lunedì 16 settembre 2024

La ripresa della mobilitazione per la Palestina, contro il governo a Taranto - verso il 28 settembre alla Fiera del Levante di Bari

Nonostante la pioggia forte, il flash mob di ieri sera è stato realizzato con due momenti: fino alle 19.15 in piazza Immacolata poi fino alla Feltrinelli dove ha fatto scalpore con molto interesse di gestori e utenti.

Presenti complessivamente una 30ina di compagni - Slai cobas, proletari comunisti, e folta delegazione di giovani Fgc e alcuni rappresentanti coordinamento Taranto e provincia Palestina - Striscioni, numerosi e interventi dei compagni e compagne su Palestina - governo e lancio della grande manifestazione di Bari del 28 settembre - ore 8,30 davanti alla Fiera del levante - aspettiamo ulteriori info e materiale dal Tavolo regionale per Palestina contro governo Meloni e guerre imperialiste.

Diffusi 200 volantini più volantino autonomo della Fgc.

In piazza Immacolata vi è stata anche una postazione Slai cobas sull’annullamento del processo di 1° grado "Ambiente svenduto" con intervento della portavoce di avvocati e parti civili slai cobas che ha spiegato il tutto è invitato alla mobilitazione - annunciato assedio del tribunale - grande assemblea cittadina per fine mese.

Per la manifestazione di bari la campagna continua in diverse forme: scuole - città e fabbriche, posti di lavoro - La riunione tecnica politica per organizzare partecipazione è proposta per i prossima giorn.

Il volantino diffuso

Carcere della corruzione politico/affaristica a Taranto

(da ORE12 Controinformazione rossoperaia del 12/09)

Al carcere di Taranto l'ex direttrice, Baldassari, ex candidata sindaco, è stata nuovamente arrestata e viene indagata insieme a un dirigente del Comune di Taranto, Carmine Pisano, uomo legato da sempre e tenuto in questa funzione alla giunta, prima di falso centrosinistra, ora non si capisce bene di che colore sia la nuova giunta. Questo Pisano è già inquisito negli appalti truccati del cimitero e nel clima di legame con la malavita e la violenza anti sindacale contro lo Slai Cobas in primis, in questo cimitero. Ieri c'è stato un processo su questo, con condanne ed rinvii a giudizio che riguardano Pisano.

Ma tutti gli appalti comunali – quindi anche questi del carcere - sono passati dal legame tra la Baldassarri e le realtà presenti nel carcere. È inquisita anche un'altra persona, peraltro del PD, così come sono inquisiti imprenditori. Prima la Baldassari era stata inquisita per i legami stretti con la malavita interna al carcere, con i favori che a questa malavita faceva che non potevano non vedere il coinvolgimento delle guardie del carcere. Ebbene, questa signora è rimasta nel consiglio comunale, è rimasta un'esponente importante del centrodestra, dell'attuale coalizione di governo.

Lo stato del carcere di Taranto è sotto osservazione come tutte le altre carceri per le condizioni di sovraffollamento che si riflettono nelle condizioni generali dei detenuti.

Il sottosegretario Dalmastro - uomo di punta, vero e proprio longa manus del governo Meloni e della Meloni stessa e della consorteria fascio-carceraria fa parte integrante del governo Meloni, come già la vicenda Cospito aveva messo in luce - Dalmastro è venuto quest'estate in Puglia, a Taranto, al carcere di Taranto la sua visita ha creato scandalo, è stato visto sfumazzare fuori dal carcere con esponenti delle guardie carcerarie e dei sindacati carcerari, ha rivendicato di non volere incontrare i detenuti e di non voler parlare con loro delle loro condizioni.

C'è un legame tra gli appalti, tra il sistema di gestione e il tipo di direttori che vi sono in questo carcere e i legami con lo Stato, col Ministero della Giustizia. Nel caso concreto, questo governo è sostenuto con forza da tutta questa parte del sistema marcio interno al carcere che si riflette sulla condizione dei detenuti.

