sabato 13 dicembre 2025
xe - ILVA - LO STATO DELLE COSE - ne parliamo nei prossimi giorni per bene
La lunga serie di interventi di fondi statunitensi nel mercato italiano non sembra destinata a cessare e anche sull’ex Ilva la scadenza della soglia temporale per le offerte vincolanti porta con sé un derby americano per Acciaierie d’Italia, il gruppo in amministrazione straordinaria che controlla il grande polo di Taranto ed altri stabilimenti come quello di Genova. Si preannuncia che dopo un lungo processo di selezione in gara restino solo due fondi a stelle e strisce: Flacks, che è uscito allo scoperto per primo, e Bedrock.
Flacks, secondo quanto riportato dal fondatore Michael Flacks a Bloomberg, ha offerto la cifra simbolica di un euro per rilevare il 60% di Acciaierie d’Italia, lasciando il 40% allo Stato italiano, impegnandosi a investire 5 miliardi di dollari, a mantenere i livelli occupazionali e a conservare 8.500 posti di lavoro, garantendo poi a Roma la possibilità di acquisire il 40% rimanente per una circa compresa tra i 500 milioni e il miliardo di euro. Flacks è specializzata nei cosiddetti distressed assets, ovvero quelle aziende a rischio o pericolanti, e nella valorizzazione delle stesse per farne alzare i livelli operativi e i profitti.
Quello di Flacks è un atteggiamento da asset management cha da un lato garantisce un approccio teso a valorizzare il gruppo sul breve periodo ma dall’altro non lascia la prospettiva concreta del ritorno dell’ex Ilva ai tempi che furono: l’ambizione è innanzitutto quello del vedere la produzione salire a 4 milioni di tonnellate, per cui comunque a metà della capacità totale.
venerdì 12 dicembre 2025
Ripreso il ciclo di Formazione marxista - Dalla presentazione a Taranto delle nuove lezioni
E' in corso la trascrizione della 6° lezione
Il nuovo giro di lezioni su Il Capitale di Marx è ripartito dopo una pausa prolungata tanto che abbiamo dovuto fare un riepilogo telematico il 28 ottobre. Ora siamo ripartiti dalle tre sedi dove stiamo svolgendo questo lavoro in maniera sistematica questo primo ciclo che prevede 9 lezioni. Sono lezioni particolari perché fatte con un livello alto garantitoci dalla presenza del professor Di Marco, perché indipendentemente da chi noi vorremmo fosse presente, innanzitutto operai e giovani, esse sono fondate sul principio che non bisogna dare le pappette agli operai e ai giovani ma bisogna fornire gli strumenti il più alto possibile, scientifici, perché come Marx stesso dice: “...presuppongo naturalmente lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo e quindi vogliano anche pensare da sé”; tenendo conto che questo della crescita delle avanguardie operai e giovani, dei militanti è diventato il vero problema che abbiamo di fronte nella realtà generale del movimento operaio e nella realtà generale del movimento di massa. Non sarà possibile far avanzare i movimenti di massa fino a risultati concreti non sarà possibile ricostruire la prospettiva della rivoluzione, del partito della rivoluzione, senza che un'avanguardia negli anni si formi alla scuola del marxismo e alla pratica della lotta di classe.
Quindi si tratta di un lavoro di prospettiva. Ci può volere poco o molto ma è un aspetto decisivo per contrastare quello che realmente è avvenuto nel nostro paese come nella maggior parte dei paesi imperialisti, dopo il ciclo virtuoso della rivoluzione mancata, del biennio rosso del 68-69 che mise davvero in pericolo gli assetti sociali e politici di questo paese e aprì la prospettiva della rivoluzione proletaria e socialista.
Evidentemente il lungo periodo di riflusso, quello che chiamiamo “il lungo inverno” non è ancora finito; qui e lì vi sono dei momenti significativi che fanno intendere che è possibile una ripresa generale del movimento rivoluzionario, del movimento operaio, del movimento della gioventù, del movimento più generale dell'opposizione proletaria in questo paese, però sono ancora segnali non profondi, e soprattutto non siamo ancora in condizione di aver ricostruito - e questo non è un problema di un gruppo ma di una generazione, di un'epoca - una leva proletaria e comunista fondata sul marxismo che possa in una certa maniera cambiare il senso della storia.
E’ chiaro che questo lavoro è lungo però va sempre visto con gli occhi dell'attualità.
Pensate in questi giorni in cui in qualche maniera la classe operaia è riapparsa come spettro nel paese in una lotta degli operai dell'Ilva. Gli operai dell'Ilva di Taranto, che non sono stati certo un'avanguardia negli ultimi anni, hanno bloccato le strade, hanno ripreso in mano la fabbrica, mettendo in discussione il suo funzionamento quotidiano, tanto è vero che a un certo punto la direzione della fabbrica all'interno si è seriamente preoccupata dicendo guardate che c'è qua, si va a fermare tutto, c'è il rischio di esplosioni; poi gli operai sono scesi sulle strade e le hanno tenute bloccate per due giorni e due notti dandosi il cambio. Non sono stati mai tantissimi gli attivi, saranno stati un 300 in un quadro di 500-600 che ha comunque partecipato, in una fabbrica devastata dalla cassintegrazione che vede metà dei lavoratori a casa. ma è stato un movimento significativo.
A Genova hanno avuto una giornata campale nella giornata del 4 dicembre, sembrava di essere tornati al G8 del 2001, solo che questa volta erano gli operai i protagonisti. A Genova le immagini da G8 le ha create lo stesso governo. Il potere sa che quando gli operai di Genova si muovono sono una forza potente per la compattezza e la forza che esprimono. E' stata una rivolta operaia, organizzata nei minimi particolari, nella fabbrica si è deciso che cosa fare e che cosa non fare, che serviva e che non serviva. Organizzata come se si dovesse fare una rivoluzione. Non era una rivoluzione, era una manifestazione che aveva l'obiettivo di occupare la prefettura, un obiettivo annunciato. Gli operai quindi hanno invaso la città che era stata bloccata per due giorni anche prima. In questi casi il governo e gli apparati repressivi non è che non sanno niente, lo sanno, e quindi si sono attrezzati in una maniera che non siamo abituati a vedere tutti i giorni, appunto sembravano i giorni del G8. Il governo ha innalzato grandi barricate di ferro. Ma gli operai erano preparati, e come le immagini mostrano non si sono assolutamente fermati, prima le hanno attaccate con la pressione personale, con le battute dei caschi gialli, poi le hanno smantellate con i grandi mezzi che avevano portato con sé. Chiaramente a quel punto la polizia ha reagito; ha reagito con misura come ha detto Piantedosi, perché sanno che non gli conveniva reagire. Gli operai dicevano: venite, venite, a mani nude per favore... e così via. Qualcuno diceva: ci scappa il morto come a Genova 2001, qualche altro diceva: bisogna evitare questa questione...
Evidentemente questa giornata ha fatto vedere di cosa è capace la classe operaria quando vuole, così come è capace a Taranto di fare tutto questo.
