mercoledì 29 giugno 2022

martedì 28 giugno 2022

Padroni, governo, Regione ASSASSINI! Un altro giovane bracciante immigrato morto bruciato nel ghetto nel foggiano

Siamo fortemente addolorati e arrabbiati. Yusupha Jooj immigrato/profugo gambiano, non era ucraino, non aveva la pelle bianca e poteva vivere peggio degli animali, essere sfruttato nei campi, e poteva morire!

Il nostro cordoglio alla famiglia di Yusupha Joof.

La nostra rabbia verso gli assassini che hanno permesso questa ennesima morte nei campi della Puglia. 

A questa violenza assassina si aggiunge la violenza delle Istituzioni, che è di fatto una dichiarazione di altre future morti. Il governatore Emiliano, tra tutti, non sa fare altro che mettere le mani avanti: "La Regione non ha diretta compertenza in materia..."; e sul corpo di Yusupha Joof mettersi le medagliette: "La Regione in questi anni ha sperimentato soluzioni efficaci, ha fatto nascere foresterie, sono già state realizzate strutture modulari per ospitare 1250 che arriveranno a 2300 con gli ulteriori interventi programmati da realizzare entro il 2023..." Maledetto falso! Intanto i braccianti immigrati in Puglia, da Borgo Mezzanone, a Turi,  a Nardò vivono nelle baracche tra lamiere, tende di plastica, dormono sui cartoni, tra il degrado,  Intanto quando lottano e rivendicano il diritto ad una casa, ai documenti, quando denunciano lo sfruttamento da schiavi dei padroni, vengono ignorati o anche denunciati. 

Basta con le ipocrisie, siete voi i responsabili!

Che anche di fronte a questa terribile morte/assassinio vada avanti ancora più determinata, forte e unita la lotta dei braccianti immigrati

Dal comunicato di

Comitato Lavoratori delle Campagne

UN ALTRO INCENDIO, UN ALTRO MORTO. BASTA INDIGNAZIONE INTERESSATA, ANCHE QUESTA È VIOLENZA
 
Questa notte nell’insediamento di Torretta Antonacci, nel comune di San Severo, sono bruciate alcune baracche e nel fuoco ha perso la vita Yusupha Joof, gambiano di 35 anni. Le cause non sono ancora del tutto chiare, potrebbe essersi trattato del surriscaldamento delle batterie di un pannello solare.
Attivisti, sindacalisti e tutti i vari imprenditori dell'invisibiltà fatta spettacolo già si stracciano le vesti, puntando il dito contro le istituzioni complici...
tutti coloro che ora piangono lacrime solidali e si indignano, hanno per anni taciuto e persino avallato le speculazioni che hanno reso i ghetti una macchina da soldi e una piattaforma per il lancio di carriere politiche. Per dormire in un container finanziato con fondi pubblici, a "Torretta Antonacci", come è stato ribattezzato il Gran Ghetto proprio grazie a questi soggetti, bisogna pagare un pizzo ai loro amici. E quindi, chi non può permetterselo, chi si rifiuta o semplicemente chi non è nelle loro grazie, dorme in baracca, con tutti i rischi del caso. Chi oggi chiede case, documenti e contratti ha sempre boicottato le lotte autorganizzate che avevano queste come rivendicazioni centrali, e lo ha fatto per biechi interessi personali e di parrocchietta.
Questi stessi imprenditori del disagio tacciono di fronte alle denunce di aggressioni razziste, portate in piazza dai lavoratori delle campagne lo scorso 11 giugno, perchè appunto non possono capitalizzarle. Tacciono delle connessioni tra quel che accade nei ghetti del Made in Italy e quel che accade alle frontiere d'Europa, dal Marocco alla Libia alla Grecia. Tacciono dell'inutilità dei lauti finanziamenti del PNRR su cui sperano di mettere le mani. I diretti e le dirette interessate hanno ribadito più volte, non ultima nell’incontro con vice-prefetto e capo dell’ufficio immigrazione tenutosi a Foggia lo scorso 11 giugno, la necessità di essere coinvolti nei processi decisionali per soluzioni che impatteranno, ancora una volta e direttamente, le loro vite, nel silenzio di chi oggi si indigna a singhiozzo, ipocritamente, rispondendo ad un calcolo.
Basta speculare sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici immigrate: per non essere complici dei padroni e dello stato, la strada è una sola. Scendere in strada a fianco di chi da anni chiede il riconoscimento di tutele minime...
 
Case, documenti, contratti!
Basta morti e violenza razzista!
Rest in Power Yusupha

lunedì 27 giugno 2022

Ex Ilva, cadono parti di lamiera


Da Corriere di Taranto

Intorno alle 8.15 di oggi, nello stabilimento siderurgico, in Agglomerato, mentre lavoratori di una ditta dell’appalto stavano svolgendo operazioni di lavaggio del filtro Meep D 81, dall’alto (circa sei metri), sono cadute parti di piastre pesanti e taglienti. Un dipendente ha riportato una ferita sul collo; è stato necessario ricorrere alle cure degli operatori sanitari che hanno suturato la ferita con otto punti. Nessuna conseguenza per l’altro lavoratore, raggiunto dai frammenti sul casco. A denunciarlo è il sindacato USB.
La sicurezza all’interno della fabbrica, e soprattutto per le ditte dell’appalto, continua ad essere di assoluta attualità. Il problema è ancora più serio perché le aziende, al collasso per gravi ritardi nei pagamenti, acquisiscono commesse al ribasso, e rischiano di riversare il tutto sui lavoratori.
USB ribadisce che “l’impianto di agglomerazione continua ad andare verso l’implosione dal punto di vista strutturale ed ambientale. Questa mattina, Usb depositerà l’ ennesima denuncia allo Spesal chiedendo un intervento mirato a valutare le condizioni alla luce degli ultimissimi fatti. Nello specifico dell’Agglomerato, nonostante l’installazione dei filtri Meros, l’impianto risulta deficitario rispetto al trattenimento delle polveri fini diffuse e non convogliate, facilmente visibili anche a occhio nudo. Parliamo di polveri massive e non controllate. Questo determina una grave esposizione agli agenti cancerogeni, da parte dei lavoratori che operano in quel reparto”.
A quanto pare intanto, “questa mattina in Afo 1 è stato chiamato improvvisamente dall’azienda, per una consulenza, l’ingegnere De Felice, a dimostrazione del fatto che in quell’area in particolare vi è una situazione molto delicata e precaria..."

domenica 26 giugno 2022

USA - La Corte suprema cancella l'aborto - Domani sera riunione c/o sede Slai cobas via Livio Andronico, 47 per iniziative anche a Taranto

