lunedì 31 marzo 2025

Guerra imperialista - riarmo dell'Europa - il putrido nero governo Meloni - La responsabilità di noi operai - Un intervento di un compagno operaio dell'ex Ilva


Può sembrare una follia, ma sappiamo benissimo che la marcia inarrestabile verso una nuova devastante guerra
vede per questa Europa reazionaria come necessario passo per uscire da questo impasse un nuovo riarmo volto ad essere parte determinante di un ennesimo conflitto con lo scopo di rapina dei territori e delle risorse dei Paesi non allineati alle politiche predatorie di questo Occidente ipocrita, oramai nel pieno della sua fase calante.

L’apparente pace che si prospetta avvenire nel teatro di guerra ucraino non è altro che l’accordo tra due banditi (Trump e Putin) per una equa spartizione delle proprietà del popolo ucraino; arrivati entrambi a dettare le condizioni di vita di enormi masse di popolazioni grazie all’appoggio ricevuto negli scorsi decenni dalle più grosse famiglie mafiose dei rispettivi Paesi. Questa inedita alleanza stabilitasi tra queste due enormi potenze ha preso in contropiede i governi di questo vecchio ed ammuffito continente, dove da un giorno all’altro si è ritrovato a fare i conti con i reali interessi di rapina della più grande potenza mondiale, che mostra chiaramente (e finalmente diremmo noi) il suo vero volto di rapace predatore, dove ha messo nero su bianco che a difendere i suoi privati interessi deve essere un intero continente che dal termine della Seconda Guerra Mondiale ad oggi non ha fatto altro che servirlo come un cane pastore serve il suo padrone.

Questa difesa adesso deve avvenire a spese dei cittadini, di noi cittadini, che ci ritroviamo di nostro già a fare i conti con un caro vita ed una privatizzazione della pubblica amministrazione che non ha eguali nel corso della Storia ed ha prosciugato da tempo tutti i risparmi delle famiglie meno abbienti.

Questo riarmo, come si diceva più su, potrebbe sembrare folle, ma è evidente come sia l’unica strada che l’economia stagnante (che non vuol dire impoverita, ma con una crescita inferiore alle aspettative) che questo Occidente in declino ha è quella di distruggere tutto, anche le vite degli esseri umani, e ripartire in seguito a folle velocità per recuperare nel più breve tempo possibile i capitali distrutti. La goffa ed assurda giustificazione, che trova in quella statua di cera della presidente della commissione europea Ursula von der Leyen la sua massima espressione, non è altro che un arrampicarsi sugli specchi per alimentare le manie di crescita infinita che il sistema capitalista ha nella sua natura. La narrazione che vuole come l’occidente libero e democratico sia paladino dei giusti e le nazioni ai suoi confini orientali come bruti, barbari da civilizzare, ormai non regge più, neanche l’ultimo tra gli sprovveduti può dare credito ad un racconto così pieno di balle e castronerie.

È risaltato agli occhi del mondo intero l’incontro avvenuto lo scorso mese tra il presidente degli Stati Uniti Trump ed il suo omologo ucraino Zelensky, uno gnomo da giardino che della consistenza del gesso ha fatto il suo tratto distintivo. Quell’incontro ha messo definitivamente nero su bianco quanto la spavalderia del presidente ucraino fosse dettata null’altro che dalla copertura del governo americano sino a poco fa, da questo momento dovrà però fare i conti con il taglio agli armamenti da parte degli USA. Il suddetto incontro ha chiarito che l’appropriazione delle risorse appartenenti di diritto al popolo ucraino avverrà dai predoni dei governi russo ed americano.

Di fronte a questa inedita alleanza i governi europei, esclusi di fatto dalla spartizione del bottino, ora sono nell’imbarazzo del dover giustificare la menzogna perpetrata nel corso degli ultimi tre anni sulla questione degli aiuti militari che sono costati ai popoli lacrime e sangue.

Come giustificare d’altronde ad oggi la dissennata e continua richiesta di aumento delle spese militari? I governanti di questo piccolo pezzo di mondo sono completamente avulsi dalle necessità ed i bisogni dei popoli che sono chiamati a governare; gli esseri umani necessitano di cibo, istruzione, cure, vite dignitose, loro ricambiano con armi, armi, armi ed ancora armi. Domattina a colazione latte cereali calibro 9.

Ogni popolo di ogni nazione è chiamato al sacro compito di contestare, protestare, lottare contro gli interessi dell’industria bellica. Deve essere colta ogni pur minima occasione per trasformare le guerre di carattere imperialista in guerre civili che siano proiettate al rovesciamento di questo sistema improntato sul profitto ad ogni costo, che vede donne e uomini solo come risorse per aumentare illimitatamente il prodotto interno lordo.

Nel nostro caso vuol dire lottare contro uno Stato che ora replica in forma di farsa la tragedia che cento anni fa portò il nome di fascismo. Il preoccupante, pericolosissimo revisionismo storico galoppante che in questi anni ci sta conducendo sull’orlo del baratro trova sponda attraverso il controllo asfissiante dei mezzi di comunicazione di massa e con esso il consenso, un consenso di una parte delle masse ignare delle devastanti conseguenze di queste politiche interventiste, belliciste, che prosciugano le nostre vite e le rendono miserabili.

