martedì 4 marzo 2025

PERQUISIZIONE A DUE COMPAGNI DI BARI - Massima solidarietà

Nel pomeriggio di martedì 25 febbraio due nostri compagni hanno subito una perquisizione da parte dei ROS. L’accusa? Essere parte di un’indagine che, al momento, sembra ruotare attorno a un teorema fantasioso: alcune scritte di solidarietà con il popolo palestinese e con Alfredo Cospito sarebbero considerate una minaccia.

Vogliamo dirlo chiaramente: la nostra solidarietà con il popolo palestinese è incondizionata. Non possiamo accettare che opporsi ad un genocidio sia criminalizzato, così come sta accadendo ormai in tutta Europa. Leggendo le pur scarne carte dell’indagine, non possiamo fare a meno di notare quanto tutto sembri guidato, se non da un disegno preciso, almeno da un indirizzo politico ben chiaro e orientato.

Viviamo in un momento storico in cui le potenze occidentali stanno sacrificando pezzi sempre più grandi di democrazia per giustificare la loro complicità con la violenza dello Stato israeliano e per assecondare l’élite tecnologica e finanziaria globale. Ogni giorno vediamo restringersi le libertà di associazione e di espressione, mentre il controllo sociale si fa sempre più serrato.

L’ultimo decreto sulle “zone rosse differenziate” da parte del Governo del 24 febbraio, accolto con sommo gaudio dell'amministrazione Leccese, non è un caso isolato: rientra in un processo più ampio di repressione e sorveglianza, che persino a livello locale si fa sempre più aggressivo. Il principio del "decoro" è brandito al servizio della gentrificazione più selvaggia, e ha portato tra le altre cose, sotto natale, ad una squallida operazione di rastrellamento contro i e le senza fissa dimora su Via Capruzzi.
Una città in cui la crescente criminalizzazione delle lotte sociali vuole rendere più fluido il processo di turistificazione senza limiti o paletti, appannaggio dei ricchi e a discapito di chi perde la casa.

Il confine tra i poteri dello Stato si assottiglia sempre di più, lasciando spazio a una gestione securitaria che punisce chiunque provi a contestare lo stato di cose.

E come sempre, a subire per prime le conseguenze di questo clima repressivo sono le persone razzializzate, i migranti, chi professa la fede musulmana. La storia si ripete: il potere colpisce sempre dove ha già colpito, rafforzando ingiustizie che sembrano senza fine.

Ma non è di due persone che si tratta: nel mirino c’è la possibilità stessa di ribellarsi, di dire no, di scegliere la solidarietà e la lotta invece della rassegnazione. Che si tratti di pretendere un lavoro dignitoso, di fermare la strage nel Mediterraneo o di opporsi alla militarizzazione delle nostre vite, la risposta che ci viene imposta è sempre la stessa: repressione.

Noi, e chiunque legga queste parole, sappiamo che una città non è un fortino da difendere né una vetrina da esibire. Le città appartengono a chi le vive, ogni giorno, con le proprie relazioni, i propri legami, la propria comunità. Non saranno le telecamere a renderle più sicure, ma la forza delle persone che le abitano.

Queste poche righe non sono la fine di qualcosa, ma solo l’inizio.

Per ora vi invitiamo all’assemblea pubblica in Ex Caserma Liberata domenica 9 alle ore 17

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