La Corte suprema Usa cancella il diritto costituzionale all’aborto dopo 50 anni. In 13 Stati tra cui Texas scatta subito divieto. Esso colpirà soprattutto le donne afroamericane, latinoamericane e le donne proletarie e più povere.
A decidere del destino e della vita di milioni di donne giudici conservatori nominati da Trump, che esulta.
Biden, d'altra parte, si dice "triste" ma impotente e si affida a una legge federale che dovrebbe essere decisa dal Congresso, dove però mancano i voti; quindi, appello agli elettori ad andare a votare a novembreMa intanto, è da subito che in tanti Stati le donne rischiano di morire e di essere arrestate per aborto clandestino.
Diamo voce e sosteniamo tutte le manifestazioni negli Usa in difesa del diritto d'aborto. La lotta delle donne negli USA ci riguarda tutte e tutti!
A TARANTO VEDIAMOCI DOMANI SERA ALLE 18 PRESSO LA SEDE SLAI COBAS
Gli Stati Uniti sono sempre più un coacervo delle più medioevali/patriarcali/sessiste concezioni, politiche, e leggi. Questo barbaro e putrefatto paese - che sbandiera i suoi valori "democratici", liberali, ma solo per fare le guerre e continuare ad imporre il suo dominio decadente nel mondo - fa concorrenza ai regimi più feudali del Terzo mondo; e, non a caso, soprattutto in tema di diritti delle donne, come dei neri, immigrati. 
Non è neanche un caso che queste leggi e provvedimenti medioevali vengano fuori oggi, in cui gli Usa sono impegnati ad alimentare una terza guerra imperialista mondiale, e questo al suo interno richiede/pretende unità sui valori conservatori/fascisti, e repressione di ogni diritto di scelta, di messa in discussione dell'"American way of life". E, in questo, il diritto d'aborto rappresenta per lo Stato imperialista Usa uno dei simboli principali.
Siamo con le donne che in questo momento negli USA stanno scendendo sempre più in piazza a lottare per il diritto all'autodeterminazione. La lotta per il diritto di aborto è una lotta che tocca il cuore dell'America, è una lotta strategica tra medioevo imperialista e civiltà dei proletari e delle masse popolari, ed è una lotta di classe tra la borghesia reazionaria e putrescente che fa concorrenza ai talebani e le donne proletarie, più povere, le immigrate, che non hanno scelta.
La lotta delle donne negli USA per il diritto d'aborto ci chiama a lottare in tutto il mondo contro il medioevo imperialista, è una lotta di tutte e tutti noi e ha che fare con la rivoluzione proletaria mondiale, perché solo rovesciando questo sistema le donne riprenderanno il loro futuro nelle proprie mani!

 

sabato 25 giugno 2022

Morselli/Acciaierie d'Italia è andata e ha ottenuto parecchio - I sindacati sono andati e hanno ottenuto parole (se non l'arrivo di ispettori nazionali del lavoro)


1° VALUTAZIONE 

Più si fanno questi incontri al Mise e più l'unica a guadagnarci è l'azienda. Prima lo sconto su affitto e sul costo di acquisizione della fabbrica, ora 1 miliardo di euro per la produzione.

I sindacati Fim, Fiom, Uilm e l'Usb tornano ancora una volta con niente di concreto in mano, e arrivederci a luglio, ma solo per verificare se lo Stato può liberarsi dai vincoli europei e dare il miliardo all'azienda e l'esito della verifica su rapporto tra cassintegrazione/investimenti degli ispettori nazionali.

Delle richieste che pure questa volta i sindacati confederali avevano portato all'incontro dopo una assemblea nazionale a Taranto dei delegati di tutti gli stabilimenti (integrazione alla cig e verifica degli organici teconologici,prmio di risultato e apertura contrattazione di II livello, contrattazione e clausole di salavaguardia occupazionale per gli appalti, problema occupazione dei 1600 lavoratori in cig in Ilva AS, richieste sul fronte salute e sicurezza, bonifica ed estensione dei benefici amianto) non si è ottenuto nulla. Per le OO.SS gli unici risultati sarebbero che "il governo ci ha ascoltati", "il governo ha preso atto" (Cisl), "La posizione sindacale è stata presa in considerazione dai Min. Giorgetti e Orlando" (Uilm), "il governo si deve assumere le sue responsabilità" (Fiom), "Riconosciamo il valore dell'intervento di Bernabè che ha chiarito che la transizione ecologica è lunga e complessa... vogliamo dal governo la verità sulle intenzioni" (Usb). Si continua a parlare come se il governo non sapesse quello che succede e non ne fosse pienamente responsabile. Nessuno ha messo in discussione che il governo debba finanziare l'aumento della produzione, a fronte delle nuove possibilità di mercato per l'acciaio italiano aperte dalla guerra.

Noi l'avevamo detto: senza aver dato continuità alla mobilitazione che c'era stata il 6 maggio niente di nuovo poteva venire per i lavoratori da questo incontro al Mise. Uno sciopero riuscito, positivo, con la contestazione alla Morselli, è stato così "ucciso", e senza rapporti di forza che vengono solo dalla lotta, dall'azione e voce forte dei lavoratori, agiscono solo i padroni con il sostegno del governo. Occorre, invece, rovesciare la situazione e questo è possibile non con le parole ma con i fatti della lotta.

Anche perchè l'incontro del 23 è stato, per i probleni gravi e urgenti dei lavoratori pure peggio dei precedenti.

Da parte del Min. Giorgetti tutta la comprensione è stata per le "difficoltà finanziarie di Acciaierie d'Italia e tutto l'obiettivo è "aumentare al massimo possibile la produzione... lasciamo perdere ordinanze e sentenze e arriviamo ai 5,7 milioni di produzione".

Invece il lavoro, i salari tagliati con la cassintegrazione, la sicurezza a rischio ogni giorno, le minacce di licenziamenti, i mancati pagamenti agli operai dell'appalto sono stati ricordati da tutti ma non sono stati proprio all'Odg delle decisioni. L'unica concessione fatta dal Min.Orlando è la possibilità di inviare a Taranto degli ispettori nazionali del lavoro per verificare che rapporo c'è tra numero dei cassintegrati in Acciaierie e la realizzazione degli investimenti indicati nella istanza per la cig. (una verifica che viene, comunque, dopo mesi e mesi che l'azienda usa unilateralmente la cig e gli operai perdono salario).

Siamo alla manifestazione evidente per cui le perdite dei padroni vengono socializzate, scaricate sul pubblico, sui proletari e masse popolari, che stanno andando sempre più in miseria per il carovita, l'attacco al lavoro, ai salari; i profitti dei padroni sono privati!

I padroni appena sono in difficoltà finanziaria vengono foraggiati con milioni, miliardi dal governo; i lavoratori possono fare la fame ma al limite Draghi gli dà una tantum di 200 euro.
I padroni non devono perdere niente, non devono intaccare i loro utili, i lavoratori devono perdere anche il minimo per vivere.

OPERAI, QUESTO NON SI PUO' ACCETTARE IN SILENZIO! E' ANCHE UN PROBLEMA DI DIGNITA'! Oltre che di vivere da anni e anni nell'incertezza del lavoro, del salario, di poter tornare sano e vivo a casa!

Lo Slai cobas ciò che serve e ciò che bisogna fare lo dice da tempo. Ora sono gli operai che non devono solo lamentarsi, ma comprendere la situazione e prendere la loro sorte nelle mani.

Dalla stampa - Il Quotidiano

Ex Ilva, si valuta un aiuto economico dello Stato. E Giorgetti punta ad aumentare la produzione di acciaio

Lo Stato valuterà la possibilità di un soccorso finanziario ad Acciaierie d'Italia, sotto forma di garanzie, per permettere all'azienda di superare la grave crisi di liquidità che l'affligge. Si ipotizza un intervento da un miliardo. Inoltre, il ministero del Lavoro invierà nel siderurgico di Taranto gli ispettori per verificare se c'è rispondenza tra ricorso alla cassa integrazione e investimenti annunciati e posti alla base della stessa richiesta di cassa.

Sono le due notizie che emergono dal vertice di ieri pomeriggio al Mise su Acciaierie d'Italia, ex Ilva. Con i ministri Giancarlo Giorgetti (Sviluppo economico) e Andrea Orlando (Lavoro), si sono ritrovati l'azienda (col presidente Franco Bernabè e l'ad Lucia Morselli), i sindacati, le Regioni che ospitano gli impianti ex Ilva e Confindustria.

