A poco più di un mese dall’annucio di messo sul mercato il sito Cemitaly di Taranto, ovvero l’ex Cementir, l’Italcementi (società italiana che dal 2016 è stata acquisita dai tedeschi HeidelbergCement Group) ha comunicato ai sindacati di categoria FILCA Cisl, FILLEA Cgil e FENEAL Uil, Regione Puglia e Confindustria Taranto, l’attivazione della procedura di licenziamento collettivo per 51 lavoratori (8 impiegati, 10 intermedi e 33 operai) “strutturalmente eccedenti ed unicamente riferibili all’unità produttiva di Taranto in ragione della definitiva cessazione dell’attività della predetta unità produttiva”.
Un’eventualità che i sindacati avrebbero volentieri evitato, visto che la stessa azienda nell’incontro di un mese fa si era detta disponibile ad attivarsi per ottenere, per l’ultima volta, altri 12 mesi di cassa integrazione per aree di crisi industriale complessa, visto che gli ammortizzatori sociali di questa stessa procedura scadono il prossimo 15 settembre. Ma le richieste di incontro più volte inoltrate alla task force regionale per l’occupazione sono rimaste senza risposta...
La società scrive che i motivi della determinazione aziendale di cessazione delle attività dello stabilimento di Taranto sono da rinvenirsi negli sviluppi che hanno investito l’unità produttiva nel corso degli ultimi anni, interessata – peraltro – da un cambio di proprietà intervenuto nel 2018 con l’acquisizione di Cementir Italia (oggi Cemitaly S.p.A.) da parte della ltalcementi S.p.A. – Heidelbergcement Group.
“Già all’atto dell’acquisizione, lo stabilimento – che dal 2013 aveva scontato un significativo e progressivo ridimensionamento delle attività con la chiusura dell’area di produzione “a caldo” e la conseguente ridefinizione degli organici necessari alla conduzione di un ciclo industriale limitato alla sola macinazione del clinker – versava in una condizione di prolungato fermo produttivo, a causa di una grave crisi di mercato e di prodotto che ha investito nell’ultimo decennio il settore dell’edilizia e di una crescente difficoltà di reperimento di loppa d’altoforno dal vicino stabilimento ArcelorMittal (ex ILVA) nonché dell’impossibilità nel reperire altrimenti la materia prima a costi sostenibili” si legge nella comunicazione aziendale.
Constatato il protrarsi della crisi dello stabilimento, già nell’ottobre 2018 Italcementi attivava una procedura di licenziamento collettivo per l’intero organico del sito, pari, allora, a 67 dipendenti. La procedura si concludeva con il ritiro dei licenziamenti e la richiesta di CIGS ai sensi dell’art. 44, c.11- bis, D. gs 148/2015 per 12 mesi, per l’intero organico dello stabilimento. Nel corso del periodo di CIGS, l’azienda si riservava approfondimenti circa la riattivazione del centro di macinazione, nella prospettiva di produzione di cemento alla loppa.
Detti approfondimenti costituirono il presupposto per un nuovo di intervento della CIGS, dal 22/12/2019 al 21/12/2020, periodo che è venuto a protrarsi sino al 15/09/2021 con il ricorso alla “CIGO COVID-19 – Sospensione CIGS“, così come previsto dalla normativa sull’emergenza epidemiologica.
Tuttavia, riprende l’azienda, “prendendo atto di un mercato, in particolare quello del cemento alla loppa, ormai stabilizzato su livelli contenuti quanto alla domanda e su dinamiche, in particolare relativamente a distribuzione e prezzi, non più praticabili dal sito di Taranto quanto ai canali dell’offerta, la società non riscontrava le condizioni per considerare attuale e sostenibile la riattivazione del sito, in uno scenario, peraltro, caratterizzato da forti incertezze quale quello generato dagli effetti della pandemia da coronavirus”.
In tale contesto, la società ha quindi deciso di procedere alla definitiva cessazione dell’attività del sito di Taranto ed alla chiusura dello stesso.
Il carattere strutturale dell’esubero di personale, derivante dalla cessazione dell’attività del sito di Taranto per la società non lascia spazio a nessun altro tipo di strada da perseguire: “non consente di porre in essere misure alternative al licenziamento collettivo né di ricorrere ad altre tipologie contrattuali. Risulta peraltro non percorribile la possibilità di conversione del sito ad altre produzioni di cemento, in ragione sia dell’articolazione più generale del gruppo che della situazione in cui attualmente versa il mercato del cemento. Non vi è nemmeno la possibilità di aderire a soluzioni temporanee alternative alla presente, posto che le azioni di mobilità interna al Gruppo sviluppate negli anni non hanno dato esiti tali, per numero delle posizioni aperte in altre sedi e per le disponibilità individuali espresse dai lavoratori di Taranto, da potersi oggi configurare come alternativa alla procedura”.
Per l’azienda “non appare più utile il ricorso, neppure parziale, alla cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria, nemmeno nella causale contratto di solidarietà, non essendo più possibile ipotizzare un reimpiego o ricollocazione al lavoro delle unità in esubero a causa del carattere oramai strutturale delle eccedenze, fatto che impedisce qualsiasi reversibilità o modifica delle conseguenze delle decisioni riorganizzative“.
Pertanto, la società “procederà al licenziamento del personale eccedente non appena esaurita la procedura, nei tempi previsti dalla legge e tenuto conto della cessazione del programma di cassa integrazione in corso”.
I prossimi passi da parte dei sindacati saranno quelli di attivare un tavolo sindacale con l’azienda ed uno con ARPAL (Agenzia Regionale Politiche Attive per il Lavoro), per cercare tutte le strade utili atte a tutelare i lavoratori...
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