giovedì 31 ottobre 2024

La grave condizione delle lavoratrici e lavoratori non è all'OdG del Comune di Taranto - E la lotta delle lavoratrici degli asili continua...

Alle ulteriori due giornate di sciopero e presidi sotto Palazzo di città il Comune ha risposto col silenzio.

Peggio per loro! Questo non fa che acuire la rabbia e la ribellione delle lavoratrici di ausiliariato e pulizie degli asili comunali che ogni giorno devono affrontare carichi di lavoro, doppie mansioni, in appena 3 ore e 30, pretese, discriminazioni, per una miseria salariale, e in condizioni che mettono a rischio la salute e la sicurezza, dovendo fare le pulizie come il secolo scorso senza macchinari e attrezzature adeguate; per giunta quest'estate si sono viste scippare un mese di lavoro e di salario - che fine hanno fatto quei soldi già impegnati con una delibera di giunta per coprire un mese estivo? 

Solo grazie allo stato di agitazione iniziato dai primi di settembre, allo sciopero del 7 ottobre e agli esposti fatti abbiamo fatto smuovere sia l'Ispettorato del lavoro che la nuova assessora ai servizi educativi, Federica Simili, che stanno facendo verifiche negli asili. 

Allora, ora la mobilitazione continua, perchè vogliamo risultati! Lo Slai cobas non fa chiacchiere, ne si limita a mandare documenti e lettere. Noi lottiamo! In passato da soli abbiamo ottenuto dei miglioramenti. Di questo siamo orgogliose!

Il Comune/assessorato ha fatto sapere che ci incontrerà, ma dopo l'incontro con i sindacati confederali; ma questi sindacati non rappresentano affatto le lavoratrici, non denunciano e non sollevano mai le richieste necessarie, e vivono come parassiti sulla nostra lotta. Noi non ci stiamo!

Dai prossimi giorni: torneremo al Comune, e questa volta non sarà pacificamente; andremo all'Ispettorato del Lavoro per avere conto dei loro controlli; continueremo lo stato di agitazione verso la Ditta Servizi Integrati per aumenti salariali e difesa della nostra salute, attenendoci scrupolosamente al capitolato d'appalto, senza fare il di più che pretendono ma non ci tocca; faremo nello stesso tempo nuovi esposti!

NON GLI DAREMO TREGUA A COMUNE E DITTA!

Chi non vuole solo lamentarsi a vita, chi ha dignità e pretende rispetto venga con noi, si organizzi nello Slai cobas.

Questa nostra lotta è pienamente interna ad una battaglia nazionale contro il governo Meloni che invece che soldi per lavoro, salario minimo, no alla precarietà, soldi per la sanità, la scuola, usa i soldi pubblici per gli armamenti, per la loro guerra. 

Ma tutto questo è una ragione in più per elevare la nostra lotta.

Lavoratrici e lavoratori asil - Slai cobas

sabato 26 ottobre 2024

Le lavoratrici di pulizia/ausiliariato asili di nuovo in sciopero!

Si avvicina il secondo sciopero, questa volta del 30 e 31 ottobre per pesare di più.

Nelle due giornate di sciopero faremo presidi sotto Palazzo di città, dalle ore 9,30.
Chiamiamo tutte a scioperare e venire in piazza! Se siamo in tante otterremo dei risultati, perché è solo con la nostra lotta che abbiamo anche in passato conquistato dei miglioramenti, e così sarà anche ora.

Ma dobbiamo farci vedere, farci sentire, pesare.

Chi si volta dall’altra parte non merita rispetto, perché si comporta come una serva della ditta e del Comune e sfrutta lo sciopero delle altre.
Se si pensa realmente ai propri figli, alla propria famiglia, allora anche per loro bisogna scioperare! per andare avanti, per dignità, per dare un esempio che le lavoratrici, le donne soprattutto, non si possono far mettere i piedi in testa.

Noi con lo stato di agitazione, con lo sciopero del 7 ottobre abbiamo già smosso la situazione:

- è in corso una ispezione dell’Ispettorato del lavoro in tutti gli asili per verificare le nostre condizioni di lavoro e sicurezza;

- la nuova assessora ai “servizi educativi” sta facendo un giro negli asili – come da noi sempre richiesto, perché il Comune si renda conto di come dobbiamo lavorare, di come siamo sfruttate e per pochi soldi;

- la ditta questa volta ha dovuto fare un passo indietro rispetto al tentativo di ostacolare lo sciopero, con provvedimenti disciplinari alla delegata dello Slai cobas;

- intanto sono in corso esposti e ricorsi collettivi.

Con lo sciopero del 30 e 31 ottobre dobbiamo cominciare a vedere dei risultati.

Vogliamo l’aumento dell’orario di lavoro
Non vogliamo più tutte le sospensioni estive e a natale e pasqua (ci devono ridare il mese che si hanno scippato quest’estate)
Vogliamo un aumento del salario – un “salario minimo” di almeno 9 euro nette all’ora
Vogliamo sicurezza e difesa della nostra salute: strumentazione elettrica e meccanica per le pulizie, materiali idonei,
basta con imporci ordini e mansioni che non ci competono. Vogliamo rispetto!

Dalle lavoratrici in sciopero

26.10.24

giovedì 24 ottobre 2024

7 anni di udienze del processo "Ambiente svenduto" di 1° grado raccontati in un libro - Per richiederlo: WA 3519575628 - slaicobasta@gmail.com

Ci sono stati 7 anni di processo di 1° grado, 7 anni di udienze, in generale molto ricche, sia positive sia negative.

Quando noi abbiamo detto che non è accettabile che il processo di primo grado venga cancellato abbiamo pensato anche a tutte queste centinaia di udienze, alle testimonianze operaie, di periti, medici, ecc. E perché questi anni non vadano affatto dimenticati neanche dalle parti civili, soprattutto operai dell’Ilva, abitanti dei quartieri, lavoratori cimiteriali, perchè la loro storia non venga buttata a mare impunemente, abbiamo raccolto le udienze principali in un libro.

Leggendo il racconto di queste udienze ci si rende conto come questo processo sia stato ed è un processo storico. Storico non solo per la quantità degli imputati, che in un certo senso rappresentano l'intero sistema del capitale, ci sono i padroni, ma ci sono tutti i complici che permettono che i padroni impunemente possano far morire, fare ammalare, che possano sfruttare, per il solo scopo del loro massimo profitto. E parliamo delle Istituzioni, del governo, degli Enti che dovrebbero fare i controlli, ma anche della Chiesa, delle forze dell'ordine. Tutti c'erano in questo processo di primo grado. Chiaramente molti reati sono andati in prescrizione e se questo processo effettivamente va a finire a Potenza tanti altri reati andranno in prescrizione. 

Ma storico soprattutto perchè è una efficace, lucida radiografia del modo di produzione capitalista

Queste udienze di primo grado testimoniano come, se gli operai potevano parlare, se potevano dire no, era possibile non inquinare, come era possibile che gli operai non morissero cadendo dalle gru. o schiacciati sul treno nastri, come era possibile che la salute e la stessa vita degli operai e della cittadinanza non fosse in costante grave pericolo. E gli operai lo denunciavano, indicavano anche cosa fare perchè ci fosse sicurezza. Ci sono loro testimonianze veramente illuminanti, come anche quelle di alcuni periti, di alcuni medici, di alcune associazioni, ecc., che dimostrano che se una fabbrica fosse nelle mani degli operai, in un altro sistema sociale politico di "potere operaio", anche una fabbrica siderurgica potrebbe non essere nociva.

Riprendiamoci il processo di 1° grado, riprendiamoci quelle testimonianze.

Ma anche le cose dette dagli avvocati degli imputati sono importanti. Perché argomentando la "legittimità" dell’azione criminale dei padroni, legittimano il sistema di sfruttamento, di attacco alle vite, alla salute, come la normalità del capitale. Come diceva un avvocato in un'udienza: ma che vi credete? Che la fabbrica sia un prato verde? Che pensate (quando si parlava degli attacchi al posto di lavoro) che l'Ilva sia un ammortizzatore sociale?
Ecco, anche quelle le dichiarazioni, quelle testimonianze è bene leggerle, perché, appunto, anche esse contribuiscono a mostrare la barbarie del capitalismo, non solo dei padroni, ma insieme dei rappresentanti dello Stato, delle Istituzioni; e contribuiscono a mostrare che ci sono due classi, e che i proletari devono essere i "becchini" del sistema del capitale, per un mondo senza sfruttamento, ingiustizie.


La questione ex-Ilva processo "Ambiente svenduto" portata da Taranto a Torino

Avevamo annunciato che portavamo a livello nazionale la questione ex Ilva, sia il punto dell'attuale situazione di Acciaierie d'Italia, sia soprattutto la vergognosa sentenza di annullamento del processo "Ambiente svenduto" di 1° grado. Il 21 ottobre questo è stato portato a Torino in un'assemblea organizzata insieme da Medicina democratica e Slai Cobas di Taranto. A Torino, dove c'è l'altro polo importante delle grandi fabbriche, la Stellantis. 