Pone il tema della liquidità l'ad Morselli quando afferma che «stiamo producendo tutto il possibile con questa situazione finanziaria... «Sulle manutenzioni - afferma Morselli - «l'indice incidenti su ore lavorate è ai minimi storici per lo stabilimento di Taranto». E «quest'anno la crescita dell'output produttivo di Acciaierie d'Italia è, ad oggi, del 22% contro 7% dell'Europa e 2% dell'Italia». Tuttavia il problema della liquidità, della mancanza di circolante per l'ex Ilva, c'è e si avverte pesantemente.

Lo esplicita il ministro Giorgetti... Le navi non attraccano nel porto di Taranto - prosegue il ministro a proposito dello scarico delle materie prime - perche quest'azienda non è nelle condizioni di finanziare il circolante... Servono altri soldi quindi... «Io e il ministro Orlando purtroppo non siamo ministri dell'Economia e delle Finanze, non abbiamo doti taumaturgiche, però quello che mi sento di dire è lasciamo perdere ordinanze, sentenze, e forse arriviamo ai 5,7 milioni di produzione».

Da Corriere di Taranto

Provare a risolvere il problema del finanziamento del circolante per affrontare la grave crisi di liquidità dell’ex Ilva, attraverso un intervento (diretto o indiretto) del governo (qualora si trovino le garanzie e gli strumenti adatti e la Commissione Ue lo consenta all’interno del perimetro degli aiuti di Stato) pari ad un miliardo di euro... E certamente non può bastare la garanzia SACE per un prossimo finanziamento da parte di Unicredit (la cui entità e fattiblità economica non sono ancora chiare), né la cartolarizzazione di crediti commerciali da 1,5 miliardi di euro siglata nei mesi scorsi con Morgan Stanley, che garantisce 80 milioni di euro al mese sino al massimo alla fine del 2023. Servono ben altre risorse finanziare... Giorgetti ha sottolineato che “non solo io, ma anche il presidente Draghi, vogliamo che si produca più acciaio possibile a Taranto e Genova, ovunque per riportare al lavoro tutti i lavoratori in cassa integrazione”. Il ministro, dopo aver ricordato che pur essendovi “limiti oggettivi, che derivano da sentenze, che impediscono di raggiungere le capacità produttive massime che questi impianti possono realizzare” ha evidenziato che “oggi è emerso con chiarezza da parte dell’azienda che, alle condizioni date per lavorare al massimo delle potenzialità, il problema è la liquidità, non gli investimenti...
(per) la realizzazione del forno elettrico e l’utilizzo dell’idrogeno come fonte alternativa... Bernabé ha confermato un lasso di tempo pari ad un decennio per la loro realizzazione.
Sulla questione sicurezza e sulle relazioni industriali...ministro Orlando ha annunciato l’invio degli ispettori del Lavoro.

Le organizzazioni sindacali restano in attesa di un cambiamento reale
“In un momento in cui l’acciaio vale ‘oro’ nell’attuale contesto internazionale per effetto del conflitto in Ucraina, nel nostro Paese è ora che governo e proprietà investano verso la transizione, altrimenti si rischia una progressiva dismissione degli impianti di Acciaierie d’Italia”. E’ quanto dichiara Michele De Palma, segretario generale Fiom-Cgil al termine dell’incontro odierno a Roma.
“Dall’incontro di oggi al Mise sull’ex Ilva non sono emerse certezze e garanzie nè per quanto riguarda le prospettive di lungo e medio termine, nè per quanto riguarda la gestione ordinaria degli impianti nell’immediato... Come Fiom abbiamo allo stesso tempo anche sottolineato che alla risalita produttiva corrisponda una riduzione significativa dei lavoratori in cassa integrazione. Abbiamo chiesto e ottenuto puntuali verifiche dal Ministro del Lavoro Orlando sull’utilizzo della cassa integrazione che è stata attivata dall’azienda senza accordo sindacale... L’impegno della Fiom è di portare avanti con Fim e Uilm i punti decisi nel coordinamento nazionale dei delegati... la finanza non basta, servono elementi di garanzia del governo, che verificheremo nel prossimo incontro programmato entro luglio, nel quale valuteremo la relazione degli ispettori che ci sarà presentata e l’esito delle risorse finanziarie disponibili per l’approvvigionamento delle materie prime, al fine di assicurare l’occupazione, la salute e l’ambiente e il rilancio strategico dell’industria dell’acciaio nel nostro Paese”.

“Il governo ci ha ascoltato... abbiamo chiesto a governo e azienda che i due anni di rinvio per la definizione degli accordi, con l’ingresso in maggioranza dello Stato non passino invano”. Così il segretario generale Fim Cisl Roberto Benaglia e il segretario nazionale Fim Valerio D’Alò.

“Oggi c’è una situazione di crisi finanziaria che deve essere  affrontata e risolta nel più breve tempo possibile... Il governo che oggi è azionista e seppur ancora non in maggioranza può aiutare l’azienda ad avere il necessario credito per poter fare gli investimenti, aumentare la produzione e ridurre la cassa integrazione... abbiamo chiesto al ministro Orlando una verifica sull’uso degli ammortizzatori perché non è assolutamente possibile che con un mercato della siderurgia mai come negli ultimi anni positivo, diminuisca la produzione e aumenti il numero di cassintegrati... Oggi abbiamo messo in campo un percorso di responsabilità.

“Oggi siamo riusciti almeno a fare un’operazione verità. Sono emerse due posizioni opposte, la nostra e quella di Acciaierie d’Italia. Per l’azienda il problema è solo finanziario, mentre noi abbiamo messo in luce tutti i problemi legati alla sicurezza degli impianti, alla cassa integrazione di oltre 5mila lavoratori, al dramma che vivono i lavoratori in A.S. e quelli degli appalti, alla produzione che di questo passo non raggiungerà mai i 6 milioni di tonnellate annui necessari per la sostenibilità dell’azienda. Posizione che è stata presa in considerazione dai Ministri Giorgetti e Orlando presenti al tavolo... afferma il segretario generale Uilm, Rocco Palombella, a margine dell’incontro al Mise.
“Sappiamo che c’è un problema di liquidità – ha aggiunto – e i Ministri ci hanno assicurato che faranno il possibile per trovare un polmone finanziario, allo stesso tempo però occorrerà verificare passo passo se Acciaierie d’Italia modificherà il suo atteggiamento, metterà in sicurezza gli impianti, e utilizzerà le risorse per recuperare il terreno perso”...

“E’ complicato fare un ragionamento serio e vero in un contesto nel quale si cerca di dipingere un quadro della situazione che non esiste e senza avere documenti tra le mani”: così Franco Rizzo, coordinatore provinciale dell’Unione Sindacale di Base di Taranto e Sasha Colautti, Usb nazionale, si sono espressi nel corso del tavolo presso il Mise. “Riconosciamo il valore dell’intervento di Franco Bernabè che ha chiarito che il progetto di cui si parla per portare lo stabilimento verso la transizione ecologica... è lungo e complesso.

“E’ impensabile stare ad aspettare e tenere metà del personale in cassa integrazione con una retribuzione mensile di 900 euro; è necessario poi occuparsi dei 1.600 lavoratori ex Ilva in Amministrazione Straordinaria, di cui ci si occupa troppo poco. Oggi la nostra organizzazione, di fronte ad una  ricostruzione dei fatti totalmente slegata dalla realtà, non può che insistere col chiedere la verità sulle intenzioni. Non ha senso continuare a discutere senza mettere sul tavolo le questioni reali. Per l’Unione Sindacale di Base l’alternativa non può che essere la mobilitazione"...

giovedì 23 giugno 2022

Info - Il monitoraggio del piano ambientale ad Acciaierie d'Italia

Riprendiamo l'aggiornamento e il piano di interventi pubblicato da GM Leone per una necessaria informazione dei lavoratori.