Il nostro compito ora è quello di risvegliare le coscienze dormienti di questa parte delle masse. Tocca porre l’attenzione sulla rinnovata minaccia che corrisponde al governo ed alla sua nera maggioranza parlamentare, un cumulo di rifiuti della società che vede nella figura mefistofelica della servetta presidente del consiglio Giorgia Meloni la sua massima espressione. Un putrido avanzo, un rifiuto organico a capo di una poco coesa coalizione di maggioranza che vede gli esponenti di Fratelli d’Italia in bilico tra le istanze guerrafondaie del ministro della guerra Crosetto, derivanti dai profitti enormi dell’industria bellica che lui stesso rappresenta, ed il nauseante servilismo della fascistella stessa in odor di santificazione dai suoi endorser Trump e Musk, che, ripeto, pretendono con la forza che l’Europa faccia da baluardo della difesa agli americani a proprie spese; Forza Italia, nella figura del ministro Tajani, in prima fila nella foga bellicista di questo moderno medioevo, mentre gli alleati infami della Lega, con a capo il nullafacente carabiniere mancato Salvini, contrari al nuovo piano di riarmo europeo nell’ottica sia di uno spostamento di fondi dalle spese sociali ad un rafforzamento delle spese verso le forze dell’ordine in funzione repressiva del dissenso (cosa che trova comunque pieno consenso negli alleati), a causa della loro vicinanza ideologica e non solo ideologica verso i due criminali Trump e Putin di cui sopra. Nella coalizione di maggioranza ci sarebbero anche gli scaldapoltrone di Noi Moderati, ma sfidiamo chiunque a ricordarsene l’esistenza.

A questa schifosa quaterna non vanno dimenticate le opposizioni, che ognuna a modo loro, non rappresentano le necessità delle masse. Si parte dal pieno collaborazionismo di Azione, Italia Viva e Partito Democratico, sempre in prima linea nell’opportunismo che da sempre li contraddistingue, sempre in evidenza quando si tratta di difendere gli interessi dell’Italia capitalista/imperialista e dei propri gruppi d’interesse.

Questi partiti hanno sempre mostrato il loro vero volto da accattoni, anche quando blateravano di pace, sia che fosse il sostegno all’Arabia Saudita contro lo Yemen, sia nell’appoggio allo Stato terrorista di Israele, senza dimenticare la continua aderenza all’invio di armi a Kiev, né gli accordi con i signori della guerra libici di minnitiana memoria. Noi non dimentichiamo l’eterna ipocrisia del PD, che durante la settimana votava in parlamento per l’invio di armi all’Ucraina, il sabato successivo manifestava con le bandiere della pace ed alla nuova settimana votava per un nuovo pacchetto di armi da inviare ancora in Ucraina. A questi scempi di partiti dobbiamo aggiungere i cerchiobottisti del Movimento 5 Stelle, un partito pigliatutto dove al suo interno troviamo tutto ed il contrario di tutto, dove ai loro proclami di pace non sempre corrispondono i fatti, basti vedere il loro voto favorevole dato lo scorso anno alla missione Aspides, un partito che più volte in passato non ha fatto mistero del proprio appoggio all’atlantismo. Discorso leggermente diverso va fatto con AVS. Pur avendo sempre coerentemente votato contro ogni invio di armi, contro ogni deriva bellicista delle borghesie parassitarie presenti in parlamento, non possiamo non criticare come raramente si siano sporcati le mani scendendo nelle piazze e manifestando, aderendo alle iniziative di lotta assieme ai nostri compagni. La loro azione si limita a dei timidi interventi, seppur in parte condivisibili, durante le discussioni parlamentari. Ci sarebbe anche da nominare Più Europa, ma vale lo stesso discorso fatto prima con Noi Moderati, sono il loro equivalente nelle opposizioni.

A tutto lo scibile parlamentare e governativo aggiungiamo che non c’è nessuna alta carica dello Stato a cui possiamo fare riferimento, meno che meno che al presidente Mattarella. Totalmente inappropriate sono state le sue parole lo scorso anno di pieno sostegno all’Alleanza Atlantica, parole che in maniera totalmente inesatta mostravano come la Nato fosse garanzia di pace, parole mai minimamente rettificate. Siamo in grado di dimostrare come la Nato sia invece la causa di molteplici conflitti.

In questi rinnovati e violenti venti di guerra, raffiche per l’esattezza, che spirano nel nostro continente, impossibile non fare neanche un cenno alla catastrofe che il popolo palestinese subisce da quasi ottant’anni e che da circa un anno e mezzo e precipitata nel baratro più profondo. Anche qui il nostro continente si è dimostrato il covo delle ideologie più reazionarie, dove l’appoggio al boia Netanyahu è stato incondizionato, dove da più parti sono state pronunciate parole accomodanti sennonché di vero e proprio benvenuto, non ultime dal nostro nero governo, verso un criminale sulla cui testa pende un mandato di cattura internazionale, responsabile di alcune delle più grandi atrocità che la Storia recente ricordi, e dire che abbiamo solo l’imbarazzo della scelta a riguardo.

Ed in questa immane tragedia non dobbiamo dimenticare che anche l’ONU, che oggi attraverso i rapporti e le per nulla incisive dichiarazioni del suo presidente Guterres muove delle blande accuse a quella metastasi tumorale che risponde al nome di Israele, ha il suo livello di responsabilità. Le chiacchiere stanno a zero, i fatti dimostrano tutt’altro, e mostrano come oltre ad aver contribuito alla nascita del terrore nel Medio Oriente lo difende attraverso il suo esercito in pianta stabile all’interno dei confini dello Stato confinante del Libano.