Ma la capacità non basta, non bastano le forme di lotta non basta che si sia capace di fare una giornata campale di lotta lunga, bisogna avere anche obiettivi capaci di dare continuità a questa lotta e di avere all'interno di una vertenza particolare - perché tutte le lotte nascono dalla vertenza particolare - un'idea di dove si vuole andare a parare; che è l'idea di un potere alternativo.
Durante queste giornate era arrivata la sindaca, in questo caso ben accompagnata da una parte di quelli che organizzavano la lotta e che volevano che venisse, che si schierasse, come tradizione nelle lotte operarie quando sono serie. Però la prima cosa che le hanno detto gli operai è stata: sciogli il consiglio comunale, chiudete quel consiglio comunale.
Questo è il punto, queste lotte esigono un contropotere, esigono che gli operai si facciano reparto d'avanguardia, non si affidino al potere che c'è, perché il potere che c'è è il potere costituito; invece occorre che il potere costituente rappresentato dagli operai in lotta si ponga l'idea di un contropotere. Queste cose nelle lotte appaiono ma sono un flash perché che cosa manca? Manca il partito, manca l'avanguardia operaria che sa dove vuole arrivare oltre quella lotta, sa l'obiettivo che deve raggiungere e quindi nella lotta particolare si organizza per la lotta generale.
Questo non poteva venire. Perché la piattaforma, le proposte, l'avanguardia di questa lotta, che non è un'avanguardia spontanea ma un'avanguardia organizzata che esiste in questa fabbrica da anni, aveva un obiettivo limitato e in una certa misura sbagliato. Aveva l'obiettivo di dire "salviamo Genova", "ricostruiamo l'industria dell'acciaio tutta centrata su Genova perché Taranto non ce la fa...". Genova dipende da Taranto, perché senza l'acciaio di Taranto è Genova che chiude; e allora proprio per questa situazione A Genova dicono non vogliamo più dipendere da Taranto. Ma dire non vogliamo più dipendere da Taranto significa spezzare l'unità operaia, portare avanti una visione che è corporativa, cerca un padrone che risolva il problema di Genova. Quindi si muovono per trovare il padrone per loro. Nello stesso tempo è una posizione interclassista perché pretende di collegare questa lotta alla salvezza di una città.
Questi obiettivi sbagliati non assolvono le forme di lotta, perchè la forma di lotta giusta deve rispondere ad obiettivi giusti.
A Taranto invece si ha paura di invadere la città, pensando che la città è contro. Ma questa è una favola nera. Primo, non è affatto vero, secondo, senza la forza degli operai non si può cambiare questa città, col rischio che se chiude l'Ilva diventa un deserto per anni come è stato Bagnoli dove gli unici che hanno goduto della chiusura della fabbrica è stata la malavita che è diventata una grande malavita e poi una malavita con i "guanti bianchi" e poi intorno ai progetti di bonifiche si è ricostruita una nuova classe dirigente parassitaria, molto peggio di quella che c'era prima, tanto è vero che a Bagnoli.
Però la classe operaia deve farsi carico dei problemi, faccia proprie le indicazioni delle masse che sono evidentemente giuste; altrimenti, è difficile che la classe operaia possa diventare quello che dovrebbe diventare.
Tutto questo ha a che fare con il marxismo, con la comprensione del funzionamento di questa società, di cosa è il capitalismo; la comprensione che senza la classe operaia non è modificabile il modo di produzione capitalistico. Ed è il modo di produzione capitalistico che produce gli effetti che viviamo tutti i giorni, in fabbrica con lo sfruttamento, i morti sul lavoro, e fuori dalla fabbrica.
Il marxismo è l'arma nelle mani degli operai che permette agli operai di diventare classe cosciente e come classe cosciente, scientificamente fondata sull'analisi reale del sistema del capitale, lottare per un modello alternativo di società. Un modello alternativo conquistabile solo con la rivoluzione perché la rivoluzione, dice Marx, non solo cambia le cose ma cambia le persone che la fanno e sono messi in grado di assolvere i compiti che la rivoluzione dice di assolvere.
La formazione marxista parte dal basso ma non perché deve essere bassa ma perché deve partire dai fondamenti. A questo serve questo corso poi, come diceva Marx, la palla passa effettivamente ai proletari, alle masse, ai compagni. Però bisogna mettersi in condizione di fare, che questa cosa sia compresa.
mercoledì 10 dicembre 2025
Ex Ilva - Messaggio dello Slai cobas per il sindacato di classe agli operai che vogliono ragionare con la loro testa e ribellarsi allo stato di cose esistente
Bisogna dare battaglia e attaccare frontalmente sindacalisti confederali/usb e istituzioni, alleati sulla pelle degli operai.
avevamo scritto nei giorni scorsi
“Nessuna
chiusura, nessun esubero - Nocivo è il capitale e non la fabbrica -
Sindacato di classe e piattaforma operaia per fermare il piano di
governo, padroni e loro alleati, per fare della classe operaia punto di
riferimento su tutti i problemi della città: lavoro, reddito, salute,
sicurezza, ambiente, scuole, servizi sociali“.
Su due
questioni, la prima è quella dell'insistenza perché ci sia un tavolo a
Palazzo Chigi e che il governo, nella figura della Presidente Meloni,
assuma la responsabilità della vertenza e dia una risposta alle
richieste dei lavoratori. Da tempo stiamo dicendo e confermiamo che la
linea della Meloni è esattamente quella che stanno portando al tavolo,
in premis il ministro Urso, in questi giorni; e quindi il piano di cui
si chiede il ritiro è già il piano del governo Meloni rispetto a questa
vertenza. Il punto è che se non c'è il ritiro di questo piano non è
possibile aprire una fase nuova della trattativa.
L'altra questione è
la richiesta della nazionalizzazione. Questa sì attualmente è in netto
contrasto con la posizione del governo Meloni-Urso e sostanzialmente in
forme ambigue viene sostenuta dai padroni. In forme ambigue perché una
parte dei padroni dice che è bene che la fabbrica la prenda lo Stato e
poi la consegni ai privati risanata – ma questo vorrebbe dire
esclusivamente socializzare le perdite per poter avere una fabbrica
pienamente in funzione per i profitti o, in maniera più sottile, far
passare attraverso la nazionalizzazione il piano che il governo
attualmente vuole far passare senza la nazionalizzazione.
Noi diciamo nessuna chiusura e non per il feticcio industrialista o per il feticcio della fabbrica, ma per un altro “feticcio” che è il “feticcio”/l’arma della lotta operaia. Senza la lotta operaia, senza che gli operai scendano in campo, senza che gli operai siano il centro della battaglia è assolutamente impossibile pensare a una soluzione avanzata per i lavoratori sia sul terreno dei bisogni immediati sia sul terreno delle prospettive.
Fare blocco contro la chiusura è una condizione necessaria, tutti coloro che sono per la chiusura sono antioperai, piccolo borghesi legati a frazioni del capitale finanziario e parassitario e questo sia a Genova sia soprattutto a Taranto.
