Da Milano Finanza del 6/12/23 - Oggi va in scena l’ennesimo estenuante Cda di Acciaierie d’Italia per tentare di trovare una via d’uscita alla grave crisi di liquidità dell’ex Ilva. L’azienda ha bisogno disperatamente di un’iniezione di liquidità di oltre 300 milioni di euro. E per garantire il futuro al polo siderurgico più grande d’Europa occorre un piano di investimenti da 5 miliardi nei prossimi anni su cui sta lavorando il ministro Fitto.
Ma il socio privato Arcelor Mittal continua a procrastinare da tempo gli impegni. In un gioco a scacchi pericoloso e nocivo per l’ex Ilva, su cui il presidente della holding Franco Bernabè ha più volte lanciato l’allarme per la grave crisi di liquidità e i debiti con i fornitori di energia che non vengono pagati. […]
Si vedrà se anche questo ennesimo Cda porterà buone nuove. Si può pensare che la ritrosia del colosso franco-indiano sia dovuta a ostacoli di origine finanziaria. Ma è vero il contrario. I soldi, e tanti, ci sono per un intervento risolutivo della crisi finanziaria dell’impianto di Taranto. Basta veder i conti di Arcelor Mittal.
Nella presentazione del bilancio dei primi 9 mesi del 2023 ecco che l’azienda comunica di aver prodotto flussi di cassa liberi per la bellezza di 1,1 miliardi. Cassa quindi più che capiente che però non finisce negli investimenti, ma che è stata retrocessa tutta agli azionisti.
Con un buy back da 700 milioni e un dividendo da 200 milioni già dato e un altro di 200 milioni che verrà distribuito nel corso di questo trimestre. Non solo ma gli impegni di buy back per il futuro riguardano ben 85 milioni di azioni del colosso che quota in questi giorni 23,5 euro. Un totale monstre di quasi 2 miliardi di cassa che l’azienda si impegna a usare per comprare propri titoli. Tutta finanza quindi e l’ex Ilva resta al palo con le sue esigenze di cassa
I conti dei nove mesi della compagnia sorta dalla fusione della francese Arcelor e dell’indiana Mittal brillano con un margine operativo lordo prodotto da gennaio a settembre per 6,3 miliardi di dollari e un utile netto per 3,9 miliardi. Tra l’altro il gruppo ha un profilo di liquidità elevato con 11,8 miliardi di cassa. Il tutto pur in un anno il 2023 che vede il ciclo dell’acciaio in frenata. Frenata che non compromette certo i bilanci del gruppo che è reduce da un biennio d’oro con utili prodotti nel 2021 per oltre 15 miliardi e altri 11 miliardi l’anno scorso. Il tutto mentre l’ex Ilva già cominciava ad agonizzare con produzione in forte calo e con problemi di liquidità. In questo quadro Arcelor-Mittal, con l’ad di Acciaierie d’Italia Lucia Morselli plenipotenziaria del gruppo in Italia, ha fatto orecchie da mercante. Lesinando il più possibile risorse.
Non solo ma gli indiani hanno deconsolidato dai loro conti l’ex Ilva già da tempo. Approfittando del fatto che la seconda iniezione da 680 milioni di parte di Invitalia, il socio pubblico, che ha quindi speso oltre 1 miliardo per l’ex Ilva è convertibile in azioni, portando così il socio pubblico al 60% del capitale. E quindi Arcelor scrive da tempo che la sua quota è del 40%. Una quota di minoranza che ha permesso ai franco-indiani di deconsolidare dai loro conti proprio l’ex Ilva. Tra l’altro con un guadagno dal deconsolidamento di 100 milioni. E così l’ex Ilva di fatto non compare più nei radar del bilancio globale del gruppo.
Acciaierie d’Italia è scomparsa dalle presentazioni del gruppo agli investitori come se l’Italia non esistesse. Nei piani di investimento proiettati al 2026 l’ex Ilva non compare più. E non compare nelle varie joint venture del gruppo disseminate nel mondo. Un chiaro segnale di disimpegno.
Chissà se calcolato o meno fin dall’inizio dell’avventura del colosso dell’acciaio mondiale in Italia? Difficile dirlo. Sta di fatto che nel ciclo più favorevole da anni dell’industria siderurgica globale, il biennio 2021-2022 che ha portato in cassa ad Arcelor-Mittal la bellezza di 26 miliardi di utili, l’ex Ilva è stata ferma a guardare con un continuo calo della produzione. Ora che il ciclo sta rallentando e la domanda non è così forte si rischia la sovraproduzione e poter contare su una diminuzione dell’offerta può solo fare comodo. Meglio che l’ex Ilva paradossalmente produca sempre meno. In fondo è la legge antica della domanda e dell’offerta. Che Arcelor-Mittal sa cavalcare molto bene.
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