Fare questo elenco, seppur largamente incompleto, di partiti, stati, figure apicali ed organizzazioni non è per fare i bastian contrari a prescindere da tutto e tutti, ma è per mettere in evidenza come noi proletari non abbiamo alleati nelle borghesie, qualsiasi cosa se ne dica. Il compito storico del proletariato è quello di abbattere per sempre la società capitalista.

La classe operaia, in quanto classe che produce la ricchezza ha nelle proprie mani la capacità di determinare quale deve essere il fine di questa ricchezza.

Il riarmo europeo già deciso sta prendendo in considerazione la riconversione delle fabbriche dell’auto in produzione militare, questo porta ad un facile ragionamento: se al principio del profitto c’è il soddisfacimento dei bisogni attraverso la produzione di massa, la conseguenza naturale è che non saranno più le automobili a soddisfare le necessità ma bensì le armi. La guerra dunque diviene una necessità da perpetrare all’infinito per poter accrescere continuamente il capitale. Dovremo morire, dovremo soffrire per poter vivere. O meglio, sopravvivere.

Davanti a questa prospettiva terrificante i burocrati rappresentanti dei lavoratori dei sindacati confederali non hanno opposto e continuano a non opporre alcuna resistenza, basti semplicemente vedere il totale e colpevole silenzio sul Medio Oriente, sul massacro del popolo palestinese. Basti vedere la da sempre incoerenza dell’amico del PD Landini, dove alle parole di critica verso il riarmo non si è mai visto una scesa in piazza con i proPal ma è sceso con i guerrafondai il 15 marzo. Ci sono i maggiordomi della CISL, quasi quasi incuriositi dalla prospettiva di riconversione delle fabbriche e c’è la UIL, con il suo instancabile motto “armiamoci e partite”. In colpevole silenzio anche una parte del sindacalismo di base.

A fronte di queste considerazioni la nostra risposta è sempre è soltanto una: la necessità dell’autorganizzazione dal basso della classe operaia, della sua totale emancipazione dalla burocrazia del confederalismo sindacale e di una rinnovata partecipazione alle lotte che è venuta mano mano sempre meno negli ultimi anni. Sappiamo che non è una strada di semplice percorrenza, sappiamo che il lassismo prodotto dall’arretramento delle lotte negli ultimi anni è una tendenza di difficile inversione, e sappiamo che per cambiare rotta bisogna in primis eliminare le cause di questa situazione. Cause che abbiamo appena visto poco sopra.

Le contraddizioni all’interno delle classi borghesi prima elencate, ad esempio quella che vede l’alleanza forzata nella maggioranza di governo, dove, come si diceva, si è in bilico tra le istanze guerrafondaie e di riarmo europeo da una parte, e la vicinanza all’imperialismo russo nella figura del tiranno Putin dall’altra, sono l’anello debole della catena dell’imperialismo, ed è da ricercare in queste contraddizioni l’elemento scatenante di una nuova ondata di lotte nelle classe operaia.

Il socialsciovinismo (come lo avrebbe definito Lenin) della pseudosinistra parlamentare e di alcuni elementi della sinistra extraparlamentare, assieme ai sindacati confederali ed alcuni sindacati di base, è una malattia infettiva che deve essere debellata, e la Storia può insegnarci come combatterla. Guardare indietro alle grandi stagioni di lotta del nostro Paese, come ad esempio al glorioso Biennio Rosso oppure alle lotte degli anni 70, mostra come la classe operaia sia stata motrice del cambiamento progressivo dello stato sociale, mentre oggi il suo cambiamento in ordine regressivo dimostra come sia proporzionale alla regressione della lotta, degli scioperi. Dunque il fulcro su cui fare leva restano le fabbriche.

La classe lavoratrice detiene una forza latente, una capacità intrinseca di poter essere il motore del cambiamento della società intera, e di questo le classi borghesi ne sono pienamente consapevoli, basti vedere l’inasprimento quotidiano della repressione verso le rivendicazioni della stessa, ma non tutto il male viene per nuocere. Gli 800 miliardi previsti in armamenti non sono altro che la cartina di tornasole della profonda crisi e del fallimento dell’Europa che tenta disperatamente, con ogni mezzo, di strappare con le unghie e con i denti gli ultimi pezzi di menzogna che le restano da pronunciare. L’Europa imperialista per come la conosciamo è oramai arrivata al capolinea, e di questo dobbiamo approfittarne. Questa tendenza alla guerra della società odierna può essere infatti la scintilla che da l’avvio al motore della rivolta, a noi il compito di alimentarla.

A noi il compito di trasformare la spietatezza della guerra di carattere imperialista in gloria della guerra civile, con gli operai nuovamente in primissima linea, chiudendo definitivamente i ponti con il riformismo che ha inquinato e continua ad inquinare il fuoco della rivolta.

Sono ottimista a riguardo, guardandoci indietro possiamo vedere come la parte giusta dell’umanità ha sempre saputo affrontare le grandi catastrofi, e pur perdendo le battaglie ha infine vinto le guerre.

domenica 30 marzo 2025

Testi diffusi alla manifestazione di sabato sulla attuale situazione in palestina - 1 -

Israele, Trump con il piano di massiccia e definitiva deportazione dei palestinesi pongono un nuovo stadio dello guerra genocida

Ora è necessario che anche la solidarietà cresca ad un nuovo stadio, e trovi nuova forza, nuova estensione in una fase più difficile. 

Come giornalisti non asserviti scrivono: oggi "non basta la carneficina in corso. Israele sta già pianificando la deportazione forzata dei palestinesi da Gaza", riportando le parole del ministro delle finanze.