L'altro concetto che diciamo è “nocivo il capitale e non la fabbrica”. Questo dovrebbe essere elementare non solo per gli operai ma per tutti coloro che si ritengono di sinistra. Ma oggi la maggior parte della sinistra sindacale non è anticapitalista, non si basa sulla lotta al capitale e l'analisi di esso, riduce i problemi della nocività del capitale, del modo di produzione capitalistica, che in questa fase dilagano tutti i campi della società, al problema delle fabbriche che evidentemente finché sono in gestione capitalistica sono la pratica applicazione del piano del capitale; ma senza capire che nocivo è il capitale e non la fabbrica non si può indirizzare la lotta nel senso corretto né tantomeno si comprende quanto importante sia la classe operaia e il suo ruolo.
E' chiaro che questa linea ha bisogno di un sindacato di classe. I lavoratori quando parli di sindacato di classe non capiscono esattamente cos'è o non trovano la maniera per poterlo ricostruire. La ricostruzione del sindacato di classe, di massa non è stata in nessuna maniera risolta dal sindacalismo di base e di conseguenza è una battaglia tutta da fare. E' nelle fabbriche, dove peraltro la presenza del sindacalismo di base o è inesistente, o, vedi l'ex Ilva di Taranto, l'USB ha una forza all'interno ma è un quarto sindacato sulla stessa linea del sindacalismo confederale.
La ricostruzione del sindacato di classe richiede un'altra rottura, una divisione fondata su piattaforme, lotte e avanguardie, comunque siano collegate, che se ne assumano la responsabilità, prima nella battaglia in corso, poi nella battaglia più generale, lavorando per conquistare la maggioranza dei lavoratori.
Il sindacato di classe e la piattaforma operaia parlano di rivendicazioni che rispecchiano gli interessi effettivi della classe operaia, sono due cose che vanno insieme. Senza piattaforma non basta una sigla sindacale o un'altra organizzazione sindacale. Senza un'organizzazione sindacale di classe nessuna piattaforma ha le gambe, prima di avanguardie e poi di massa, per potersi affermare. Quindi, la chiave sta in questi due elementi che possono portare la classe operaia a riavere un ruolo nello scontro di classe generale contro padroni a governo.
Per diventare essi il punto di riferimento delle rivendicazioni dei giovani e dei cittadini di Taranto.
A Taranto esiste il problema di metter fine alle fonti inquinanti, ai livelli di insicurezza sul lavoro, e su questo senza la trasformazione, ambientalizzazione della fabbrica, senza che dalla fabbrica partano le proposte alternative, è evidente che non si può andare da nessuna parte.
Il movimento ambientalista di Taranto è formato da piccoli e medi imprenditori o aspiranti tali, che travestiti da cittadini vogliono cancellare non la fabbrica ma la classe operaia e costruire una città a misura degli interessi della piccola e media borghese del capitale parassitario che punta su tutti i soldi che darebbe lo Stato per fare altre attività, per proporsi come nuova classe dirigente a livello locale, e come parte di questa battaglia a livello nazionale.
Questa impostazione da un punto di vista delle opinioni è condivisa dagli operai ma non è condivisa dalle loro avanguardie che sono inviluppate nella forma sindacato, che è parte del problema e non della soluzione e impedisce che si dinamizzi la lotta operaia all'insegna dell'autonomia operaia, della lotta di classe e dell'essere parte della battaglia più generale politica e sociale per rovesciare questo governo fascio padronale più di ogni altro degli ultimi tempi.
lunedì 8 dicembre 2025
La repressione si abbatte contro il movimento per la Palestina anche a Taranto, dopo Bergamo, Catania - Soccorso rosso proletario
Appalto Ilva - dopo i licenziamenti della Semat, la Pitrelli ne annuncia 56
Questo può diventare presto una catena, in cui ogni ditta segue le altre.
La situazione ad Acciaierie d'Italia provoca una perdita di centinaia e centinaia di posti di lavoro. Coloro, il sindaco Bitetti, gli ambientalisti antioperai, Urso (ma lui ben sapendo di mentire per "buttare acqua sul fuoco") fanno elenchi di alternative lavorative alla chiusura dell'Ilva o ad un suo forte ridimensionamento con mega cassa integrazione ad Acciaierie e licenziamenti immediati nell'appalto e nell'indotto, sono criminali. Questi mentono sapendo di mentire. Non ci sono alternative lavorative, nuovi settori produttivi se l'Ilva, il suo immediato futuro resta nella situazione attuale. L'Ilva nel passato ha attratto ditte più o memo grandi, ora, senza la grande fabbrica, queste vanno via e sicuramente non vengono di nuove (vedi anche la fine che sta facendo l'Hiab).
Bisogna difendere il lavoro. Gli operai dell'appalto devono essere uniti.
Non servono lamenti o chiacchiere, o Tavoli e incontri inconcludenti. A Taranto, serve ribellione operaia, serve una grande lotta, che blocchi fabbrica e città, per unire nella lotta operai e masse popolari della città.
domenica 7 dicembre 2025
Dossier Leonardo in Parlamento il 9 dicembre sulle complicità di Leonardo S.p.A. nei crimini di guerra commessi in Palestina
Lo stesso giorno alla sede Slai cobas via Livio Andronico 47 Taranto ore 18 esame della Diretta streaming sulla Web TV della Camera dei Deputati.

9 dicembre 2025 conferenza stampa alla Camera dei Deputati per la presentazione del dossier su Leonardo S.p:A.: piovono euro sull’industria “necessaria” di Crosetto e Leonardo S.p.A.
Martedì 9 dicembre, su invito della deputata Stefania Ascari (M5S, Presidente dell’Intergruppo per la Pace tra la Palestina e Israele), BDS ITALIA presenterà un dossier sulle complicità di Leonardo S.p.A. nei crimini di guerra commessi in Palestina.
Interverranno: Stefania Ascari (Deputata M5S), Arnaldo Lomuti (Commissione Difesa), Anthony Aguilar (ex contractor Gaza Humanitaria Foundation), Stefania Maurizi (giornalista d’inchiesta), Michela Arricale (avvocata), Rossana De Simone (attivista Peacelink), Raffaele Spiga (attivista BDS Italia).
Diretta streaming sulla Web TV della Camera dei Deputati.
Negli ultimi decenni l’Italia è diventata uno dei partner europei più fedeli a Israele. Con Leonardo in prima fila, la nostra industria è parte integrante del circuito che alimenta i crimini contro l’umanità e legittima il colonialismo. Il dossier denuncia tali complicità, evidenziando come le scelte politiche e industriali italiane non siano neutrali ma contribuiscano concretamente a rafforzare il regime israeliano di apartheid e occupazione.
Leonardo S.p.A. intrattiene da oltre un decennio una cooperazione strutturale con il settore militare israeliano. Nel 2012 Israele ha acquistato 30 aerei M-346, oggi impiegabili con oltre dieci tipologie di armamenti, mentre l’Italia ha acquisito 1 satellite Optsat-3000 e 2 velivoli radar G550 CAEW nell’ambito dello stesso accordo. La presenza industriale diretta di Leonardo in Israele comprende tre sedi della controllata DRS RADA Technologies e una partecipazione del 12% nella società Radsee Technology. Il dossier rileva inoltre che Israele può rivendere a terzi i M-346 ricevuti, come avvenuto con la Grecia tramite Elbit Systems.