Quello però che non ci spieghiamo è come mai nonostante sembrerebbe che i piani di ambientalizzazione vadano avanti, in vari reparti si verificano "incidenti" di vario genere, gravi problematiche di impianti, emissioni che continuano, ecc, e che solo per fortuna non producono infortuni gravi o anche morti di operai.

Dobbiamo credere ai dati forniti da azienda e organi di controllo o dobbiamo basarci sulla dura realtà dei fatti?

Forse su questo andrebbe fatta una sorta di inchiesta parallela, da parte anche dei giornalisti 

Slai cobas
 

Da Gianmario Leone - Corriere di Taranto

Si è conclusa nel pomeriggio di oggi (22 giugno) la due giorni dell’Osservatorio ILVA permanente per il monitoraggio dell’attuazione del Piano ambientale... per lo stabilimento siderurgico di interesse strategico nazionale di Taranto Acciaierie d’Italia S.p.A...

Nella giornata di ieri era in programma un aggiornamento da parte della società in merito agli interventi ancora in corso nell’area Parchi (completamento della copertura del parco OMO, la copertura dei parchi AGL Nord e AGL Sud e la realizzazione della barriera frangivento del parco Loppa da concludersi entro il 30 aprile 2022), nell’area Cokeria (per la dismissione delle batterie 5-6 entro il 22 febbraio 2023), nell’area Agglomerato (dove è prevista l’installazione dei filtri a maniche sulla linea D dell’impianto di sinterizzazione del camino E-312), nell’area Altiforni (per la dismissione dell’altoforno 3 entro il 21 ottobre 2022), dell’area Acciaierie (per la costruzione della barriera frangivento dell’area GRF entro il 28 ottobre 2022) e per gli interventi inerenti la gestione delle acque meteoriche in varie aree dello stabilimento oltre alla rimozione di polveri e scaglie nell’area del parco minerale che andrà conclusa entro il 30 giugno previsto dal Piano Rifiuti. Giornata che si è poi conclusa con una visita nelle aree dei Parchi da parte dei componenti dell’Osservatorio.

Per quanto riguarda invece la giornata odierna, anche questa è iniziata con una serie di visite presso diverse aree dello stabilimento (area cokeria: batterie in esercizio nn. 7, 8, 9 e 12, batterie in demolizione n. 5-6, impianto trattamento gas coke, sezioni dei nastri trasportatori; area agglomerato (AGL2); filtri a manche su linea E, stato avanzamento lavori su linea D, sezioni dei nastri trasportatori; area altoforni (AFO): AFO in esercizio 1, 2, 4, demolizione AFO3: area acciaieria in esercizio 1 (ACCI) e 2 (ACC2): produzione e colata continua acciaio, barriera area GRF; gestione acque meteoriche: impianti trattamenti aree SEA-IRF-PCA (UAI0), sporgenti marittimi (UA8-UA26) e aree a caldo (UA9); scarichi parziali industriali: impianti trattamento reflui cokeria (incluso il trattamento per la riduzione delle emissioni di selenio) e altoforni; area cumulo UP3).

Nel pomeriggio si è poi svolta una riunione tecnica. La società Acciaierie d’Italia ha relazione sullo stato di attuazione della prescrizione n. UP3 (gestione di fanghi acciaieria, fanghi d’altoforno e polverino d’altoforno), entro 31 dicembre 2022. – Esame del cronoprogramma aggiornato – Misure alternative di gestione dei materiali di cui alle note prot. DIR 138/2021 del 04/03/2022 e prot. DIR 211/2022 del 04/04/2022), sul programma organico rimozione amianto (PORA), sulla relazione richiesta dall’Osservatorio contenente la descrizione dei ritardi accumulati e sulle misure intraprese al fine di recuperare tali ritardi e garantire il rispetto delle tempistiche previste dal DPCM del 2017; l’aggiornamento delle attività di rimozione inizialmente previste, concluse e da concludere, distinguendo quelle relative ai materiali in matrice friabile da quelle relative ai materiali in matrice compatta, riportando le percentuali rimosse e da rimuovere rispetto alle quantità inizialmente previste. Conseguente aggiornamento del documento “Mappatura amianto” e sua correlazione col documento “Quantitativi rimossi“. Previsto anche un ulteriore aggiornamento da parte del Gestore in merito all’attuazione del Piano di efficientamento energetico.

Poi è stato il turno dell’aggiornamento da parte di ISPRA sulle attività ispettive per l’accertamento del completamento degli interventi secondo le tempistiche previste. In particolare, illustrazione del quadro sinottico delle prescrizioni del DPCM 29/9/2017 già attuate e accertate, delle tempistiche previste per quelle ancor in corso e degli impianti fermi. E’ stato poi chiesto alla società di fornire, entro il 10 giugno 2022, un aggiornamento dei cronoprogrammi degli interventi e il consueto report sullo stato di attuazione degli stessi. Depositata anche la trasmissione delle relazioni richieste nel corso della riunione dell’Osservatorio del 14/12/2021, con particolare riferimento agli interventi di rimozione amianto e ai livelli emissivi al camino E312 dell’impianto di agglomerazione in relazione all’installazione dei filtri a maniche e ai nuovi valori limite di emissione previsti per polveri e diossine.

mercoledì 22 giugno 2022

Che succede in Puglia ai braccianti immigrati - TURI


Da Operai contro

"...A Turi e dintorni, in particolare, le braccianti locali lavoravano, per consuetudine figlia di vecchie lotte sociali e per capacità organizzativa di mantenerla in piedi, in larga misura con assunzione secondo contratto e assicurazione per tutti i giorni di lavoro, in modo da poter usufruire delle indennità di malattia, di infortunio e di successiva disoccupazione, il rispetto dell’orario di lavoro (6 ore e 40 minuti, con pausa di 15 minuti per la colazione a metà mattinata), il pagamento del salario secondo tariffa e dell’eventuale straordinario e il versamento dei contributi. Per i capitalisti agrari locali uno zoccolo duro scalfito dall’arrivo graduale di migranti negli ultimi anni e messo in discussione nel 2021 con l’afflusso, per la prima volta consistente, di migranti stagionali che girano l’Italia per fare le raccolte. Tale afflusso, non osteggiato, anzi caldeggiato dai padroni, perché i migranti sono più facilmente sfruttabili rispetto alle braccianti locali, ha compresso in basso salari e condizioni di lavoro e favorito gradualmente l’espulsione dalla raccolta di chi non si adeguava, cioè delle operaie agricole di Turi e dei paesi vicini. Nei campi, negli ultimi due anni, sono prevalsi di gran lunga i braccianti del Marocco o di altri paesi africani, disposti a lavorare, con o senza l’intermediazione di caporali, in condizioni nettamente peggiori rispetto a quelle consuete per le braccianti del posto: “assunzione” senza contratto o con contratti non rispettati, orario continuato dalle 5.00 alle 12.30, senza intervallo, straordinario dalle 13.00 alle 16.00 non pagato come tale, salario variabile dai 4,20 ai 7,50 euro all’ora (al lordo di somme da cedere a eventuali caporali) a seconda del padrone, contributi non versati o versati solo per uno o pochi giorni di lavoro, nessuna assicurazione e indennità di malattia o infortunio (chi è caduto dalle scale, ha detto al pronto soccorso che si è fatto male da solo), nessuna visita medica o vaccinazione antitetanica benché obbligatorie. Parecchi medici hanno chiuso gli occhi su visita medica e vaccinazione, gli ispettori del lavoro sono stati latitanti, i controlli assenti.

