venerdì 1 dicembre 2023

Acciaierie d'Italia - Si torna alla "casella di partenza"...

Quasi un altro mese e mezzo totalmente a vuoto. Siamo passati dall'ipotetico "memorandum segreto Fitto/Mittal, che di fatto aveva messo da parte il min. Urso, a tornare - come un gioco dell'oca - al Min. Urso e a Giorgetti. 

Attaccarsi, come ora stanno facendo le segreterie di Fim, Fiom, Uilm, alla presidente del consiglio Meloni per chiedere una "convocazione urgente per ricevere un aggiornamento sulla vertenza e sulle decisioni che il governo intende assumere" - Meloni che non è affatto al di sopra di questi "giochi", ma ne è pienamente responsabile - è una ulteriore illusione verso i lavoratori.

E' proprio la Meloni che aveva esautorato Urso per affidare tutto a Fitto, e ora - visto che quel famoso "accordo segreto" non vale più, se è mai valso, perchè Mittal vuole subito 320 milioni e dopo 1,5 miliardi e non intende mettere neanche un euro di suo - torna ad Urso.

I lavoratori devono decidersi! Se vogliono realmente difendere lavoro, salario, salute, futuro o vogliono avere altri "schiaffi in faccia". 

Nella situazione attuale non c'è soluzione senza una rivolta, una lotta prolungata su una piattaforma operaia. 

Ora in questo mese l'Usb ha annunciato una manifestazione nazionale a Taranto per il 20 dicembre. Una manifestazione nazionale è chiaramente necessaria per la gravità della situazione. Ma fare una manifestazione per - come è scritto nel comunicato di Usb - "ribadire che la politica deve ascoltare, la cittadinanza, i lavoratori, il sindacato sui temi, gravi e improcrastinabili, legati all’ex Ilva", e portare ai lavoratori la falsa concezione che "la politica italiana sta commettendo errori", è un'operazione che nei fatti devia l'attenzione e la lotta. La cosiddetta "politica" se ne sta occupando, ma nel senso di "ascoltare" ArcelorMittal e stare dietro ai suoi diktat. Anche la parte pubblica Invitalia, col presidente Bernabè ha detto che "se l’azienda non ottiene rapidamente 300 milioni di euro non è in grado di assicurarsi la fornitura di gas e non può neanche far fronte ai debiti accumulati, a cominciare dagli oltre 200 milioni che deve alla Snam".
Così come fare una manifestazione nazionale per chiedere alla fine: “Incentivo all’esodo, riconoscimento dell’esposizione all’amianto e lavoro usurante", sono miserie che distolgono dalla lotta vera per il salario, il lavoro, la fine della cassaintegrazione,la sicurezza.

Dalla stampa - "I rumors in merito ai contrasti tra la parte pubblica e quella privata - Invitalia ed ArcelorMittal - fanno riaffacciare l’ipotesi che Acciaierie passi sotto il controllo dello Stato: una rotta originariamente tracciata dal ministro delle Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso, e poi clamorosamente invertita, con il ministro per gli Affari Europei, le Politiche di Coesione ed il Pnrr, il leccese Raffaele Fitto, indicato come il regista di una trattativa con Mittal per un rafforzamento della presenza in società della multinazionale francoindiana".

E a proposito della cosiddetta "politica" - di un parlamento che sempre più è una cassa vuota, resa inutile dalla Meloni ma anche da partiti all'opposizione che si mettono la coscienza a posto solo con le parole - questa politica non fa che accompagnare il "morto". Il PD: «Il ministro Fitto deve venire urgentemente in Aula a riferire su quanto sta avvenendo all’ex Ilva. E’ una follia che il Parlamento non venga informato. La situazione sta ormai assumendo dei contorni inquietanti...". Per il consigliere regionale Michele Mazzarano «la notizia della mancanza di volontà da parte di Arcelormittal di partecipare all’aumento di capitale per l’ex Ilva e la richiesta allo Stato di trasformare il prestito ponte di 680 milioni in capitale, con il conseguente ingresso del socio pubblico in maggioranza, rende concreto il rischio di chiusura dello stabilimento siderurgico".

Intanto la situazione all'interno va sempre peggio.

Nelle prossime ore Acciaierie d’Italia si accinge a fermare l’altoforno 2 nello stabilimento di Taranto, pare al momento per un paio di settimane, che a quel punto rimarrebbe con un solo impianto in marcia (l’altoforno 4) su tre, essendo gia’ fermo l’altoforno 1 dalla scorsa estate. È quanto si apprende fa fonti sindacali. "Noi non siamo stati informati di nulla dall’azienda. E’ l’ennesima provocazione di questa gestione e qualcuno ora deve fermarla assolutamente perche’ sta mettendo a rischio stabilimento e produzione. Non sono poi trascurabili eventuali ripercussioni ambientali, tecniche e con i gas di altoforno e di cockeria” afferma Francesco Brigati, segretario Fiom Cgil.

Nessun commento:

Posta un commento