martedì 30 aprile 2024

L'incontro di Roma in un resoconto stampa - Corriere di Taranto. A presto il commento dello Slai cobas per il sindacato di classe

 Corriere di Taranto


Gianmario Leone
pubblicato il 29 Aprile 2024, 20:39

Nel primo semestre 2025 dovrebbe iniziare la costruzione presso lo stabilimento ex Ilva di Taranto di due forni elettrici la cui entrata in funzione è prevista nel secondo semestre 2027. Prenderanno il posto di Afo 1 e 4, mentre l’altoforno 2 dovrebbe continuare la sua attività. E’ quanto ha riferito il commissario di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria Giovanni Fiori durante l’incontro a Palazzo Chigi con Governo e sindacati dei metalmeccanici, presentando quella che oggi è ancora una bozza di piano industriale. Per il Governo presenti il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Marina Calderone, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti in video collegamento, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano.

Attualmente a Taranto, è in marcia solamente un altoforno su tre (Afo 4). Afo 1 e Afo 2 sono fermi per manutenzione. In particolare, Afo 1 (attivo dal 2001) è fermo da agosto 2023 per manutenzione e ancora mai ripartito da allora. Secondo quanto indicato dai sindacati, questo altoforno ha infatti bisogno del rifacimento del crogiolo per una questione di sicurezza dell’impianto, per un investimento pari a non meno di 100 milioni di euro. L’Afo 2 (attivo dal 2007) è fermo dal dicembre scorso per manutenzione e problemi tecnici. Secondo le indicazioni che sono state date ai sindacati nelle scorse settimane, sarà riattivato prima l’Afo 2 (entro 1-2 mesi) e successivamente Afo 1. Molto più complessa la situazione dell’altoforno 5, il più grande d’Europa, fermo dal 2015 e in una situazione impiantistica disastrosa, per cui anche oggi si è avuta l’ennesima conferma che non sarà rimesso in funzione. La bozza del piano industriale redatto dai commissari di Acciaierie d’Italia prevede dal 2025 la produzione di 6 milioni di tonnellate di acciaio da parte dello stabilimento ex Ilva di Taranto con i tre altoforni attualmente presenti tutti in attività. Tali livelli produttivi ci si aspetta che siano garantiti anche nel 2026 e successivamente grazie all’entrata in funzione di due forni elettrici, che sostituiranno due degli attuali altoforni. Come ha indicato il commissario Giovanni Fiori, infatti, gli Afo 1 e 4 saranno sostituiti da 2 forni elettrici la cui costruzione inizierà nel primo semestre 2025: ogni forno elettrico è previsto che garantirà una produzione di 2 milioni di tonnellate all’anno di acciaio. Siamo dunque alle mere previsioni e nulla di più.

Nella seconda metà di maggio invece, sono state invece programmate visite presso gli stabilimenti ex Ilva di società che hanno manifestato interesse per l’acquisto. E’ quanto detto dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, nel corso dell’incontro. Che ha informato i sindacati della possibilità che la settimana prossima ci sarà “un nuovo intervento per sbloccare ulteriori risorse per dare liquidita’ all’ex Ilva”, in attesa del via libera dall’Unione europea al prestito ponte da 320 milioni di euro. Si tratterebbe di altri 150 milioni di euro da prelevare dalle somme del patrimonio destinato in dotazione ai commissari straordinari di Ilva in AS (dopo i 150 milioni di euro prelevati grazie a quanto previsto dall’art. 39 del decreto legge n. 19 del 2 marzo sul PNRR). Il tutto in attesa di ottenere nei prossimi mesi l’ok da parte della Commissione Europea al prestito ponte di 320 milioni di euro previsto dal governo, senza le quali il siderurgico sarebbe destinato alla chiusura immediata. Risorse che come tutti sanno sono del tutto insufficienti a far ripartire il siderurgico, che serviranno da un lato a pagare gli stipendi per i prossimi mesi e forse a garantire una minima ripartenza per le ditte dell’indotto in relazione alla manutenzione degli impianti.