L'Assemblea si è aperta necessariamente dando informazione sulla situazione all'ex Ilva, dato che proprio nei giorni precedenti era venuto a Taranto il Ministro Urso a "premere il bottone" per l'accensione dell'Altoforno 1. (ne abbiamo parlato in altri momenti in questo blog). 
Questa venuta era stata molto amplificata non solo a Taranto ma anche a livello nazionale, come dimostrazione dell'impegno del governo per una rilancio della produzione in Acciaierie d'Italia. E' stata una passerella, inutile, in cui il Ministro Urso non l'ha visto nessuno, se non i Commissari dell'Ilva e i vertici sindacali. Con una scena imbarazzante. Il segretario dell'USB Rizzo, che dovrebbe essere il sindacato più vicino ai lavoratori, anche in questo caso, come in estate alla Festa dell'Usb in cui l'ospite d'onore era proprio Urso, è stato il più vicino al Ministro, con un atteggiamento della serie: 'noi ci capiamo' (basta vedere i video di quella giornata). 

Dopo, chiaramente, l'Assemblea si è concentrata sulla questione della sentenza di annullamento del processo Ilva di 1° grado. Questa sentenza è molto grave perché non solo si tratta di un gravissimo precedente che può influenzare altri processi simili, ma è l'altra faccia dell'impegno da parte del governo di vendere a nuovi compratori, soprattutto multinazionali,una fabbrica libera da provvedimenti, libera da condanne, libera da spade di Damocle di un processo che continua. E questo processo è stato fermato. 

Gli avvocati di Torino e di Taranto, presenti all'assemblea, hanno informato, spiegato perché hanno presentato una istanza alla Procura generale di Taranto per impugnare la sentenza di annullamento verso la Cassazione. 

Giustamente è stato detto: guardate che l'annullamento è stato fatto utilizzando veri e propri cavilli giuridici. Ma la sostanza reale di questo annullamento era già nelle motivazioni con cui nel processo di 1° grado gli avvocati dei Riva e dei complici avevano già presentato la richiesta di trasferimento del processo da Taranto a Potenza. In quelle motivazioni allora non parlavano di cavilli giuridici - poi questi cavilli se li sono dovuti trovare perché passasse giuridicamente questa richiesta di trasferimento. Basta leggere solo un passaggio di quelle lunghissime motivazioni per comprendere che esse erano tutte politiche e sociali. 
Allora si dicevano: "...il processo giurisdizionale necessariamente assume un contenuto rivoluzionario, perché parte costitutiva di un più ampio processo storico potenzialmente atto a determinare il mutamento radicale dell'assetto socio economico...". 
Quindi, altro che cavilli! Allora si diceva - in un certo senso giustamente, anche se dal loro punto di vista - che questo processo metteva in discussione l'assetto socio economico; e quindi loro stessi dicevano che questo era un processo di classe e che quindi andava e deve continuare ad essere affrontato da un punto di vista di classe. 

In questo processo d'Appello in nome della legge si attacca la giustizia, si oscura volutamente lo scontro tra capitale e operai e con conseguenze anche tra le masse popolari di Taranto. 
Questo scontro è tuttora in atto. Ma deve vedere una coscienza maggiore da parte prima di tutto degli operai, perché alla fine, come ha dimostrato anche questo processo, sono gli operai che vengono ulteriormente attaccati, cancellati. Cancellati dalla storia concreta.
Questo non deve avvenire e questo spiega anche l'importante passaggio che c'è stato a Torino.

Strage alla Toyota di Borgo Panigale - Domani comizio ad appalto Acciaierie e materiali alle portinerie

Grave incidente e nuova strage operaia alla Toyota - Reazione immediata dello Slai cobas per il sindacato di classe - Subito interventi, comizi alle fabbriche, Acciaierie Taranto, Tenaris Dalmine, Fincantieri Palermo, Marcegaglia Ravenna, ecc. - Forte denuncia di padroni e governo - Oggi alla Controinformazione rossoperaia ORE 12.

(Dalle notizie) - Bologna, due operai morti e undici feriti dopo un’esplosione alla Toyota Handling. La strage nello stabilimento di Borgo Panigale. La struttura è crollata parzialmente, a causa di un’esplosione avvenuta all’interno del capannone dell’azienda, che si occupa della progettazione e produzione di carrelli elevatori elettrici, montanti e traslatori. Secondo le prime ricostruzioni, la causa dell’infortunio sarebbe da ricondurre al malfunzionamento di un compressore, che, esplodendo, ha provocato il crollo parziale della struttura. L'azienda è una delle principali aziende del distretto meccanico bolognese e occupa circa 850 persone. A dare l'allarme sono stati proprio gli abitanti della zona, i quali, spaventati dall'esplosione, hanno prontamente avvertito le autorità competenti.

Sono undici le persone ferite e ricoverate a seguito dell'esplosione avvenuta alla Toyota Material Handling di Borgo Panigale a Bologna. Due i decessi. Un lavoratore è morto all'interno dello stabilimento e uno dopo il trasporto in ospedale avvenuto in codice di massima gravità. I feriti sarebbero oltre 20 di cui 2 gravi.
I vigili del fuoco stanno lavorando senza sosta per mettere in sicurezza l’area e cercare eventuali superstiti sotto le macerie. L’intera area intorno allo stabilimento è stata isolata per permettere le operazioni di soccorso e per garantire la sicurezza dei residenti e dei lavoratori della zona.
L’azienda

La Toyota Material Handling è una multinazionale leader nel settore della movimentazione delle merci, con stabilimenti e attività in tutto il mondo. Lo stabilimento di Bologna è un importante polo produttivo, e l’incidente odierno solleva interrogativi sulla sicurezza e sui protocolli di manutenzione all'interno dell'azienda. La zona di Borgo Panigale, che ospita diverse attività industriali, non è nuova a incidenti di questo tipo.

Cgil: “Siamo addolorati e furiosi. I lavoratori muoiono sul posto di lavoro come in una guerra, centinaia di morti all'anno nell'indifferenza della politica e degli imprenditori”. In azienda era in programma uno sciopero per salute e sicurezza. Fim Fiom Uilm Bologna: “Venerdì 25 ottobre, 8 ore di sciopero”. Il comunicato unitario di Fim Fiom Uilm bolognesi parla di “un’ulteriore strage sul lavoro” e annuncia lo sciopero di otto ore del settore metalmeccanico nella giornata di venerdì 25 ottobre. “Per il nostro territorio si tratta dell’ennesima strage di quest’anno”.
"Scioperi c'erano stati anche in passato, l'ultimo per alcuni nuovi strumenti su cui i lavoratori chiedevano il collaudo. In passato c'era stato anche un incendio nel reparto verniciatura”.

mercoledì 23 ottobre 2024

La Procura generale di Taranto non ha accolto (per incompetenza) l'istanza dei nostri avvocati di parte civile - La riformuleremo alla Procura di Potenza

Nello stesso tempo la stessa Procura di Taranto ha scritto che la questione relativa alla competanza può essere prospettata da Potenza o da noi stessi con ricorso alla Cassazione - E SICURAMENTE LO FAREMO!

Dalla risposta della Procura di taranto (che riportiamo integralmente sotto):

"...le sentenze che possono dar luogo a conflitti di giurisdizione o di competenza a norma dell'art. 28 cod. proc. pen., pur non essendo impugnabili, non si sottraggono all'ulteriore controllo giurisdizionale, perche, qualora diano concretamente luogo al conflitto, questo viene sottoposto, per la risoluzione, alla Corte di Cassazione dal giudice di merito che lo rileva d'ufficio o su denuncia di parte, mentre nel caso che non diano luogo al conflitto, la questione relativa alla competenza, come ipotizzato dagli stessi proponenti, può essere liberamente prospettata davanti al giudice che procede e dedotta anche come motivo di appello e, successivamente, di ricorso per cassazione, laddove il giudice investito non scelga di sollevare il conflitto..."

 


 

Contro sentenza d'appello processo "Ambiente svenduto" depositata istanza dagli avvocati delle parti civili organizzate dallo Slai cobas e di Medicina democratica

I nostri avvocati di Torino e Taranto e lo Slai cobas hanno ritenuto che è giusto fare ogni passo possibile per evitare l'annullamento totale del processo di 1° grado, il trasferimento e soprattutto di iniziare da zero, con le prevedibili prescrizioni; questo lo dobbiamo alle parti civili.

La nostra impressione è che la Corte d'appello abbia voluto "lavarsi le mani", dando ragione a dei cavilli e a una loro interpretazione giuridica sfavorevole.