Nel 2021 per i braccianti migranti non esisteva alcuna forma di ricovero istituzionale. Hanno alloggiato in tende da campeggio sparpagliate qua e là, arrangiandosi come potevano senza bagni chimici o cucine, tra i rifiuti e i cani randagi, nell’indifferenza generale o sotto la frusta di benpensanti razzisti spaventati da qualche rissa serale fra migranti stanchi, frustrati e ubriachi. Ma se l’anno scorso erano giunti a Turi circa 150 migranti, quest’anno ne sono arrivati quasi 600. La Regione Puglia aveva allestito una foresteria presentata e decantata, all’inaugurazione da parte del presidente regionale Emiliano, come esempio di ordine, integrazione e supporto ai lavoratori stranieri, ma poi rivelatasi misera e insufficiente. In realtà le sue uniche strutture sono gazebo cubici di plastica senza aperture, autentici forni quando la temperatura aumenta (in ognuno quattro braccianti, a dormire su un tavolaccio di legno coperto con cartoni e materassini di fortuna), più 18 docce e 18 bagni chimici. Il campo, realizzato con un finanziamento di 150mila euro della Regione Puglia e gestito da una cooperativa, è riservato a 180 braccianti regolari, cioè dotati di permesso di soggiorno, i quali sono tenuti a pagare un euro di fitto per ogni giorno di permanenza in esso. Questi braccianti sono considerati “fortunati”. Perché il campo è diventato il punto di riferimento e di approdo per più di 400 altri braccianti, accampati attorno in tende da campeggio assiepate e strapiene o in “alloggi” ricavati con vecchie tapparelle avvolgibili o altri materiali di fortuna e là costretti a cucinare e a sopravvivere (solo la buona volontà dei gestori della cooperativa ha permesso a tutti di usufruire a turno di docce e bagni, sia pure nell’immaginabile confusione). I capitalisti agrari sono tenuti, come prevede il contratto di assunzione dei braccianti stagionali, ad assicurare vitto e alloggio, ma nei fatti nessuno ha garantito loro in questi due anni un pezzo di pane e formaggio o quattro muri sbilenchi. Ciò che fanno è altro: essi o i loro caporali arrivano la mattina all’alba, caricano nei furgoncini i braccianti che gli servono, costringendoli, se necessario, per ricavare spazio, anche a fare il viaggio in piedi, e via, per l’intera giornata sotto il sole cocente dei campi; poi il pomeriggio tornano a scaricare la “preziosa” merce umana comprata per quattro soldi. Finché ci sono migranti da sfruttare ignobilmente ai padroni va sempre bene e tacciono soddisfatti. È quando questi scarseggiano e i braccianti locali non sono disposti ad accettare la loro stessa sorte, che i capitalisti agrari vanno in bestia contro gli italiani “impoltroniti” dal reddito di cittadinanza!..."

Incontro in Regione per Cemitaly - unica cosa: la possibilità di nuova cig per altri 12 mesi - ma sul lavoro nulla


Nell'incontro di ieri della Task force regionale con lo Slai cobas sc e l'Usb (seguito all'incontro in prima mattinata con i sindacati confederali) sul futuro dei lavoratori della Cemitaly, la cui cig scade a settembre, ciò che la Regione ha messo sul Tavolo è solo la possibilità di accesso alla "transizione occupazionale", che significa altri 12 mesi di cassintegrazione, previa presentazione di un progetto da parte della azienda Italcementi. 

L'Usb ha accettato e anzi insistito che si parlasse principalmente di questo, e del resto se ne parlerà dopo...

Lo Slai cobas, invece, non è stata a questo andazzo. Che chiaramente è una necessità la prosecuzione della cassintegrazione per bloccare i licenziamenti che scatterebbero da settembre (e su questo a luglio ci dovrebbe essere l'Ok definitivo a seguito presentazione di istanza della Cemitaly), però - ha detto - non si può accettare questa agonia, per cui non possiamo accettare che questi altri 12 mesi di cig, se non si fanno subito dei passi avanti sul terreno del lavoro, passino ancora una volta come gli altri anni di cassintegrazione per cui è dal 2016 che si sono buttati soldi pubblici,permesso all'Italcementi di andarsene tranquillamente; cassintegrazione senza prospettive che hanno costretto via via più della metà dei 51 operai ad accettare la miseria di 30mila euro (un'elemosina - ha detto lo Slai cobas - per una grande azienda come la Italcementi) e ad autolicenziarsi per mancanza di ipotesi lavorative.

Quindi la centralità per lo Slai cobas è il lavoro. Ma su questo, ha detto, non si fa alcun passo concreto, in particolare sui lavori di bonifica dell'area previsti da gennaio 2020 e che non si sono fatti.

La Regione ha informato nell'incontro dell'ipotesi futuribile fatta dalla Cgil e oggetto di una mozione del consigliere regionale Di Gregorio PD (giusto in campagna elettorale), su fare della ex Cementir "un polo dell'idrogeno verde", che rientrerebbe nella riconversione ecologica prevista dal governo per alcuni siti (per cui la Regione Puglia ha presentato "manifestazione di interesse") - cosa che, però, bene che vada, tenendo conto delle tappe del percorso: presentazione di progetti da parte di privati, ecc., potrebbe cominciare a vedere luce nel 2025 (quando probabilmente non sarà rimasto neanche un operaio della Cemitaly). Ma di utilizzare questi possibili altri 12 mesi per fare quella bonifica che non è stata fatta, nulla. Su questo Regione e sindacati confederali, in particolare la Cgil, prendono in giro i lavoratori.

Lo Slai cobas non si entusiasma di fronte a parole e mere ipotesi, là da venire. Per questo ha richiesto alla Regione di adoperarsi fattivamente perchè siano monitorati i lavori non fatti del piano di bonifica dell'area ex Cementir, individuate le responsabilità, capito quale azienda deve fare la bonifica, fare corsi di formazione non generici e inutili (su cui dovrebbero dei bandi nelle prossime settimane), ma finalizzati a questa attivitàdi bonifica che serve a far rientrare al lavoro gli operai Cemitaly e serve alla città. Qualsiasi riconversione industriale - ha detto lo Slai cobas - avrà comunque bisogno della bonifica dell'area; quindi per questa ci vogliono piani, passi e tempi concreti, affinchè si avviino da subito. 

Lo Slai cobas ha posto, inoltre, altre due questioni: 

- il totale dissenso su questa pratica della Regione di incontri separati, non si può lasciare all'azienda la decisione con quali sindacati fare gli incontri (come è successo ieri); i lavoratori scelgono il sindacato, non l'azienda; così è altrettanto inaccettabile che la Regione accetti l'imposizione dei sindacati confederali di non fare incontri insieme allo Slai cobas; questo andazzo di incontri separati non è dignitoso neanche per la stessa Regione.

- No all'affidamento delle sorti dei lavoratori a politici in campagna elettorale, vedi anche l'On Turco, la Todde (M5S); lo Slai cobas a differenza dell'Usb ritiene che i lavoratori non debbano andare dietro alle parole (che nel caso concreto non fanno altro che ripetere i piani generali del governo), perchè questo invece che rafforzarli li indebolisce.  

martedì 21 giugno 2022

Ultim'ora: l'incontro al Mise di Acciaierie d'Italia è stato rinviato a giovedì alle 14

Da Corriere di Taranto

È stato rinviato di 24 ore il vertice previsto al ministero dello Sviluppo economico (MiSE) a Roma sull’ex Ilva, ora Acciaierie d’Italia. Non si terrà più alle 12 di domani, come inizialmente programmato, ma alle 14 di giovedì 23 giugno. Secondo fonti vicine al dossier Ilva, il rinvio sarebbe stato chiesto direttamente dal ministro Giancarlo Giorgetti per consentirgli di presiedere l’incontro.

Alla riunione sono stati convocati Acciaierie d’Italia, sindacati ed enti locali (regioni Puglia, Piemonte, Liguria), Invitalia e il ministero del Lavoro. 

