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Ex Ilva, il governo ‘taglia’ Invitalia
Firmato un preliminare di accordo con ArcelorMittal: in vista il ritorno al 100% del privato
Corriere di Taranto
Gianmario Leone
pubblicato il 24 Ottobre 2023, 08:06
Il banco sta per saltare. Le avvisaglie arrivano da lontano e durano da circa un anno ed oltre oramai. Non ultima la drammatica audizione della scorsa settimana del presidente di Acciaierie d’Italia Holding spa, Franco Bernabé, che per molti ha segnato il passo d’addio di quest’ultimo in vista del consiglio di amministrazione della società in programma giovedì, giorno nel quale ci sarà anche un’audizione del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che oramai sembra fuori dai giochi. Ma al di là delle previsioni e delle possibili soluzioni che avrà la vicenda dell’ex Ilva di qui a prossimi mesi, gli ultimi eventi ci dicono oramai con certezza dell’esistenza di una trattativa tra il governo e il socio privato ArcelorMittal Italia, che ha visto lo scorso 11 settembre la firma di un Memorandum of Understanding (documento che viene firmato nel corso delle trattative per la conclusione di un futuro accordo), senza coinvolgere Invitalia avviando di fatto la strada che porterebbe ad un’uscita definitiva dal capitale sociale della società da parte dello Stato, che resterebbe al 100% nelle mani del socio privato (con un sostanziale innesto di liquidità da parte del governo per la sua uscita, come
peraltro previsto dai patti parasociali firmati a suo tempo), visto che si è abbondantemente capito che la convivenza privato-pubblico è controproducente per un’azienda del genere e con governi che cambiano ogni due anni le carte in tavola. Probabilmente è questa l’unica strada percorribile al momento, per far sì che si possa addivenire così all’acquisto degli impianti sotto sequestro (anche magari in vista di una nuova istanza di dissequestro da parte dei Commissari Straordinari di Ilva spa) usufruendo della possibilità messa in campo dal governo con il decreto ‘Salva Infrazioni’ dello scorso 10 agosto (al netto di un nuovo ricorso da parte della procura ionica alla Corte Costituzionale per la verifica della sussistenza dello stesso in punta di diritto) e comunque prevista dall’intesa del 31 maggio 2022 sul closing a maggio 2024 (magari rivedendo quegli stessi accordi che poggiano sul verificarsi di precise prescrizioni ad oggi rimaste ancora sulla carta come il dissequestro stesso), che permetterebbe alla società di tornare ad essere bancabile, a finanziare il circolante e a mettere così sul tavolo un realistico piano industriale, ambientale e occupazionale, senza il quale l’ex Ilva è destinata ad una chiusura certa ed inevitabile di qui ai prossimi mesi
Strada questa che va nella direzione opposta a quella auspicata da mesi dalle organizzazioni sindacali (e di alcuni partiti politici di opposizione, in particolar modo Partito Democratico e Movimento 5 Stelle), che però vanno coinvolte il prima possibile in questa trattativa, perché rappresentano comunque migliaia di lavoratori che di quella fabbrica restano la colonna portante, nonostante i tanti errori di valutazione e di strategia politica compiuti negli ultimi anni all’interno di questa infinita vertenza.
A dimostrazione di come le cose stiano in questo modo, la lettera che l’amministratore delegato di Invitalia Bernardo Mattarella ha inviato ieri ad Acciaierie d’Italia Holding spa, che detiene le partecipazioni nelle società che compongono il gruppo Acciaierie d’Italia e ad Acciaierie d’Italia spa che detiene la gestione aziendale (e per conoscenza ad ArcerlorMittal Italia e ArcelorMittal SA), in riscontro ad una nota della società nella quale per Invitalia si è manifestata “per l’ennesima volta, il grave difetto di disponibilità e collaborazione nei confronti della nostra società e la ancor più grave mancata conformità alle pattuizioni contrattuali, ed impone, pertanto, le seguenti, essenziali precisazioni”.