Dobbiamo sostenere le rivolte dei detenuti. Contro di essi sono state fatte leggi che santificano la violenza delle guardie, la tortura, il carcere assassino, la repressione dei detenuti. E sono uno dei cavalli di battaglia di questo governo, dei suoi ministri e questo si riflette nel sistema affaristico generale, perché il carcere è anche un business a cui sono coinvolte le amministrazioni comunali. Tutto questo si riflette perfino nell'organizzazione del voto della malavita. È evidente che pezzi interi della malavita, annidati nel carcere e fuori, partecipano direttamente alle campagne elettorali. E quindi le vicende come questa dell'ex direttrice della Baldassari è abbastanza esplicita e, come quelle di Dalmastro, sono un pezzo del cosiddetto elettorato, della base d'appoggio di questo governo, della destra in generale, del centrodestra in particolare e oggi dei fasci al governo della componente fascio-repressiva.

Su tutto questo la denuncia, il sostegno alle lotte dei detenuti, si devono combinare con la lotta alla repressione ma che deve avere al centro come spazzare via questo governo, come spazzare via il sistema di interessi legati a questo governo che si ripercuotono nel carcere assassino, nel carcere tortura.

domenica 15 settembre 2024

Eravamo stati "facili profeti"... (purtroppo inascoltati anche dalle realtà ambientaliste, dalla altre organizzazioni sociali di parte civile)

E' DALL'INIZIO CHE IL PRESIDENTE, DEL COCO, DEL PROCESSO D'APPELLO HA MARCIATO MALE CON DECISIONI E APPROCCIO PRO AVVOCATI DEGLI IMPUTATI; QUESTO HA SEGNATO PESANTEMENTE LE ALTRE UDIENZE E LA SENTENZA CONCLUSIVA DI "ANNULLAMENTO"

Alcune note che il blog tarantocontro aveva riportato

Processo d'appello "Ambiente svenduto" parte molto male - un primo segnale negativo anche per il futuro?

"...Con un'ordinanza il presidente della Corte d'appello, Giud. Del Coco, ha sospeso l'esecutività della provvisionale stabilita per tutte le parti civili dalla sentenza di primo grado - aderendo alla richiesta dei legali degli imputati fatta nell'udienza del 19/4.

Una decisione, tra l'altro improvvisa... che ha anche sottratto agli avvocati di parte civile e ai PM la necessaria e normale replica.

Questa ordinanza è stata chiaramente accolta con sorrisi e soddisfazione dai legali degli imputati. Di fatto essa è stata un primo segnale positivo verso la difesa degli imputati, e invece uno schiaffo ai tantissimi lavoratori, Ilva, cimiteriali, abitanti dei quartieri inquinati a cui così viene negato anche quel primo risarcimento. E rappresenta oggettivamente una prima messa in discussione della sentenza di primo grado.

Perchè questa fretta, e questa decisione? Così oggettivamente si è condizionato, indirizzato il processo in senso pro difesa imputati e anti sentenza di primo grado il processo. D'altra parte l'ordinanza non si è limitata a sospendere l'esecutività della provvisionale, l'ha motivata ampiamente con argomentazioni che entrano nel merito e contestano le decisioni della sentenza precedente. Quindi si è già cominciato a demolire quella sentenza. Che succederà sulle condanne stabilite in 1° grado?...
Pesa poi pesantemente da ieri l'azione dei legali degli imputati di chiedere ancora una volta di spostare il processo da Taranto a Potenza. 3 lunghi interventi degli avvocati hanno riproposto questa assurda richiesta, già respinta due volte nel precedente processo.

Questo avvio negativo dell'appello, rende ancora più necessario che questo processo non venga lasciato nelle mani di giudici, avvocati; si sta parlando di centinaia e centinaia di vite di lavoratori, cittadini, bambini, assassinati dai padroni e loro complici politici, istituzionali, si sta parlando della futura difesa della salute, ambiente. E non devono poter decidere contro e sulla testa di operai, cittadini, donne, bambini.
Facciamo appello a tutti ad essere presenti nelle prossime udienze...