Un incontro a lungo atteso e reclamato dai sindacati da diverse settimane oramai. La speranza è che possa trattarsi di un incontro proficuo in cui affrontare i vari aspetti legati al piano industriale e ambientale, e non l’ennesima riunione interlocutoria che rinvii ancora una volta a data da destinarsi l’affrontare seriamente gli aspetti legati al futuro della grande fabbrica, indissolubilmente legato al destino di migliaia di lavoratori, di decine di aziende e soprattutto di un intero territorio.

Acciaierie d'Italia - Sulle richieste sindacali all'incontro di domani al Mise


Domani si terrà a Roma l'incontro al MiSE per Acciaierie d'Italia, più volte richiesto dalle OO.SS. 

Questa volta sembra che Fim, Film, Uilm, dopo il coordinamento nazionale tenutosi a Taranto il 15 giugno, siano intenzionate a presentare una serie di richieste che hanno sintetizzato nel documento finale del coordinamento.

Torniamo più avanti su queste richieste. Ma la prima questione da dire è che nessuna richiesta ha possibilità di essere effettivamente attuata (se non compatibile con i piani di Acciaierie d'Italia e governo di ulteriori proroghe e concessioni all'azienda e di permanenza di cigs, tagli al salario, insicurezza costante per i lavoratori) senza la lotta dei lavoratori. Una lotta che era ripresa molto bene il 6 maggio con il riuscito sciopero e la forte contestazione alla ad Morselli, ed è finita nel dimenticatoio. In questo modo si fa perdere fiducia agli operai negli scioperi e poi tornano i soliti discorsi: che sono gli operai che non vogliono lottare. Solo la lotta unitaria e generale, continuata e bene organizzata, a livello di fabbrica, città, a livello di gruppo industriale nazionale, a livello di classe operaia in generale può farci uscire dal vicolo cieco in cui il sistema capitalistico ci trascina.

 MA VEDIAMO LE RICHIESTE DI FIM, FIOM, UILM

-Cassa integrazione, risalita produttiva e assetti di marcia.
È necessario riaprire un confronto al fine di definire un’integrazione al reddito e l’apertura di una
discussione trasparente degli organici tecnologici che assicuri la continuità produttiva e la sicurezza sui luoghi di lavoro.

Noi riteniamo che la prima questione è il rapporto tra numero complessivo di cassintegrati e attività produttiva. Non si può far passare che vi siano obiettivi di aumento di tonnellate di acciaio e i lavoratori diminuiscano (perchè questo chiaramente fa diventare nel prossimo futuro i 3500 cigs esuberi); quindi ad aumento di produzione o a manutenzione di impianti vanno fatti rientrare definitivamente operai in cigs. Sta in questo la richiesta sugli "organici teconologici"? Chiaramente, siamo d'accordo sull'integrazione alla cassintegrazione, che va quantificata.

-Contrattazione integrativa – Premio di Risultato
È necessario definire e presentare ad Acciaierie d’Italia una piattaforma per il rinnovo della contrattazione di secondo livello a partire dal mancato rispetto degli accordi sul Premio di Risultato previsti nel verbale del 6 settembre 2018.

Noi riteniamo che vada soprattutto posta la richiesta di un netto aumento salariale per tutti, sganciato dalla produzione, per recuperare perdita salariale dovuta a Cig, carovita, aumento benzina, bollette, ecc.

-Appalti 

 è necessario contrastare il dumping contrattuale e rafforzare il ruolo dei lavoratori metalmeccanici all’interno degli stabilimenti del Gruppo attraverso una contrattazione di sito e le relative clausole di salvaguardia occupazionale.
 
Noi riteniamo che si debba rivendicare il contratto metalmeccanico per tutte le ditte e tutte le lavorazioni, con la clausola sociale che garantisca nel passaggio di appalto/di ditta la continuità occupazionale e le condizioni contrattuali acquisite per tutti

– Relazioni industriali.
Il Governo e l’azienda devono garantire risposte occupazionali a tutti i lavoratori ancora in
Amministrazione Straordinaria per poter ridare dignità a quei lavoratori fuori dalle attività da oramai troppi anni e che sopravvivono solo di ammortizzatori sociali.

Noi riteniamo che la "risposta occupazionale" sia subito il rientro in fabbrica per i lavori di bonifica dell'area industriale e l'assunzione in Acciaierie d'Italia 

-Salute e Sicurezza
È indispensabile investire sulla sicurezza e sulla salute dei lavoratori, sulla sostenibilità ambientale delle produzioni e sulla necessità di contrastare gli infortuni con gli strumenti della prevenzione e della
formazione professionale anche per i lavoratori degli appalti.

Noi riteniamo che su questo vada fatta da parte sindacale un effettivo piano/mappa delle attività necessarie, a fronte di una situazione ancora molto grave sia nei singoli reparti che in generale. Per contrastare gli infortuni e incidenti occorre istituire la postazione fissa ispettiva in fabbrica. 

-Amianto
Bisogna accelerare i tempi previsti dal DPCM del 29.09.2017 per le misure di bonifica e per intervenire sulla possibilità di estendere i benefici previdenziali da esposizione per i dipendenti stessi.

Lecce: ennesimo femminicidio

Contro violenza e femminicidi - Lotta rivoluzionaria delle donne
Continua la strage di donne, i femminicidi non conoscono tregua, a Lecce l'ennesimo, e come al solito la narrazione mediatica distorce o sminuisce il femminicidio - come riporta l'articolo qui sotto di un altro femminicidio, il mostro è un brav'uomo che ha chiesto perdono dunque si è redento! 
Occorre che questo ennesimo femminicidio non passi sotto silenzio! Nell'esprimere tutta la nostra rabbia, proponiamo alle compagne di Lecce di scendere insieme in piazza.
Come riportato da dati statistici:
AGI - “Nel 2021 in Italia sono stati commessi 295 omicidi volontari. È uno dei dati migliori tra i paesi europei, che a loro volta offrono i dati migliori nel mondo” ed “è aumentato il numero degli omicidi volontari di cui è stato individuato l’autore: si è passati, anche qui con una progressione costante, dal 40% del 92 al 73% del 2016”.
Lo ha rilevato il primo presidente della Cassazione Pietro Curzio, aprendo l’Anno giudiziario, sottolineando però con forza, che vi è “un elemento sconcertante: tra le vittime dei 295 omicidi del 2021, 118 sono donne, di cui 102 assassinate in ambito familiare/affettivo ed in particolare 70 per mano del partner o ex partner”. 
MA LE DONNE NON POSSONO AVERE FIDUCIA E DELEGARE ALLO STATO LA LORO VITA le misure di contrasto ai femminicidi gestite da questo Stato, dalle forze dell'ordine, da questa Magistratura, o non vengono applicate o diventano anch'esse strumenti di violenza della volontà delle donne – vedi l'andamento dei processi.
Le donne vengono considerate come “vittime” al massimo da “tutelare” e non come soggetti attivi, principali nella battaglia contro femminicidi e stupri; anzi quando lo sono, con le lotte, le si vuole riportare ad una condizione di “delega” alle istituzioni o le si reprime. Si vuole soffocare, impedire il protagonismo delle donne, la ribellione delle donne, e nascondere che “gli uomini che odiano le donne” sono una reazione oggi anche al fatto che le donne, come donne, vogliano decidere della propria vita.
Quindi, anche là dove si vogliono introdurre norme utili, QUESTO E' POSSIBILE CON LA LOTTA E L'AUTORGANIZZAZIONE DELLE DONNE