L'OK e la garanzia di massimo appoggio lo ha dato l'imperialismo Usa, Trump: Gaza deve essere liberata dal suo popolo, dai palestinesi, per farne una "riviera" per i coloni israeliani, i ricchi degli Usa e paesi imperialisti.

Il piano di deportazione prevede di cacciare 5mila palestinesi al giorno, ma già qualcuno del governo Netanyahu e della presidenza Trump dice che è troppo poco perchè i tempi di deportazione siano rapidi.

Si tratta di una pulizia etnica di un intero popolo più grave di ogni precedente. Accompagnata da un nuovo e più concentrato attacco genocida con nuove centinaia di morti, tantissimi bambini e donne, di

distruzioni. Un genocidio e la minaccia di occupazione militare della striscia di Gaza, che ora ha lo scopo di forzare la deportazione.

Mentre i collaborazionisti dell'Anp di Abu Mazen, lavorano in maniera sporca, criminale e ai fianchi della resistenza palestinese per mettere fine ad ogni difesa del popolo palestinese ai piani di Israele e dell'imperialismo, per tagliare la "testa" della resistenza, fino a fomentare ambigue opposizioni ad Hamas all'interno di Gaza. Abu Mazen, sotto la copertura di Israele, vuole in questo modo ripristinare il controllo dell'Anp su Gaza. 

Tutti i paesi imperialisti sono complici di questo genocidio/deportazione. Tutti, col silenzio o con appoggi materiali e verbali, hanno le mani sempre più insanguinate - e in prima fila sta l'imperialismo italiano, il governo Meloni, la serva degli Usa/Trump.

Tutto questo, la fase attuale, pone una emergenza anche alle forze della solidarietà alla Palestina. 

Chi ha parlato di "vittoria" per la falsa e breve tregua - che non ha affatto anche nelle passate settimane posto tregua ai bombardamenti, soprattutto in Cisgiordania, ai blocchi degli aiuti, alle carcerazioni, torture dei, delle detenute, alle uccisioni dei bambini - o è un cosciente opportunista o uno stupido che crede alle favole, o un ingenuo che oggi si deve rapidamente ricredere. La tregua è servita a prendere le misure del potere a Trump e a ripartire a Gaza da parte di Netanyahu.

Giovedi 10 aprile ore 18/20 assemblea cittadina di approfondimento e discussione alla sede di #iostoconlaPalestina - via Livio Andronico 47 WA 3519575628 con collegamenti video/interventi/proposte/solidarietà pratica ecc

Testi diffusi alla manifestazione di sabato sulla attuale situazione in Palestina - 2 -

50.000 morti: è l'ultimo conteggio macabro del piano genocida di Israele, USA, appoggiato a diversi livelli dagli altri paesi e governi imperialisti e non certo contrastato dalle altre potenze imperialiste, Russia, Cina e meno che mai, al di là delle parole, dai governi e dai regimi arabi.

Il conto è destinato a crescere ora per ora, dato che siamo dentro la seconda fase del piano genocida indicato dalla nuova Presidenza Trump e da Netanyahu nel loro primo incontro dopo l'insediamento di Trump alla Presidenza, vale a dire: genocidio e deportazione, cancellare la popolazione palestinese da Gaza e successivamente dalla Cisgiordania, imporre la nuova Nakba, cioè l'espulsione di massa dei palestinesi verso destinazione in parte nota e in parte ignota, costruire un regime fantoccio in Palestina che si appoggi sull’ANP, sull'attuale Autorità palestinese e il suo partito di riferimento, l'ex forza della resistenza palestinese Fatah, in maniera che il piano di “Grande Israele” combinato con il piano di ripresa dell'egemonia mondiale e del dominio assoluto dell'imperialismo americano nell'area possa andare avanti.

Questo piano comprende anche l'occupazione militare parziale del Libano, del regime libanese favorevole al piano d'Israele, l'attacco alla Siria con la costrizione dell'attuale regime siriano ad una intesa con lo Stato di Israele.

Al centro il controllo delle fonti energetiche dei grandi Capitali che l'imperialismo ha prodotto in tutta l'area.

Contro questo piano la Resistenza palestinese oppone la sua forza relativa, quella che è riuscita a sopravvivere al primo attacco, quella Resistenza che abbiamo visto anche visibilmente nella consegna degli ostaggi, che comunque ha un ruolo dirigente predominante soprattutto a Gaza. Cancellare quest'ultimo nucleo di Resistenza è l'obiettivo dell'attuale piano, così come in Cisgiordania impedire sia che essa si conservi e si riorganizzi, sia la prospettiva possibile in Cisgiordania di una nuova Intifada in una condizione sicuramente differente dall'Intifada che l'hanno preceduta.

E’ un piano di genocidio e deportazione senza precedenti nella storia più recente dell'umanità e in particolare dalla Seconda guerra mondiale in poi. L'insediamento colonialista dello Stato d'Israele, nel cuore del Medio Oriente, sopraggiunto alla Seconda guerra mondiale, ne è stato il primo passo, peraltro imposto con il dominio ed il terrore verso le popolazioni palestinesi e contro tutti coloro che con esse solidarizzavano.

Siamo nel 2025 - quindi a più di settant'anni - dall'insediamento dello Stato di Israele e oggi si vuole fare il passo ulteriore che per l'imperialismo e naturalmente per il sionismo, è una sorta di passo verso la “soluzione finale”.