Leonardo ricopre un ruolo significativo anche nel programma internazionale F-35, di cui l’Italia ospita la linea di assemblaggio e produzioni critiche. Tali elementi delineano un quadro di integrazione industriale e tecnologica che contribuisce alla disponibilità operativa dei sistemi in uso nelle forze armate israeliane.
Il movimento globale BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni), che rappresenta la più grande coalizione della società civile palestinese richiama l’Italia ai propri obblighi derivanti dalle sentenze della Corte internazionale di giustizia, tra cui l’imposizione di un embargo militare totale a Israele compreso il commercio bilaterale, il trasferimento e il transito di materiale militare e a duplice uso, i partenariati, la formazione congiunta, la ricerca accademica e altre forme di cooperazione militare. Questo tipo di sanzioni è tra gli obiettivi a cui il movimento BDS si pone di arrivare attraverso campagne d’informazione, pressione pubblica e denuncia delle complicità.
Merdosi turisti sionisti contestati a Brindisi - Governo Meloni e istituzioni locali complici
Proteste pro-Palestina: scontri con turisti israeliani a Brindisi
Giornata di proteste pro-Palestina Un gruppo di manifestanti ha protestato contro l'arrivo di una nave da crociera israeliana nel porto di Brindisi.
La polizia è intervenuta sabato per sedare uno scontro tra un gruppo di israeliani e manifestanti filopalestinesi nella città portuale di Brindisi, dove gli israeliani erano arrivati a bordo di una nave da crociera.
Decine di manifestanti appartenenti al "Comitato contro il genocidio palestinese" si erano riuniti fin dalle prime ore del mattino per protestare contro l'arrivo della nave, portando bandiere e striscioni e scandendo slogan contro la politica dello Stato ebraico, accusando i passeggeri di essere "soldati travestiti da turisti" e scandendo slogan come "Fuori i sionisti"
sabato 6 dicembre 2025
Dagli incontri separati di Urso per l'ex Ilva nessun passo avanti per Taranto - Resta importante e attuale la nostra posizione assunta nella controinformazione rossoperaia di ieri
Se Genova e gli impianti del nord se ne tornano a casa con una revisione dei numeri di cassintegrazione e la promessa di non fermata della produzione, comunque, o continuando a far arrivare i coils da Taranto (o da altrove); per gli operai dell'ex Ilva di Taranto non c'è proprio nulla di nuovo: le migliaia di lavoratori in cassintegrazione sono confermati, mentre va avanti il piano di parziale fermo di impianti; così come le promesse per nuovi investimenti per la città sono quelle dette e stradette - fermo restando che eventuali nuove possibilità lavorative alternative devono andare ai tantissimi disoccupati della città e non come contentino per operai cacciati dall'Ilva e dall'appalto. Il "piano corto", il cui ritiro era stato posto come condizione principale per sospendere scioperi e blocchi, non è stato per niente ritirato.
Quindi, gli incontri separati a Roma (che dovevano essere rifiutati anche dalle amministrazioni locali di Taranto) hanno confermato la volontà del governo di separare anche le soluzioni, le sorti degli operai degli stabilimenti del nord e di Taranto. Questo è inaccettabile.
Riportiamo la Controinformazione rossoperaia di ieri, le cui valutazioni critiche sono tuttora il vero problema da affrontare e superare per l'unità di classe degli operai, dal nord al sud.
*****
da ORE12 del 05.12.2
A Genova si è sviluppata una rivolta operaia organizzata, com’é giusto che sia, che fa leva sulla questione di respingere il piano del governo che è sostanzialmente una possibile marcia verso la chiusura degli stabilimenti. Una lotta giusta e necessaria che si è sviluppata in tutti gli stabilimenti dell'Ilva, da Taranto a Novi Ligure a Racconigi, con le forme di lotta necessarie per far pesare la forza operaia, tenendo conto delle condizioni organizzative, di coscienza e di proposta, presenti tra i lavoratori.
La rivolta operaia di Genova - rivolta organizzata, e questo è un merito, non un difetto - ha visto il blocco continuativo dello stabilimento, i cortei, il blocco delle strade fino alla marcia verso la prefettura che ha attraversato la città e ha trovato da un lato la partecipazione di altre fabbriche e di altri operai della realtà di Genova, dall'altro un diffuso sostegno da parte di settori ampi di cittadini.
Il corteo ha marciato diretto verso la prefettura e qui ha trovato uno scenario “tipo G8”, quindi il governo attraverso questo scenario ha già dato una risposta ai lavoratori: o si accetta il piano, sia pure con qualche modifica oppure la risposta del governo è la repressione della lotta operaia, repression fatta con gli strumenti di uno Stato del capitale che a Genova è ben conosciuto e tutti quanti abbiamo conosciuto all'opera nella sua forma più esplicita in occasione appunto del G8 del 2001.
Quindi su questo piano gli operai hanno risposto - giustamente - attaccando la barricata che la prefettura aveva messo davanti alla possibilità che gli operai raggiungessero proprio la prefettura e portassero a termine la loro iniziativa di lotta.
Nessuna intimidazione é passata, com' è nella tradizione degli operai di Genova, in particolare degli operai dell'ex Ilva, e i lavoratori hanno abbattuto le grate; la polizia ha risposto con gli strumenti che aveva e la risposta degli operai è chiara nei video e nelle loro voci: “noi lottiamo per il lavoro e quindi abbiamo ragione”, “arrestateci tutti ma la lotta non la fermate così” e nello stesso tempo anche aperte sfide: “venite a mani nude” quando gli operai sono incazzati, ribelli e coscienti di stare da parte della ragione.
A Taranto la forma di lotta è stato il blocco, dopo una giornata che ha bloccato dall'interno lo stabilimento, delle vie principali che collegano la città a Bari, Reggio Calabria, un blocco pesante giorno e notte, ad oltranza, che è costato un sacrificio notevole agli operai e ai delegati che lo hanno effettuato, visto anche che nell'ultimo giorno vi è stata una pioggia torrenziale che ha reso difficile stare all'aperto a bloccare la strada.
Quindi gli operai dell'Ilva – tutti, da Genova a Taranto - non hanno intenzione di far passare il piano del Governo. Un piano di sostanziale chiusura e di regalo poi dell'azienda ai fondi americani o ai cosiddetti “interlocutori nascosti” - che sarebbero arabi - o coinvolgendo i cosiddetti industriali italiani, da Marcegaglia ad Arvedi, che hanno un chiaro disegno: mettere le mani sugli stabilimenti dell'Ilva ma gratis e senza alcun onere sia per quanto riguarda i processi necessari di trasformazione, in particolare a Taranto, sia per ogni ipoteca di carattere giudiziario che a Taranto chiaramente è in corso. I padroni vogliono avere le mani libere, ma proprio le “mani libere", da padron Riva ad ArcelorMittal hanno portato all'attuale situazione, in un contesto internazionale di crisi economica mondiale, di crisi relativa di sovrapproduzione siderurgica, in un contesto di guerra commerciale, di riconversione della industria dell'acciaio verso l'industria bellica, che è il non detto anche in questa vertenza.
