venerdì 29 novembre 2024

Durante lo sciopero generale, l'intervento dello Slai cobas sc Taranto

Oggi purtroppo non siamo a Bari, dovevamo essere a Bari perché è giusto che la capa di questo governo capitalista, fascista, imperialista, trovasse l'opposizione innanzitutto dei lavoratori e dei lavoratori che più di ogni altro stanno combattendo non solo la guerra, la repressione, il razzismo, ma stanno combattendo ogni aspetto della vita economica. Innanzitutto sul fronte della sanità, perché oggi a Bari c'era il G7 della sanità, sugli antibiotici, gestito dall'amico di famiglia della Meloni, Gemmato, il leghista che sta facendo strada e che è legato mani e piedi alla sanità privata; che fa il vertice sulla sanità mentre lui stesso manda le persone alla sanità privata e approfitta di questo governo per piazzarsi nei posti di potere e di ricchezza, e di corruzione.

Quindi avremmo voluto essere lì. Ma purtroppo non è l'ultima volta che verrà la Meloni a Bari o in Puglia e troverà “l'accoglienza” che come Coordinamento regionale da tempo stiamo preparando. Però il problema oggi è essenzialmente lo sciopero.

Lo sciopero generale ci voleva, è molto tardivo e chiaramente i sindacati di base, tutti i sindacati di base hanno cercato di chiamare i lavoratori allo sciopero generale.

Sappiamo bene che i lavoratori dei sindacati di base, dei Cobas, in particolare dello Slai Cobas sc, come noi a Taranto, sono in lotta tutti i giorni, non hanno bisogno di aspettare lo sciopero generale per scendere in piazza, per lottare, per scontrarsi con i padroni, le amministrazioni e i governi su tutti i temi, quelli fondamentali del lavoro, della tutela del salario e di quello emergente della salute e sicurezza, e dell'inquinamento che nel nostro territorio è molto dannoso, uccide gente della popolazione e lavoratori, frutto di un modello di sviluppo fondato sullo sfruttamento e sulla mancanza di salute e sicurezza dei cittadini.

Però lo sciopero generale ci vuole e siamo perfino d'accordo con Landini quando parla di “rivolta sociale”, anche se noi per primi sappiamo che il sindacalista parolaio, forte in televisione e nei comizi, poi tutti i giorni attraverso i suoi organizzati nelle fabbriche, nei posti di lavoro tutto fa tranne che la rivolta sociale.

Però la rivolta sociale è necessaria, sia chiaro, perché questo paese non si può cambiare senza una rivolta sociale fondata essenzialmente sulla mobilitazione dei lavoratori. Senza una rivolta sociale non spazzeremo via il governo Meloni, come non siamo riusciti evidentemente a spazzare via tutti i governi dei padroni che l'hanno preceduto.

Noi siamo. Perché lo sciopero generale continui nelle forme in cui è possibile, con le forze che abbiamo per una rivolta sociale.

Ma a proposito di rivolta sociale, ci fa specie che si parli di rivolta, poi non si dice nulla quando una rivolta c'è, come quella dei giovani immigrati di Milano che stanno incendiando quella città e quel quartiere Corvetto, perché hanno ragione, un loro fratello è stato ucciso ancora una volta dalla brutalità, dall'arroganza della polizia ed è giusto che si ribellino e mettano a ferro e fuoco quel quartiere e quella città. Perché in quel quartiere, che non è poi tanto alla periferia, è molto centrale anche nella stessa Milano, la gentrificazione lo ha trasformato in un quartiere abbandonato.

Ma nelle grandi città italiane ci sono tanti quartieri abbandonati, senza servizi, in cui i ragazzi sono senza lavoro e ogni giorno devono in qualche maniera trovare il modo di sopravvivere, addirittura di vivere. E quindi quando ne uccidono uno di loro è giusto che si ribellino.

Noi siamo saldamente dalla parte dei giovani ribelli di Milano e speriamo si ottengano giustizia anche se non ci crediamo. Perché in questo paese la giustizia non la ottiene nessuno.

Che dobbiamo dire di Taranto? Noi siamo parte civile, la principale parte civile nel processo “Ambiente svenduto”. Lavoratori, cittadini e abitanti di quartiere, insieme allo Slai Cobas, hanno condotto una battaglia in quel processo, insieme ad altre settori dell'ambientalismo, perché i padroni venissero condannati. Ebbene, la Corte d'appello ha annullato quella sentenza e quel processo durato 7 anni, per dire praticamente che padron Riva non ha fatto niente, i padroni assassini se la possono cavare e la gente, gli operai possono continuare a morire.

Noi chiaramente non ce ne siamo stati fermi e zitti. Abbiamo protestato anche in tribunale. Ora vogliono trasferire il processo a Potenza, non se la scamperanno, e se non riuscirà la giustizia normale a raggiungerli, dovrà raggiungerli la giustizia proletaria.

Perché in questo paese dobbiamo finirla di subire tutto senza poter rispondere a chi ci rende la vita impossibile.

Arriviamo agli altri temi dello sciopero generale. Non ci piacciono, lo diciamo a tutti, anche ai nostri compagni e fratelli dei Cobas, le lunghe piattaforme dove si chiede tutto e il contrario di tutto. Noi vogliamo che su alcune cose si facciano scioperi continuativi, un vero e proprio braccio di ferro Oggi le 3/4 questioni essenziali sono: il salario, i salari dei lavoratori sono mangiati e ogni giorno di più non si arriva alla fine del mese. E per di più per una classe falcidiata da precarietà, dalla cassa integrazione, dalla Naspi. E’ evidentemente che con questi quattro soldi non si può dare avanti. Ci vuole un aumento secco del salario per tutti, ci vuole il ripristino, comunque lo chiamiate, del reddito di cittadinanza, ci vuole il salario minimo garantito.