Per questo, pur salutando con entusiasmo, unendoci all'entusiasmo delle masse palestinesi per la Resistenza che ha portato al cessate il fuoco, pur salutando e riconoscendo il valore storico dell'azione del 7 Ottobre, noi siamo stati tra coloro che hanno detto che resistere è condizione per avanzare verso una vittoria ma non è la vittoria, che parlare di vittoria era, in occasione del cessate il fuoco, un'esagerazione, un'enfasi che non serviva né alla Resistenza né al popolo palestinese. Quello che serve è ora più che mai riuscire a conservare le forze della Resistenza. Non siamo in una fase di offensiva strategica né in Palestina né nel mondo, chi dice questo è un imbroglione, un ingannapopolo, persone che, in nome dell'appoggio alla resistenza ai popoli, vogliono ingannarla, illuderla, farsi bella con essa, mentre in realtà la guerra non è che all'inizio ed è nella sua fase più difficile che ci fa essere pessimisti sull'esito di questo stadio della battaglia, ma chiaramente è un pessimismo basato sull'analisi concreta della situazione concreta, che non ha niente a che fare con il disfattismo o il liquidazionismo.

“I popoli in lotta scrivono la storia, guerra popolare fino alla vittoria”. Noi crediamo nella vittoria del popolo palestinese come crediamo nella vittoria dei proletari e delle masse arabe in un contesto mondiale in cui crediamo nella vittoria dei proletari e dei popoli sull'imperialismo che è entrato nella sua fase in cui ci porta a tappe forzate verso una nuova guerra interimperialista mondiale verso la quale o i popoli con una Resistenza, ribellione, mobilitazione mai vista riusciranno a mettere un freno - necessario comunque per ritardarla - o  in essa si dovrà giocare una partita storica tra l'imperialismo e le sue barbarie e l'alternativa del socialismo, della liberazione dei proletari dei popoli su scala mondiale.

Oggi però il primo compito è la denuncia, l’informazione, che nella maggior parte dei casi, visto il dominio assoluto dei mass media dell'imperialismo e del sionismo sia nell'area sia su scala mondiale per la presenza di una lobby sionista in tutti i paesi imperialisti e non solo.

Il secondo compito è la mobilitazione che ha bisogno di essere da un lato più incisiva e più alta e su questo deve contare sulle proprie forze, cioè sulle forze che attualmente sono scese in campo, sia del movimento palestinese, nel mondo e in Italia, sia delle forze più coerenti che sono state sempre dalla parte del popolo palestinese, sia pure con le loro differenze. Questa parte della solidarietà deve alzare il tiro, trovare la possibilità di essere più incisiva all'interno di ciascun paese nei confronti dei governi che sostengono l'imperialismo e, insieme ai governi, gli apparati militari, i legami economici, politici e culturali.

Però bisogna indebolire questi governi, togliere consenso adesso e quindi costruire un fronte largo, combinare manifestazioni che raccolgono la parte più avanzata dei palestinesi e della solidarietà alla resistenza con grandi e sempre più grandi manifestazioni di solidarietà al popolo palestinese e di denuncia di Israele/Trump come centro del piano genocida e di deportazione.

Su questo occorre lavorare e questa opposizione ai piani genocidi imperialisti in paesi come il nostro richiede necessariamente la scesa in campo dei proletari e delle masse popolari e dell'ampia fetta del nostro popolo che sicuramente non può essere dal lato di chi pratica genocidi, massacri di donne e bambini, bombarda ospedali, strutture civili, riempendo ogni giorno la lista dei crimini contro l'umanità per cui la Corte di giustizia europea si era già espressa.

Dobbiamo moltiplicare l'attività verso le larghe masse, i settori della classe operaia, i sindacati. Per sindacati non intendiamo i sindacati di base che già insieme ai palestinesi hanno promosso una manifestazione per il 12 Aprile, ma la larga parte dei sindacati. Su questo vale ancora il problema NO al piano Trump/Netanyahu, SI’ al riconoscimento della Palestina, che bisognerà riempire con la lotta dello Stato di Palestina, riconoscimento dello Stato di Palestina che ora è l'imperialismo e il sionismo che non LO vogliono e che vogliono cancellare anche dallo scenario politico, istituzionale, internazionale, in cui la teoria dei due Stati e il riconoscimento dello Stato di Palestina era nata come risposta pacificatrice e insufficiente.

 “Dal fiume al mare”, è la prospettiva strategica che solo la Rivoluzione proletaria mondiale e il socialismo e i suoi paesi che potranno nascere da questo processo di rivoluzione mondiale potrà rendere possibile.

Oggi più che mai dobbiamo insistere per mettere un freno ai piani imperialisti americani e sionisti insieme, sapendo che, come il popolo palestinese, non può contare sui regimi arabi.

Noi non possiamo contare su nessuna delle forze presenti nei parlamenti e quindi nel nostro paese sicuramente nella finta opposizione parlamentare: i 5 Stelle non sono mai stati solidali con la Palestina in nessun momento della loro storia, quando erano al governo, quando sono all'opposizione, né quando fanno le campagne elettorali, il PD è armi e bagagli da sempre, una componente del sostegno alla borghesia imperialista italiana, ai suoi piani, al suoi ruolo nel mondo e anche quando esprime dissenso e chiede il riconoscimento dello Stato di Palestina non è in grado di fare assolutamente nulla, sia in Parlamento sia nella società.