Quindi questo piano dei padroni di qualsiasi tipo, dai fondi, agli arabi o ai padroni italiani, deve essere contrastato con la lotta dura e su questo non ci può essere alcun dubbio e là dove la lotta è più dura e utilizza forme di lotta più incisive queste vanno generalizzate.
Noi auspichiamo - e sostanzialmente lo stiamo dicendo sia pure con la forza ristretta che rappresentiamo - che Taranto faccia come Genova, blocchi non solo le strade e lo stabilimento ma investa la città, occupi il Comune, occupi la Prefettura e costringa questi enti (che sono parte della controparte, non parte della lotta dei lavoratori) a non fare il gioco del governo, dei padroni, espliciti o occulti che vogliono la chiusura dell'Ilva come spesso vogliono la chiusura delle fabbriche per gli interessi del capitale finanziario, per interessi parassitari, per mettere le mani sulle aree.
Quindi noi siamo perché la lotta degli operai di Genova si estenda a tutti gli stabilimenti e in particolare a Taranto e assuma le forme combattive che si sono espresse a Genova.
Non abbiamo alcuna fiducia negli incontri di Roma; e allora qui entriamo in un altro elemento della questione. Le forme di lotta non sono tutto, contano gli interessi operai che vanno difesi, conta l'autonomia operaia, conta l'alternativa di classe ai piani dei padroni.
E qui le cose non stanno nella maniera in cui dovrebbero essere secondo l'interesse generale della classe e secondo le leggi necessarie della lotta di classe con cui la classe difende i suoi interessi immediati e lavora per una prospettiva di cambiamento e di rovesciamento del sistema sociale che produce questa crisi e i suoi effetti che sono sotto gli occhi di tutti sia nella forma del lavoro sia nella forma del legame tra lavoro e condizioni di sicurezza e salute della città.
Nocivo è il capitale, non la fabbrica, le fabbriche devono essere difese ma non in quanto feticcio ma in quanto forma organizzata della classe operaia in grado di rovesciare questo sistema che produce questi effetti.
Su questo la chiarezza non è uguale. Sin dall'inizio noi non condividiamo - l'abbiamo detto - e sicuramente non è condivisa dagli operai di Taranto, la scelta genovese dei tavoli separati.
Il governo ci marcia, oggi si dice che il governo vuole dividere gli operai ed effettivamente è così, il governo è il beneficiario di ogni linea che prevede di risolvere il problema degli stabilimenti di Genova, degli altri del nord invece di quello di Taranto, a scapito dello stabilimento di Taranto che è il più grande e con il 90% dei lavoratori; è il governo della trattativa separata. Ma questa trattativa è stata richiesta da Genova e trova nelle voci degli enti locali di Genova, applauditi dagli operai nella giornata del 4, il loro terminale. Basta ascoltare ciò che dice Salis, ciò che dice Bucci.
Quindi la linea della trattativa separata va respinta non accettandola, non ci sono alternative; così non va bene spingere i propri rappresentanti istituzionali - se tali si possono chiamare - affinché sostengano non le ragioni degli operai innanzitutto ma le ragioni più generiche dell'industria di Genova - stiamo parlando di un'industria capitalistica fondata sullo sfruttamento dei lavoratori, sull'estorsione del plusvalore in cui evidentemente il lavoro è sfruttato. Gli operai non difendono l'industria in quanto tale ma gli interessi di classe che chiaramente hanno la loro sede nelle fabbriche, nelle fabbriche che funzionano.
Non siamo d'accordo con lo striscione che guida la rivolta operaia "Genova lotta per l'industria". Gli operai lottano per rivendicare lavoro, salario, diritti, condizioni di lavoro, riconversioni produttive, piani industriali che permettano da un lato di difendere lavoro e salario dall'altro di modificare lo stato di cose esistente nelle fabbriche, lo stato di cose esistente nella società, nel suo complesso, perchè oggi più che mai c'è bisogno la classe operaia assuma su di sé tutti gli interessi delle masse sfruttate.
Questo lavoro a Genova non sta avvenendo, sia chiaro.
Chiaramente siamo perché avvenga. Non siamo per fare la morale ai lavoratori e meno che mai è questo il compito dei comunisti o dell'avanguardia, ma la lotta operaia deve raccogliere tutte le istanze delle masse, comprese le grandi masse, i settori di lavoratori che in Italia, anche a Genova, sono scesi in piazza per la Palestina, contro la guerra, contro la repressione. Questo all'ex Ilva di Genova non è avvenuto e non certo per colpa degli operai, ma perché ci sono all'interno della classe operaia di Genova posizioni, concezioni e organizzazioni che non hanno questa posizione. E se non si ha questa posizione non si ha una posizione di classe, si può fare la lotta dura ma nello stesso tempo non rappresentare gli interessi di classe e gli interessi generali del proletariato e delle masse popolari.
Dire no allo spezzatino, dire no alla politica, alla separazione degli stabilimenti, dire no alla divisione degli operai significa rifiutare gli incontri separati, rifiutare la farsa di oggi in cui il governo potrà dire agli enti locali del nord una cosa e a quelli di Taranto un’altra, per portare a casa il suo risultato che non sarà il risultato degli operai e dei lavoratori. Su questo bisogna fare un passo avanti per rilanciare con forza l'unità degli operari dell'ex Ilva intorno a una piattaforma operaia.
Questa della piattaforma operaia è l'altra questione rimossa. Non si può parlare genericamente di lavoro senza pretendere che gli operai dell'Ilva restino al lavoro, tutti, e quelli che sono in cassa integrazione vengano richiamati a Genova come a Taranto. Non si può non avere un piano che preveda la bonifica radicale a Taranto, il miglioramento delle condizioni di lavoro e sicurezza e la riduzione di fonti inquinanti in tutti gli stabilimenti.
Non si può dire che pur di avere lo stabilimento aperto le inchieste della magistratura, tutte fondate su dati reali innanzitutto a Taranto, debbano essere chiuse. Questo è quello che dice il governo e quello che scrivono i padroni sui loro giornali ed è quello che vogliono i padroni in Italia.
Così come è legittimo il rifiuto di tutti i piani che vengono presentati sia nella gara, sia fuori dalla gara, nella trattativa segreta e occulta che accompagna da sempre questa questione all’ex Ilva. Esiste un lavoro segreto, che è fatto anche di tangenti, anche di altri interessi - questo era venuto abbastanza in luce in occasione della cosiddetta trattativa con il gruppo Baku Steel, in cui l’assegnazione della gara era avvenuta mentre Crosetto faceva incontri sulle armi con il governo dell'Azerbagian, che è il proprietario principale per altro del gruppo Baku Steel, mostrando chiaro che Baku Steel aveva interesse innanzitutto sul gas, tanto è vero che appena questo problema è stato in parte giustamente bloccato perché il gas poteva essere un’aggravante della situazione generale dell'inquinamento della città di Taranto, Baku Steel se ne è andato.
Queste cose valgono a Taranto e valgono a Genova o valgono solo a Taranto?