La seconda questione è il lavoro. Tante fabbriche stanno chiudendo anche a Taranto una fabbrica efficiente produttrice di gru, la Hiab, ha messo da un giorno all'altro in mezzo alla strada 102 operai, così come erano stati messi in mezzo alla strada 120 operai e operaie dalla Tessitura Albini. Ebbene, queste fabbriche invece che avere una continuità produttiva vengano cancellate e i lavoratori vengono liquidati: o accetti il licenziamento o accetti un incentivante massimo di 10.000 € con cui non si possono pagare neanche un anno di di mutui, bollette, multe che ciascuno di noi ha. Quindi parlano di lavoro e invece distruggono il lavoro, parlano di sviluppo industriale, comunque, lo vogliate chiamare green, nero, giallo, e invece in questa città, in questa regione, avanza la deindustrializzazione, avanza la precarietà, la povertà. E chiaramente Taranto, come le altre città pugliesi, è poi piena soprattutto dei settori più poveri, le lavoratrici e i lavoratori degli appalti comunali. Le lavoratrici degli asili lavorano 3 ore e 30 dopo una lotta della madonna, con un salario chiaramente bassissimo.

Ecco, in questo stato delle cose non è accettabile che non ci sia uno sciopero generale vero, che non ci sia una rivolta sociale senza la quale non andremo da nessuna parte.

In uno sciopero generale devono entrare tutti i problemi che toccano la popolazione e soprattutto alcuni problemi che sono politici ma che ricadono direttamente sui lavoratori. Primo tra tutti i decreti sicurezza con cui viene stabilito uno Stato di polizia. Siamo contenti che anche nella piattaforma dei sindacati confederali siano entrati i decreti sicurezza sulla guerra. Mentre ancora tacciono sulla guerra, sulla Palestina.

Dobbiamo continuarla questa battaglia sui territori e su scala nazionale, domani ci sarà una grande manifestazione nazionale di solidarietà con la Palestina, da cui da questa piazza viene senz'altro un saluto e una partecipazione in delegazione.

giovedì 28 novembre 2024

Formazione operaia - "L'estinzione" dello Stato e la rivoluzione violenta" - da Stato e rivoluzione di Lenin

 

Nella precedente Formazione operaia concludevamo che sulla base dell'analisi storica materialistico dialettica Engels spiega perchè lo Stato non è sempre esistito e non esisterà per sempre e Lenin può dire che l'intera macchina statale può essere relegata nel "museo dell'antichità".
Che succede quando il proletariato si impadronisce del potere statale? 

Lenin riprende Engels:
"Il proletariato si impadronisce del potere dello Stato e anzitutto trasforma i mezzi di produzione innanzitutto in proprietà dello Stato. Ma così sopprime se stesso come proletariato, sopprime ogni differenza di classe e ogni antagonismo di classe e sopprime anche lo Stato in quanto Stato. La società esistita sinora, muoventesi sul piano degli antagonismi di classe, aveva necessità dello Stato, cioè di una organizzazione della classe sfruttatrice, per conservare le condizioni esterne della sua produzione e quindi specialmente per tener con la forza la classe sfruttata nelle condizioni di oppressione date dal modo vigente di produzione (schiavitù, servaggio, lavoro salariato). Lo Stato era il rappresentante ufficiale di tutta la società, la sua sintesi in un corpo visibile, ma lo era solo in quanto era lo Stato di quella classe che al suo tempo rappresentava da sola tutta quanta la società: nell'antichità era lo Stato dei cittadini padroni di schiavi, nel medioevo lo Stato della nobiltà feudale, nel nostro tempo lo Stato della borghesia. Ma, diventando alla fine effettivamente il rappresentante di tutta la società, si rende, esso stesso, superfluo. Quando non vi sarà più nessuna classe sociale da tenere sottomessa, quando insieme col dominio di classe, la lotta per l'esistenza individuale fondata sull'anarchia della produzione sinora esistente, saranno eliminati anche i conflitti e le violenze che ne derivano, allora non ci sarà da reprimere più niente; sparirà quindi la necessità dello Stato come forza repressiva particolare. Il primo atto con cui lo Stato si presenta come il vero rappresentante di tutta la società, cioè la presa di possesso di tutti i mezzi di produzione in nome della società, sarà ad un tempo l'ultimo suo atto indipendente in quanto Stato. L'intervento di una forza statale nei rapporti sociali diventa superfluo a poco a poco in ogni campo e verrà meno da se stesso. Al posto del governo sulle persone appare l'amministrazione delle cose e la direzione dei processi produttivi. Lo Stato non viene " abolito": lo Stato si estingue. Sotto questo aspetto conviene giudicare la frase "Stato popolare libero", la quale è tanto temporaneamente giustificata dal punto di vista dell'agitazione, quanto è, in ultima analisi, scientificamente insufficiente. E sotto questo aspetto conviene giudicare anche la rivendicazione dei cosiddetti anarchici, che vogliono che lo Stato sia abolito dall'oggi al domani" ( Antidühring. [La scienza sovvertita dal signor Eugenio Dühring], pp. 302-303, terza ed. tedesca, 1894).

Quindi, la prima questione, il primo atto che il proletariato fa una volta preso il potere statale è di espropriare la borghesia, i padroni dei mezzi di produzione e trasformarli in proprietà dello Stato, che a questo punto non è più lo Stato di prima rappresentante della classe dominante borghese, una macchina che non può essere "trasformata" ma deve essere totalmente distrutta perchè ha come scopo principale quello di mantenere l'ordine e il dominio della classe di minoranza sulla maggioranza per lo sfruttamento della classe oppressa, ma lo Stato dei proletari, lo Stato socialista che rappresenta, per la prima volta nella storia, la maggioranza della popolazione ma che ha lo scopo di mettere fine all'esistenza stessa delle classi e della divisione di classi.
Ma così, dice Engels, sopprimendo sè  stesso come proletariato "sopprime ogni differenza di classe e ogni antagonismo di classe e sopprime anche lo Stato in quanto Stato".  Lo Stato proletario diventando il rappresentante di tutta la società non ha più ragione di esistere. Prima era necessario per la divisione in classi della società, come organo non di conciliazione tra le classi ma di repressione della classe al potere contro la classe oppressa; una volta che le classi vengono abolite lo Stato, così come lo abbiamo conosciuto, non ha più ragione di esistere.
Quindi, prima questione, lo Stato proletario non è lo Stato odierno riformato. Questo è la falsa idea dei borghesi "democratici" che non vogliono rovesciare, sopprimere il potere dei capitalisti, anzi pensano che senza di loro la società, la produzione non potrebbe continuare, e che vogliono soltanto una appunto conciliazione tra le classi. Lo Stato proletario è uno Stato che mette fine ad ogni struttura, ad ogni funzione dello Stato odierno, perchè ogni struttura, ogni funzione è per imporre la dittatura della borghesia sui proletari e le masse oppresse, comunque questa "dittatura" si presenta.