Per questo il nostro problema è solo uno: intensificare, rendere più incisive le manifestazioni di solidarietà al popolo palestinese in questa nuova ora drammatica, sostenere la Resistenza, auspicare che la Resistenza faccia piazza pulita del collaborazionismo nelle sue file che purtroppo, sostenuto dall'imperialismo e dai sionisti, in realtà è diventata una arma letale insieme ai bombardamenti e alle truppe nei confronti del popolo palestinese.

giovedi 10 aprile ore 18/21 assemblea cittadina di approfondimento e discussione alla sede di #iostoconlaPalestina - via livio andronico 47 wattsapp 3519575628 con collegamenti video/interventi/proposte /solidarietà pratica ecc

Ieri bella, combattiva, importante manifestazione per Taranto con la Palestina

 
60 compagne e compagni, tanti ragazzi, in corteo ieri. Un corteo combattivo che ha raccolto un fronte vario di realtà militati ma anche di tante persone democratiche, antimperialiste, antifasciste. Una manifestazione, che da tempo non si vedeva e importante per Taranto, in cui continuamente si sono gridati le parole d'ordine vecchie e nuove per la Palestina, a sostegno della resistenza del popolo palestinese che non si piega anche di fronte alle manovre sporche, contro il genocidio di Israele con la complicità, pieno appoggio dell'imperialismo Usa, dei paesi europei e del governo Meloni; contro l’Europa che si arma e sostiene Israele; una solidarietà che oggi deve essere più forte contro il piano di deportazione/pulizia etnica attuato da Netanyahu, e pianificato da Trump. 
Così è stato gridato che Taranto non è città di guerra.
Negli interventi che ci sono stati lungo il percorso con fermate nelle piazza principali di Taranto forte denuncia della inumana condizione delle donne e dei bambini, e in particolare della violenza sessuale, stupri, aggressioni sessuali fatti contro le donne, le detenute, denunciate anche dalla commissione dell'Onu.
Tra i vari interventi, nello stazionamento per un quarto d’ora sul ponte girevole una compagna ha denunciato la repressione che ha colpito anche 2 compagni a Taranto per una scritta contro Israele. 
Ora continuiamo.
E' stata proposta la convocazione di un coordinamento regionale a Taranto; una assemblea con video e collegamenti con realtà palestinesi per il 10 aprile e manifestazione all’ammiragliato lungomare il 12 - l’importante è non fermarci e lavorare per un nuovo più grande corteo il 25 aprile
 
#iostoconlapalestina










Verso iniziativa dello Slai cobas per il sindacato di classe Taranto sulla vendita agli azeri dell'ex Ilva

nei prossimi giorni

- perchè siamo contrari

- chi sono gli azeri che lo acquistano e quali sono i loro lati oscuri

- il governo Meloni e il Ministro Urso cosa ci guadagnano da questa acquisizione 

- qual'è la reale sostanza di quello che si conosce su piano industriale e piano ambientale e quali gli effetti

- perchè le organizzazioni sindacali confederali e USB sono o complici o incapaci di difendere gli interessi operai Acciaierie e  Appalti

- e' possibile fare qualcosa e da dove cominciare ?

giovedì 27 marzo 2025

28 marzo - Sciopero degli operai metalmeccanici per il contratto

Slai cobas per il sindacato di classe - coordinamento nazionale

 Il 28 marzo ci sarà lo sciopero dei metalmeccanici.

1.500.000 operai metalmeccanici, il 6,2% della forza lavoro, sciopera giustamente perché sono senza contratto. Questo è sulla base però di una mobilitazione imperniata, per quanto riguarda Fiom/Fim/ Uilm, su delle posizioni che lasciano spazio, come sempre, ad una via di fuga per i padroni e per il Capitale. Si legge nella locandina di indizione che “è ora di contrattare per il bene dell'industria, dei lavoratori e del paese per aumentare i salari, ridurre l'orario, stabilizzare i rapporti di lavoro, garantire la salute e la sicurezza anche dei lavoratori dell'appalto”. Sicuramente queste parole d'ordine sono importanti, il problema è che dobbiamo fare i conti con la situazione oggettiva e inquadrarla nel punto centrale.

La trattativa del contratto dei metalmeccanici si è rotta su un problema essenziale per quanto riguarda lo scontro tra la classe operaia e il Capitale, tra lo sfruttamento e i livelli sempre più pesanti di rapina del plusvalore non pagato all'operaio, si è rotta sulla questione del salario.

Proprio in questi giorni viene messa al centro dalla borghesia, dai sindacati, la lotta per il salario, ma vediamo un attimino come viene descritta.

Giustamente Landini dice che il governo e i padroni stanno di fatto programmando la riduzione del potere di acquisto dei salari anziché tutelare il loro potere di acquisto. Questo sta avvenendo anche nel settore metalmeccanico, praticamente dicono che è fondamentale rinnovare il contratto – sottolineano Fiom/Fim/Uilm - per garantire certezze ai lavoratori e alle imprese che vogliono regole più chiare per difendersi dalla concorrenza sleale.