Quindi, questo non può passare impunemente. Probabilmente non ci riusciremo, ma è necessario mettere delle "zeppe" e mostrare agli operai, ai lavoratori tutti, ai cittadini dei quartieri inquinati che noi non ce ne stiamo fermi comunque; perchè noi e gli avvocati non durante questi anni di processo non hanno mai fatto interventi puramente di articoli di legge, ma hanno posto problemi di giustizia dei lavoratori.

Questa differenza, anche con gli altri avvocati delle parti civili continua anche in questa fase.

ISTANZA PRESENTATA ALLA PROCURA GENERALE DI TARANTO

L'istanza integrale si può richiedere allo Slai cobas WA 3519575628

ALLA PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA DI TARANTO
ISTANZA EX ART. 572 C.P.P.

Gli scriverti avvocati Sergio Bonetto del Foro di Torino, Fabrizio Lamanna del Foro di Taranto, Enzo Pellegrin del Foro di Torino, Antonietta Ricci del Foro di Taranto,Gianluca Vitale del Foro di Torino... chiedono con la presente ai sensi dell'art. 572 c.p.p. che codesta Procura Generale presso la Corte di Appello di Taranto voglia proporre ricorso per Cassazione avverso la sentenza n. 6/2024 della Corte di Assise di Appello di Taranto del 13 settembre 2024, con la quale è stata annullata la sentenza della Corte di Assise di Taranto n. 1/2021 del 31.05.2021 e ordinata la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Potenza.

IN PUNTO RICORRIBILITA' PER CASSAZIONE

Con la sentenza avverso la quale si chiede che codesta Procura Generale voglia proporre ricorso per Cassazione la Corte di Assise di Appello di Taranto ha accolto il motivo di appello proposto dalle difese degli imputati e relativo alla nullità delle ordinanze con le quali era stata rigettata l'eccezione di incompetenza ex an. 11 c.p.p., con conseguente annullamento della sentenza di primo grado e ordine di trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il giudice tabellarmente competente (la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Potenza).

Il primo quesito da risolvere è se tale pronunzia sia definitiva (come annotato in calce dal Direttore, che indica la data di passaggio in giudicato in relazione agli artt. 568 n. 2 e 11 cpp nella data del deposito) ovvero se essa possa essere oggetto di ricorso per Cassazione.

La soluzione di tale quesito - che solo in apparenza si presenta come univoca - non è priva di conseguenze su11'iter procedimentale: nel primo caso una eventuale impugnazione rimetterebbe immediatamente la decisione (definitiva) sulla competenza alla Suprema Corte; nel secondo il processo (rectius: il procedimento, essendo stati gli atti trasmessi, come insegnato dalle Corte Costituzionale, alla Procura della Repubblica presso il giudice ritenuto competente) riprenderebbe avanti l'autorità giudiziaria indicata oggi come tabellarmente competente ma la questione rimarrebbe “aperta” potendo essere riproposta avanti a1“nuovo” giudice di merito (ed, eventualmente, riproposta nei successivi gradi di giudizio ove da questi rigettata).
E, infatti, ben potrebbe il GUP di Potenza sollevare conflitto di competenza e rimettere, solo in quella
nuova fase processuale, gli atti alla Suprema Corte per la decisione in merito a tale eccezione.

Tale ipotesi non potrebbe che dilatare i tempi del processo, oltre a rendere oscura la sorte del processo come sin qui tenutosi: la sentenza della Corte di Assise di Appello di Taranto, pur pronunziandosi unicamente sulla eccezione di incompetenza ex art. 11 cpp, ha annullato la sentenza di primo grado (null'altro statuendo); essa dovrebbe (o potrebbe?), però, “rivivere” ove il GUP di Potenza dovesse sollevare conflitto, e ove la Corte di Cassazione dovesse ritenere di riconoscere la competenza del giudice tarantino? e quale sorte avrebbe il “primo” processo tenutosi avanti la Corte di Assise di Taranto nel caso in cui una eventuale eccezione di incompetenza, non ritenuta fondata dal “primo” giudice del capoluogo lucano, fosse successivamente riproposta e in ipotesi accolta solo in un (nuovo) giudizio di appello o in Cassazione? potrebbe o dovrebbe comunque rivivere, essendo comunque l'odierno annullamento relativo alla sentenza senza altra specificazione ma intervenuto solo in punto competenza?
Non è questa la sede per risolvere tali quesiti, ma essi devono essere tenuti ben presenti nella risoluzione del quesito che si è inteso proporre in merito alla ricorribilità per Cassazione della sentenza della Corte di Assise di Appello di Taranto.

Ad una prima lettura tale quesito appare, invero, di facile soluzione: l'art. 568 c. 2 c.p.p. non include tra le sentenze sempre ricorribili per Cassazione le sentenze in punto competenza che possano dar luogo ad un conflitto ex art. 28 cpp. L'interpretazione prevalente che a tale norma è stata data — invero al di là del suo stretto significato letterale, come si avrà modo di precisare - è che essa comporti che sono sempre non ricorribili per Cassazione tali sentenze.
La giurisprudenza, inoltre, pare attestata nel ritenere inammissibili i ricorsi per Cassazione avverso i provvedimenti che si pronunzino sullà competenza.
Pare opportuno, però, esaminare le ragioni di tali decisioni.
La Suprema Corte ha, così, evidenziato come “non essendo previsto alcun meno preventivo per regolare la competenza mediante intervento immediato della Suprema Corte, questa potrà essere chiamata a pronunciarsi sulla medesima solo in esito a conftino (Sez. 5, n. 6347 del 25711/1998 - dep. 17/02/1999, Salamone, Rv. 21251201)”. E, ancora, “è stato, invero, condivisibilmente osservato che le sentenze relative alla competenza sono sottratte alla regola della generale impugnabilità per cassazione dall'art. 568 c.p.p. comma 2 in ragione sia della tutela del principio per cui ciascun giudice è giudice della propria competenza, con l'unico rimedio della disciplina del cotiflitto, sia della mancanza di defìnitività della pronuncia relativa alla competenza, che ha natura meramente processuale (Cass., 31 ottobre 1990, Canipagnino, in Riv. Pen., 1991, 951; Cass., 18 aprile 1990,
Ninivaggi, ibid, 204; vedi, anche, Sez. 1, n. 15792 del 17/01/2011 - dep. 20/04/2011, Campanella, Rv. 24996201)” .

Quando al riferimento alla mancata definitività, si rimanda a quanto sopra evidenziato in merito alla “sorte” che avrebbe una sentenza sulla quale sia intervenuto un annullamento (tale è, radicalmente, nel dispositivo), ove venga successivamente sollevato e accolto un conflitto. Inoltre, se è vero che la pronunzia non radica definitivamente la competenza nel “nuovo giudice”, ma si “limita” a negare la propria, non si vede perchè già tale decisione non debba poter essere immediatamente giustiziabile; in altre parole, non è la “nuova” attribuzione che deve poter essere contestata, ma l'affermazione di chi nega la propria competenza.
Inoltre, come si avrà modo di precisare, il procedimento delineato dalla richiamata pronunzia della Suprema Corte ha rilevanti conseguenze sulla durata (che ben rischia di divenire diviene irragionevole) del processo

Quanto alla prima delle argomentazioni della richiamata sentenza, ovvero l'assenza nel nostro sistema processuale di un meccanismo di preventivo regolamento di competenza, deve subito evidenziarsi come tale situazione sia stata dallo stesso legislatore ritenuta patologica (e lesiva proprio del principio di ragionevole durata del processo), tanto da imporre di novellare la materia (e dunque di introdurre quel regolamento preventivo che non esisteva nel 2019).
Così, l'art. 4, co. 1, D.Lgs. 150/2022 ha introdotto nel codice di rito l'art. 24 bis, che prevede il rinvio pregiudiziale, anche d'ufficio, alla Corte di Cassazione delle questioni concernenti la competenza per territorio, anticipando il momento in cui la Suprema Corte può e deve essere investita della risoluzione delle controversie in tema di competenza.
La ratio di tale novella è chiaramente indicata nella Relazione Finale del 24.5.2021 della Commissione Lattanzi2. A proposito del rinvio pregiudiziale per la definizione tempestiva delle questioni di competenza si legge: “Decisamente innovativo è poi il criterio di delega che propone l'inserimento nel codice di rito penale di un meccanismo incidentale di rinvio alla Corte per definire questioni sulla competenza per territorio. Si ritiene che questo rinvio possa evitare casi, che si sono verificati, in cui l'incompetenza, tempestivamente eccepita, è stata riconosciuta fondata solo in Cassazione, con conseguente necessità di dover iniziare da capo il processo. L’introduzione di un istituto che consente alla Corte di risolvere in via definitiva la questione relativa alla competenza,