Seconda questione, su cui poi Lenin insiste molto e chiaramente. 
Engels spiega benissimo che tutto quanto dice dopo sul fatto che lo Stato si rende superfluo, che sparirà la necessità dello Stato come forza repressiva particolare, che quindi lo Stato in quanto Stato si estingue si riferisce allo Stato proletario. 
Questo non può essere travisato per dire che allora è lo Stato borghese che si estingue e quindi contro lo Stato borghese non c'è bisogno di fare la rivoluzione proletaria.

Torniamo a ciò che scrive Lenin su questo.
"Si può dire senza timore di sbagliare che di tutto questo ragionamento di Engels, straordinariamente ricco di idee, i partiti socialisti di oggi non hanno veramente acquisito nel loro pensiero che la formula secondo cui, per Marx, lo Stato "si estingue", in contrapposizione alla dottrina anarchica dell'"abolizione" dello Stato. Amputare in tal modo il marxismo vuol dire ridurlo all'opportunismo, poichè, dopo una tale "interpretazione" non rimane che il concetto vago di un cambiamento lento, uguale, graduale, senza sussulti né tempeste, senza rivoluzione. La "estinzione" dello Stato nel concetto corrente, generalmente diffuso, di massa, se così si può dire, è senza dubbio la scomparsa, se non la negazione, della rivoluzione.
Ebbene, questa "interpretazione" è la più grossolana deformazione del marxismo...

Primo. Proprio al principio del suo ragionamento Engels dice che il proletariato, impadronendosi del potere sopprime con ciò "Lo Stato in quanto Stato". Riflettere sul significato di questa frase è cosa che "non entra nelle abitudini". Per lo più o si trascura completamente questo pensiero o vi si vede una specie di "debolezza hegeliana" di Engels. In realtà, in queste parole è espressa in forma incisiva l'esperienza di una delle più grandi rivoluzioni proletarie, l'esperienza della Comune di Parigi del 1871, di cui parleremo a lungo più avanti. In realtà, Engels parla qui di "soppressione" dello Stato della borghesia per opera della rivoluzione proletaria, mentre ciò ch'egli dice sull'estinzione dello Stato riguarda i resti dello Stato proletario che sussisteranno dopo la rivoluzione socialista. Lo Stato borghese, secondo Engels, non "si estingue"; esso viene "soppresso" dal proletariato nel corso della rivoluzione. Ciò che si estingue dopo questa rivoluzione, è lo Stato proletario o semi-Stato.

Secondo. Lo Stato è una "forza repressiva particolare". Questa definizione di Engels, meravigliosa e in sommo grado profonda, è qui enunciata con perfetta chiarezza. E ne deriva che questa "forza repressiva particolare" del proletariato da parte della borghesia, di milioni di lavoratori da parte di un pugno di ricchi, deve essere sostituita da una "forza repressiva particolare" della borghesia da parte del proletariato (dittatura del proletariato). In ciò appunto consiste "la soppressione dello Stato in quanto Stato". In ciò consiste 1'"atto" della presa di possesso dei mezzi di produzione in nome della società. E' ovvio che questa sostituzione di una "forza particolare" (quella della borghesia) con un'altra "forza particolare" (quella del proletariato), non può avvenire nella forma di "estinzione".

Come dire: più chiaro di così si muore... Dopo la rivoluzione proletaria e la soppressione dello Stato borghese, le classi non finiscono da un giorno all'altro, la borghesia non scompare improvvisamente (anzi, come l'esperienza delle rivoluzioni ci insegna, la borghesia tenta disperatamente e con tutti i mezzi di riprendere il potere); quindi è necessario nel socialismo - periodo di transizione verso il comunismo - che il proletariato costruisca "temporaneamente" un proprio Stato, che sostituisca alla dittatura della borghesia - dittatura di una minoranza sfruttatrice sulla maggioranza delle masse - la "dittatura del proletariato" che è la massima democrazia per la maggioranza e dittatura per la minoranza che vuole restaurare il potere di sfruttamento e oppressione. E come la presa del potere da parte del proletariato non può avvenire senza una rivoluzione, questa rivoluzione (come soprattutto la Cina di Mao Tse tung ha insegnato) deve continuare per rendere forte e stabile il potere del proletariato e tutti i suoi atti conseguenti.

Quindi, l’abbattimento dello Stato riguarda necessariamente lo Stato borghese, che non si può estinguere, "non se ne può andare con le sue gambe"; ’abbattimento dello Stato borghese comporta per il proletariato rivoluzionario e il suo partito comunista l’altrettanta necessità di costruire lo Stato di dittatura del proletariato per difendere i risultati della rivoluzione, impedire con la forza dello Stato proletario che la borghesia riprenda il potere. Chi parla di “rivoluzione” e non, insieme, di “dittatura de proletariato” vuole seminare illusioni, e portare il proletariato alla sconfitta.
L’estinzione dello Stato riguarda invece lo Stato proletario, che, via via che le classi e la divisione in classi antagoniste scompare e le masse si autogovernano, non solo nel proprio paese, ma in tutti i paesi, non ha più ragione di esistere.
Gli opportunisti da un lato lottando tenacemente contro l’abbattimento dello Stato borghese, e gli anarchici dall’altro parlando oggi di estinzione dello Stato, negano entrambi la lotta rivoluzionaria del proletariato e la dittatura proletaria.

Continua Lenin:

Terzo. Questa "estinzione", o, per parlare con più risalto e più colore, questo "assopimento", Engels lo riferisce in modo chiaro ed evidente al periodo che segue "la presa di possesso di tutti i mezzi di produzione in nome della società", cioè al periodo che segue la rivoluzione socialista...

