire e che c'è una grande difficoltà quest'anno legata al caldo e magari qualche ragazzo si è sentito pure male...".

Ancora una volta, quindi, le Istituzioni, il governo alle morti, alle condizioni di lavoro supersfruttato, vogliono rispondere con qualche parola ipocrita, provvedimenti impotenti e lasciando in pace le aziende (gli stessi ispettorati del lavoro sono stati già negli anni riformati e ora di fatto cancellati all'interno della politica di non disturbare i padroni).

E' bene che il silenzio intorno alla strage nelle campagne si stia rompendo. Ma occorre altro.
Nè bastano le denunce che ora la Cgil sta facendo.

Occorre l'organizzazione e la lotta diretta delle braccianti e dei braccianti, dei migranti. Riprendendo la via delle rivolte dei braccianti immigrati ma non fermandosi.

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