Così Cassazione, Sez. Il Penale, Sentenza (data ud. 01/02/2019) 01/04/2019, n. 14094.
'La Commissione di studio per elaborare pmposte di riforma in materia di processo e sistema sanzionatoi io penale, nonché in mateI-ta di prescrizione del reato, attraverso la formulazione di emendamenti al Disegno di legge A.C. 2435, recante Delega al Governo per 1’efficien-a del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimetlti giudiziari pendenti presso le corti d'appello, istituita con D.M. 24.3.21, dal cui lavoro sono nate le disposizioni del D.Lgs. 1f0/22 e della Riforma Cartabia.
menendo così il processo “in sicure;;sa”, risponde evidentemente anche al principio costituzionale dell'efficienza e della ragionevole durata del processo. Peraltro. al fine di responsabilizzare il giudice di merito ed evitare potenziali usi strumentali dell’istituto, si propone che possa operare solo al cospetto di questioni di una certa serietà”.
E' proprio in tale necessità, lucidamente indicata quale criterio ispiratore della novella, che deve
individuarsi la possibile soluzione del quesito sopra posto.
Efficienza del processo e ragionevole durata dello stesso sono, infatti, principi costituzionali strettamente legati al superiore principio del giusto processo, e come tali devono necessariamente orientare l'interprete.
Giusto processo e ragionevole durata dello stesso che ricevono, anche, consacrazione e tutela nelle disposizioni della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (in particolare all'art. 6, par. 1).

Il sistema processuale, in tale ottica, non può tollerare una situazione quale quella sopra ipotizzata, ovvero di trovarsi di fronte ad un procedimento che possa rischiare di essere azzerato per possibili questioni afferenti la competenza dopo vari gradi di giudizio (proprio la situazione che la Commissione che ha elaborato la riforma ha descritto come condizione evidentemente patologica e stridente col dettato costituzionale).

Da ciò discende che anche la questione di competenza risolta dal giudice di merito (tanto più se tale decisione intervenga, come nel caso di specie, non nella prima fase del procedimento ma in grado di appello, dopo un lungo processo di primo grado) deve poter essere subito portata all'attenzione della Suprema Corte3 che possa, così, definitivamente essere chiamata a risolverla; solo così si possono prevenire ulteriori e gravi lesioni del superiore principio costituzionale di ragionevole durata del processo (che nel presente procedimento ha già subito un grave vulnus, vista la regressione alla fase delle indagini preliminari, rendendo vano un primo giudizio che ha preso le mosse, con la prima udienza preliminare, nel lontano 2016), e non vi sarà il rischio che la ripartenza del processo in alta sede {rectius: del procedimento, atteso che la sentenza rinvia, come corretto che sia, non al Tribunale ma alla Procura presso il Tribunale ritenuto competente) e le possibili “nuove” censure che sollevino il conflitto di competenza determinino il decorso di ulteriori periodi di tempo (si pensi a cosa accadrebbe, come già evidenziato, ove solo nei gradi successivi venga accolta la richiesta di sollevare il conflitto). Il processo non solo può, con una subitanea decisione della Suprema Corte, ma deve essere “messo in sicurezza” per utilizzare le chiarissime parole della Commissione Lattanzi.

' Ove non condivisa da una delle parti processuali, come nel caso che ci occupa è per le parti private odieme istanti — cui è negata, però, la facoltà di direttamente adire la Suprema Corte non essendosi pronunciata la Corte di Assise di Appello sulle statuizioni civili - e, ciò che più rileva e si auspica, è per la parte pubblica,
Nè potrebbe ritenersi chc, a tal fine, la soluzione possa essere che la parte che riticne violate, dalla decisione della Corte di Assise di Appello, le regole della competenza e erroneamente applicato l'art.
11 c.p.p. obliteri le proprie censure; in gioco vi è, infatti, un altro fondamentale principio costituzionale, ovvero quello in base al quale a decidere debba sempre essere il giudice naturale precostituito per legge (giudice che è quello del fatto, e che nel caso di specie solo per accidenti successivi — la ritenuta assunzione della qualifica di danneggiato in capo a due magistrati onorari tarantini — dovrebbe subire una eccezione. La coiiipetenza del foro tarantino, in altre parole, era sorta e si era radicata con i1faffo di reato, e dunque il giudice naturale predeterminato era quello di Taranto; solo la successiva assunzione, o i‘ivendicazione, da parte di due giudici onorari della qualifica di danneggiato avrebbe determinato la deroga, o meglio l'eccezionale spostamento di competenza dal giudice naturale).
Sono, tutti quelli richiamati, principi costituzionali che impongono di ritenere che, già sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata della vigente normativa e di una lettura coordinata delle disposizioni alla luce della novella, deve essere consentito di proporre ricorso per Cassazione anche contro la sentenza che annulli quella di primo grado unicamente in punto competenza territoi'iale.

La lettera de11'art. 568, co. 2, c.p.p., d'altra parte ben può consentire tale interpretazione adeguatrice e costituzionalmente orientata, che tenga conto della centralità che il principio costituzionale e convenzionale di ragionevole durata dcl processo ha sempre più assunto nel nostro sistema processuale (tanto da essere il principale faro della recente novella).
E, infatti, la norma, al primo comma, sancisce il principio di legalità e tassatività delle impugnazioni, disponendo che sia la legge a stabilire i casi in cui il provvedimento sia soggetto ad impugnazione e a determinare i tnezzi di impugnazione.
Orbene, l'art. 606 c.p.p., lettera c), ricomprende tra i nioti›'1 di ricorso per Cassazione quelli attinenti l'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità; rientrano tra le disposizioni la cui inossem°anza è sanzionata da nullità quelle attinenti le coiidi-iolii di capacità dei giudice (dalle quali sono escluse quelle sulle assegnazioni a sezioni, collegi, e giudici, e tra le quali sono dunque a conti ario da ricomprendere quelle sulla competenza; d'altra parte proprio la iiullità delle ordinaria-e, con le quali erano state rigettate le eccezionl di incompetenza, era stata eccepita con i motivi di appello poi accolti dalla Corte di Assise di Appello).
Regola generale è, dunque, la ricorribilità per Cassazione in caso di inosservanza di tali disposizioni. Guardando al suo tenore letterale, allora, il disposto dell'art. 568, co. 2, c.p.p. non esclude “sempre” la ricorribilità per Cassazione delle sentenze sulla competenza clie possano dare luogo a conflitti d1
competenza, ma afferma che tali sentenze siano “sempre” ricorribili (non deroga “sempre” alla regola generale dell'art. 606).
E, allora, tale disposizione deve essere letta (quanto meno “oggi”, all'esito della riforma del codice di
cui alle disposizioni del D.Lgs. 150/2022 e dunque della necessità di una lettura coordinata delle disposizioni del codice processuale nel suo complesso — tutte o molte ispirate all'efficienza e ragionevole durata del processo, ed in particolare quella di cui a11'art. 24 bis, che come sopra ricordato introduce un regolamento preventivo di competenza 4 - e in considerazione del rilievo che la costituzione vivente sempre più riconosce al principio della ragionevole durata del processo) non nel senso che nessuna sentenza in tema di competenza possa essere impugnata ove possa dar luogo a conflitto di competenza, ma nel senso che che non tutte le sentenze in tema di competenza possano essere impugnate con ricorso per Cassazione5, e che debbano comunque poter essere impugnate quelle il cui passaggio in giudicato sul punto si porrebbe in radicale contrasto con il principio di ragionevole durata del processo.
Così può escludersi l'impugnabilità che intervenga in sede di udienza preliminare, quando l'attività processuale è stata significativamente scarsa (in ossequio al disposto dell'art. 568 co. 2, alcune sentenze in punto competenza non sono, dunque, ricorribili), ma non può escludersi la ricorribilità per Cassazione quando l'annullamento della sentenza intervenga in grado di appello, così comportando una regressione ad un primo grado già conclusosi; in altre parole, ciò che l'art. 568 c.p.p. può escludere è la possibilità che sia proposto un ricorso per Cassazione per saltum di cui all'art. 569
c.p.p. (la cui proposizione per i motivi di cui a11'art. 606 lettera c non sarebbe altrimenti esclusa), ma non che, secondo le regole ordinarie, la sentenza di annullamento pronunziata in grado di appello possa essere impugnata per Cassazione.
La giurisprudenza sopra richiamata, infatti, interveniva su una complessiva normativa significativamente diversa, e prendeva infatti le mosse proprio dall'assenza (in allora) di un mezzo preventivo di regolamento di competenza; mezzo che oggi è stato introdotto proprio per garantire al sistema efficienza e ragionevole durata.
Ancora, la giurisprudenza prendeva le mosse dall'assenza di definitività delle sentenze in punto competenza, in quanto non attributive di competenza ad altro giudice ma solo idonee a declinare la propria competenza, ma non può essere applicata al caso di specie, in cui non è dato pienamente comprendere quale sarebbe la sorte della sentenza oggi annullata ove sia in futuro sollevato conflitto e tale conflitto sia deciso in favore del giudice tarantino.

