Ancora una volta arriva sul filo di lana la salvezza per i 67 lavoratori della ex Cementir di Taranto (ex sito industriale del gruppo Caltagirone), oggi Cemitaly appartenente al gruppo tedesco della Italcementi. Quest’oggi infatti, presso il ministero del Lavoro a Roma, è stato siglato l’accordo tra azienda e sindacati di categoria per un altro anno di cassa integrazione straordinaria. L’accordo segue l’intesa siglata con la Regione Puglia lo scorso 8 novembre a Bari (propedeutica per l’accordo odierno, in quanto la Regione ha preso l’impegno di contribuire al sostegno per completare il piano di recupero occupazionale), quando fu decisa la sospensione della procedura di licenziamento collettivo per i 67 lavoratori per cessazione totale dell’attività del sito industriale (di cui 57 lavoratori appartenenti alla categoria intermedi e operai e 10 alla categoria impiegati e quadri, corrispondenti all’intero organico aziendale). La proroga è stata concessa in base alle norme per le aree di crisi industriale complessa nelle quali è compresa anche
la favola del piano industriale di Italcementi avvalorata da Governo e sindacati confederali è solo una manovra di scarico sulla finanza pubblica: Con i soldi di 5 anni di cassintegrazione a cui si aggiungono i fondi regionali si sarebbero potuti fare investimenti seri per dare lavoro e non assistenza ai lavoratori.
Ma questo lo sostiene solo da anni lo Slai cobas mentre dall'altra parte abbiamo avuto governo Renzi/governo Gentiloni - entrambi con l'inamovibile Bellanova - e ora il governo ingannapopolo Di Maio/Salvini.
La Cementir mostra in piccolo quello che succederà in grande con l'amministrazione straordinaria ILVA e i lavoratori cacciati dall'ArcelorMittal ora in cassintegrazione.
Questa è la vera "pacchia" per i padroni che non finisce mai!
In base all’accordo silgato oggi, Italcementi dovrà presentare entro il primo trimestre 2019 il piano industriale del gruppo, così come previsto dall’intesa in Regione lo scorso mese. E con il piano, dunque, si capirà finalmente quali saranno le prospettive industriali per il sito di Taranto, inevitabilmente legato alla produzione dell’ex Ilva, oggi ArcelorMittal Italia. Accanto alla proroga della cassa, inoltre, è statoconfermato l’intervento di formazione e di riqualificazione professionale dei lavoratori, con risorse messe a disposizione dalla Regione Puglia. “Ovviamente
per noi non è sufficiente aver ottenuto la proroga della cassa“, ha affermato il segretario generale della Fillea Cgil di Taranto, Francesco Bardinella: “Per l’ex Cementir di Taranto bisogna parlare di ripresa del lavoro, della produzione e degli investimenti, a partire dallo sblocco dell’uso della loppa siderurgica, che l’azienda utilizza per produrre la tipologia di cemento in cui il sito tarantino è specializzato“.
per noi non è sufficiente aver ottenuto la proroga della cassa“, ha affermato il segretario generale della Fillea Cgil di Taranto, Francesco Bardinella: “Per l’ex Cementir di Taranto bisogna parlare di ripresa del lavoro, della produzione e degli investimenti, a partire dallo sblocco dell’uso della loppa siderurgica, che l’azienda utilizza per produrre la tipologia di cemento in cui il sito tarantino è specializzato“.
“Abbiamo potuto ottenere la proroga in base a questo dispositivo perché per l’ex Cementir siamo ancora nel 2018, quindi beneficiamo di questa annualità“, ha spiegato il segretario generale della Fillea Cgil tarantina. “E comunque – rileva Bardinella – anche se oggi rinnoviamo la cassa integrazione al ministero del Lavoro, cassa che scade poco prima di Natale, ma il problema di cosa dev’essere Italcementi a Taranto rimane tutto. Oggi c’è uno stallo preoccupante. L’azienda, infatti, non può ancora utilizzare la loppa del siderurgico malgrado sul versante giudiziario le cose dovrebbero essersi chiarite. E senza l’uso della loppa, Italcementi non può far produrre nel sito di Taranto quella tipologia di cemento nella quale è specializzato”.
Ricordiamo ancora una volta che in ballo, oltre al problema della produzione del sito e del futuro dei lavoratori, c’è l‘eventuale bonifica del sito e relativi lavori alla Calata IV del porto di Taranto, utilizzata per decenni dalla ex Cementir e su cui non sono mai stati fatti gli interventi previsti. Durante la riunione dello scorso 15 ottobre nella sede di Confindustria Taranto infatti, i rappresentanti di Cemitaly sottolinearono l’evidente insostenibilità economica di eventuali interventi tecnico-produttivi e commerciali atti ad operare utilmente in un mercato altamente concorrenziale ed, altresì, l’impossibilità di operare anche solo come centro di macinazione: tutti aspetti che hanno indotto la Italcementi ad assumere la decisione di cessare definitivamente tutte le attività presso lo stabilimento di Taranto.