Se questi sono i presupposti c'è qualcosa che non quadra, che è meglio chiarire perché bisognerebbe chiedersi: ma il sistema di produzione capitalistico può permettersi questo o è necessario ricostruire i rapporti di forza tra la classe operaia e il Capitale per poter ottenere questi aumenti? Per quello che riguarda gli aumenti è bene comunque ricordare di quale siano le proporzioni: i sindacati metalmeccanici chiedono 280 euro di aumento in tre anni (che anche questa è una richiesta molto insufficiente), mentre i padroni hanno ribaltato il tavolo dicendo che propongono 173 euro in tre anni, soldi tra l'altro neanche sicuri ma solo nel caso in cui si realizzi l'indice dei prezzi di consumo armonizzato al netto dei prezzi energetici importati, preventivato dall'Istat nel giugno 2024. Qualora questo valore non fosse in linea con le stime, gli aumenti salariali per gli anni 2025-2026-2027 potrebbero essere più bassi e questo fa il paio con quello che è uscito anche dalle statistiche, e cioè che l'Italia e gli operai italiani si troviamo tra i paesi del G20 con gli aumenti di salario, con i salari più bassi, dove si fanno delle proporzioni, parlano di percentuali di meno 8,7 rispetto agli anni precedenti. Ma il problema non è solo questo dei dati, il problema è la prospettiva su cui siamo chiamati a mobilitarci e che purtroppo presenta ancora delle illusioni e delle vie di fuga per il Capitale.

Da un lato i sindacati di categoria dicono a gran voce che una crescita dei salari farebbe bene al sistema Italia perché consentirebbe di aggredire uno dei mali più perniciosi della nostra economia, la debolezza della domanda interna. Su questo punto è bene rifarsi comunque alle questioni del marxismo, di Marx, di “Salario-prezzo-profitto”. Primo: recuperare l'aumento salariale non vuol dire aumento del salario, ma in ogni caso un aumento della spesa interna potrebbe essere in parte agevolato solo nel caso di un aumento effettivo dei salari, cosa che invece non viene prospettata perché questo significa solamente, anche rispetto all'indagine dell'Istat, un adeguamento all'inflazione e quindi al fatto che il potere d'acquisto dei salari è stato eroso in tutti questi anni e continua a essere eroso da un aumento dell'inflazione - Landini parla del 16% di un'inflazione complessiva.

Sempre i sindacalisti dicono agli imprenditori che aumentare i salari, come vi abbiamo chiesto, aiuterà la ripresa dell'economia. Questo tra l'altro vuol dire che la ripresa dell'economia non è altro che la ripresa dello sfruttamento, infatti in questo elemento c'è anche un paradosso del contratto dei metalmeccanici perché come viene analizzato in un articolo che dice che le relazioni industriali nel settore metalmeccanico sono molto buone. Da quando fu avviato il rinnovo del contratto del 2016 sono stati compiuti passi in avanti, in sostanza è stato messo un nuovo sistema classificatorio, è stato ridotto l'orario di lavoro e quindi questo ha consentito di attenuare in maniera sensibile la durezza dell'inflazione. Per quanto riguarda la crescita salariale, che impropriamente viene chiamata così, tutto è stato legato a quello che è invece il welfare contrattuale interno, qua viene detto che è stato strutturato per andare incontro alle esigenze dei lavoratori, ma questo non è altro che parte del salario che è stato tolto dal salario effettivo ed è stato legato poi anche ai premi di produzione, agli accordi interni, che sono sempre legati all'aumento dello sfruttamento della forza lavoro, all'aumento dell'intensità del lavoro dell'operaio. Su questo dato è bene riprendere integralmente un passo che riguarda la formazione operaia marxista che stiamo facendo, dove Marx spiega come la lotta per aumenti salariali è di fatto una lotta di recupero di un salario che il Capitale con i suoi interventi ha già abbassato, quindi se l'operaio non facesse questa lotta non solo non avrebbe un aumento del salario, ma vedrebbe il suo salario ulteriormente diminuito.

Il nodo centrale è appunto che l'aumento generale del livello dei salari non incide sui prezzi delle merci, ma sui profitti, quindi un aumento generale dei salari provocherebbe una caduta del saggio generale del profitto senza esercitare alcuna influenza sui prezzi medi delle merci e sui loro valori. Questa è una questione molto importante perché rimette al centro il problema della lotta per il salario intesa come una battaglia centrale per riavviare uno scontro anche più generale da parte degli operai, ma su questo bisogna che gli operai prendano coscienza di questa situazione, il sistema capitalistico non può permettere questa cosa se non perché i rapporti di forza consentono di strappare questi risultati. E’ proprio per questo che i padroni affermano che se dovessero aumentare il salario andrebbero in crisi, infatti i padroni affermano, affrontando i dati sulla congiuntura del settore metalmeccanico che sono pessimi, che nel 2024 la produzione rispetto all'anno precedente è scesa del 4,2% ed è più di un anno che fa segnare i dati in negativo. Dicono che questo non accade solo in Italia perché sempre da un anno all'altro la produzione è calata in Europa del 5,6% il che significa che non si può sperare in una forte ripresa delle esportazioni.

Quindi ci troviamo in un contesto in cui il governo mette i soldi per le armi e non certo fino adesso ha avuto l’intenzione di intervenire nel contratto dei metalmeccanici per fare quello che dicono i sindacati confederali. Quindi i padroni dicono, con Federico Visentin, Presidente di Federmeccanica, che si è chiuso un anno durissimo, le prospettive preoccupano, il settore è a rischio. Dall'altro lato aumentare la domanda interna e le esportazioni per la situazione più generale in cui tra l'altro con i sommovimenti geopolitici, i dazi di Trump, la prosecuzione delle guerre in atto, come dicono gli stessi analisti borghesi, molto difficilmente potrà migliorare.

