giovedì 3 ottobre 2024

Nel processo per la morte di Giacomo Campo - operaio dell'appalto Ilva - importanti testimonianze accusano i capi dell'Ilva ma anche la Procura di Capristo

Dall'articolo sulla GdM di Casula e Cannetiello

TARANTO - «Giacomo stava accanto a me, a pochi metri». Si spezza nel pianto il racconto di Roberto Taurisano, collega di Giacomo Campo, l’operaio della Steel Service che il 17 settembre 2016 è morto schiacciato all’interno di un nastro trasportatore dell’ex Ilva... Insieme a lui ieri mattina (il 1° ottobre) sono stati interrogati anche altri due colleghi: Alessio Vorace e Luca D’Andria. Proprio quest’ultimo, nelle sue dichiarazioni, ha puntato il dito in particolare contro uno degli imputati, il capo turno dell’Ilva Antonio Bianco.

Quella notte il nastro era bloccato per un accumulo di materiale e la squadra di Giacomo fu chiamata (alle 2,30 di notte, dopo che Campo aveva già fatto il suo turno di lavoro) per dare man forte ai colleghi: stando a quanto hanno raccontato in aula e durante le indagini, infatti, il capo squadra smontante avrebbe detto ai colleghi di non intervenire fino a quando non fosse arrivato il sostituto, ma le cose andarono diversamente: «Bisognava aspettare il capo squadra con il tubo nuovo per aspirare il materiale, ma il signor Bianco ci diede l’ordine di cominciare. Io dissi di stare fermi e Bianco rispose “Tu fatti i fatti tuoi. Qui comando io”. A Giacomo gli ho detto più volte di scendere dal nastro, ho anche provato a tirare il tubo che stringeva nelle mani, ma Bianco ha detto di andar via. Così sono salito e quando mi sono affacciato di nuovo, Giacomo era sotto il nastro»...

Ma insieme a questo fatto gravissimo, si indica anche un altro:

"quella vicenda è arrivata anche nei fascicoli della Procura di Potenza, che ha chiesto e ottenuto il processo per l'ex commissario straordinario dell'ILva Enrico Laghi e Carlo Maria Capristo all'epoca procuratore di Taranto: tra le accuse contestate, infatti, c'era anche la decisione dell'allora capo della procura Capristo che, su indicazione di Pietro Amara, consulente legale di Ilva poi finito in numerose inchieste giudiziarie, aveva nominato un consulente gradito alla fabbrica e concesso in poco più di 24 ore il dissequestro del nastro trasportatore per non interrompere la produzione dell'acciaieria"

Il punto sulla ex-Ilva - da controinformazione Rossoperaia