Lecce:
Omicidio-suicidio tra le mura domestiche. E' accaduto questa notte, attorno alle 1.50 a Novoli nel Leccese quando Matteo Verdesca ha ucciso a coltellate la moglie trentottenne Donatella Miccoli nel letto coniugale. Dopo l'efferato gesto mortale, il signor Verdesca, 38 anni come la moglie, si è dato alla fuga a bordo di una Renault di colore bianco. Sulle sue tracce si sono messe le forze dell'ordine, che hanno avviato la caccia all'uomo autore dell'omicidio familiare. Poco dopo il 38enne è stato trovato morto. Ancora non è chiaro come: il suo corpo, carbonizzato, era all’interno dell’autovettura.
Secondo le prime ricostruzioni investigative, la coppia sarebbe stata vista rientrare in casa attorno alle ore 22 con le figlie. Di seguito si è sentita la coppia litigare, le cui urla hanno richiamato l'attenzione dei vicini che hanno dato l'allarme alle forze dell'ordine. Donatella Miccoli lavorava come commessa alla «Golden Point» di piazza Mazzini a Lecce e proprio nell'ultima delle sue «stories» su Instagram, prima di essere accoltellata dal marito, aveva pubblicato il suo amore per l'uomo.
Il racconto di familiari e conoscenti - Secondo alcune persone che conoscevano la coppia, era «molto geloso, a tratti morboso».

MFPR Taranto

 

lunedì 20 giugno 2022

Riceviamo e pubblichiamo volentieri: la dichiarazione del Collettivo Gkn: guerra alla guerra!

Riportiamo la dichiarazione del Collettivo Gkn, che in larga parte sosteniamo. E' importante che la classe operaia via via assuma il suo posto centrale, con la posizione politica e con l'azione, nello scontro con gli imperialismi, contro il nostro governo guerrafondaio.  

Questa guerra in Ucraina è parte ma anche differente dalle tante guerre in corso in tanti angoli della terra; essa è una guerra interimperialista, ed è dentro la tendenza accelerata alla guerra inter imperialista mondiale per una nuova spartizione del mondo, difesa e accaparramento delle fonti energetiche, materie prime, mercati; dalla tragedia di oggi, in primis per le masse popolari e i proletari ucraini, ci vogliono trascinare in una estensione della guerra avviata con l'invasione della Russia, ma alimentata con armi, soldi, propaganda bellica, sostegno al governo di Zelensky e al suo esercito formato da nazifascisti, dagli Usa/Nato (il capo della Nato ha dichiarato che durerà anni), dalla Gran Bretagna, come dagli altri paesi imperialisti europei; ci vogliono trascinare in una nuova catastrofe mondiale per i profitti delle borghesie imperialiste e dei loro interessi economici e geostrategici.

La guerra è la continuazione della politica di oppressione, sfruttamento, miseria, repressione dei padroni del mondo, degli Stati e governi imperialisti con altri mezzi. Nel nostro paese è la continuazione delle gravissimi effetti già in corso per l'intreccio di crisi/pandemia, dell’attacco ai posti di lavoro con le chiusure di fabbriche, le delocalizzazioni, le mega cassintegrazioni permanenti, l’attacco ai salari, la continuazione delle morti sul lavoro, da lavoro e da inquinamento, la continuazione della negazione dei diritti ai giovani, alle donne, agli immigrati, al sud. 

Ma la guerra in corso non è solo una "continuazione", è un salto di qualità dell'azione dei nemici dei lavoratori e delle masse; basta vedere come la nuova corsa agli armamenti, l'aumento delle spese militari, di cui il governo Draghi vuole essere in prima fila, sta portando ad un ulteriore rapido peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita già pesanti, in cui avvelenano la vita nel presente, con un carovita impossibile che taglia i nostri salari e butta nella povertà altre migliaia di persone, e ci negano il futuro - come denunciano gli operai della Gkn - dalla sanità, alla scuola, all'ambiente. 

A questo salto della borghesia imperialista, dobbiamo rispondere con un salto della nostra azione di lotta, e fare la nostra guerra di classe. Il miglior sostegno che possiamo dare ai proletari e alle masse popolari ucraine è lottare contro il nostro imperialismo, fermare la sua azione volta ad alimentare la guerra. Scioperi veri che blocchino le fabbriche e il paese; in ogni fabbrica, posto di lavoro che i lavoratori, i delegati sindacali si schierino, prendano posizione chiara e aperta con assemblee, mozioni, ecc; sosteniamo e allarghiamo le azioni di contrasto alla guerra e all'invio delle armi (da Coltano a Genova, a Taranto, a Niscemi, ecc.), facciamo manifestazioni vere unitarie e di massa. Aumentiamo le lotte quotidiane, a partire dalla centralità oggi della lotta per aumenti salariali, contro il carovita, carobenzina - come indicano gli operai Gkn - una lotta continua sul salario per risultati concreti. 
In questa fase, queste lotte sono da un lato una necessità vitale di difesa delle condizioni dei proletari e delle masse, dall'altro una necessità per indebolire il fronte sempre più stretto tra padroni che pretendono tutto e governo che toglie a noi per dare ai padroni e alla loro guerra.
Ma chiaramente, come Mao Tse tung ci ha insegnato: “il mezzo per opporsi ad una guerra di questo genere è fare tutto il possibile per impedirla prima che scoppi, ma una volta scoppiata bisogna opporsi alla guerra con la guerra, opporsi alla guerra ingiusta con la guerra giusta ogni volta che sia possibile”.
Portando avanti la nostra guerra di classe dobbiamo attrezzarci per la nostra guerra rivoluzionaria per porre fine a questo sistema barbaro imperialista di morte, profitti sullo sfruttamento, attacco ai diritti fondamentali, cancellazione della democrazia (a partire in Italia dal mettere sotto i piedi l'art. 11 della Costituzione), ecc. 

Dobbiamo ricostruire per questa guerra rivoluzionaria gli strumenti necessari un Partito della classe operaia per il potere dei lavoratori, un sindacato di classe nelle mani dei lavoratori, un Fronte unito popolare come ai tempi della Resistenza e dell’Autunno caldo; dobbiamo costruire la Forza militante proletaria combattiva che risponda alla violenza diretta e indiretta dello Stato del capitale, alla repressione, alla dittatura di oggi travestita da democrazia.

E in questo cammino gli operai più coscienti della partita generale in gioco, come gli operai del Collettivo di fabbrica della Gkn, hanno un compito d'avanguardia e responsabilità.

INSORGIAMO PER IL POTERE OPERAIO!

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Insorgiamo con i lavoratori GKN

🔴 Dichiarazione del Collettivo di fabbrica sulla guerra.

La guerra è contro noi tutte/i. Noi tutte/i contro la guerra.

1. La guerra un giorno scoppia, ma non scoppia in un giorno. E’ un processo: la prosecuzione con altri mezzi dello scontro economico e politico tra blocchi imperialisti.
Troppo spesso ci accorgiamo della “guerra” e del suo “inizio” solo quando la società del mainstream decide di mediatizzarla, fuori da ogni contesto e accantonando ogni analisi sulle cause: dallo Yemen alla Siria passando per il Rojava fino a Iraq e Palestina, nel totale silenzio mediatico nel mondo ci sono almeno 59 conflitti militari “ufficiali” e un numero non quantificabile di invasioni nemmeno dichiarate.

2. La stessa guerra in Ucraina è iniziata dal 2014, con tanto di conflitto bellico nel Donbass e di accordi di pace non rispettati. Da decenni di fatto lo spazio fisico dell'Ucraina è stato trasformato in spazio di contesa tra imperialismi e l'invasione da parte dell'esercito russo, che condanniamo senza esitazione, è solo l'ultimo passaggio di tale processo. Non siamo noi ad avere un doppio standard di valutazione sulle bombe e sui civili uccisi, ma l'intero mondo mediatico arruolato in questa guerra che ignora ad esempio le sofferenze e i bombardamenti turchi sulla Siria del nord est.