’Laddove, come sopra ricordato, la Suprema Corte aveva ritenuto l'inammissibilità del ricorso per Cassazione avverso una sentenza di annullamento per incompetenza proprio in ragione della generale assenza di un regolamento preventivo di competenza e in quanto unico rimedio era ritenuto, in allora, il conflitto ex art5. 28.
’Questo è, d'altra parte, il significato, secondo la loro connessione, delle parole “sono sempre soggette a ricorso per Cassazione le sentenze salvo quelle sulla competenza che possano dal luogo a un conflitto”.
Ben può, allora, ritenersi che la sentenza Gon la quale la Corte di Assise di Appello ha annullato la sentenza della Corte di Assise di Tarahto, accogliendo le eccezioni di nullità delle ordinanze con le quali era stata rigettata la questione di incompetenza ex art. 11 c.p.p., sia ricorribile per Cassazione. Impugnazione che ai sensi dell'art. 572 c.p.p. gli odierni istanti chiedono venga proposta da codesta
111.ma Procura Generale.

Diversamente, ove si ritenga che il dettato dell'art. 568, co. 2, c.p.p., non consenta tale interpretazione costituzionalmente orientata, non resterebbe che sollevare questione di legittimità costituzionale del disposto dell'art. 568, co. 2, c.p.p., nella parte in cui esclude(rebbe) dalla ricorribilità per Cassazione le sentenze sulla competenza che possono dare luogo a conflitto di competenza, per violazione dei principi del giusto processo e di ragionevole durata del processo, di cui all'art. 111, co. 2, Costituzione e 6, par. 2, CEDU (con conseguente violazione dell'art. 117 Costituzione).

IN PUNTO COMPETENZA

Quanto alla questione relativa alla competenza del territorio, gli odierni istanti ritengono che questa fosse stata correttamente ab origine radicata nel foro tarantino, e che non sono intervenuti successivamente mutamenti della parti processuali o procedurali tali da imporre l'applicazione del disposto di cui all'art. 11 c.p.p.

Le considerazioni a sostegno di tale tesi sono quelle già svolte dalla Procura Generale nel corso del procedimento (in particolare all'udienza del 21.06.24) e dalle parti civili, per cui pare sufficiente operare quanto ad esse, un integrale richiamo.

Alcune considerazioni possono, comunque, essere svolte con riferimento alla motivazione della sentenza avverso la quale si chiede venga proposto ricorso.

La Corte di Assise di Appello, ne11'accog1iere l'eccezione, ha fatto riferimento alla posizione di due soggetti, l'avv. Giacovelli, che aveva esercitato le fìinzioni di Giudice di Pace dal 1994 al 2015, e si era costituito parte civile all'udienza de1 17.5.2016 (avendo successivamente revocato la sua costituzione), e a quella del dr. Cassetta, che aveva ricoperto la funzione di componente esperto della sezione agraria dal 1981 al 2005, e si era costituito alla medesima udienza del dr Giacovelli. La Corte di Assise di Appello ha, inoltre, ritenuto di conferire rilievo anche ad un atto di diffida e messa in
mora del 21.10.2010 con il quale l'avv. Giacovelli aveva chiesto ad Ilva il risarcimento del danno ai suoi terreni conseguente alle immissioni nell'aria di inquinanti (sarebbe, dunque, con tale atto che l'avv. Giacovelli avrebbe assunto la qualità di danneggiato).
La Corte ha, al contrario, ritenuto infondate le ulteriori censure svolte negli atti di appello (e relative alla posizione di un altro giudice di pace, il dr. Russo, e — semplificando le argomentazioni, che sono state comunque rigettate - della generalità dei “magistrati tarantini”, che avrebbero assunto il ruolo di danneggiati per il solo fatto di essere residenti e di svolgere attività lavorativa a Taranto), il che esime gli odierni istanti dal dover entrare nel merito di tali ulteriori argomentazioni.

La Cone di Assise di Appello ha innanzi tutto, condivisivamente, ritenuto di dover qualificare sia il Giacovelli che il Cassetta danneggiati, e non persone offese, da1 reato, qualità che essi hanno assunto con la rivendicazione del danno in occasione della costituzione di parte civile (tale è l'interpretazione che la stessa Corte afferma di condividere).
Il Giacovelli, inoltre, avrebbe assunto tale qualità già con l'atto di diffida e messa in mora, avendo con quel1'atto formalmente avanzato la richiesta di risarcimento.

A parere della Corte, dunque, ciò che rileva è la qualifica di magistrato, in capo al danneggiato, al momento del fatto, tale essendo il momento determinante ai fini dell'attribuzione della competenza. Tale soluzione, inoltre, ancorerebbe la determinazione della competenza a criteri oggettivi di tempo e di luogo, sottraendola a comportamenti o accidenti successivi al fatto.

A sostegno delle conclusioni cui ritiene di dover giungere la Corte di Assise di Appello richiama Cass. Pen., Sez.I Penale, sent. 16.6.2009, dep. 15.07.2009, n. 28889, in cui si legge che “Assolutamente irrilevante, ai fìni della determinazione della competenza (...) è dunque la circostanza che all'atto della declaratoria di incompetenza avesse dismesso tali funzioni, giacché. da un lato, la regola di determinazione della competenza è originaria, e lla riguardo perció all'esercizio dell'azione penale e alla instaurazione del procedimento; dall’altro, come appare palese dal coordinamento logico del comma 1 con l'art. 11 c.p., comma 2, è sufficiente a determinare lo spostamento di competenza il fatto che la parte venga ad esercitare le funzioni di magistrato nel medesimo ufficio giudiziario in un qualsiasi momento successivo al fatto per cui si procede”. Aben vedere, e a leggere l'interapronunzia, si versava in una situazione affatto diversa da quella che ci occupa: la vicenda era, infatti, relativa ad un giudice di pace persona offesa (e non mero danneggiato). che aveva cessato le sue funzioni dopo il fatto.
Orbene, la sua qualità processuale era evidentemente già sussistente e non meramente ipotetica; dunque ben poteva ab origine individuarsi il giudice competente anche in forza dell'art. 11 c.p.p.
Un sacrificio del principio del giudice naturale / giudice del fatto che ben avrebbe potuto e dovuto immediatamente realizzarsi senza ledere il principio di ragionevole durata del processo; la necessaria terzietà sostanziale e formale del giudicante ben poteva giustificare l'eccezione.
Diversa è, però, la situazione nella quale il soggetto si appalesi ed assuma la qualità (non di persona offesa, ma) di mero danneggiato solo a distanza di tempo del fatto e quando ha cessato le sue funzioni. Qui, infatti, la deroga al principio de1 giudice naturale precostituito opera non solo a distanza temporale dal dal fatto, ma anche e necessariamente a processo iniziato (tanto più trattandosi di normativa previgente alla riforma Cartabia, che ha anticipato all'inizio dell'udienza preliminare il termine per la costituzione di parte civile; in precedenza, infatti, la costituzione poteva legittimamente intervenire dopo l'udienza preliminare6).
Quando (come nella fattispecie risolta dalla sentenza del 2009) si tratta di magistrato persona offesa, al contrario, egli tale era (parte procedurale) sin dalla commissione del fatto, già individuata ed inviduabile; dunque,la regola di cui all'art. 11 era ab origine applicabile; può ritenersi che “precostituito per legge” fosse già il diverso giudice.
Al contrario, non può ritenersi irrilevante se la costituzione come parte civile della persona danneggiata (tanto più, come riconosciuto dalla stessa Corte di Appello, in un reato ambientale nel quale il “danneggiato” vi è solo se ed in quanto si palesi partecipando al procedimento) intervenga quando il soggetto è “ancora” un magistrato ovvero quando ha definitivamente cessato tale funzione (in ipotesi anche da molto tempo, come ad esempio nel caso che ci occupa il dr. Cassetta, e dunque quando non sarebbe ragionevole ritenere che la sua presenza come danneggiato possa realisticamente interferire con la terzietà del giudice); ciò che occorre adeguatamente considerare è, infatti, che solo in quel momento egli assume la qualità di danneggiato (rectius: vanta tale qualifica, con la costituzione di parte civile avendo così assunto la relativa qualità processua1e)7.
Infatti, una siffatta conclusione comporterebbe un irragionevole sacriEcio del principio di efficienza e di ragionevole durata del processo, in ragione di una (ormai) insussistente motivo di cautela.
La Suprema Corte, proprio con riferimento al caso di specie, con la sentenza n. 50848/2018 (richiamata nella stessa sentenza della Corte di Assise di Appello avverso la quale si chiede venga proposto ricorso per Cassazione), ha chiarito che l'attribuzione della qualifica di soggetto danneggiato deve necessariamente acquistare “una qualche valenza processuale: ciò che può verificarsi attraverso la domanda risarcitoria formulata da chi assuma di aver patito un danno, che nel processo penale si
 