Invitalia lamenta innanzitutto che “alla nostra ‘Richiesto di chiarimenti e verifiche’ (prot. N. 843), che rinviava a quella precedente dell’11 luglio, si ribadisce che ad essa ha fatto séguito la trasmissione di documenti che fornivano risposte soltanto parziali. Come già rilevato, infatti, con la comunicazione del 24 luglio 2023, ADIH, nonostante quanto espressamente previsto dall’art.6.1(2) del contratto di finanziamento in conto soci del14 febbraio 2023, ha omesso di fornire ad lnvitalia tutte le informazioni utilia consentirle, quale socio pubblico di imprese che gestiscono stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, «la corretto valutazione circo il possibile esercizio dei propri diritti ai sensi del e in conformità al D.L. n. 2/2023»: e così, in particolare, la sussistenza o meno dei presupposti per l’ammissione di ADIH alla procedura di amministrazione straordinaria. Analogamente, non è stato fornito un aggiornamento sui piani di produzione di acciaio e, in particolare, su quale sarebbe l’entità della liquidità necessaria per far fronte all’indicato impegno di 4 milioni di tonnellate di acciaio. A fronte della delicata situazione corrente, ADIH avrebbe dovuto fornire almeno una situazione economico-patrimoniale e finanziaria aggiornata, nonché un prospetto dei flussi di cassa a 12 mesi, con l’attestazione della sussistenza ovvero dell’insussistenza dei ‘segnali di crisi‘,di cui all’art.3 del D. Lgs. 12/1/2019 n. 14. Inoltre, tenendo conto del ruolo che l’art. 2, comma 2 del D.L. 23/12/2003, n. 347 (come modificato dall’art. 2 del D.L. 5/1/2023 n. 2) attribuisce al socio pubblico, lnvitalia non solo ha titolo – ma è anche tenuta – a chiedere ad ADIH di verificare e confermare le suddette circostanze. È, pertanto, rispetto alla suddetta documentazione minima che la scrivente ha richiesto una pronta messa a disposizione, con relativa attestazione della società di revisione di conformità alle scritture contabili”. La richiesta di lnvitalia è rimasta inevasa “e per tale ragione, e in ogni caso, la comunicazione con cui ha contestato il difetto di informativa non può essere considerata ‘gratuita’,’offensiva’,’diffamatoria’,o lesiva di un qualche diritto, di ADIH o di suoi amministratori. Come dimostra, del resto, il fatto che la dott.ssa Lucia Morselli, l giorno dopo aver la ricevuta, abbia avvertito l’esigenza di coinvolgere rispetto ad essa EY S.p.A”.
Nella missiva dell’ad di Invitalia viene poi confermata la trattativa in corso tra il governo e Acciaierie d’Italia, che vedrebbe la società del MEF esclusa dalla sottoscrizione dei preliminari dell’intesa: “Dobbiamo anche rilevare come solo in data 16 ottobre si è potuto avere formale notizia e conoscenza da parte del Consiglio di Amministrazione della Società della sottoscrizione di un Memorandum of Understanding. Sottoscrizione avvenuta il 11settembre senza che ne fosse stata data alcuna comunicazione e preventiva informazione al Consiglio di Amministrazione della Holding Capogruppo. D’altra parte, lo stesso rappresentante del socio privato, in occasione delle riunioni consiliari del 21 settembre e del 16 ottobre non ha fornito alcun dettaglio in proposito pur essendo stato personalmente firmatario del medesimo memorandum. Non solo, nelle stesse occasioni e nel corso di colloqui informali con il medesimo rappresentante del socio privato, si è potuto constatare che sarebbero stati redatti e consegnati documenti programmatici citati nel Memorandum senza che gli stessi, ancora una volta, fossero stati messi a disposizione o precedentemente comunicati e condivisi con il Consiglio di Amministrazione della Holding e con lnvitalia, nella sua qualità di socio pubblico chiamato a contribuire allo sviluppo della Società. Circostanze queste che, qualora confermate, determinano inevitabilmente il sorgere di precise responsabilità. Ribadiamo, quindi, la nostra richiesta di poter ricevere, entro tempistiche utili e, comunque, coerenti con i menzionati provvedimenti normativi e le prerogative ivi previste, la documentazione di cui sopra”.