Quindi la questione è ancora: unità operaia ma unità di classe, piattaforma operaia ma piattaforma di classe, non neocorporativismo. Intorno alla piattaforma di classe è inteso che gli operai assumano un ruolo centrale rispetto alle grandi questioni che sono fuori della fabbrica perché in questa maniera affermano il ruolo della classe che può cambiare lo stato delle cose.
Questo non sta avvenendo, non sta avvenendo a Taranto, non sta avvenendo a Genoa e su questo c'è molto da fare, occorre farlo nella lotta di classe in stretto legame con le masse operaie e i loro livelli di coscienza e di organizzazione.
È un lavoro difficile che tocca a tutti e questo lavoro difficile ha bisogno di elementi di chiarezza elementari che non si guardi solo alle forme di lotta, ma si guardi ai contenuti e gli obiettivi di questa lotta sia sul terreno immediato, sia sul terreno di prospettiva, perché se la lotta rivendicativa non è finalizzata a rovesciare lo stato di cose esistente, essa è una normale dialettica di un sistema capitalista e cela sempre nelle fasi di crisi, il collaborazionismo e il neocorporativismo.
Noi pensiamo che gli incontri non possono portare ad una reale soluzione e che gli operai non hanno nulla da aspettarsi, nè hanno nulla da pretendere dalle amministrazioni locali, perché queste amministrazioni non possono essere i soggetti del cambiamento o del sostegno alle rivendicazioni operaie e alle rivendicazioni delle masse popolari. Anche queste amministrazioni sono frutto del sistema politico attuale, dei partiti del sistema parlamentare attuale, dello stato borghese attuale, sono tutti della stessa natura e difendono interessi delle cordate economiche, politiche che le hanno portate al potere e non sono certo rappresentanti né della classe operaia né dei settori sfruttati e poveri delle masse popolari.
La lotta deve continuare e generalizzarsi, alzare il tiro delle forme di lotta, questo è giusto e necessario, ma è fondamentale dire che la logica de "il movimento è tutto/il fine è nulla", non è la logica che porta né a risultati parziali né a risultati generali.
Chiaramente non è nostra intenzione in nessuna maniera valorizzare l'attuale lotta Taranto, se non nel senso che effettivamente è bene che ci sia e che veda gli operai bloccare le strade, ma certamente a Taranto ci sono posizioni estremamente arretrate. L'idea che "non bisogna danneggiare la città, perché i cittadini altrimenti…" è un'idea fasulla della piccola borghesia reazionaria di questa città, fa parte della campagna di accerchiamento e di isolamento degli operai messa in piedi dall'ambientalismo antioperario, espressione di piccola e media borghesia locale su cui dietro ci sono interessi della parte parassitaria del capitalismo in questa città.
In realtà questo ha bloccato la lotta, l’ha rinchiusa in blocchi stradali che certo ha bloccato le strade ma ha impedito che il conflitto si sviluppasse, si alzasse, ha impedito che operai e cittadini si incontrassero. Noi insistiamo invece che bisogna tornare a bloccare fabbriche, strade e città e lì verificare che non è affatto vera la narrazione che dice di una città tutta contro gli operai, che non vede l'ora che l'Ilva chiuda, sono cazzate, sono frutto di una propaganda che fa leva su problemi reali ma che ha lo scopo di cancellare non la fabbrica ma gli operai e affermare interessi alternativi che certo non sono in nessuna misura in grado di risolvere i problemi del lavoro e della salute in questa città.
La recente statistica - per quanto si possa dare peso a queste statistiche - del Sole 24 ore sulla qualità della vita, colloca Taranto negli ultimi posti della classifica e in particolare sul fronte dell'occupazione della disoccupazione; quindi è evidente che questa città è colpita largamente dalla disoccupazione, dalla mancanza di servizi sociali e che questo merita che ci siano leggi, provvedimenti che possano affrontare realmente il problema di ridurre la disoccupazione, di migliorare i servizi, di migliorare il settore della sanità e così via. Ma chiaramente questo è gli operai che devono assumerlo come loro rivendicazione insieme alla tutela del lavoro e per questo devono scendere in campo in città per sostenere questi bisogni.
Questo a Taranto non succede ancora perché il sindacalismo tarantino è un sindacalismo non a livello della contraddizione di classe in questa città, compresa l'USB che è partita con “furia francese e ritirata spagnola” e oggi a Taranto è una delle componenti della cosiddetta "triplice", oggi diremmo quaterna sindacale, che parla lo stesso linguaggio. Su questo è grande il lavoro da fare a Taranto. come è grande il lavoro ed è diverso perfino il lavoro da fare a Genova ma all'interno di una visione di unità operaia, di interessi di classe, di autonomia operaia e di progetto di cambiamento radicale, anticapitalista, nella realtà concreta di questa situazione.
venerdì 5 dicembre 2025
Dal volantino per gli operai della Leonardo di Grottaglie (TA)
La Legge di Bilancio in discussione, per la Difesa, cioè soldi per le armi, assorbirà il 40,9% del budget, pari a circa 10,3 miliardi di euro sui 25,1 miliardi totali in 3 anni e quasi 140 miliardi nei prossimi 5.
Per il lavoro, il salario invece briciole. Niente è stanziato per il Mezzogiorno, i giovani, la sanità e il carovita.
Roberto Cingolani, ammin delegato della Leonardo, elogia la spesa per il riarmo: “unico argine alla vittoria del nemico senza scrupoli”, Mentre "noi abbiamo ancora dei vincoli etici... vi dico chiaramente che se c’è un momento in cui bisogna investire sulla difesa, è questo perché non sta finendo la guerra, sta iniziando la guerra nuova”. “I prossimi anni di pace apparente - ha aggiunto - la pace va difesa, ma ha un costo, non è gratuita”.
Leonardo lancia un nuovo sistema anti-missile per proteggere le città e le infrastrutture critiche europee. Il progetto si chiama «Cupola di Michelangelo», una sorta di scudo non fisico, ma composto di dati e tecnologie avanzate, compatibile con i mezzi e le piattaforme difensive di tutti gli eserciti della Nato.Ora verrà creato «un team misto di tutte le forze armate» con Leonardo che disegnerà questa nuova architettura secondo le necessità della difesa italiana. Cingolani ha stimato in 200 miliardi il mercato aggredibile nei prossimi dieci anni dal nuovo sistema del gruppo. Cingolani parla di “difesa” quando in realtà l’Italia vuole “offendere”, ed è già complice, fornendo armi e soldi, del genocidio di popoli, come in Palestina, e anche in Ucraina. Fa dell’allarmismo per far passare come normale i miliardi per la guerra tolti ai lavoratori e alle masse e per la produzione di armamenti
Rispetto a questo lo Slai cobas appoggia pienamente l’appello fatto da lavoratori di questo stabilimento della Leonardo: “Non in mio nome - Non con il mio lavoro”; lo abbiamo portato in altri stabilimenti Leonardo nelle città in cui siamo e in altre fabbriche, come esempio da estendere.