A proposito di bonifiche, giova ricordare che esiste un inquinamento dei terreni e della falda, seppur quest’ultimo è limitato ad una zona del sito e sul quale negli anni sono stati approvati progetti d’intervento presentati dalla stessa Cementir ed approvati in apposite Conferenza dei Servizi con la supervisione di ARPA Puglia, peraltro molti dei quali iniziati, ma non si sa quanti finiti e quanti no.
(leggi tutti gli articoli sulla Cementir https://www.corriereditaranto.it/?s=cementir&submit=Go)
C’è poi da fare i conti con l’annosa questione che riguarda la calata IV del porto di Taranto (che abbiamo seguito negli anni). Dall’accordo raggiunto nel dicembre 2016 con cui si salvarono i posti di lavoro (leggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2016/12/28/cementir-un-accordo-meta-un-altro-anno-cigs-bastera-la-calata-iv-diventa-pubblica/), restò soltanto come ‘concessione come impresa portuale‘ la possibilità per la Cementir di utilizzare il lato di ponente della calata IV del porto di Taranto, che oramai, dopo anni in cui è stata concessa all’azienda di Caltagirone che si è ben guardata dal fare tutti i lavori a lei spettanti, è diventata di fatto una banchina pubblica: è infatti proprio la calata IV, dal lato di ponente visto che quello opposto è in concessione all’Ilva, che negli ultimi due anni diverse società l’hanno utilizzata per il trasporto merci di navi ro-ro. La realtà è che, come abbiamo sempre scritto negli anni, “la Cementir non ha mai effettuato la manutenzione dell’area in gestione, non ha rispettato le norme in materia ambientale e di tutela dei lavoratori“. Inoltre l’area in oggetto «necessita di lavori di manutenzione ordinaria, straordinaria e ripristino strutturale dell’impalcato di calata IV», come dimostrato dalla «Perizia della stabilità dell’impalcato banchina e piazzale della Calata IV» affidata allo Studio Vecchi & Associati.
(leggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2018/10/03/2cemitaly-sul-futuro-tutto-tace-cosa-accadra/)
“Rischia di non essere così, invece, per tutti gli altri lavoratori edili, a partire dall’indotto Ilva, oggi Arcelor Mittal Italia, che invece terminano la cassa integrazione, sempre per area di crisi industriale complessa, nel 2019“, avverte il sindacalista tarantino. Le prime scadenze ci saranno già nel gennaio prossimo ed allo stato attuale non è ancora chiaro quali saranno le decisioni che il governo prenderà, in funzione di un’eventuale proroga. “Diciamo che l’ex Cementir – aggiunge Bardinella – è entrata in extremis, altrimenti la situazione sarebbe stata davvero critica”. “Il problema è molto serio – osserva ancora Bardinella – perché a Taranto abbiamo molte imprese dell’appalto Ilva, compreso quelle che lavorano al risanamento ambientale, che hanno quote di lavoratori la cui cassa integrazione per area di crisi complessa maturerà la scadenza nei primi mesi del 2019. Cosa accadrà a questi lavoratori, non è dato sapere ad oggi“.
Secondo stime sindacali, sono alcune centinaia i lavoratori che, avendo usufruito nei mesi scorsi della cassa integrazione per area di crisi complessa, adesso rischiano di trovarsi senza più la protezione dell’ammortizzatore sociale. A ciò si aggiunga la situazione dei circa 1800 addetti di Tarantoche, rimasti con l’amministrazione straordinaria di Ilva e non selezionati da Arcelor Mittal per l’assunzione, adesso sono in cassa integrazione straordinaria a zero ore. Questi lavoratori sino alla fine dell’anno hanno percepito un’indennità di cassa integrazione maggiorata rispetto agli altri lavoratori in quanto lo scorso anno il Governo, in considerazione della specificità della vicenda Ilva, decise di stanziate risorse ad hoc per 24 milioni di euro che hanno appunto potenziato l’”assegno” della cigs. Adesso non si ha notizia di un analogo intervento del Governo per il 2019 e quindi i lavoratori Ilva in cigs rischiano di percepire un’indennità ridotta rispetto a quella presa sinora. Il Pd, con la senatrice Teresa Bellanova, ha presentato a tal proposito un emendamento per ripristinare la misura.
Staremo a vedere cosa accadrà.
Nessun commento:
Posta un commento