Molto scettici, come prevedibile, i sindacati. Per Michele De Palma, segretario generale della Fiom-Cgil, i fondi prospettati per l’ex Ilva non bastano e serve prima di tutto rispettare il piano del 2018 e riportare tutti i lavoratori al lavoro. “Il punto fondamentale che abbiamo esposto ai commissari e al governo è che le persone devono tornare a lavorare” ha detto De Palma lasciando Palazzo Chigi dopo quasi quattro ore di incontro con il Governo e poi con i commissari di Acciaierie d’Italia sulla situazione dell’ex Ilva. “Noi non siamo più disponibili a discutere di piani di lungo periodo. Noi abbiamo un piano che deve essere applicato che è quello del 2018 e per poterlo realizzare servono le risorse. Il Governo ci ha detto che sono in via di intervento per 150 milioni e in più che ci dovrebbero essere i famosi 320 milioni che voi ricorderete fu un oggetto della discussione precedente con il governo e questi per poter essere autorizzati come prestito devono passare dall’autorizzazione della Commissione europea”, ha detto De Palma, spiegando poi che “noi pensiamo che il tempo che è passato fino ad ora sia stato fin troppo, che quei 320 milioni servivano subito, che 150 più 320 continuiamo a dire non bastano: le nozze con i fichi secchi non si fanno e per poter tornare a investire e rimettere a lavoro le persone è necessario che ovviamente si facciano le azioni di manutenzione che sono necessarie per gli impianti e si facciano ripartire in sicurezza e in salute gli impianti di produzione degli altoforni che in questo momento sono fermi”. Inoltre, ha concluso De Palma, “ultima questione, i commissari hanno tracciato delle linee guida per un piano. Noi gli abbiamo detto che per quanto ci riguarda il piano, l’unico piano che noi pensiamo, è’ quello che abbiamo sottoscritto e negoziato e quindi per quanto ci riguarda evidentemente noi vogliamo l’applicazione di quel piano che riporta tutte quante le lavoratrici e i lavoratori al lavoro in sicurezza e in salute”.

“Ci hanno descritto una situazione peggiore di quella che avevano trovato. C’è la necessità di un intervento, un intervento importante. Il Governo decreterà nei prossimi giorni 150 milioni di finanziamento. Il piano è funzionale a dare le garanzie in Europa rispetto ai 320 milioni di prestito”. Cosi’ il segretario generale della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano, al termine del confronto sul dossier ex Ilva con Governo e commissari, a Palazzo Chigi. “Ci hanno presentato un piano – ha spiegato – che rimette in piedi oggi gli attuali impianti, quindi c’è un’operazione rispetto ad Afo 4, per renderlo potenzialmente in grado di produrre quanto più possibile, e cerca di rimettere in sesto Afo 2 e Afo 1”. “Oggi quello che ci è stato presentato è funzionale a restituire il prestito che ci auguriamo l’Europa metta in cantiere perché’ senza quello l’azienda non è in grado di continuare. Nel corso del confronto, non hanno parlato di esuberi, ma di mantenimento rispetto all’attuale occupazione”. Per quanto riguarda la produzione di quest’anno, ha indicato il leader della Fim, “pensano di arrivare intorno ai 2 milioni di tonnellaggio”.