E’ importante l’unità degli operai della Leonardo, ma è importante anche l’unità a Taranto con gli operai Ilva in lotta; perchè anche per l’Ilva una delle ipotesi di “soluzione” da parte del governo è di produrre acciaio per le armi. E su questo l’azienda principale coinvolta sarebbe la Leonardo.
giovedì 4 dicembre 2025
Corrispondenze e valutazioni da Genova e Taranto - da Taranto corrispondenza dallo Slai cobas del 3 dicembre - Seguono le cronache e video da Genova del 4 dicembre - commentati domani dallo Slai cobas per il sindacato di classe di Taranto a ORE 12 Controinformazione Rossoperaia
La lotta degli operai ex Ilva a Genova - info - Ne parliamo venerdì ad ORE 12 Controinformazione Rossoperaia
video
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lacrimogeni-news-oggi/8216654/?fbclid=IwdGRzaAOeeehjbGNrA55542V4dG4DYWVtAjExAHNydGMGY
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le-reti-di-polizia-lacrimogeni-sulle-tute-blu/?fbclid=IwdGRzaAOegsdleHRuA2FlbQIxMQBzcnR
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Il racconto della giornata di protesta
Una giornata difficile per il traffico e di lotta per i lavoratori dell'ex Ilva, a cui si aggiungono tutti i metalmeccanici. Questo giovedì di sciopero generale inizia con il concentramento degli operai di piazza Massena, raggiunta dai lavoratori dell'ex Ilva, in presidio da lunedì in piazza Savio, con i mezzi da lavoro che da giorni bloccavano la Guido Rossa. Alle 9 è partito ufficialmente il corteo con migliaia di lavoratori: in piazza i lavoratori di tutte la grandi fabbriche del capoluogo ligure, da Ansaldo Energia a Piaggio Aerospace fino a Fincantieri e altre aziende in solidarietà. Presente tra i manifestanti anche la sindaca di Genova Silvia Salis, in coda anche quattro mezzi pesanti direttamente dalla fabbrica.
Gli aggiornamenti
16.20 - I lavoratori hanno raggiunto piazza Savio dove dormiranno, in attesa dell'incontro di domani a Roma con il ministro Urso. A chiudere la giornata di protesta Armando Palombo: "Noi rimaniamo qui, dormiamo qui e vedremo cosa succederà domani. L'appuntamento per domani è alle 8 in fabbrica, come tutti gli altri giorni". Le tute blu hanno rimesso i mezzi come prima e bloccano la piazza. Via Roma è stata riaperta al traffico, così come parte di via Cornigliano. Chiusa invece la Guido Rossa, sia in entrata che uscita da e per piazza Savio.
Ore 16.10 - I lavoratori raggiungono i giardini Melis dove sarebbe dovuto essere in corso la "contro" manifestazione indetta (e poi cancellata) da un comitato del quartiere contro le modalità di sciopero dei lavoratori. Diversi i cori intonati dal corteo: "Cornigliano siamo noi" e "Dove sono i comitati?".
Ore 15.50 - Il corteo ha raggiunto via Pieragostini, prima del ponte di Cornigliano. Riaperta via Cantore e piazza Vittorio Veneto.
Ore 15.39 - Il corteo ha raggiunto via Cantore e si dirige verso piazza Cornigliano. Torneranno, come da programma, in presidio in piazza Savio. La strada è chiusa per permettere il passaggio delle persone mentre si registrano interruzioni al traffico in zona.
Ore 15.20 - Riapre via Gramsci e via Bruno Buozzi. Il corteo ha raggiunto a Sampierdarena per tornare verso Cornigliano.
Ore 14.10 - Ancora sospesa la circolazione ferroviaria a Genova Brignole dalle ore 12:45 per la presenza di manifestanti nei pressi della linea. I treni Intercity e Regionali possono subire ritardi.
Ore 13.58 - I lavoratori hanno lasciato la stazione per dirigersi verso Cornigliano. Da piazza Verdi il serpentone si sposta verso corso Aurelio Saffi. Sono in atto le seguenti modifiche alla viabilità:
• Via Canevari: chiusa da corso Montegrappa
• Tunnel Archimede: chiuso in direzione via Tolemaide
• Via Tolemaide: traffico deviato verso mare su corso Torino
• Piazza delle Americhe / Piazza Verdi: chiusure in atto
• Chiusure temporanee su Cadorna – Ayres – Barabino – Diaz al passaggio del corteo.
La situazione comporta forti rallentamenti e traffico congestionato in bassa Valbisagno, Foce e zona centrale della città.
Ore 13.18 - Il presidente della Liguria Marco Bucci è arrivato alla stazione di Brignole, ed ha raggiunto i lavoratori fermi sulla banchina: "Era giusto che venissi qui - afferma Bucci - "Come ho detto martedì sera, noi continuiamo a lavorare per avere produzione dell'acciaio a Cornigliano, qualcosa che viene fatto non solo per Genova ma per tutta l'Italia. Lotteremo per questo, per far sì che latta e zincato siano prodotti a Genova. Domani mattina sarò a Roma per un nuovo incontro con il ministro Urso, non posso garantirvi che tornerò' vincitore, ma lavoreremo per voi. Ovviamente lavoriamo con lo stabilimento di Taranto perché il materiale arrivi da lì, ma dobbiamo cominciare a lavorare con altri produttori di coils. Un'azione che stiamo cominciando a fare ora, perché ci sia possibilità di lavorare per Cornigliano. Questi i nostri obiettivi, da questo pomeriggio lavorerò per voi. Mi raccomando - conclude il presidente "evitiamo situazioni difficili"
Ore 12.53 - Entrati nell'atrio della stazione Armando Palombo ha preso parola, annunciando l'occupazione della stazione. Sono circa un migliaio gli operai che hanno invaso le banchine della stazione di Brignole. Dai megafoni della stazione sono stati annunciate le cancellazioni di diversi treni che sarebbero dovuti arrivare in stazione.
Ore 12.40 - Il corteo è arrivato davanti alla stazione ferroviaria di Genova Brignole.
Ore 12.30 - Lavoratori in corteo si muovono su via Serra verso la stazione ferroviaria di Brignole.
Ore 12.15 - anche la sindaca Silvia Salis davanti alla Prefettura per un breve confronto con i lavoratori: "Domani sarò ricevuta a Roma dal ministro Urso, ribadirò la richiesta di spiegazioni sul futuro dell'azienda, per sapere cosa succederà nel caso in cui a marzo non arrivino offerte per l'acquisizione degli stabilimenti"
Ore 12:10 - Dopo un breve raccoglimento dei lavoratori è arrivata la decisione: il corteo si sposta verso la stazione ferroviaria di Brignole. Armando Palombo della Rsu dell'ex Ilva, ha annunciato: "Blocchiamo i binari".
ORE 12 - Un operaio Fiom è stato ferito alla testa durante il teso confronto in atto tra manifestanti e polizia davanti alla prefettura di Genova. L'operaio ha una ferita alla testa, probabilmente è stato colpito dal lancio di un fumogeno. Intanto i manifestanti, con un mezzo da lavoro, hanno staccato una parte degli alari a protezione della prefettura. In precedenza i manifestanti al grido di "Urso sei un codardo" e "Urso vaff..." avevano intonato cori
contro il ministro delle Imprese.