Ben avrebbe potuto un ex magistrato onorario costituirsi solo in dibattimento, e dunque solo in tale fase far insorgere la possibile questione in tema di competenza.
7A nulla rileva, in tal senso, che il secondo comma dell'art. 11 estenda l'incompatibilità al caso del magistrato che venga ad esercitare le funzioni nel distretto determinato ai sensi del primo comma successivamente al fatto; in questa ipotesi, infatti, ad avere precipuo rilievo è proprio che egli sia “ancora” magistrato quando esercitando le funzioni nella nuova sede. Tale disposizioni, dunque, conferma la rilevanza della perdurante appartenenza, successivamente al fatto, alla magistratura.
realizza con la costitu:torre di pai te ci› ilc, ovvero attra›!ei› o mia de•sci i-torre del fatto, attra›!ei‘so l'editto imptitativO, C/ie configni i la possibile lesione di mia posizione giuridica riferibile ad nn determinato soggetto”. Escluso che con riferimento ai yavi delitti ambientali oggetto del presente
procedimento vi siano soggetti privati che assumano necessariamente la qualifica di persone offese,
la Corte ci ricorda, in altre parole, che ciò che rileva é l'assunzione della qualifica di danneggiato che possa essere riconosciuta mel pi ocesso feriale, il che avviene con la costituzione di parte civile.
Vero è che la disposizione di cui all'art. 11 c.p.p. fa riferimento sia al magistrato persona offesa che al magistrato danneggiato dal reato, ma presupposto é pur sempre che egll abbia nel procedimento “assunto la qualità”.
Al fine di individuare il corretto perimetro di appllCazione della predetta normativa, occorre, allora, far ricorso ai caratteri fondamentali e distintivi delle due figure (persona offesa e danneggiato) e alle caratteristiche della loro presenza nel procedimento, ovvero del momento in cui essi “assumono” la qualità richiesta. Se al momento di assumere la qualiffca processuale essi sono magistrati, dovrà ritenersi operativa l'eccezione di cui all'art. 11; in caso contrario non vi è ragione di derogare al principio costituzionale del giudice naturale precostituito'.
E, infatti, come lucidamente chiarito dalla Suprema Corte “la persona o[fesa dal reato non si iJeiitifica con qnella dari rieggiata dal reato, iii quanto la pi ima costituisce iiii elemento che appartieiie alla sti uttui a del i cato, mentre il da/ii7eggia/o è poi tatore di interessi connessi alle conseguen -e Qt i›!atisticl e dell'illecita penale” (Cass. Pen. 43131/2019).
La persona offesa, dunque, assuni e tale qualifica nel momento stesso in cui viene coinrrlesso il reato (nel momento in cui viene lcso l'interesse di cui é portatrice con la commissione del reato); si potrebbe in altre parole affermare che la persona offesa è sog•qetto immanente al procedimento (nel senso che tale parte sorge con la commissione del fatto così come descritto con la stessa formulazione dell'ipotesi di lesione del bene).
Diversamente, la figura del danneggiato — come sopra ricordato — è tutt'altro che immanente, e sussiste nel procedimento (assuni e tale qualifica) solo nel momento in cui nel procedimento penale si palesi. Solo con la rivendicazione, feel pi ocesso penale, del daiuio il soggetto assunte la qualifica processuale (rectius: procedurale) di danneggiato del reato così come descritto ne1l'editto imputati o.
Il riferimento, nell'art. 11 c.p.p., al magistrato “persona offesa o danneggiato”, dunque, non può valere a superare quella necessaria differenziazione del danneggiato “c/ie abbia assunto tale qualifica” nel

Anzi, come sopra ipotizzato, la diversa competenza somme, nel caso di magistrato persona offesa, sin dal fatto, e l applicazione dcll'art. 11 non determina uno spostamento “successi o” di competenza, clie si dovrebbe subito radicare nella sede tabellarmente determinata; nel caso di magistrato danneggiato (tanto più per reati quali quelli clie ci occupano, nei quali come precisato dalla giurisprudenza non è possibile predetenrinare quali siano i danneoeiati essendo necessaria una loro rivendicazione processuale di tale qualitàì, al contrario, la successiva assunzione da parte sua della qualità di danneggiato determina una effettiva dcropa successi a e spostaiiiento successi o alla re•ola costituzi onale.
procedimento e chi abbia genericamente potuto subire o abbia in ipotesi subito un danno dal medesimo fatto (ciò che la stessa Corte di Assise di Appello esclude per i “magistrati tarantini”). E, allora, quel richiamo vale a riconoscere la necessità di porre una eccezione alla regola della competenza quando il magistrato non, genericamente, abbia subito un danno o possa vantare di averlo
subito, ma solo quando egli, nel processo penale e mediante la costituzione di parte civile, abbia
dichiarato di volerlo vedere risarcito.
In altre parole, il riferimento nella disposizione dell'art. 11 alle due figure (persona offesa e danneggiato) consente a chi debba decidere se applicare il disposto dell'art. 11 di superare la necessità (che altrimenti ci sarebbe stata) di verificare, a fronte di una costituzione di parte civile, se il soggetto si costituisca in quanto persona offesa o in quanto danneggiato (è sufficiente, per l'operatività de1l'art. 11, che egli sia parte civile).
Così la persona offesa è tale indipendentemente dalla sua effettiva partecipazione al procedimento ed è tale anche nella fase delle indagini preliminari; il danneggiato, proprio in quanto non immanente, esiste (assume tale qualità) nel procedimento solo nella sua fase processuale, con la costituzione di parte civile.

Quanto sopra consente di affermare che né il l'avv. Giacovelli né il dr. Cassetta erano magistrati al momento in cui si sono costituiti e dunque nel momento in cui hanno “assunto” la qualità processuale di danneggiati, con la conseguenza che non può in ragione della loro costituzione il criterio di cui all'art. 11 c.p.p.

Con riferimento alla posizione de11'avv. Giacovelli, invero, la Corte di Assise di Appello valorizza anche il pregresso atto di diffida e messa in mora inviato a Ilva; tale atto consentirebbe di far “retroagire” a tale momento l'assunzione della qualità di danneggiato, con conseguente operatività della disposizione di cui all'art. 11 (atteso che all'epoca egli era “ancora” magistrato).
In primo luogo tale conclusione pare del tutto estranea alla previsione normativa, che richiede comunque che la qualità di danneggiato venga comunque “assunta”, evidentemente nel procedimento penale (il cui perimetro, inoltre, è quello determinato dal capo di incolpazione provvisorio prima e di imputazione dopo; egli deve essere danneggiato nel procedimento/processo, per per il fatto di reato così come contestato, e non di danni in ipotesi anche diversamente descritti e qualificati).
Ma, in ogni caso, deve rammentarsi che l'avv. Giacovelli ha revocato successivamente la costituzione di parte civile, perdendo nel procedimento penale quella qualità di danneggiato che aveva assunto con la costitizione.
E, deve rilevarsi, gli odierni istanti ritengono — contrariamente a quanto osservato dalla Corte di Assise di Appello, cfr. p. 229 — che a nulla rilevi che con la revoca delle costituzione di parte civile il
Giacovelli non abbia (anche) rinunciato al diritto sostanziale sotteso; ciò che rileva non può essere, infatti, l'ipotetica possibilità che il soggetto/magistrato possa in futuro invocare il diritto, q›aanto piuttosto che egli nel processo penale eserciti tale diritto.
Diversamente argomentando dovrebbe concludersi che la mera esistenza di ipotetici magistrati/danneggiati (lo si ripetete nuovamente: diverso sarebbe nel caso di persona offesa) i quali possano astrattamente in futuro esercitare l'azione (i “magistrati tarantini”, nel caso di specie, che potrebbero in futuro rivendicare risarcimenti) imporrebbe l'applicazione dell'art. 11 (ma è ciò che la stessa Corte di Assise di Appello ha radicalmente escluso), a meno che essi (e ognuno di essi) non abbia espressamente rinunciato ad ogni azione risarcitoria’.
Ci si allontanerebbe, così, da tutti quei principi che appaiono essere consolidati nel perimetrare
l'applicabilità della deroga al principio costituzionale.
E' proprio il caso dell'avv. Giacovelli a dimostrare, al contrario, che ciò che rileva è se il soggetto fosse magistrato al momento in cui ha assunto la qualità di danneggiato, e che tale qualità egli rivesta formalmente nel processo penale, a nulla rilevando se egli potrà in futuro vantare (che non è averne diritto) risarcimenti del danno.

A parere degli scriventi, dunque, ben può ritenersi che in violazione di quanto disposto dall'art. 11
c.p.p. la Corte di Assise di Appello abbia ritenuto l'incompetenza della Corte di Assise di Taranto e ordinato la trasmissione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Potenza.

