(dal convegno della Rete nazionale per la sicurezza di gennaio) - La drammatica storia di morti, inquinamento, danni alle persone, è certo difficile trasformarla in un processo, ma questo si prepara ad essere il più grande processo, di rilevanza anche internazionale.
All'Ilva,
l'inquinamento ha mille sfaccettature, non è stata individuata una
precisa e limitata area critica, c'è anche un vasto profilo
corruttivo su tutta la vicenda... Un processo che rischia di
incartarsi per le sue dimensioni.
All'Eternit la
sentenza è stata per disastro doloso, cioè di omissione volontaria
di misure di sicurezza sul lavoro. Non potendo ricostruire la storia
di ogni singola persona, si è affrontato il problema in termini
generali. A maggior ragione all'Ilva non si può affrontare caso per
caso. Paradossalmente
gli imputati vorrebbero invece che si analizzasse caso per caso per
allungare i tempi del processo. Quindi su questo la scelta, la
decisione dei giudici è essenziale, e su questo pesa quello che
facciamo noi.
E' necessario il coordinamento delle parti civili. Se arrivano centinaia di
avvocati, ognuno per rappresentare alcune parti civili, si rischia di
affossare il processo. Noi
dobbiamo incidere sulle modalità di gestione di questo processo.
Altro aspetto che
viene dall'esperienza Eternit. Noi vogliamo che il processo accolga
le parti civili anche di lavoratori e abitanti che non si sono ancora
ammalati o che non si ammaleranno mai, perchè, come all'Eternit,
deve essere contestato il “reato di pericolo”. Lo Stato dice:
“nessuno deve mettere a rischio la vita e la salute degli altri”;
quindi non deve essere punito solo chi provoca malattia e morte, ma
anche chi mette a rischio.
Non si tratta solo
di una questione di risarcimento per chi è stato colpito ma del
fatto che il rischio non ci sia più. Dobbiamo cercare di impedire coloro che puntano solo in maniera avida ai risarcimenti, e tra gli
avvocati ci sarà chi solleciterà ad andare in questa direzione; non
illudere nessuno sulla questione dei risarcimenti, non può essere
questo il nostro unico obiettivo ma il risanamento della fabbrica e
della città.
Ma soprattutto
c'è l'assoluta necessità di garantire una forte
presenza fisica alle udienze. Non dobbiamo permettere al Tribunale di
decidere per conto suo a fronte di una nostra scarsa presenza. Occorre concepire questo processo come una guerra, dove non ci sono
solo i Riva indagati ma tutto un sistema industriale/politico e anche sindacale.
Se da questo processo Riva ne esce che
non conta niente già è un buon risultato. Vediamo questo processo
come opportunità per cambiare le cose; non sappiamo ora che futuro
avrà Taranto, ma occorre provarci.
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