Quarto. Enunciando la sua celebre tesi: "Lo Stato si estingue", Engels si affretta a precisare che essa è diretta e contro gli opportunisti e contro gli anarchici. Inoltre da Engels è posta in primo piano quella conclusione dalla tesi sull'"estinzione dello Stato" che è diretta contro gli opportunisti... (ma) la conclusione contro gli opportunisti è stata messa in ombra e "dimenticata "!

Lo "Stato popolare libero" era una rivendicazione programmatica, una parola d'ordine corrente dei socialdemocratici tedeschi degli anni 1870-1880. In questa parola d'ordine non v'è alcun contenuto politico salvo una pomposa enunciazione piccolo-borghese della nozione di democrazia... Ma questa parola d'ordine era opportunista, non soltanto perchè imbelliva la democrazia borghese, ma anche perchè esprimeva l'incomprensione della critica socialista di ogni Stato in generale. Noi siamo per la repubblica democratica, in quanto essa è, in regime capitalista, la forma migliore di Stato per il proletariato, ma non abbiamo il diritto di dimenticare che la sorte riservata al popolo, anche nella più democratica delle repubbliche borghesi, è la schiavitù salariata. Proseguiamo. Ogni Stato è una "forza repressiva particolare" della classe oppressa. Quindi uno Stato, qualunque esso sia, non è libero e non è popolare...

Questa funzione di "forza repressiva particolare" della classe oppressa c’è sia quando lo Stato è democratico sia quando è fascista. "La Repubblica democratica in regime capitalista - dice Lenin - è la forma migliore di Stato del proletariato", perchè il proletariato ha una certa maggiore libertà di organizzare le sue forze per la lotta, per la rivoluzione, ma non perchè cessi o attutisca la dittatura della borghesia (e questo lo abbiamo sperimentato molto bene con i governi di centrosinistra, di "sinistra" che non hanno certo abolito lo sfruttamento delle masse, che non hanno certo garantito i diritti fondamentali, ecc.). Anche la borghesia in generale, da parte sua, preferisce il metodo democratico, perchè così può fare tranquillamente i suoi affari, ma in determinate fasi è costretta ad assumere la forma della dittatura aperta, ma non per negare i conflitti ma sempre allo scopo di attenuarli. Quando l’attenuazione non riesce, occorre soffocarli. Benchè con lo Stato fascista la borghesia deve dichiarare in maniera nuda e cruda la sua vera natura di oppressione e repressione, la democrazia e il fascismo non sono due forme opposte ma l’una serve l’altra. La necessità per il proletariato della rivoluzione non nasce quindi dalla forma fascista dello Stato ma dalla sua permanente natura di classe. 

Lenin proseguendo e riprendendo sempre Engels chiarisce come il proletariato può prendere il potere: con la rivoluzione violenta.

"Quinto. La stessa opera di Engels, in cui si trova il ragionamento sull'estinzione dello Stato che tutti ricordano, contiene anche una considerazione sul significato della rivoluzione violenta. La valutazione storica della sua funzione si trasforma in Engels in un vero panegirico della rivoluzione violenta. Nessuno "se ne ricorda"...

Ecco questa considerazione di Engels: "...che la violenza abbia nella società ancora un'altra funzione [oltre al male che essa produce] nella storia, una funzione rivoluzionaria, che essa, secondo le parole di Marx, sia la levatrice di ogni vecchia società gravida di una nuova, che la violenza sia lo strumento con l'aiuto del quale il movimento sociale si fa strada e spezza le forme politiche irrigidite e morte..." (p. 193, terza ed. tedesca, fine del 4° capitolo, II parte).

Come unire nella stessa dottrina questo panegirico della rivoluzione violenta, tenacemente presentato da Engels ai socialdemocratici tedeschi dal 1878 al 1894, cioè fino alla sua morte, e la teoria dell' "estinzione" dello Stato?...

Abbiamo già detto prima, e lo dimostreremo in modo più particolareggiato nel seguito della nostra argomentazione, che la dottrina di Marx e di Engels sulla necessità della rivoluzione violenta si riferisce allo Stato borghese. Questo non può essere sostituito dallo Stato proletario (dittatura del proletariato) per via di "estinzione"; può esserlo unicamente, come regola generale, per mezzo della rivoluzione violenta. Il panegirico con cui Engels esalta la rivoluzione violenta concorda pienamente con le numerose dichiarazioni di Marx (ricordiamo la conclusione della Miseria della filosofia e del Manifesto del Partito comunista che proclama fieramente e categoricamente l'ineluttabilità della rivoluzione violenta; ricordiamo la critica del programma di Gotha nel 1875, circa trent'anni più tardi, dove Marx flagella implacabilmente l'opportunismo di questo programma)...

La sostituzione dello Stato proletario allo Stato borghese non è possibile senza rivoluzione violenta. La soppressione dello Stato proletario, cioè la soppressione di ogni Stato, non è possibile che per via di "estinzione".

Marx ed Engels svilupparono queste concezioni in modo particolareggiato e concreto, studiando ogni situazione rivoluzionaria particolare, analizzando gli insegnamenti forniti dall'esperienza di ogni rivoluzione...

Dall’analisi dello Stato borghese, dalla sua genesi, così come tracciata da Marx, Engels e ripresa da Lenin, scaturisce l’inevitabilità e indispensabilità della rivoluzione violenta, base di principio indispensabile della teoria rivoluzionaria del proletariato.

Lo Stato borghese è distaccamenti speciali di uomini armati che dispongono di prigioni, ecc.…”. Certo, lo Stato non è solo ‘distaccamenti armati’, quindi polizia, eserciti, prigioni – Engels dice “…e istituti di pena di ogni genere…” - ma questa è la forza principale di uno Stato come strumento di dominio della classe dominante. Da qui il carattere necessariamente violento della rivoluzione proletaria, la sua necessità di distruzione dell’apparato statale borghese. Pur se su piccola scala al momento, i proletari, le masse popolari lo vedono ogni volta che sviluppano lotte dure, rivolte, contro le quali lo Stato mostra senza orpelli la sua natura oppressione/repressiva di fondo. 
Questo carattere dello Stato si rafforza nell’imperialismo così come si rafforza nella misura in cui si sviluppano gli antagonismi di classe e i contrasti tra Stati. Si tratta di un processo non certo dipendente da questo o quell’evento, ma legato al processo di progressivo estraniamento dello Stato dalla società e dal potenziale degli antagonismi di classe che lo sviluppo della società imperialista produce sia al suo interno sia all’esterno nelle contese tra Stati, nella fase dell'imperialismo. 
Da ciò l'inevitabilità della rivoluzione proletaria come rivoluzione violenta che non dipende dalle forme specifiche del dominio della classe dominante. La diversità dei regimi e dei governi influisce nella tattica della realizzazione della rivoluzione proletaria, non nel suo carattere.
La rivoluzione proletaria mette la violenza al servizio della lotta contro il carattere principale dello Stato e in funzione di strappare il potere alla classe dominante, distruggere l’apparato statale della classe dominante, mettere fine alla violenza reazionaria della borghesia, e nel comunismo alla violenza in generale.

