martedì 9 agosto 2022

I sindacati confederali dicono in maniera diversa le cose che dice Acciaierie d'Italia - La UILM

Dalle dichiarazioni di Palombella (segr.naz. Uilm): "Se il miliardo di euro previsto dal Governo non dovesse essere facilmente e immediatamente spendibile, ci sarebbero presto, oltre a gravi problemi di liquidità per l’acquisto delle forniture e delle materie prime, ripercussioni occupazionali, sociali e ambientali drammatiche. Tuttavia ad oggi non c’è ancora molta chiarezza sulle modalità con le quali potranno essere utilizzate queste risorse".

La Uilm si lamenta che questi soldi vengano dati a "scatola chiusa" e con modalità incerte. Ma nè la Uilm nè nessuno dei sindacati confederali ha messo in discussione che lo Stato debba dare questo ulteriore miliardo (dopo gli sconti dati sull'affitto e il prezzo d'acquisto) ad Acciaierie d'Italia. Lì dove altri gruppi nazionali e mondiali dell’acciaio anche in questa fase di crisi fanno profitti e ricavi, mentre Acciaierie d’Italia dichiara di non avere un centesimo...

“Il dibattito sul futuro modello produttivo è spesso inconsistente – continua Palombella – perché non tiene conto della realtà di mercato e impiantistica dello stabilimento. Si può arrivare ad avere due forni elettrici che producono 2,5 milioni di tonnellate all’anno ciascuno e un forno tradizionale per riequilibrare un po’, ma senza rinunciare all’area a caldo. Chi propone la chiusura dell’area a caldo, di fatto, chiede la chiusura dell’intera fabbrica”. “Le industrie siderurgiche sono energivore e quindi mi chiedo come si possa pensare che Acciaierie d’Italia diventi totalmente elettrica visto il periodo storico in cui i costi di energia e gas sono aumentati a dismisura. Sarebbe economicamente sostenibile?”.

Ma sono le stesse cose che dice la AD Morselli, che dice Bernabè, per aumentare la produzione, con meno costi per essere competitivi sui mercati, e per chiedere soldi allo Stato

“La priorità dell’intervento dello Stato deve avere come obiettivo primario il rientro al lavoro dei 3 mila dipendenti attualmente in Cig, la salvaguardia occupazione dei 1.700 in Ilva As come previsto dall’accordo del 2018, importanti investimenti sulla sicurezza degli impianti e il pagamento delle aziende dell’indotto – conclude – se questo non avverrà rischiamo una bomba ambientale, sociale e occupazionale senza precedenti”. 

Ma se si assumono gli interessi economici di Acciaierie d'Italia queste richieste sono "aria fritta".

L'unico modo per rovesciare la situazione è che ci sia quella "bomba" che Palombella teme; la "bomba" della lotta vera, continua degli operai, che riescano ad unire attorno a questa lotta un fronte sociale.

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