Nella lettera trova posto anche la questione legata alla fornitura del gas in regime di default, che lo stesso Bernabè ha definito drammatica evidenziando il rischio da qui ai prossimi giorni o settimane di non avere più a disposizione, mettendo a rischio la continuità aziendale dell’ex Ilva. Di cui però Invitalia sembra non avere contezza alcuna e di esserne venuta a conoscenza soltanto da ‘allarmanti’ articoli di stampa. “Con riferimento alla nostra comunicazione relativa alla richiesta di pagamento, da parte di ENI S.p.A., della sesta rata del piano di rientro di cui all’accordo transattivo del 29 luglio 2022, si chiede di precisare almeno le seguenti circostanze: l’entità e le caratteristiche delle «tensioni finanziarie» che si sarebbero verificate «a far data dal 23 settembre 2023»; (ii) l’ammontare della «prevista capacità finanziaria della società», che sarebbe stata asseritamente ridotta, per quanto incredibilmente, da «allarmanti articoli di stampa»; l modo in cui tali articoli avrebbero inciso su di essa; e (iv) quali siano le conseguenti «azioni correttive», compiute o in via di adozione. Inoltre, nel prendere atto con stupore e disappunto di quanto da Voi affermato in merito ai pagamenti dovuti verso parti correlate (peraltro società quotate, che offrono ad Acciaierie d’Italia S.p.A.forniture essenziali a termini e condizioni negoziati dal management della stessa ADI), segnaliamo che l’omesso versamento in favore di ENIS.p.A. rischia di compromettere in modo irreparabile sia i rapporti con tale fornitore (il quale, a quanto risulta, si è reso indisponibile alla futura fornitura di gas), sia la continuità aziendale con conseguente eventuale configurabilità di precise responsabilità”. lnvitalia, pertanto, chiede di sapere “se e quando verrà posto rimedio all’omesso versamento in favore del fornitore tenendo conto della scadenza odierna e ribadisce la richiesta di conoscere altresì le specifiche azioni che saranno intraprese, per evitare ulteriori ritardi nei pagamenti in scadenza e ciò, tra l’altro, per scongiurare il rischio di escussione delle garanzie societarie rilasciate da ArcelorMittàl SA e da lnvitalia”.
Infine, Invitalia chiede di dare riscontro “all’ulteriore richiesta rimasta inevasa e contenuta nella nostra comunicazione del 11 luglio scorso, relativamente alla previsione di raggiungimento degli impegni di produzione e di ulteriori necessità finanziarie con riferimento agli obblighi di cui al menzionato contratto di finanziamento e in particolare per adempiere all’obbligo di acquisto dei rami d’azienda nel caso di verificarsi delle condizioni sospensive prescritte”. Rimarcando come “nessuna richiesta di intervento finanziario dei soci sia stata ancora formalizzata”, Ma soprattutto la lettera si conclude con la richiesta di chiarire Vogliate, se sia effettivamente tuttora necessario e sufficiente un ulteriore sostegno finanziario, da parte dei soci, di 320 milioni di euro “e come tale somma sia stata calcolata, fornendo specifiche indicazioni sulle prospettive di continuità aziendale per un congruo periodo. Da ultimo, ferme le richieste che precedono, sollecitiamo, per l’ennesima volta, l’invio di un documento di dettaglio, completo ed aggiornato, sulla situazione finanziaria e di cassa, attuale e prospettica, tanto di Acciaierie d’Italia S.p.A. quanto di ADIH”.
La sensazione è che nel giro di poche settimane la vicenda Ilva subirà un nuovo, importante scossone. Di cui non solo Invitalia, ma anche la politica locale e nazionale sembra non averne colto ancora una volta l’arrivo. Sono coloro i quali ancora una volta (con l’appoggio di una parte della stampa, di pezzi di sindacato e di singoli esponenti della società civile) sperano in un nuovo intervento della magistratura (dalla Corte di giustizia Ue che il 7 novembre discuterà la questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Milano a proposito della Direttiva Ue sulle emissioni industriali, all’udienza di merito del Tar di Lecce sull’ordinanza di chiusura del sindaco Melucci sui picchi di benzene, alle nuova indagini della Procura ionica sugli stessi sforamenti e sui possibili annacquamenti nei controlli sulle prescrizioni del Piano Ambientale da parte di ISPRA e Arpa Puglia, che anche per gli addetti ai lavori sono soltanto schermaglie che non incideranno ancora una volta sulla vertenza), per portare a termine quel teorema costruito oltre 10 anni fa che vuole il siderurgico chiuso senza se e senza ma, sporcando forse per sempre con una narrazione ai limiti del ridicolo l’immagine di una città e del suo territorio. Una prospettiva che però non hanno avuto mai il coraggio di affermare compiutamente, o di affrontare con piani di riconversione industriale e di bonifica seri e credibili, che se mai si concretizzerà li vedrà certamente come tanti Ponzio Pilato lavarsene le mani di fronte a quello che sarà senza ombra di dubbio alcuno un dramma sociale e ambientale come mai se ne sono visti in Italia e in Europa.
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