Per tutti i suesposti motivi, ritenendo la ricorribilità in Cassazione della sentenza n. 6/2024 della Corte di Assise di Appello di Taranto da parte della Procura Generale della Repubblica di Taranto, e fondate le argomentazioni svolte quanto alla competenza del foro di Taranto e della insussistenza dei motivi per la declaratoria di incompetenza di cui all'art. 11 c.p.p., gli scriventi chiedono che codesta 111.ma Procura Generale della Repubblica voglia proporre ricorso per Cassazione.

Torino-Taranto, li 14 ottobre 2024.

martedì 15 ottobre 2024

Dopo Taranto, Torino...


"Non finisce qui!" - avevamo detto alla lettura di annullamento della sentenza processo Ilva di 1° grado - E ieri abbiamo cominciato a renderla realtà...


Riportiamo i temi principali che sono stati posti nell'assemblea di parti civili e avvocati, tenutasi ieri alla Provincia.

Prima di iniziare vi è stato un forte saluto/ricordo di Massimo Battista, operaio, delegato, morto il 7 ottobre, che ha combattuto contro i Riva, i padroni pubblici e privati dell'ex Ilva e che nella sua lunga battaglia soprattutto in fabbrica è stato un riferimento per tanti operai.

Noi avevamo detto dall'inizio che questo processo "Ambiente svenduto" era ed è un processo storico. Non andava visto, quindi, come un processo normale, sia pur necessario, contro padroni, ma anche rappresentanti complici delle istituzioni, della politica, ecc.. E' un processo storico sia per la quantità di imputati, chiaramente prima di tutto i Riva e le società che hanno gestito l'Ilva per vari anni, poi tutta la catena che in un certo senso dà un'immagine concreta di quello che è il sistema del capitale, perché ci sono i politici, ci sono i rappresentanti istituzionali, gli Enti che dovevano controllare, c'è la Chiesa, le forze dell'ordine; sia per l'insieme dei reati che in un certo senso coprono tutto l'arco di violazioni sulla sicurezza e la salute per cui i lavoratori sono colpiti e viene messa in pericolo la vita degli operai e delle popolazioni - dalle violazioni che avvengono nei cantieri edili a quelle nella siderurgia, a quelle nei porti, nei trasporti ferroviari, eccetera.

E anche questa sentenza di annullamento, fa diventare questo un processo storico.

Il 13 settembre è stata scritta una brutta pagina per la città di Taranto, per la difesa del diritto alla salute dei cittadini, per la difesa dei diritti dei lavoratori, della sicurezza.

Sono stati cancellati 7 anni del processo di primo grado. Ma in realtà di più, perché dal 2012 che la questione generale dell’Ilva è balzata sul fronte giudiziario.

Altrettanto esemplare in negativo è stato l'atteggiamento del Presidente della Corte d'appello. Fin dall'inizio, Del Coco ha fatto sollevare, da parte nostra ma non solo nostra, parecchi sospetti circa una posizione di costante imparzialità. 

Fin dalla seconda udienza il presidente Del Coco ha fatto un’ordinanza con cui, per la prima volta in un processo del genere, ha sospeso la provvisionale. Questo è stato un segnale abbastanza pesante, non solo per gli effetti sulle parti civili – qui stiamo parlando di più di 1500 parti civili di cui l’80% si tratta di lavoratori, donne, uomini che hanno subito nella loro vita anche pesanti risvolti economici, sia per lo sfruttamento sul lavoro e la mancanza di sicurezza, sia per il problema proprio della salute, con tutti gli iter della catena di sofferenze, fatte di ospedali, viaggi per la salute ecc - ma per la motivazione che c'è stata dietro questa ordinanza. Una motivazione visibilmente di parte, politica, che va al di là delle motivazioni giuridiche. Perché si diceva che se gli imputati, i Riva e gli altri, fossero stati assolti, per loro sarebbe stato un enorme danno economico aver sborsato questa provvisionale e non poter riuscire a recuperare questi soldi. Una motivazione, quindi, che non c'entrava per niente con le norme giudiziarie.

Questa sentenza è molto grave perché insieme a cancellare tanti anni di udienze, ha buttato a mare tante testimonianze di operai, di cittadini abitanti nei quartieri inquinati, di lavoratori cimiteriali, veramente importanti. Queste testimonianze hanno dato un quadro anche del fatto che non è che non era possibile “un'altra fabbrica”. Il problema, era ed è, che la fabbrica è gestita chiaramente ai soli fini del massimo profitto, e tutto il sistema politico, istituzionale è sostenitore di questo interesse dei padroni. Ma dalle testimonianze degli operai emerge un’altra realtà; gli operai nel denunciare quello che succedeva in fabbrica dicevano anche cosa loro proponevano, quantomeno per limitare l'inquinamento, le violazioni continue di normative sulla salute, sulla sicurezza. Loro lo dicevano ma per questo venivano puniti, declassati, trasferiti, anche se erano delegati.

Questo processo non è da vedere solo come processo ambientale, ma è un processo che ha messo in luce il rapporto tra produzione, attività produttiva, e operai. Cioè è un processo al modo di produzione capitalista. "E' stata una radiografia del capitalismo", come ha detto Marescotti di Peacelink.

Un processo sintetizzato da una concezione espressa da alcuni avvocati degli imputati: “Voi parlate di giustizia, noi parliamo di diritto”. Un diritto che in questo sistema capitalista è fondato sul diritto borghese, non certo su un diritto per gli operai e le masse popolari. Un diritto che in questo processo d’appello si è basato su veri e propri cavilli giuridici (che precedentemente la Cassazione aveva già respinto. Per esempio, come ha detto ieri un'avvocata, come mai la Corte d’appello ha dato valore alla costituzione di parte civili di due giudici onorari, ma non al ritiro di queste costituzioni?) li amplificano al massimo e sulla base di questi cavilli buttano a mare un impianto di circa 3800 pagine del processo di primo grado.

In questo senso quello che è alla fine più grave è che annullando questo processo, è come se si fosse detto: il modo di produzione capitalista non si tocca. Padroni e complici sono stati accusati di “associazione a delinquere”? Ma è un’ “Associazione a delinquere” che può continuare e che padroni, governo, Stato portano avanti ogni giorno; e una parte della magistratura dice che i capitalisti che sfruttano, uccidono, inquinano l’ambiente, mettono in pericolo la vita di operai, donne, bambini… devono poterlo fare, senza che ci siano giudici, pochissimi, lavoratori o cittadini che pretendano giustizia, che li intralcino.

Ma, come abbiamo detto fin dal 13 settembre: non finisce qui; cercheremo di opporci in ogni modo a questo annullamento.

Per questo ieri abbiamo organizzato l'assemblea delle parti civili con gli avvocati di Taranto – Fabrizio Lamanna e Antonietta Ricci – e gli avvocati di Torino in collegamento telematico – Gianluca Vitale e Enzo Pellegrin, e altre realtà interessate a opporsi a questo “schiaffo”, tra queste principalmente Marescotti di Peacelink.

E i nostri avvocati dal 13 settembre non sono stati fermi. E ieri nell’assemblea hanno annunciato, e argomentato, il deposito di una istanza ex art. 572 CPP, con cui chiedono alla Procura Generale presso la Corte d’Appello di Taranto di proporre ricorso per Cassazione avverso la sentenza del 13 settembre.

Nello stesso tempo – come ha detto Marescotti - siamo di fronte ad un passo indietro ma non ad un'assoluzione degli imputati; le prove raccolte, le perizie, la documentazione scientifica a base del processo “Ambiente svenduto” restano; come restano le disposizioni/ordinanze di sequestro fatte dalla Todisco. L'annullamento non ha per niente smentito i FATTI.

D’altra parte, questa sentenza di annullamento sembra “caduta a fagiolo”. Il governo in questo periodo ha al centro il problema della vendita dell'Ilva. Ci sono addirittura 15 possibili acquirenti, in generale multinazionali estere, qualcuna italiana, che hanno fatto la propria offerta per l'Ilva.

Ecco, è come se questa sentenza incide anche su questo. Cioè si vuole consegnare l'ex Ilva, oggi Acciaierie d'Italia a nuovi padroni, come una fabbrica che non sia sotto il “tallone di Achille” di condanne, di ordinanze della Procura. Ritorna anche con questa sentenza il discorso della depenalizzazione. La questione è che i nuovi padroni devono stare “liberi e franchi” da ogni catenaccio.

Oggi è annunciata la ripartenza dell’Afo 1 con la presenza del Min. Urso, accensione celebrata in modo trionfalista, mentre non c’è tuttora un piano che coniughi l’aumento della produzione con la salute dei lavoratori, dei cittadini, con la tutela dell’ambiente. Quindi è una ripartenza – come è stato detto in assemblea - per continuare la “morte” e lo sfruttamento

Questa sentenza, quindi, va colta in tutta la sua importanza e gravità.

