Ai ricatti di AM hanno risposto subito le grida solidali e allarmate dei capitalisti nostrani: "L'investitore va agevolato", altrimenti tutti noi, il Paese perde... "Le regole del gioco in corso (condotte dal capitale) non vanno cambiate"... se va via la multinazionale indiana vi saranno conseguenze disastrose per tutti noi... - neanche qualche anno fa alcuni di questi padroni facevano la fronda contro l'imprenditore straniero, oggi vanno a sostenerlo fino a Taranto subendo anche il caldo afoso di un locale in fabbrica in cui non si respirava.
Alla base di questa collina ci sono i sindacati confederali, che non opponendo neanche qualche parola grossa alle dichiarazioni di Mittal, nè tantomeno un mezzo sciopero, usano invece le parole per dar credito tra i lavoratori alle minacce del padrone e creare allarmismo impotente; di fatto con lo scopo di far schierare gli operai a difesa delle richieste aziendali sull'immunità penale.
In mezzo c'è la stampa padronale, nazionale, che torna con i toni del 2012: lasciate stare ArcelorMittal! Gli si lasci l'immunità penale, si faccia ciò che vuole - cercando di dimostrare la impossibile coincidenza tra gli interessi del profitto aziendale e quella degli operai - che però spesso non vengono nemmeno nominati.
Il pantano è il governo e le Istituzioni locali, esponenti dei partiti in maniera trasversale. Il governo si arrampica sugli specchi. Ha, come al solito, un problema politico/elettorale all'interno, con Salvini che sconfessa Di Maio e si schiera con ArcelorMittal. E ha un Di Maio che, prima di tutto non ha affatto tolto l'immunità penale ma l'ha solo ridimensionata, e ora di fronte alle "grida" di Mittal non sa come uscirne, ma dà assicurazioni al padrone e sicuramente lo accontenterà. Alla piccola e media borghesia che vuole l'aria pulita per sè (che gli operai la respirino 24 ore al giorno in fabbrica, non è al loro Odg), Di Maio e i suoi ministri hanno portato soldi e progetti fantasiosi, per tenerli a freno, mentre si prepara a concedere altro a Mittal.
Le Istituzioni locali certo si fanno sentire, ma o per chiedere al padrone: "per favore, ripensaci..."; o per spararla grossa (vedi Emiliano), tanto non costa niente.
Anche esponenti dei partiti si mobilitano, e anche tra i "sinistri" - esempio Speranza (Mdp- Art 1) che scende a Taranto - si dice che "l'Italia non può permettersi di stracciare gli accordi che hanno già comportato da parte di AM investimenti economici molto significativi"
Il presidente del Consiglio non si è fatto mancare uno spazio in questo pantano. Al G20 ha parlato con il capo del governo fascista dell'India, Modi, e a fronte della decisa perorazione di Modi per la causa di AM, ha garantito che "Sarò io il garante della trattativa Governo-Mittal".
L'altra collina. E' quella che ha ancora grandi difficoltà a pesare e trovare la sua reale visibilità.
E' quella degli operai. Questa "collina" è potenzialmente la più solida e potrebbe sommergere l'altra collina. Ma ha ancora da costruirsi.
Deve liberarsi dei fardelli, i sindacati collaborazionisti, che frenano, impediscono questa costruzione, che la ostacolano ogni giorno e in ogni modo, che fanno altrettanto e più insidiosi ricatti; così come deve liberarsi dei falsi sindacati alternativi (usb) che lanciano ogni tanto grida ma poi firmano, che chiamano allo sciopero tardivo, ma fanno passare l'avvio della cassintegrazione, e che si affidano allo stesso Di Maio.
Gli operai hanno potenzialmente una grande forza e opportunità.
La forza è data dal loro numero, la forza è dal lavorare in una produzione strategica che ha influenza sull'economia del mondo del capitale, che anche uno sciopero vero che blocchi la produzione può mettere in crisi.
La potenzialità è data dall'essere parte di un esercito proletario a livello mondiale, dall'unità che, però, deve spezzare divisioni e corporativismi. Delle sorti della fabbrica di Taranto dal punto di vista degli interessi dei padroni si parla anche nei G20. Dobbiamo imporre che se ne parli per la lotta di classe degli operai.