A proposito dell'ordinanza che sospende le provvisionali al processo "Ambiente svenduto" - Alcune considerazioni 'non giuridiche' della rappresentante parte civile Slai cobas Taranto

L'ordinanza scrive: "la decisione di primo grado annovera numerose criticità: - l'estensione della responsabilità civile ad imputati raggiunti da singole contestazioni di reati contro la P.A.... con la conseguenza che, in tal modo, la nozione di danneggiato dal reato è stata estesa in maniera pressochè illimitata;- la previsione di liquidazione di somme di denaro anche per reati già prescritti in primo grado o a parti che non hanno concluso nei confronti di imputati o di responsabilità civile;... la mancanza di qualsiasi motivazione del provvedimento di liquidazione, in ordine alla indicazione della categoria di danno e delle somme ritenute oggetto di accertamento.... in relazione ad importi non rientranti, poichè di gran lunga superiori, nel concetto di "danno prevedibile";... Infine l'aspetto che costituisce imprescindibile rilievo, e che accomuna pressochè tutti i coobbligati, è quello relativo al requisito della gravità del danno arrecato a costoro, da ravvisarsi... sia nell'importo da pagare da ritenersi, in assoluto, così elevato, da incidere sensibilmente sullo stato economico di qualunque persona, sia nel sacrificio imposto agli obbligati... di poter ripetere le somme versate da circa 1500 parti civili, alcune delle quali già decedute e altre dall'incerta individuazione (vale a dire: se gli imputati venissero assolti sarebbe quasi impossibile riuscire a ottenere la restituzione di quei soldi - ndr), non senza considerare i vincoli di destinazione esistenti sulle somme degli enti pubblici...".

1)  Partiamo dall'aspetto che l'ordinanza chiama di "imprescindibile rilievo". Il presidente della Corte d'appello si preoccupa per il peso "economico" verso gli imputati se dovessero pagare questa provvisionale o per l'impossibilità di un recupero di queste somme nel caso venissero assolti - e qui la Corte, mentre critica la sentenza di 1° grado perchè "accomuna pressochè tutti i coobbligati", non fa essa distinzione tra gli imputati ma ugualmente li accomuna (dai Riva, dalle società dei Riva ad imputati minori). Domanda: neanche i Riva e le loro società che hanno fatto grossi profitti sullo sfruttamento e la morte di operai e di tanti cittadini di Taranto, e che ora nascondono i loro soldi, debbono pagare la provvisionale; quando i lavoratori, i cittadini hanno dovuto spendere migliaia e migliaia di euro per curarsi, per cercare di sopravvivere ?

2) Rispetto agli Enti pubblici, questa ordinanza già scrive che le loro sommne sono vincolate da "vincoli di destinazione"; quindi la Corte dice alle parti civili che a questi Enti non si potrà chiedere alcun risarcimento, nè ora, nè dopo?

3) Si critica che la sentenza di primo grado nel quantificare una provvisionale uguale per tutte le parti civili non è entrata nel merito, non ha distinto tra posizioni e reati. Ma si tratta appunto di una "provvisionale", non certo del risarcimento totale e finale. Anche altre sentenze di questo genere in altri importanti processi hanno stabilito una provvisionale senza entrare nel merito.

Questa contestazione della Corte d'appello sembra esser volta - come hanno scritto altri commentatori sulla stampa - a cominciare a demolire la sentenza di primo grado - e non a caso, i legali degli imputati, come si è visto all'udienza di venerdì, avevano sorrisi soddisfatti alla lettura dell'ordinanza.

Commenti e interventi dell'Avv. Gianluca Vitale di Torino sulle sentenze del processo "Ambiente svenduto" della Corte d'appello e del 1° grado

Riportiamo il commento breve di Gianluca Vitale su questa grave sentenza della Corte d'appello che ha deciso l'annullamento del lunghissimo processo di 1° grado. Ma è importante, anche alla luce di quanto successo il 13 settembre, risentire e rileggere quello che aveva detto Vitale sia in un'assemblea a Taranto all'inizio del processo d'appello sia in un'assemblea a Torino sulle motivazioni della sentenza di 1° grado 

Commento dell'Avv. Gianluca Vitale alla sentenza di annullamento del processo di 1° grado


Intervento all'assemblea del 19 aprile 24 a Taranto, con le parti civili, fatta all'inizio del processo d'appello

 


Intervento in un'assemblea pubblica a Torino del 11 marzo 2024 in cui Gianluca Vitale si sofferma su alcuni passaggi importanti della sentenza di 1° grado

"in qualche modo riporta il carattere criminale del sistema di produzione capitalista, del sistema di gestione della produzione"

E' questo fondamentalmente che ha pesato nella decisione ora della Corte d'appello di annullamento del processo di 1° grado! 