Chi deve essere veramente interessato a questa nuova fase della battaglia che è di lotta di classe, devono essere gli operai, devono essere i lavoratori cimiteriali, devono essere i cittadini dei tamburi, ma devono essere anche tutti lavoratori delle altre fabbriche, delle altre città a livello nazionale. 

Per questo, per portare la questione Ilva livello nazionale, è stato annunciato che il 21 ottobre un'assemblea, organizzata da Medicina democratica e Slai cobas sc, si terrà a Torino 

lunedì 14 ottobre 2024

Oggi e domani

Oggi, lunedì 14 ottobre alle ore 16,30 nella sala Lacaita della provincia - ex biblioteca, sita all'inizio di via Anfiteatro (quasi ad angolo con lungomare - a piano terra), terremo un'importante assemblea sulla sentenza che ha annullato il processo di 1° grado di "Ambiente svenduto", per decidere come agire per opporci a questo "schiaffo" ai lavoratori e alla città.
Saranno presenti gli avvocati.

15 ottobre in occasione della venuta del ministro Urso - presidio di protesta ore 14 portineria A Acciaierie - poi si andrà alla direzione

info Slai cobas per il sindacato di classe Taranto 3519575628




domenica 13 ottobre 2024

Ieri a Taranto informazione su Roma per la Palestina e gli avvenimenti attuali in Libano




Ieri mentre si manifestava a Milano e Roma per la Palestina e il Libano in migliaia e migliaia - a Taranto per iniziativa del comitato #iostoconlapalestina compagni e compagne erano in piazza Della Vittoria con bandiere della Palestina, striscioni, locandine e volantini per fare informazione e controinformazione.

Si sono susseguiti il racconto di Roma 5 ottobre da parte di chi da Taranto c’era a rappresentare le realtà cittadine di lavoratori, giovani, donne che non si sono mai fermati e che a Roma sono intervenuti, violando il divieto nella piazza e nel corteo.

E' seguita la controinformazione su ciò che accade in queste ore in Libano per opera del "cane pazzo" Netanyahu sostenuto dall’imperialismo, con forte denuncia del governo Meloni.

Il riscontro della piazza è stato positivo - giovani ma anche donne, anziani e numerosi cittadini hanno firmato la petizione-adesione a #iostoconlapalestina e condiviso i discorsi e gli speakeraggi.

Ora ci si prepara a tornare a Bari il 22 ottobre dove viene la Meloni nel quadro della nuova iniziativa decisa dal Tavolo regionale per la Palestina, contro le guerre imperialiste e il governo Meloni.

Info per partecipare da Taranto WA 3519575628

sabato 12 ottobre 2024

#iostoconlapalestina - Stasera in piazza Della Vittoria quello che è stata la grande manifestazione di Roma

"...Il 5 ottobre a Roma alla grande manifestazione per la Palestina da Taranto sono venuti i lavoratori e lavoratrici che hanno deciso di esserci proprio perché la manifestazione era vietata, proprio perché non si poteva accettare questo divieto di manifestare - certo i lavoratori e le lavoratrici sono ancora pochi in queste manifestazioni, ma sono lavoratori e lavoratrici d'avanguardia, organizzati, che hanno fatto interamente la loro parte in questa manifestazione....

12 ottobre ORE 18 piazza Della Vittoria - WA 3519575628 

venerdì 11 ottobre 2024

Lunedì 14 assemblea sulla sentenza di annullamento processo Ilva di 1° grado

"Tutto quello che è stato fatto va buttato nel cesso, sostanzialmente. Il che significa che se ci abbiamo messo 12 anni a fare il primo processo, se aspettiamo altri 12 anni a Potenza penso che i nostri eredi non vedranno la sentenza definitiva. Forse il tentativo di fare ricorso in Cassazione, magari riproponendo questione di legittimità costituzionale potrebbe tentare la "mossa disperata" di riportare il tutto a Taranto".

Lunedì 14 ottobre alle ore 16,30 nella sala Lacaita della provincia - ex biblioteca, sita all'inizio di via Anfiteatro (quasi ad angolo con lungomare - a piano terra), terremo un'importante assemblea sulla sentenza che ha annullato il processo di 1° grado di "Ambiente svenduto", per decidere come agire per opporci a questo "schiaffo" ai lavoratori e alla città.

Saranno presenti gli avvocati.

Si sollecita la presenza di tutte le parti civili, e di tutti coloro, realtà che sono interessati che 10 anni di processo non vadano cancellati, per decidere insieme i passi successivi.

SLAI COBAS per il sindacato di classe

WA 3519575628

giovedì 10 ottobre 2024

Urso a Genova - molto ambiguo su spezzatino, su forno elettrico a GE e mantenimento altoforni a TA - Viene a TA per far accettare questo piano? Fim e Fiom di GE concordano...

GENOVA - "...Il ministro Urso ha spiegato che "...Per ora si è chiusa la prima fase delle manifestazioni di interesse: “Lo hanno fatto in 15, tre grandi player nazionali per l’intero asset produttivo, 12 nazionali e internazionali per alcune parti”. Per Cornigliano è tornata in auge l’ipotesi dello spezzatino, cioè un futuro industriale indipendente dalle sorti di Taranto, in solitaria o più probabilmente insieme agli altri impianti del Nord Italia, come ha proposto ad esempio Marcegaglia. In un quadro del genere avrebbe ancora più senso, dopo la chiusura dell’altoforno nel 2005, l’idea già al vaglio di tornare a produrre rotoli d’acciaio a Genova con un nuovo forno elettrico.
Ma il ministro Urso chiarisce: “Noi privilegiamo l’unica assegnazione, che risponda al piano di rilancio produttivo nella sostenibilità ambientale e ai requisiti occupazionali e sociali che sono nella procedura”. E specifica: “La procedura è molto chiara e trasparente, privilegia la vendita a un unico player o cordata perché riteniamo che sia la soluzione migliore. Ovviamente nella fase successiva queste manifestazioni di interesse dovranno essere concretizzate con un piano industriale, finanziario, produttivo, occupazionale, sociale e ambientale. Quando questo sarà fatto, entro fine novembre, sarà possibile confrontare le proposte e trovare la soluzione migliore. I lavoratori sanno che possono avere fiducia in questo governo”.
E sulla possibilità che lo Stato resti in una quota di minoranza dentro l'amministrazione Urso dice: "L'esperienza dello Stato in Acciaierie d'Italia è stata fallimentare, chi ha concepito l'accordo di cinque anni fa ha commesso per lo meno qualche errore con l'azienda che gestiva e lo Stato che ci metteva i soldi, noi non lo faremo"

I sindacati

Christian Venzano, segretario generale Fim Cisl Liguria ha commentato: "...Su ex Ilva che comprende i lavoratori di Acciaierie d’Italia in AS e Ilva in AS, abbiamo avuto conferma che l’ipotesi di realizzare un forno elettrico o un laminatoio a caldo a Genova può diventare realtà: è fondamentale mantenere compatto l’asset strategico dell’acciaio ma è giusto trovare soluzioni che permettano di sfruttare pienamente le potenzialità dello stabilimento di Cornigliano con le sue specificità come la banda stagnata..."

Critica nei confronti del ministro la posizione della Uilm Liguria con il coordinatore Antonio Apa: "Non è stato un grande portatore di idee e soluzioni. Serve un punto di equilibrio tra Taranto e Genova per quanto riguarda l'ex Ilva. L'errore è stato fatto all'inizio con un bando che non ha precisato i punti di cardine che dovranno seguire i gruppi che vogliono entrare nell'asset. Andavano discussi con il sindacato..."

Stefano Bonazzi, segretario generale della Fiom di Genova - “...Abbiamo affrontato anche il tema dell’Ilva e, alla nostra specifica richiesta di portare avanti una gara che veda anche investimenti consistenti su Genova, la risposta del Ministro è stata favorevole. Il ministro ha dichiarato in maniera esplicita, salvo la disponibilità dei futuri investitori, di forno elettrico e di laminatoio a caldo: sono prospettive importanti per un unico grande gruppo nazionale che noi crediamo debba rimanere e progredire.

mercoledì 9 ottobre 2024

A un mese dalla morte di Mara Malavenda - dirigente operaia dello Slai cobas Pomigliano - la vogliamo ricordare così

 






Nel 1995 ci fu un nuovo periodo di grandi manifestazioni delle donne, femministe. Noi compagne del Mfpr - nato allora - partecipammo con Mara, altre operaie di Napoli e compagne di altre città alla manifestazione che si tenne a Roma, formando insieme un contingente proletario.

Le sue battaglie per le donne erano sempre al centro delle sue parole, della sua azione; un esempio di combattività per tutte noi.