Per cui se questo è il contesto è bene che gli operai in questa lotta per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici, ma in tutte le lotte, debbano prendere coscienza della posta in gioco, della lotta tra il Capitale che cerca costantemente di ridurre i salari al loro limite fisico minimo e di estendere la giornata di lavoro al suo limite fisico massimo. Pertanto l'operaio, come dice Marx, deve esercitare una pressione in senso opposto e quindi, come abbiamo detto all'inizio, la questione si riduce ai rapporti di forza delle parti in lotta. Quindi la lotta per il salario incide sui profitti, sul saggio di profitto e che quindi se aumentano i salari si riducono i loro profitti, se diminuiscono i salari aumentano i loro profitti e questo è il nodo centrale che dobbiamo mettere in campo rispetto a questa battaglia che dobbiamo fare.

Infatti, come è successo in questi anni, quando i rapporti di forza tra padrone e operai fanno sì che gli operai non ottengano aumenti dei salari e quindi il loro salario cala e i prezzi continuano allo stesso ad aumentare e mentre difendono l'aumento dei profitti o la tenuta di essi il salario cala.

Pertanto concludendo, quando Landini parla e dice che serve una vertenza sui salari non parla in questo senso ma parla per attivare un'altra soluzione per le imprese, parla di economia nazionale, parla di investimenti, macchine, che vuol dire aumentare la quantità di lavoro necessario che viene tolta agli operai e quindi sempre per aumentare i guadagni dei padroni e questa è una via perdente che ci ha portato in tutti questi anni a perdere il salario in Italia e anche in maniera minore negli altri paesi.

Terminiamo dicendo che in questo quadro nello sciopero generale di 8 ore indetto per il 28 marzo per il contratto -  a cui invitiamo comunque gli operai a partecipare - è importante che le avanguardie operaie svolgano un ruolo d'indicazione di una piattaforma alternativa e soprattutto considerano in questo sciopero un'occasione, un'opportunità per un vero sciopero generale.

Un vero sciopero generale perché lo scontro anche per il contratto è uno scontro contro i padroni, contro il governo, contro lo Stato, che vanno verso la guerra, la reazione e il peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori, dei proletari e delle masse. Uno sciopero generale dal basso, uno scontro prolungato che dica chiaramente parole d'ordine chiare come “lavoro/non guerra”, che metta al centro gli interessi dei lavoratori e della classe operaia contro gli interessi dei padroni e dei loro governi.

Questo non solo è possibile ma è necessario come dimostrano anche lo sciopero recente di migliaia di lavoratori che è successo in Grecia dove era tra l'altro non era solo sul salario ma sulla questione dei morti sul lavoro, della sicurezza dei lavoratori. Questo ci dice che la strada è lunga e tortuosa ma è possibile ribellarsi a questo sistema e non abbiamo come classe operaia altra soluzione che questa.
 

Slai cobas per il sindacato di classe
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Comunicato - Sull'incontro delle lavoratrici ausiliarie degli asili con commissario prefettizio

Mercoledì 26 marzo 2025 la delegazione dello Slai cobas, con la sottoscritta rsa CavaliereVincenza in rappresentanza delle lavoratrici degli asili comunali di Taranto, la coordinatrice dello slaicobas, con la nostra avvocata ha incontrato il subcommissario dott. Eliseo Nicolii (in quanto la commissaria prefettizia è rimasta impegnata in un altro colloquio).

Abbiamo subito affrontato la questione della illegittimità da parte dell'ente di non aver fatto lavorare il mese estivo di luglio/agosto 2024 le lavoratrici così come previsto dalla delibera a riguardo, e soprattutto di non averci detto nulla di come quel denaro, destinato a noi, sia stato stato speso o a cosa sia servito. lnoltre abbiamo chiesto di sapere anche quali saranno le intenzioni sui prossimi mesi estivi 2025 per la continuità lavorativa delle ausiliarie. Questa richiesta è fattibile anche in periodo di commissariamento del Comune, tenendo conto che anche la decisione del “mese di lavoro estivo” fu presa in situazione simile.

Con vari interventi delle partecipanti si è poi delineato il contesto lavorativo pregresso ed attuale delle ausiliarie storiche degli asili tarantini, mettendo in evidenza le gravi ed reiterate inadempienze da parte della PA sulla gestione degli appalti di cui sono vittime sacrificabili le lavoratrici ed i lavoratori.

E a tal proposito abbiamo riconfermato il nostro no alle esternalizzazioni dei servizi allinfanzia.

Abbiamo chiesto che la commissaria indichi alla futura amministrazione le nostre richieste: aumento dell’orario di lavoro (a fronte dei carichi di lavoro sempre più gravosi e a fronte del nostro numero sempre più ridotto per pensionamenti e altro); riconoscimento retributivo della nostra attività di ausiliariato, che deve essere differenziata dal lavoro di pulizia (su questo il sub commissario ha espresso anche una sua sorpresa che le due attività vengano svolte contemporaneamente dalle stesse persone), tutela della nostra salute e sicurezza.

In maniera accentuata si è ribadito il concetto che il Comune di fatto continua da oltre 30 anni ad usufruire e a beneficiare del lavoro di ausiliarato di queste lavoratrici - che in realtà hanno dei contratti di operaie/pulitrici di secondo livello multiservizi - e che per tali mansioni non sono mai state a tutt'oggi remunerate.

Lincontro si  è  concluso con l’impegno da parte del dott. Nicolii di riferire le nostre varie argomentazioni e richieste alla commissaria prefettizia e di comunicarci al più presto i suoi intendimenti.

Noi attenderemo una settimana, poi in caso non abbiamo comunicazioni dalla commissaria prefettizia, ci metteremo noi in contatto, con eventuali iniziative sindacali in caso di mancate risposte.

Vincenza Cavaliere RSA Slai cobas