"...il processo di primo grado che è stato il più grande processo per questioni ambientali e lavorative... Ha condotto a quella che può essere definita una buona sentenza anche per alcuni passaggi che ci sono. Ma è mancata la spinta propulsiva dei rapporti di forza. Anche la Giustizia vive di rapporti di forza e anche il sistema giudiziario ovviamente è influenzato da quelli che sono i possibili rapporti di forza.

Venendo a quello che è l'esito di questo processo. Esso ha visto anche nella sua storia un braccio di ferro tra due organismi, tra due poteri dello Stato che sono il potere giudiziario e il potere esecutivo. Perché quando il potere giudiziario tentava di fare o ha fatto determinate scelte, si è trovato di fronte la strada sbarrata dal potere esecutivo. Il sistema Ilva ha visto la reiterazione per anni dello scudo penale, che una aberrazione giuridica. Scudo penale che è stato salvato ripetutamente.

Nelle 3800 pagine della sentenza, ci sono aspetti fondamentali che vale la pena di ricordare. Una parteabbastanza ampia della sentenza parla di “disastro ambientale”, e si parla di quello che è stato o che dovrebbe essere il bilanciamento. Anche nella Corte costituzionale la preminenza è data a quell'aspetto, al bilanciamento fra il diritto all'ambiente, il diritto alla salute e il diritto all'impresa. Sostanzialmente il diritto all'iniziativa economica. Questo significa che quello che è stato percepito, anche dall'autorità giudiziaria che ha affrontato questo processo, è stata questa dicotomia fra diritto alla salute della popolazione tarantina e diritto alle iniziativa economica, come iniziativa economica privata del grande capitalismo privato.

Credo che questo sia uno snodo fondamentale di questa vicenda, perché non credo che si possa negare, ma nessuno credo l'abbia mai fatto, gli effetti devastanti che un certo tipo di impresa ha avuto sulla città di Taranto, che ha avuto sui lavoratori diretti dell'Ilva, sui lavoratori degli appalti, e altri lavoratori. Ci siamo trovati a difendere i lavoratori cimiteriali perché il cimitero del quartiere “Tamburi” è attaccato all'Ilva e ne ha subito le conseguenze.

Il secondo aspetto della sentenza, che credo sia ancora più centrale, è la ricostruzione dell'attività imprenditoriale nella prospettazione accusatoria, che poi è stata fatta propria anche dalla Corte di Assisi di Taranto - vedremo la Corte di Assise di appello cosa deciderà di questo sistema imprenditoriale – Come associazione criminale, associazione a delinquere. Perché questo è importante? Perché intanto non credo che sia molto frequente in questo tipo di processi trovarsi di fronte a una contestazione di questo genere. Ma perché a me sembra che la sentenza del processo Ilva sostanzialmente sia una sentenza che restituisce il nocciolo duro del sistema di produzione capitalista. Andando a vedere le pagine della sentenza che sono dedicate alla contestazione dell'articolo 416, cioè del reato associativo - che sono dalla pagina 3200 in poi – in cui viene riconosciuto che c'era un sistema criminoso che vedeva come vertici la famiglia Riva, ma anche i dirigenti aziendali. Un sistema criminoso di cui, come tutti i sistemi criminosi, qualche volta sembra di leggere passaggi di sentenze per “associazione mafiosa”: doveva intessere dei rapporti col tessuto non solo locale, ma anche nazionale.

Si legge che c'era un vero e proprio metodo Riva che era improntato alla realizzazione della massima produzione con i massimi risparmi di spesa per ottenere il massimo profitto. E nei vari passaggi della sentenza si colgono tutti quegli aspetti che in misura molto minore in qualche modo conosciamo anche qui a Torino.