Gli opportunisti, anche tra coloro che si dicono rivoluzionari o addirittura "comunisti", cercano di nascondere la necessità della rivoluzione proletaria violenta; parlano a volte di rivoluzione ma di fatto non lavorano realmente per essa e si accontentano al massimo, anche gli anarchici, di azioni più dure ma di gruppo; non si ha fiducia e non si lavora per la violenza da parte del proletariato e delle masse oppresse. 

Ma, infine vigliamo sottolineare le parole di Marx sulla violenza rivoluzionaria che Lenin riprende: "la violenza (ha) nella società ancora un'altra funzione [oltre al male che essa produce] nella storia, una funzione rivoluzionaria (come) la levatrice di ogni vecchia società gravida di una nuova... la violenza sia lo strumento con l'aiuto del quale il movimento sociale si fa strada e spezza le forme politiche irrigidite e morte..."
La violenza non è solo "male necessario" essa serve anche come levatrice di una nuova società, che distrugge le forme morte per le nuove forme vive. In questo quello che avviene nella la società non è diverso da quello che avviene nella natura, in cui i reali cambiamenti avvengono spesso in forme traumatiche, violente, ma necessarie.
Questo deve far piazza pulita di ogni moralismo piccolo borghese che non ha nulla a che fare con i movimenti storici dell'umanità.
(continua)

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Scioperiamo e scendiamo in piazza il 29… ma che si avvii una reale rivolta sociale contro padroni e governo


VOLANTINO DIFFUSO QUESTA MATTINA AD ACCIAIERIE E APPALTO

Come Slai Cobas per sindacato di classe lavoriamo per ricostruire la forza e l’unità dei lavoratori. Questo è importante in questo momento perché ci troviamo di fronte a una situazione in cui tutti i governi hanno sempre fatto l’interesse dei padroni ma questo governo sta facendo un passo ulteriore al servizio esclusivo degli interessi dei padroni, grande finanza, parassitismo economico e sociale e marcia verso una dittatura aperta. I padroni metalmeccanici vengono al tavolo e dicono: zero aumenti, zero stop alla precarietà, zero sulla sicurezza.

Questo è inaccettabile!

Questi padroni si sentono ancora più forti, tant’è che oggi il loro governo attacca pure il diritto di sciopero e ha fatto un Ddl sulla ‘sicurezza con cui vuole condannare e sanzionare anche i lavoratori che fanno blocchi, picchetti, lotte assolutamente necessarie per pesare, insieme a colpire tutti i movimenti degli studenti, contro la guerra, solidali con la Palestina, movimenti territoriali Notav, Noponte, i movimenti ambientalisti, ad attaccare le necessarie proteste dei migranti, restringendo la democrazia per tutti. Anche uno che dice “rivolta sociale” come il segretario della Cgil, Landini (che poi non la farà perché dobbiamo farla noi lavoratori) viene attaccato dal governo Meloni che difende solo l’interesse delle multinazionali, va a braccetto con Elon Musk. Chi governa oggi è una frazione più nera del Capitale.

Se vogliamo ottenere qualcosa anche sul contratto, veri aumenti salariali, lavoro stabile, difesa della sicurezza e salute e dei nostri diritti; se vogliamo respingere una manovra finanziaria che dà tutto ai padroni e niente ai lavoratori, che toglie soldi alla sanità, alla scuola, alla sicurezza, ambiente per aumentare i soldi per gli armamenti, per la guerra; se non vogliamo prendere in giro i lavoratori, dobbiamo lavorare perché ci sia effettivamente una rivolta sociale. La rivolta sociale non si fa a parole, si fa quando centinaia, migliaia di lavoratori scioperano, fanno continue lotte, si rivoltano, come è successo negli anni ‘70 in cui solo così abbiamo ottenuto alcuni nostri diritti. I segr. nazionali della Cgil/Fiom e della Uilm/Uil parlano di situazione inaccettabile e rispetto al contratto dei metalmeccanici di un ritorno al passato, dopodiché, all’interno dei posti di lavoro, i discorsi che stanno portando tra i lavoratori non sono adeguati all’altezza dello scontro sociale e politico.

Scioperare il 29, tornare in piazza vuol dire costruire effettivamente l’unità tra i lavoratori, perché tutti i lavoratori sono colpiti, al di là della tessera sindacale. C’è un sindacato, Fim Cisl, che sta ormai con il governo e vuole dividere i lavoratori. Quello che ci serve per una lotta ampia, incisiva e continua è una “guerra civile” anche in fabbrica tra tutti i lavoratori ricostruendo in questo modo una unità di classe effettiva per portarli in piazza.

Dobbiamo fare questo lavoro, perché dobbiamo ritornare a fare le battaglie a partire dalle fabbriche, su una piattaforma con al centro gli aumenti del salario, già la richiesta che è stata presentata era inadeguata, le stesse statistiche ci dicono che i salari italiani sono i più bassi d’Europa e i padroni ci stanno dicendo zero aumenti salariali! Invece di tassare le grandi rendite, il governo nella legge di bilancio abbassa le tasse dei ceti medio/ricchi e alza le nostre tasse, mettendo sullo stesso piano noi lavoratori che non riusciamo a tirare avanti, con le nostre famiglie, i nostri figli e i redditi alti dei borghesi. Vogliamo un effettivo taglio delle nostre tasse e che le tasse debbano servire per finanziare la sanità, la scuola, le pensioni.

