Nuova udienza del processo ‘Ambiente Svenduto’ sul presunto disastro
ambientale provocato dall’Ilva, nella giornata di mercoledì. Dopo quella
dello scorso 30 ottobre durante la quale sono stati ascoltati altri
testimoni in merito all’incidente mortale dell’operaio Claudio Marsella,
che perse la vita il 30 ottobre 2012 schiacciato da un locomotore, a
partire dall’udienza del 9 novembre, è iniziata l’audizione
dell’ingegnere chimico Nazzareno Santilli, che insieme al chimico
industriale Mauro Sanna, dal funzionario dell’Arpa Lazio Rino Felici ed
al chimico Roberto Monguzzi, redasse la
perizia chimica tra
il giugno 2011 e il gennaio 2012 (in realtà iniziata l’8 novembre del
2010), per incarico del giudice per le indagini preliminari Patrizia
Todisco perizia nell’ambito dell’incidente probatorio chiesto dal
procuratore capo Franco Sebastio, dal procuratore aggiunto Pietro
Argentino e dal sostituto Mariano Buccoliero.eggi anche
http://www.corriereditaranto.it/2017/11/09/ilva-ambiente-svenduto-aula-periti-chimici-autori-della-perizia-sulle-emissioni-nocive/)
Come avvenuto nell’udienza del 8 e del 15 novembre scorsi, l’ing. Santilli, coadiuvato dagli altri tre colleghi, ha ribadito e confermato quanto scritto in quella perizia di 554 pagine che insieme a quella epidemiologica, costituisce la base e il nucleo dell’inchiesta della Procura di Taranto che portò al sequestro degli impianti dell’area a caldo del siderurgico. Nell’udienza dell’8 novembre, durante l’interrogatorio, l’ing. Santilli ha sostenuto con forza la valenza di quella perizia chimica che metteva per la prima volta nero su bianco, l’ingente inquinamento prodotto dall’Ilva dal 2000 al 2011, attraverso emissioni non convogliate pericolosissime per i lavoratori dello stabilimento e i cittadini dei quartieri limitrofi ad esso, a partire dal rione Tamburi.
In quella della scorsa settimana invece, l’ing. Santilli è sceso nello specifico, dichiarando un qualcosa che oramai è alla luce del sole:
soltanto la totale copertura dei parchi minerali dell’Ilva (primari e non) rappresenta la migliore garanzia per evitare la dispersione di polveri sul rione Tamburi e il resto della città di Taranto, in particolar modo quando spira vento dal settore 4 Nord-Nord Ovest. Nel corso dell’udienza, l’ing. Santilli ha anche chiarito il perché i
dati sui valori delle
emissioni di inquinanti come la diossina, il benzo(a)pirene e gli Idrocarburi policiclici aromatici, oltre a sostanze di varia natura misurati dall’Ilva attraverso appositi autocontrolli (PCB, polveri di minerali, inquinanti, polveri NO2 e SO2), siano risultati ‘a norma e in linea’ con quelli che furono inseriti nell’AIA rilasciata al siderurgico nell’agosto de
2011. Molto semplicemente, come denunciavamo inascoltati sulle colonne del ‘
TarantoOggi‘ in quegli anni, quelle misurazioni non erano frutto di un sistema di controllo delle emissioni in continuo, nonostante fosse previsto dalla legge sin dal 1998. Ma frutto di campionamenti ‘una tantum’ (qualcuno ricorda le 3-4 campagne di misurazione delle emissioni di diossina dal camino E-312 effettuate da ARPA Puglia proprio nel 2010 che sancirono il mancato superamento del limite annuale di 0,4 nanogrammi per metrocubo?), tant’è che le emissoni non risultavano conformi ai parametri previsti dalla normativa nazionale in tema di trattamento dei rifiuti termici.
(leggi anche http://www.corriereditaranto.it/2017/11/16/ilva-ambiente-svenduto-nuova-udienza-periti-chimici-copertura-parchi-unica-soluzione/)
Nell’udienza di ieri martedì 21 novembre invece, con la deposizione in particolare del dott. chimico Roberto Monguzzi, sii è posto l’accento sulla diossina e sul PCB che fu trovato negli animali abbattuti, ben 2.271, delle masserie situare in un’area vicina al siderurgico tarantino. Partendo proprio dalla risposta che i periti dettero nella loro perizia, alla seconda domanda posta dal gip del tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, nell’ambito dell’incarico conferito ai periti in vista dell’incidente probatorio. Ovvero, “
Se i livelli di Diossina e PCB rinvenuti negli animali abbattuti…e se i livelli ..accertati nei terreni circostanti l’area industriale di Taranto siano riconducibili alle emissioni di fumi e polveri dello stabilimento ILVA di Taranto“: nella perizia fu scritto che “
i livelli di PCDD/PCDF e PCBdl accertati possono essere ricondotti alla specifica attività di sinterizzazione (area agglomerazione) svolta all’interno di ILVA s.p.a. L’esame dei profili (fingerprints) dei congeneri PCDD/PCDF e PCBdl, analizzati in dettaglio e riscontrati nelle matrici suolo, aria ambiente e bioindicatori prelevati nelle aree urbane, agricole e i terreni adiacenti all’insediamento ILVA spa, ha evidenziato un’elevata correlazione con i profili riscontrati nei campioni prelevati presso lo stabilimento di ILVA spa, area agglomerazione, quali quelli delle polveri abbattute dagli elettrofiltri ESP e MEEP e quelle prelevate nei campionamenti ambientali effettuati in prossimità del reparto, risultando invece meno evidente il contributo di quanto emesso in atmosfera dall’emissione E312 AGL2, in quanto caratterizzato da profili di congeneri PCDD/PCDF diversi“.
Ed è quanto ha confermato anche nell’udienza di ieri il dott. Monguzzi. Che ha sottolineato che le analisi svolte dalla loro equipe, confermò senza ombra di dubbio alcuno che l’impronta delle diossine analizzate contenevano una preponderanza di
policloridibenzofurani, appartenente soltanto alla produzione dell’Ilva e non conforme a quelle delle altre aziende impattanti presenti sul territorio (come Eni e Cementir). Quelle polveri erano infatti prodotte
dall’agglomerato Ilva, in particolare dagli elettrofiltri, in quanto il camino E-312, per le sue dimensioni e la sua altezza era difficile da monitorare appieno: per cui i periti si concentrarono maggiormente sugli elettrofiltri. Tutto questo lo documentammo negli anni, ben prima del 2012, sulle colonne del ‘
TarantoOggi‘ pubblicando articoli e foto (grazie alla fondamentale collaborazione delle
ecosentinelle), nel silenzio generale dei media, della politica, dei sindacati, e di gran parte di quella che oggi viene definita società civile. Stesso discorso i periti lo hanno fatto per le polveri trovate alla scuola
Deledda dei
Tamburi.
Infine, durante la sua udienza, il dott. Monguzzi, insieme al pm Buccoliero, ha precisato anche che il Pcb riscontrato e pervenuto nei terreni e nel Mar Piccolo, non derivi dall’ex
Matra in agro di Statte che si occupava dello smaltimento dei trasformatori all’apirolio (leggi il nostro articolo
http://www.corriereditaranto.it/2015/12/11/rinsace-larea-dellex-matra-un-mare-di-pcb-bonificato/): la differenza sta nel fatto che quest’ultimo fosse di natura oleosa, mentre quello riscontrato dai periti fosse da ricaduta,