Intanto si parte da una premessa: non è vero che non c'era alternativa. Non è vero che o così o senza Ilva, perché la stessa Corte di Assise, che non approfondisce peraltro questo aspetto, perché non è un aspetto che possa essere affrontato in sede giudiziaria, fa riferimento alla possibilità di utilizzare le migliori tecnologie disponibili per arrivare comunque al risultato. Quindi non necessariamente o si inquina o non si produce, ma si può produrre senza inquinare. Cioè la stessa Corte di Assise dice che sostanzialmente i punti sono la massimizzazione del profitto che presuppone il massimo risparmio di spesa possibile che, ovviamente, può essere realizzato o sulla tutela dei lavoratori o sulla tutela dell'ambiente o su entrambi i fronti, come effettivamente è successo nel sistema Ilva.

Il focus principale della sentenza è relativo alla tutela del diritto alla salute, del diritto ambientale. Dentro il processo si sono affrontati anche alcuni casi di dipendenti morti sul lavoro che nulla avevano a che fare con l'ambiente. Questo forse è uno degli aspetti che può essere criticato, per la difficoltà di gestione del processo che ha portato. Questo sistema, tipicamente capitalistico, comportava la necessità di poter maggiormente controllare anche i lavoratori. In che modo? Intanto ce lo dice la sentenza: il demansionamento come metodo di repressione di ogni contestazione anche organizzata dai sindacati dei lavoratori. Sulla cogestione di questo sistema criminale della fabbrica, vi sono alcuni passaggi in un'intercettazione in cui uno ribatteva che coloro che avevano scioperato andavano spostati alle pulizie industriali. Quindi demansionamento, spostamento, mobbizzazione di coloro i quali non necessariamente scioperavano ma prendevano atto delle modalità produttive, di quelle che erano la violazione della sicurezza sul lavoro, di quella che era la violazione della tutela ambientale. Quindi al maggiore inquinamento si rispondeva con la repressione interna alla fabbrica. E qui rientra anche la “Palazzina Laf”. Infatti nella sentenza si richiama anche la sentenza della “Palazzina Laf”. Per esempio, si dice che si tentava di indurre il lavoratore a scegliere tra un declassamento o a desistere dal proporre ricorso. Rientra in questo sistema anche il sistema dei premi di fine anno - dice la sentenza - cioè a fine anno i premi non vengono attribuiti in relazione all'impegno, all'assiduità, alle mansioni, quanto piuttosto alla remissività rispetto alle scelte aziendali. Quindi il premio non ha a che fare con la produttività o con l'atteggiamento lavorativo del dipendente, ma all'obbedienza al padrone del lavoratore. Non conosco a sufficienza la vicenda per dire che era necessariamente così, ma la sentenza parla anche dell'importanza del ricatto lavorativo soprattutto nei confronti della comunità. Quindi il. Questa associazione criminale, che è stata riconosciuta nella famiglia riva, nella dirigenza dell'Ilva, ricattava la comunità locale proprio sul fronte della esigenza lavorativa. Ci sono dei passaggi, anche di intercettazioni, in cui chiaramente ad un certo punto si dice: “Guarda, se le cose stanno così, non è cassa integrazione, mettiamo in mobilità 5 o 6000 persone, è quello che gli ho detto. Guarda, sono andato giù proprio piatto, gli ho detto, Guarda, con questa roba qui salta la Prestigiacomo. O si adegua a quelle che sono le nostre esigenze lavorative che sono esigenze di profitto, oppure qui salta il banco, salta tutto, salta la città”. Questo ricatto la sentenza lo riconosce come ampiamente presente nella gestione di questo sistema criminale associativo dell'Ilva.

Questo porta con sé anche i rapporti con le istituzioni locali. Sapete che è stato condannato anche Nichi Vendola, ci sono vari soggetti che sono stati coinvolti. Sindaco, la Provincia, la Regione, sono tutti coinvolti in questo processo, e facevano in qualche modo parte, dovevano interfacciarsi con questo sistema criminale. E’ in questo che questa vicenda ricorda sia processi per associazione mafiosa sia questioni che conosciamo anche a Torino. In questa sede diverse volte abbiamo parlato del Tav, dei rapporti tra la dirigenza di una determinata struttura e gli enti locali. Sono rapporti nell'ambito di un sistema di imprenditoria capitalista e vedono molto spesso la supremazia dell'imprenditoria nel dettare le regole, le condizioni.