Le strade sono due: o si fa l’interesse dei lavoratori o si fa l’interesse delle grandi multinazionali che anche nella crisi aumentano i profitti, mentre non danno nessuna soluzione alle grandi vertenze nelle fabbriche, Acciaierie/ Stellantis, ecc., mettono tantissimi operai in cassintegrazione, che in questa fase diventano anticamera di esuberi

Ma non basta. Il governo ci stanno trascinando in una guerra imperialista mondiale. Si parla di miliardi di evasione fiscale, ma quanti miliardi vanno per gli armamenti, per ammazzare, per il genocidio in Palestina, per finanziare le guerre? Per questo ci sono i soldi, mentre niente soldi per aumentare gli ispettori del lavoro, per i controlli.

Queste sono le questioni concrete su cui noi dobbiamo tornare a costruire un’unità, una forza nello sciopero del 29.

Il problema sono le direzioni, sindacali, col discorso dei governi amici di questi anni, l’abbiamo presa in quel posto. Adesso basta però! Ripartiamo dall’unità delle fabbriche e della unità di tutti i lavoratori, precari, disoccupati, masse povere Migliaia di operai che vanno in piazza a farsi vedere, cambiano le cose. Ma si deve andare bloccando posti di lavoro, strade e città, per imporre gli interessi di classe, non per fare la “passeggiata”,

Però ogni operaio deve fare la sua parte, deve fare una battaglia anche con il suo compagno di lavoro, perché. a partire dalle grandi fabbriche ritroviamo la nostra unità di classe, difendiamo i nostri interessi, altrimenti questi ci schiacciano, questi tra un po’ diranno che il sindacato va fermato, che non può scioperare, non può fare vera attività in fabbrica, e questo sta già avvenendo con una grave repressione vero i cobas e sindacati di base.

Questo sciopero deve coinvolgere tutti perché tutti siamo coinvolti, tutti siamo coinvolti nella guerra, nel razzismo, nella repressione. Bisogna fare la rivolta sociale? Bene, noi siamo pronti, siamo qua! Ma per non farci ingannare da parole che poi non si trasformano in fatti, noi lavoriamo per costruire una posizione autonoma degli operai avanzati all’interno dei posti di lavoro, con una piattaforma di classe su cui aprire uno scontro prolungato contro i padroni e governo e per mettere in discussione il sistema capitalista.

SLAI COBAS per il sindacato di classe

Taranto via Livio Andronico, 47 - WA 35197575628

martedì 26 novembre 2024

A Taranto - il 25 novembre una giornata intensa e ricca: dalle studentesse, al sit-in delle lavoratrici, al corteo serale

La giornata del 25 è iniziata al mattino con un presidio delle compagne del Mfpr davanti ad una delle principali scuole femminili, il Cabrini. Molto interesse ai volantini e fogli distribuiti, ascoltati con attenzione gli interventi al megafono, in cui al centro è stato detto che la ribellione delle ragazze è giusta e necessaria, e la denuncia di una scuola che con questo governo diseduca, non "educa" contro la violenza sessuale; varie discussioni con gruppi di ragazze - che poi dovevano essere cammellate ad una "commemorazione istituzionale...". Questo interesse ha stizzito un paio di ragazzetti che cercavano di fare stupide battute, ignorati totalmente dalle studentesse; mentre nello stesso tempo anche qualche ragazzo esprimeva il suo appoggio ai nostri interventi


Alle 10 sit in delle lavoratrici in una delle piazze centrali di Taranto, p.zza Immacolata. negli interventi che riportiamo è stata portata la denuncia della condizione generale di doppio sfruttamento e oppressione delle donne, in particolare proletarie, dalle violenze sessuali, alle leggi contro le donne che il governo Meloni sta portando avanti, alla repressione che colpisce chi si ribella e lotta, all'attacco ai diritti delle donne, in primis il diritto d'aborto, alla violenza quotidiana fatta di attacco al lavoro, precarietà, pochi salari, discriminazioni, ecc., alla denuncia del cuore di questa oppressione: questo sistema capitalista/imperialista - e da qui la forte solidarietà con le donne palestinesi. 

Bello è stato che, come conseguenza del "cammellaggio istituzionale" delle studentesse e studenti, vari gruppi di studentesse si sono fermate nella piazza e hanno ascoltato e condiviso i nostri interventi al sit-in.

 
Voci dal sit-in di p.zza Immacolata

 


Poi la sera. Nel corteo organizzato da varie realtà di donne, pure ambientaliste, cattoliche, arci gay, o persone, anche uomini, genericamente di sinistra, e a cui partecipavano anche realtà antagoniste: case del popolo, studenti e studentesse della Fgc, in generale più di 500 persone - una novità positiva per la nostra città che speriamo continui - ha partecipato uno spezzone combattivo del Mfpr. 

Ma non è stata una semplice partecipazione, i nostri continui interventi durante il corteo e alla sua conclusione in piazza Garibaldi, i cartelli che portavamo, gli slogan che facevamo - soprattutto: "la furia delle donne vogliamo scatenare questo sistema (o governo) vogliamo rovesciare"; "lotta, lotta, lotta non smettere di lottare tutta la vita deve cambiare"; "moderno medioevo doppia oppressione donne in lotta per la rivoluzione", e poi tanti interventi, slogan per la Palestina "siamo tutte palestinesi"; la denuncia dell'attacco al diritto d'aborto: "via i pro-vita dai consultori", "occupiamo i consultori". "il diritto d'aborto non si tocca lo difenderemo con la lotta", ecc, insieme alla denuncia costante del governo fascista Meloni, dei suoi ministri, dell'imperialismo italiano complice delle guerre e del genocidio di donne e bambini in Palestina - ha portato un vento combattivo nel corteo, con unità negli slogan giusti.

Questo ha portato a due atteggiamenti: da un lato alcune organizzatrici del corteo, di area cattolica, sono venute a lamentarsi perchè: non dovevamo fare politica... che i nostri interventi e slogan potevano urtare "anime belle" (sic!); dall'altra invece altri settori di donne sono venute da noi, hano condiviso degli slogan, ci hanno chiesto di intervenire nella piazza conclusiva - cosa che noi abbiamo naturalmente fatto in due interventi: "... noi vogliamo accendere i fuochi..."; e la denuncia di quello che succede nei processi contro femminicidi e stupri e quindi nessuna delega, ma lotta..."; e sempre la solidarietà alla Palestina. 