Ancora più duro Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, che boccia totalmente la bozza del piano industriale per l’ex Ilva predisposta dai commissari di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria. “Nessuna condivisione di piano, nessun piano. Quando lo conosceremo nei dettagli diremo noi qual è la nostra e non saremo ovviamente teneri come non lo siamo stati con nessuno. Noi siamo rigorosamente rispettosi delle istituzioni ma rispettiamo prima i lavoratori e le comunità dove gli stabilimenti insistono”, ha detto Palombella uscendo da Palazzo Chigi. Per il segretario della Uilm, “rimangono confermate le intese sottoscritte e soprattutto l’accordo del 2018, che per noi resta valido fin quanto non se ne negozia un altro”, sottolineando che “data la genericità dei loro approfondimenti, noi ci siamo limitati a dire che non condividiamo il metodo e non condividiamo la sostanza”. “Per noi una discussione sul piano industriale che investe migliaia di lavoratori e prefigura l’attività produttiva di diversi stabilimenti e soprattutto che discute, anche se lo lambisce, il piano del 2018, per noi questo di per sé è un elemento di grande preoccupazione”, ha affermato Palombella, sottolineando che “per noi rimangono confermate le intese sottoscritte e soprattutto l’accordo del 2018, che per noi resta valido fin quanto non se ne negozia un altro. E siccome noi non abbiamo nessuna volontà di negoziare un ulteriore accordo, perché quell’accordo stabilisce la difesa occupazionale di migliaia di lavoratori, di lavoratori in amministrazione straordinaria ex Ilva e anche dei lavoratori in AdI. Quindi noi abbiamo voluto fino in fondo capire qual è stata l’ispirazione e se l’ispirazione di questa bozza di piano è quello di presentarla all’Unione europea per poter ricevere il finanziamento, è un problema che devono fare loro e assumersi le responsabilità”...

...“L’incontro odierno aveva la finalità di presentare una bozza in termini generali del cosiddetto piano industriale e di rilancio di Acciaierie D’Italia, spiegando nel merito il punto di partenza della gestione dei commissari, resa complessa dalle scelte industriali e commerciali che hanno interessato gli stabilimenti di Acciaierie d’Italia e che hanno portato ai minimi termini la produzione che si attesta a 1 milione e 600mila tonnellate. Il Governo ed i Commissari hanno quindi spiegato l’intenzione di creare le condizioni per far marciare due impianti entro fine agosto, portandoli a 3 in marcia entro il 2025 e quindi facendo salire la produzione a 6mln di tonnellate di acciaio all’anno – commentano al termine della riunione Francesco Rizzo, Sasha Colautti Esecutivo Nazionale Confederale Unione sindacale di Base -. In tale contesto, viene affrontato anche il tema del futuro degli stabilimenti Ex Ilva, nel quadro della transizione ecologica europea, dove l’indicazione è quella della costruzione di 2 forni elettrici, con l’obiettivo di mantenere invariato il target produttivo di 6mln di tonnellate, un numero ben al di sotto degli obiettivi sottoscritti nel 2018. Emerge con altrettanta chiarezza che viene escluso in tale percorso il rifacimento dell’altoforno 5″. Per l’USB “bisogna entrare subito nel merito degli argomenti trattati oggi, mettendo giù con chiarezza una ipotesi organica di metodo di discussione e di programmazione delle scelte industriali oggi trattate solo superficialmente. Bisogna soprattutto parlare dei lavoratori e del modo in cui si affronta il piano di garanzia e messa in sicurezza di tutti i lavoratori (visto che con i forni elettrici si avrebbero 4-5 mila esuberi”, anche dei 1700 lavoratori di Ilva in AS oggi lasciati fuori dalla discussione. Stesso discorso per i lavoratori dell’appalto su cui anche oggi abbiamo chiesto conto al Governo. USB ha già fornito delle proposte concrete, a previsione di impatti occupazionali pesanti. Per noi, l’intervento va prodotto prima, garantendo regole innovative sul diritto al riconoscimento di lavoro usurante, l’amianto, l’accompagnamento alla pensione. La sostanza è che questa bozza di piano industriale apre il tema dei lavoratori e di come gestirli, lo diciamo con estrema chiarezza. Il Governo risponda alle proposte presentate da USB, per trovare soluzioni a lavoratori in carne ed ossa che in questo momento stanno facendo la fame e che non possono aspettare i tempi lunghissimi prospettati di realizzazione di questo piano industriale tutto da verificare” concludono.

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