La sentenza Ilva ci descrive anche di come venissero mistificati i dati in assenza di controlli e di verifiche, nella carenza degli operatori degli organi di controllo, nella mancanza di strumenti di controllo di questi organi. Leggendo vari passaggi della sentenza Ilva e seguendo il processo, molto spesso mi è venuto in mente ad esempio “l'Osservatorio”. Cioè tutto ciò che serve per dire: ma noi controlli li facciamo, noi rispettiamo, noi controlliamo, noi verifichiamo… Tanto che la stessa sentenza dice: attenzione, c'è una differenza fra il rispetto della legalità formale - perché molto spesso l'Ilva rispettava formalmente quelli che erano i requisiti sull’inquinamento o di altro, pur nella piena consapevolezza che stava creando un danno, che stava commettendo un reato - e i rapporti di controllo sostanziale nei confronti della stampa locale e della stampa nazionale. L'obiettivo, si legge, era quello di creare un movimento di opinione favorevole allo stabilimento, esattamente come avveniva attraverso l'organizzazione di convegni e incontri di studio. Poi c'era un centro studi e una rivista dedicata alla pubblicità, a dare una differente ampiezza agli infortuni, all’inquinamento. L’Ilva mi ricorda in parte la propaganda sulla questione Tav. Si legge che l'Ilva cercava costantemente di instaurare un contatto dove non poteva esercitare il controllo anche con realtà sociali che comunque avessero un qualunque tipo di ingerenza con le proprie attività. E si parla anche dei sindacati, prevalentemente dei sindacati confederali. Si fa riferimento, ad esempio, all'esistenza di un archivio dei dipendenti, un archivio dei dipendenti facinorosi, fastidiosi, dei dipendenti che in qualche modo bisognava controllare, magari che dovevano finire nella “Palazzina Laf”. E, attenzione, si dice che c'era un doppio archivio, c'era un archivio degli stessi dipendenti della Digos. I rapporti fra l'apparato repressivo privato dell'Ilva e l'apparato repressivo dello Stato riecheggiano in questa sentenza.

Vi leggo un passaggio: “attività di controllo e condizionamento a vari livelli, soggetti istituzionali, organi di stampa, rappresentanti delle forze dell'ordine, tutti asserviti agli interessi della grande industria… anche le organizzazioni sindacali non sono state immuni da tale strumentalizzazione”. È per questo che a me sembra che al di là della vicenda Taranto, al di là dei morti di Taranto - nel corso del processo abbiamo sentito dei testimoni che hanno riferito che sapevano dove tirava il vento dalla polvere nell'orecchio dei bambini, polvere di metallo che arrivava dai parchi minerari che si vedeva fisicamente nell'orecchio dei bambini – questo è secondo me il segno distintivo di questa sentenza che adesso va di fronte a un giudizio di appello...

Sarà molto importante difenderla in questa seconda fase, perché come in ogni processo di questa natura via via che si va verso il secondo e il terzo grado, il pericolo è quello che la sentenza venga ridimensionata, e c'è sempre all'orizzonte la possibilità che alcuni espedienti possano spingere a un ritorno all'indietro, non solo come condanne, ma come iter processuale...

Per concludere, questa sentenza mi sembra particolarmente significativa proprio perché in qualche modo riporta in maniera anche plastica il carattere criminale del sistema di produzione capitalista, del sistema di gestione della produzione, che è un sistema di gestione non solamente, familiarista, della famiglia Riva - perché uno potrebbe pensare: vabbè, qui c'era una famiglia, c'era il padrone delle ferriere, se ci fosse stato un altro sistema - No, tutto questo è insito nel sistema di produzione capitalista, che ha avuto la forza di imporsi sul substrato sociale, sugli enti locali, sui sindacati, sui media, su tutti. E questo credo che sia l'aspetto pericoloso e significativo di questa di questa vicenda..."