UNA IMPORTANTE GIORNATA! Che deve continuare

sabato 23 novembre 2024

25 novembre a Taranto per una lotta femminista sì ma proletaria e rivoluzionaria

Al mattino alle 7,30 saremo all'Istituto scolastico "Cabrini" per denunciare l'azione del Ministro Valditara offensiva verso le donne

Alle 10 con le lavoratrici saremo in piazza Immacolata

giovedì 21 novembre 2024

Formazione operaia - Lo Stato, strumento di sfruttamento della classe oppressa - da Stato e rivoluzione di Lenin

 

Scrive Lenin in "Stato e rivoluzione":

"Per mantenere un potere pubblico speciale, posto al di sopra della società, sono necessarie delle imposte e un debito pubblico".
"...Per il fatto che posseggono il potere pubblico e il diritto di riscuotere imposte, - scrive Engels - i funzionari come organi della società sono posti al di sopra della società. Il libero, volontario rispetto che veniva tributato agli organi della società patriarcale (del clan) non sarebbe più sufficiente per essi, anche se potessero cattivarselo"... Si fanno leggi speciali sulla santità e sull'inviolabilità dei funzionari... Il "più misero poliziotto" ha più "autorità" dei rappresentanti del clan, tuttavia persino ...il capo militare di un paese civile potrebbe invidiare al capo del clan che la società patriarcale circondava "di una stima volontaria e non imposta col bastone".

Lo Stato quindi si pone subito come "esattore" rispetto alla classe oppressa. Sono le masse più sfruttate, economicamente più deboli, le masse più povere, che devono sostenere lo Stato; uno Stato che usa gran parte delle tasse per mantenere sè stesso, il suo apparato, i suoi funzionari, per mantenere il suo apparato repressivo, l'esercito, i "distaccamenti speciali di uomini armati", come abbiamo visto nella precedente Formazione operaia, quindi non per la vita sociale. Ma nello stesso tempo per questo, anche per questo, lo Stato, i suoi uomini si pongono estranei e oppressori di fronte alla maggioranza della popolazione. Ed Engels descrive l'abisso tra il rispetto volontario, spontaneo di cui erano circondati nelle epoche precedenti gli "organi della società patriarcale" e, diremmo oggi. il discredito, l'odio verso i funzionari dello Stato borghese che per imporre le imposte devono usare il "bastone": le sanzioni, le multe, fino al carcere. 
Ma tutto questo scava una fossa profonda tra i proletari, le masse popolari e lo Stato.

Continua Lenin: "Si pone qui la questione dei privilegi dei funzionari quali organi del potere statale. Il punto essenziale è questo: che cosa li pone al di sopra della società?...
"...Lo Stato - scrive Engels - poiché è nato dal bisogno di tenere a freno gli antagonismi di classe, ma essendo contemporaneamente nato nei conflitti di queste classi, è, per regola, lo Stato della classe più potente, della classe economicamente dominante che, per mezzo suo, diventa anche politicamente dominante e così acquista un nuovo strumento per tenere sottomessa e per sfruttare la classe oppressa"... "lo Stato rappresentativo moderno è lo strumento per lo sfruttamento del lavoro salariato da parte del capitale"...

Perchè, da dove nascono questi "privilegi dei funzionari dello Stato"? Engels lo spiega chiaramente: dal fatto che lo Stato non è espressione di tutte le classi, nè è organo di conciliazione tra le classi, ma è organo della classe dominante economicamente e con lo Stato anche politicamente, la classe dei padroni, dei capitalisti. Quindi uno Stato che difende unicamente gli interessi del capitale, e per farlo deve fare costantemente opera di imposizione, repressione verso la classe oppressa, verso la stragrande maggioranza delle masse. 
Questo è chiarissimo anche oggi. I lavoratori, le masse popolari sono sempre più oberate di tasse, vedono sempre più taglieggiati i loro salari dai padroni ma anche dagli aumenti del carovita, bollette, ecc; mentre i capitalisti, i ricchi possono tranquillamente evadere le tasse (e poi lo Stato li condona), o anche quando pagano "regolarmente" hanno imposte ridicole, di poco superiori a quelle che pagano le masse. 
Ed Engels spiega come questa azione coercitiva verso la classe oppressa e invece di difesa verso le ricchezze della classe dominante, nella repubblica democratica avviene anche con altri strumenti:

"Nella repubblica democratica - continua Engels - "la ricchezza usufruisce del suo potere in modo indiretto, ma in maniera tanto più sicura", in primo luogo con la "corruzione diretta dei funzionari" (America), in secondo luogo con "l'alleanza tra governo e Borsa" (Francia e America)"...

"Nel momento attuale - scrive Lenin - l'imperialismo e il dominio delle banche "hanno sviluppato" sino a farne un'arte raffinata, in qualsiasi repubblica democratica, questi due metodi di difesa e di realizzazione dell'onnipotenza della ricchezza. Se, per esempio, fin dai primi mesi della repubblica democratica in Russia, durante, per così dire, la luna di miele del connubio dei "socialisti" - socialisti-rivoluzionari e menscevichi - con la borghesia nel governo di coalizione, il signor Palcinski ha sabotato tutti i provvedimenti tendenti a frenare i capitalisti e la loro speculazione, il saccheggio da parte loro dell'erario mediante le forniture militari; se in seguito il signor Palcinski, uscito dal ministero (e naturalmente sostituito da una altro Palcinski del suo stesso stampo), è stato "gratificato" dai capitalisti di una piccola sinecura con uno stipendio di centoventimila rubli all'anno, - che cosa è questo? corruzione diretta o indiretta? alleanza del governo con le organizzazioni dei capitalisti o "semplicemente" relazioni di buona amicizia?..."
"L'onnipotenza della "ricchezza" è, in una repubblica democratica, tanto più sicura in quanto non dipende da un cattivo involucro politico del capitalismo. La repubblica democratica è il migliore involucro politico possibile per il capitalismo; per questo il capitale, dopo essersi impadronito... di questo involucro - che è il migliore - fonda il suo potere in modo talmente saldo, talmente sicuro, che nessun cambiamento, né di persone, né di istituzioni, né di partiti nell'ambito della repubblica democratica borghese può scuoterlo.

