L’udienza Ilva di ieri ha visto la
testimonianza di Luigi Romandini, direttore generale e dirigente per un periodo del settore ambiente della Provincia che
con le sue denunce aveva contribuito agli arresti del Pres. Florido e
dell’Ass. Conserva.
Romandini ha confermato le pressioni di
Florido verso di lui perché avesse un atteggiamento di favore verso
le grandi industrie (“che non potevano essere trattate come delle
officine”) e in particolare verso l’Ilva, che, diceva Florido,
doveva essere trattata con prudenza, non "bisognava darle fastidio".
Queste pressioni, che, ha detto Romandini, erano accompagnate anche da
minacce nei suoi confronti ad essere fatto fuori, dal 2006 hanno riguardato tutte le
pratiche che interessavano l’Ilva.
Le domande e le risposte si sono, però,
chiaramente concentrate soprattutto sull’autorizzazione alla
discarica ‘Mater day’, di rifiuti pericolosi, che per
Florido bisognava immediatamente autorizzare, e passare da
autorizzazioni a termine con proroghe ad autorizzazione definitiva.
Romandini ha dichiarato che a fronte del suo
diniego, perché per tale autorizzazione non vi erano i
requisiti di legge, vi furono sia pressioni ricattatorie di Florido
che senza quella autorizzazione l’Ilva si sarebbe dovuta fermare e
loro si “sarebbero trovati sotto casa duemila lavoratori”, sia minacce da Conserva di fargli perdere il posto.
Romandini ha aggiunto che l'ufficio dell’ambiente era diventato una sorta di ‘porto
di mare’, con un'utenza quasi aggressiva. Il personale era impegnato per buona parte del tempo solo a ricevere
gente. "Io - ha detto il teste - diedi disposizione di ricezione solo in alcuni giorni ed
orari, ma Archinà era il solo che non li rispettava"
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