ORE 11.45 - La polizia ha riposizionato parte della grata e ha parcheggiato uno dei tanti mezzi presenti a chiudere la strada per non permettere l'entrata dei lavoratori. Anche gli agenti hanno lanciato fumogeni per far disperdere e allontanare i lavoratori.
ORE 11.30 - Lavoratori sradicano la grata montata questa mattina dalla polizia con dei cavi legati a uno dei mezzi da lavoro della fabbrica. "Vogliamo lavorare, ci dovete arrestare" e "Urso bugiardo, sei solo un codardo". Uova e bottiglie vengono lanciate contro i muri della prefettura.
ORE 11.15 - I lavoratori hanno raggiunto largo Lanfranco dove la polizia aveva posizionato una grata per impedirgli l'accesso. Decine di persone hanno iniziato a sbattere e lanciare i caschetti al grido di "lavoro, lavoro. Ci dovete arrestare tutti".
ORE 11 - Il corteo ha raggiunto piazza della Nunziata e sta per imboccare le gallerie verso la prefettura. Alta tensione in largo Lanfranco dove ci sono almeno venti camionette della polizia. Via Buozzi e via Gramsci riaperte al traffico.
ORE 10:50 - La testa del corteo ha raggiunto Stazione Marittima. Riaperto a Sampierdarena il casello di Genova Ovest e via Cantore. Riaperta anche via Cornigliano.
ORE 10.30 - Il corteo ha superato via Cantore e ha raggiunto la zona di Dinegro.
ORE 9:45 - Il corteo ha superato il ponte di Cornigliano e dopo un breve stop in via Pieragostini ha ripreso in direzione centro città.
ORE 9:25 - Il corteo è appena partito dai giardini Melis. Centinaia i lavoratori si muovono in direzione centro città.

La visita della sindaca Salis: "Non forniamo alibi"
La sindaca di Genova Silvia Salis è arrivata a portare i suoi saluti e la solidarietà ai lavoratori. Nell'occasione ha rinnovato l'appello che già ieri era stato fatto dall'arcivescovo di Genova, Marco Tasca, alla non violenza: "Non forniamo alibi". "Come Chiesa genovese partecipiamo al momento drammatico per i lavoratori di Acciaierie d'Italia e per tutta la città e auspichiamo che governo, istituzioni e tutte le parti in causa, con responsabilità e impegno, giungano in tempi rapidi ad una soluzione della crisi" aveva detto ieri l'arcivescovo. "Rivolgiamo un accorato appello affinché nelle manifestazioni si eviti in tutti i modi il ricorso alla violenza e si privilegi la via del dialogo".
Alle 9 il concentramento
Gli stessi veicoli li accompagneranno da Cornigliano fino alla Prefettura, in largo Lanfranco. La piazza è stata chiusa intorno alle otto del mattino per l'arrivo di diverse camionette della polizia, in servizio per l'ordine pubblico durante la giornata. Alle nove sono state inoltre chiuse via San Giovanni D'Acri e via Cornigliano, per permettere il passaggio delle centinaia di lavoratori in marcia verso i giardini Melis, dove si uniranno a gli altri operai delle diverse fabbriche aziende metalmeccaniche del territorio. Il percorso del corteo comprenderà via Cornigliano → Pieragostini → Degola → Montano → Cantore → Buozzi → Adua → Gramsci → Nunziata → Portello → Corvetto → Prefettura.

Oltre 20 blindati polizia davanti a Prefettura Genova
Oltre una ventina di blindati della polizia sono arrivati davanti alla Prefettura di Genova in vista dello sciopero generale dei lavoratori metalmeccanici proclamato dai sindacati oggi nel capoluogo ligure per la vertenza ex Ilva. Il concentramento del corteo è previsto alle 9 ai giardini Melis di Genova Cornigliano vicino allo stabilimento siderurgico con direzione verso il centro di Genova e arrivo previsto davanti al palazzo locale del governo. Via Roma davanti alla Prefettura così come via San Giovanni D'Acri in direzione monte a Cornigliano sono state chiuse al traffico per la manifestazione.
Il segretario della Fiom Cgil De Palma: "Stiamo scioperando per la dignità del lavoro"
"Stiamo scioperando per la dignità del lavoro - dichiara il segretario generale della Fiom Cgil Michele De Palma -. Perché è inaccettabile che il governo, che aveva presentato un piano che noi avevamo condiviso, in cui c'erano tre 'DRI' e quattro forni elettrici, di cui uno a Genova, per garantire la continuità produttiva e occupazionale ma anche la decarbonizzazione, invece a un certo punto abbia cambiato completamente le carte in tavola e abbia fermato tutti gli impianti".

Venzano (Fim Cisl): "Uno schiaffo dal Governo, il lavoro non si tocca"
Christian Venzano, segretario generale della Fim Cisl Liguria: "Sono stati tre giorni intensi dove abbiamo messo in campo nuove iniziative di mobilitazione perché non siamo usciti soddisfatti dall’incontro di Roma perché il governo non ferma l’idea del ciclo corto e questo è pericoloso per tutto il gruppo e il rischio concreto per lo stabilimento di Cornigliano che, se dovesse fermarsi chiuderebbe per sempre. Dopo aver ottenuto la continuità produttiva della banda stagnata dall’incontro al MIMIT, con la mobilità di questi tre giorni non siamo riusciti ad ottenere la continuità produttiva anche per la banda zincata, per arrivare a marzo. Oggi come Fim e Fiom siamo in corteo con la solidarietà di tutte le aziende metalmeccaniche di Genova verso la Prefettura che è l’organismo in città del Governo per essere ascoltati dal Prefetto di Genova, vogliamo evitare di compromettere il futuro degli impianti di Cornigliano e del gruppo siderurgico più grande d’Europa. Insieme alle lavoratrici e i lavoratori di tutte le fabbriche e con la solidarietà della città che sentiamo vicina e ringraziamo, noi siamo dalla parte delle forze dell’ordine e chiediamo sostegno da parte di tutti per questo momento così difficile per il mondo del lavoro".
"Quello che ci ha riportato il Presidente della Regione, Marco Bucci che ringraziamo per la vicinanza, non è però accettabile, sentirsi dire che il Ministro dell’economia Giorgetti, nomina una legge europea che impedisce allo Stato di aiutare un azienda in amministrazione straordinaria, ma evidentemente non è ben chiaro che l’amministrazione straordinaria ha l’obbligo nella sua funzione di mantenere il valore aziendale dei suoi asset e il caso è proprio questo perché la non continuità o la mancanza di manutenzione può compromettere tale valore visto la condizione attuale degli impianti. Per salvare definitivamente la siderurgia bisogna tornare al piano condiviso con le organizzazioni sindacali per dare continuità produttiva ai siti del nord e prendersi la responsabilità del rilancio della siderurgia in attesa di investitori industriali e del settore con capacità economiche. Il Governo torni ad essere quello che ha promesso il rilancio della siderurgia ed esca da questa nuova posizione che rischia di portare alla chiusura”, spiega Christian Venzano, segretario generale Fim Cisl Liguria.

(Notizia in aggiornamento)




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