Engels dice come nella Repubblica democratica lo Stato assicura il suo potere e gli interessi della classe dominante anche usando strumenti indiretti - la corruzione dei suoi funzionari, l'alleanza tra il governo e la borsa - rispetto agli strumenti diretti della imposizione/repressione, per assicurare il potere basato sul capitalismo; questi strumenti indiretti hanno pure l'effetto di mascherare agli occhi delle masse lo sfruttamento; fino a far credere che questa è "arte raffinata" e neutra.
L'imperialismo e il dominio delle banche hanno "sviluppato" questa corruzione e alleanza governo-borsa allo scopo di difendere la ricchezza della classe dominante, in maniera così salda e sicura che è impossibile porvi fine.

 E Lenin aggiunge che la "Repubblica democratica è il migliore involucro politico possibile per il capitalismo e nessun cambiamento, né di persone, né di istituzioni, né di partiti nell'ambito della repubblica democratica borghese può scuoterlo".

Questo passaggio è importante perchè toglie ogni illusione all’idea della via elettorale come questione che possa incidere nella natura dello Stato. 
I democratici piccolo borghesi, gli odierni riformisti, opportunisti, i rivoluzionari a parole, è su questo che contribuiscono – come dice Lenin – a “inculcare nel popolo la falsa concezione che il suffrago universale possa nello “Stato odierno” esprimere realmente la volontà della maggioranza dei lavoratori e (ancor meno) assicurarne la realizzazione"...

" Engels - ricorda Lenin - definisce in modo categorico il suffragio universale come uno strumento di dominio della borghesia. Il suffragio universale, egli dice... è "l'indice della maturità della classe operaia. Non può essere e non sarà mai nulla di più nello Stato attuale".

Oggi, possiamo ben dire, guardando le elezioni odierne e i loro risultati che esse non sono neanche una sorta di statistica del livello di coscienza politica della classe operaia; ma solo, al massimo, una fotografia "pallida e sfocata" del grado di partecipazione delle masse alle elezioni e delle tendenze politiche che vengono espresse. Ma anche questo dato è falsato. Dal numero sempre più ridotto dei votanti, che non esprime certo la maggioranza della popolazione; dai mutamenti dei voti ai partiti tra una elezione e un'altra. Quindi, oggi più che mai il "suffragio universale non esprime realmente la volontà della maggioranza dei lavoratori". Meno che mai le elezioni odierne, anche per il sistema elettorale che punta a impedire ogni reale cambiamento, perchè danno il potere a partiti borghesi che hanno avuto pochissimi voti (vedi la Meloni/FdI). In questo senso la Repubblica democratica fonda "il suo potere in modo talmente saldo, talmente sicuro, che nessun cambiamento, né di persone, né di istituzioni, né di partiti... può scuoterlo". 

Questo deve togliere ogni illusione tra i lavoratori, le masse popolari che sia possibile trasformare lo Stato borghese (o quantomeno essere al "di sopra delle parti") attraverso le elezioni.
Engels definisce in modo categorico il suffragio universale come uno strumento di dominio della borghesia. Le elezioni inducono il popolo a credere di avere, tramite la propria scelta di un candidato, voce in capitolo. Questo è sbagliato, e illusorio, come abbiamo detto prima. 
I politici opportunisti, falsi "comunisti" condividono e inculcano nella classe oppressa la errata concezione che il suffragio universale possa realmente esprimere la volontà della maggioranza dei cittadini. Ma i lavoratori, le masse popolari devono respingere tutti coloro che vogliono spingere a procedere su questa strada fallimentare, pienamente funzionale al mantenimento dello Stato borghese.

Infine in questo capitolo di "Stato e rivoluzione" Lenin riprende sempre Engels che "dà un riassunto conclusivo delle sue concezioni con le parole seguenti: 
"Dunque lo Stato non è esistito sempre. Vi sono state società che ne hanno fatto a meno e che non avevano alcuna idea dello Stato nè del potere statale. In un determinato grado dello sviluppo economico, necessariamente legato alla divisione della società in classi, proprio a causa di questa divisione, lo Stato è diventato una necessità. Ci avviciniamo ora, a rapidi passi, ad uno stadio di sviluppo della produzione tale che l'esistenza delle classi non solo ha cessato di essere una necessità ma diventa un ostacolo diretto alla produzione. Perciò le classi scompariranno ineluttabilmente, così come sono scomparse nel passato. Con esse cadrà ineluttabilmente lo Stato. La società, che riorganizza la produzione in base a una libera ed eguale associazione di tutti i produttori, relegherà l'intera macchina statale nel posto che da quel momento le spetta, nel museo delle antichità accanto all'arcolaio e all'ascia di bronzo".
Questa citazione non accade di incontrarla spesso nella letteratura di propaganda e di agitazione della socialdemocrazia contemporanea. E quando la si ricorda, lo si fa per lo più come se ci si volesse genuflettere davanti a un'icona, per rendere cioè ufficialmente omaggio a Engels, senza il minimo tentativo di riflettere sull'ampiezza e la profondità della rivoluzione che è presupposta in questo "relegare l'intera macchina statale nel museo delle antichità". Il più delle volte non si arriva neppure a comprendere ciò che Engels intende per macchina dello Stato".

Lenin sottolinea questa citazione importante di Engels: lo Stato non è sempre esistito, lo Stato, quindi, non esisterà per sempre. Lo sviluppo della produzione pone esso stesso la necessità della cessazione della esistenza delle classi; il rapporto tra grado sempre più enorme di sviluppo delle forze produttive e la loro "restrizione" nel sistema di proprietà privata, ad un certo punto porta ad una rottura, la divisione delle classi diventa un ostacolo un freno allo sviluppo delle forze produttive, della produzione e dell'umanità intera. Scomparendo, quindi, le classi, scompare la necessità dello Stato e Lenin può dire che l'intera macchina statale può essere relegata nel "museo dell'antichità"