3. Ancora una volta, come già accaduto in pandemia, rischiamo di rimanere schiacciati nelle posizioni e negli schieramenti che questo sistema ci propone. Con la guerra arriva il tentativo di arruolarci dietro o uno o all'altro nazionalismo. Come lavoratori del Collettivo di Fabbrica dei lavoratori GKN rifiutiamo questa logica: la nostra opposizione alla guerra, la difesa dei civili, la solidarietà verso i lavoratori e le lavoratrici si esercita dichiarando guerra alla guerra. E tanto più tardiamo a dichiarare “guerra alla guerra”, tanto più il futuro dei civili di tutto il mondo è in pericolo.

La guerra crea masse migratorie, o possiamo anche dire fughe di massa. Lo abbiamo sempre saputo e per questo siamo sempre stati per accogliere chi scappa da guerra e fame, fuori da ogni logica del profitto e di sfruttamento, come per esempio sperimentato a Riace da Mimmo Lucano. Oggi invece prendiamo atto dell'incredibile ipocrisia di “Stati fortezza” che dividono i profughi in migranti di serie “A” e di serie “B”.

4. Noi dichiariamo guerra alla guerra non solo quando essa diventa “guerreggiata” ed esplode in superficie. La nostra è una posizione radicale, che va cioè alle radici del meccanismo e che ne coglie le conseguenze complessive. L’attuale conflitto avviene sull’onda lunga della crisi del 2008, del 2011, della crisi pandemica e dei cambiamenti climatici. Ogni giorno diventa sempre più forte lo scontro economico, per chi ripaga il debito, per chi usufruisce dell'enorme liquidità finanziaria, per il controllo dei mercati in regime di sovrapproduzione, per le fonti energetiche, materie prime, industria estrattiva, porti, per gli spazi vivibili con la crescente desertificazione.

5. Tale scontro economico è tra chi sta in alto e chi sta in basso nella società, tra noi e loro, tra chi domina l'economia e chi ne è dominato. Ma lo scontro attraversa e divide anche coloro che dominano l’economia e che si spartiscono il mondo. Tra questa guerra “verticale” e guerra “orizzontale” c'è un rapporto stretto: tanto più veniamo arruolati nello scontro tra capitali, tanto meno riusciamo a difenderci dalla guerra che il capitale muove nei nostri confronti.

6. Il risorgere delle ideologie fasciste, xenofobe e nazionaliste diventa il motore e la copertura ideologica di questo processo: non a caso il conflitto ucraino è diventato un laboratorio mondiale del riarmo per gruppi nazifascisti e paramilitari. Questi rappresentano sul terreno quello che il fondamentalismo islamico ha rappresentato nella guerra di procura in Siria. Se qualcuno aveva dubbi, mai come oggi l’antifascismo e l’antirazzismo tornano ad avere centralità. Fuori dall’antifascismo radicale non vi è salvezza.

7. L'industria bellica è strumento di guerra e la guerra è strumento dell'industria bellica. La spesa militare è in aumento da tempo a livello mondiale. Un sistema che costruisce armi per non usarle è irrazionale. Un sistema che costruisce armi per usarle è criminale. Le basi e le servitù militari, la spesa militare e l’industria bellica sono l’elefante nella stanza di cui nessuno parla. La guerra si disinnesca attraverso una enorme riconversione produttiva di tutto l'apparato di produzione bellico e smilitarizzando i territori. E tale obiettivo è impensabile senza un programma sociale adeguato, fatto da un intervento pubblico diretto dai bisogni collettivi e dalla riduzione d'orario a parità di salario per assorbire tutti gli occupati in uscita dalla produzione bellica.

8. La guerra è una enorme sottrazione di risorse a ospedali, sanità, istruzione e trasporti pubblici. E' una ulteriore giustificazione del carovita e della moderazione salariale. Dichiarare guerra alla guerra significa scendere in lotta per il nostro stato sociale e per i nostri salari, per il salario minimo intercategoriale e il ritorno alla scala mobile dei salari.

9. La guerra è per definizione uno dei fenomeni più inquinanti. Inquina l’informazione, la verità, le menti. Inquina ovviamente il pianeta. Parlare di “transizione ambientale” e tollerare l’escalation militare è una forma estrema di ipocrisia.

Per questo il movimento contro la guerra non può che essere radicalmente ambientalista, trasversale e questo tipo di movimento non può che essere contro la guerra.

10. Lo Stato sa che per portare la guerra “fuori”, devi vincere la guerra “dentro”. Per portare in guerra un paese, lo devi pacificare internamente. Per questo non può esistere contesto di guerra senza un contemporaneo contesto di repressione del dissenso. Non ci riferiamo a un generico “dissenso” di opinione. Ci riferiamo al dissenso reale, quello che si può organizzare, dispiegarsi e modificare l’esistente. Riteniamo quindi non casuale l’aumento della repressione: ricordiamo solo ad esempio gli ultimi episodi, l'accusa formulata sulla base di reati prescrivibili con ammende di associazione per delinquere al CALP per bloccare il traffico di armi nei Porti, le denunce nei confronti delle studentesse e studenti di Torino o i provvedimenti contro Fridays for Future. Dentro il contesto di guerra e le sue ideologie, non c'è spazio per il nostro modello sindacale, per i movimenti siano essi sociali, ambientali o per i diritti civili. La guerra è contro noi tutte/i e noi tutte/i contro la guerra.

La guerra è un fenomeno complessivo e la necessità di contrastarla ci toglie ogni diritto al particolarismo, alla ristrettezza mentale, alla settorializzazione. Fuori dalla convergenza di lotte e pratiche, operaie, transfemministe, antifasciste, ambientaliste, antimilitariste, nessuno si salva, nessuno regge.

L'opposizione alla guerra deve ripartire dalla critica alla materialità della guerra, deve smascherare ogni finta copertura ideologica del conflitto per disvelare i meccanismi economici e sistemici alla base della guerra. Con queste idee attraverseremo ogni scadenza e discussione contro la guerra. Per discutere di questa idea convochiamo in fabbrica una assemblea pubblica del gruppo supporto per giovedì 23 sera.

Genova è oggi una delle piazze dove si pratica la critica materiale alla guerra, contrastando la logistica bellica. Genova dove il cielo ogni volta che una nave carica di armi entra in porto si tinge di rosso oggi si sviluppa la lotto contro il traffico d'armi nel porto, per via dell'opposizione dei portuali al traffico d'armi. Genova dove la guerra la fecero a noi nel 2001 caricandoci per strada, sparandoci i lacrimogeni dagli elicotteri, pestandoci dentro la Diaz, sparandoci addosso in Piazza Alimonda, uccidendo Carlo, torturandoci a Bolzaneto. Genova città antifascista che insorge nel 1960 contro il congresso del Msi e del Governo Tambroni nel 1960.

Genova, città di Porto e industriale, dove da sempre è forte il rischio di ricatto tra lavoro e ambiente. Genova, città del cattolicesimo sociale e impegnato di Don Gallo.

Genova città che con il crollo del Ponte Morandi porta le ferite della stagione devastante delle privatizzazioni.

Genova sarebbe stata forse la meta naturale per un tenetevi libere e liberi di luglio che unisse tutti i temi che abbiamo citato. Ma questo evidentemente non lo decide il Collettivo di Fabbrica Gkn di Firenze. Il quale può solamente rimettersi in marcia e provare ad attraversare tutte le scadenze che ogni territorio saprà darsi e costruire.

Per questo, per altro, per tutto

Fuori dall'emergenza, dentro l'urgenza

Senza convergenza, non c'è insorgenza