con quali effetti sui lavoratori Acciaierie e appalto - questo nessuno lo dice e i lavoratori appaiono come pecore in mezzo ai lupi - Inutile dire che noi siamo per un'altra strada
info da Corriere di Taranto
Nella prima decade di gennaio si terrà un incontro tra i vertici degli azionisti dell’ex Ilva – Governo, Invitalia, ArcelorMittal – che dovrà trovare una quadra, in vista di una riconvocazione del Cda (per l’approvazione di una delibera che metta d’accordo i soci) e di una nuova assemblea dei soci (che poi quella delibera dovrà approvare). ArcelorMittal ha mostrato la sua disponibilità a partecipare all’aumento di capitale pari a 320 milioni di euro, pro quota parte. Ovvero versando il 62% della somma in questione, pari alla paercentuale delle quote del capitale sociale della società in suo possesso, corrispondenti a 198,4 milioni di euro. La restante parte, ovvero 121,6 milioni di euro spetterà al socio pubblico Invitalia, che possiede il 32% delle quote. Probabilmente le modalità per l’emissione di tale aumento saranno quelle indicate nella proposta di delibera portata in CdA lo scorso 19 dicembre. Sciolto il nodo dell’aumento di capitale che consentirebbe all’azienda di avere quell’immediata liquidità (andrebbe notato che sommati ai 680 milioni del gennaio scorso fanno esattamente il miliardo di euro stanziato dal governo Draghi con il dl Aiuti Bis) per gestire con meno affanno la questione legata al rifornimento del gas e il pagamento dei vari fornitori (leggi aziende dell’indotto e dell’appalto oltre all’acquisto diretto delle materie prime), resta da affrontare il nodo scorsoio di tutta questa vicenda come scriviamo oramai da anni, quello più importante per la continuità produttiva dell’azienda: l’acquisto dei rami d’azienda dalla società ex Ilva in Amministrazione Straordinaria.
La posizione di ArcelorMittal su questo aspetto è fin troppo chiara (come recitava il secondo punto della proposta di delibera dello scorso 19 dicembre): chiedere al CdA di dare il via libera alla trattativa per acquistare gli impianti (il cui prezzo andrebbe valutato da una perizia come previsto dal comma e dell’art. 9 del decreto Salva Infrazioni dello scorso agosto), anche tramite l’aiuto di un prestito bancario a cui eventualmente sommare un intervento finanziario da parte degli stessi soci. Al prezzo finale degli impianti, andrebbero sottratte le somme riguardante debiti e contenziosi in essere al momento tra le parti in causa (tra cui anche Ilva in AS che è ancora la proprietaria degli impianti). Che si potrà raggiungere attraverso un mutuo bancario (ipotecando gli impianti acquistati) ed un nuovo aumento di capitale dei soci sempre pro quota parte. Questo perché, (e come hanno sempre evidenziato gli stessi Bernabè e Morselli), fino a quando gli impianti resteranno sotto sequestro, l’azienda non avrà la possibilità di finanziare il circolante e soprattutto dovrà inevitabilmente fermarsi (qualora non intervengano nuovi accordi tra le parti) visto che il 31 maggio 2024 scadrà il contratto di affitto degli stessi. Se entro quella data Acciaierie d’Italia non comprerà gli impianti, questi rientreranno nella disponibilità dei commissari. Il che aprirebbe le porte ad un nuovo commissariamento dell’azienda come nel 2013, eventualità che si proverà ad evitare ad ogni costo. Così come una nuova, drammatica amministrazione straordinaria della stessa (decisa in conseguenza del commissariamento alla fine del 2014 e diventata effettiva nel 2015). Entrambe ipotesi come scriviamo da tempo molto lontane dalla realtà, visto che i patti parasociali in essere attualmente tra i due soci vincolano quest’ultimi ad impregni precisi. E perché far naufragare l’azienda in una prospettiva del genere, non solo aprirebbe un contenzioso legale con ArcelorMittal, ma soprattutto farebbe sprofondare i lavoratori e il tessuto economico della città di Taranto in una crisi economica e sociale, oltre che ambientale e sanitaria, peggiore di quella degli anni passati.
Intanto, domani alle 16 i segretari generali di Fiom, Fim, Uilm e Ugl sono stati convocati a Palazzo Chigi sulla vertenza, per un nuovo confronto in agenda dopo l’ennesimo rinvio dello scorso 20 dicembre, quando il Governo aveva confermato l’intenzione di continuare a fare la propria parte ed assicurò che sarebbe stata garantita la continuità aziendale. Il clima dell’incontro però, non sarà dei migliori visto l’ennesimo rinvio odierno del CdA. Come testimoniano le dichiarazioni rilasciate dai segretari generali delle organizzazioni sindacali.
“E’ inaccettabile che il Cda e l’assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia si riuniscano da mesi senza prendere decisioni per la salvaguardia dell’occupazione, dell’ambiente e della produzione di acciaio in Italia – afferma Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil -. E’ un comportamento irresponsabile, in un Paese normale dovrebbero dimettersi e il Governo dovrebbe prendere in mano l’azienda. Il Governo nazionale non può essere ostaggio di una multinazionale. Il Consiglio dei Ministri, riunito in queste ore, decida per la salita nel capitale pubblico. Gli stabilimenti ex Ilva sono in una situazione che peggiora di giorno in giorno a causa dell’incuria e dell’assenza di manutenzioni e perdere altro tempo significa mettere a rischio la salute e l’occupazione dei lavoratori, l’ambiente, la continuità aziendale e la tenuta gli impianti. È necessario che il Governo faccia l’interesse di tutto il Paese, non può continuare con questo atteggiamento di retroguardia, ci sono di mezzo le vite di migliaia di persone e il futuro dell’industria siderurgica italiana. La decisone della Presidenza del Consiglio di ridurre la delegazione delle organizzazioni sindacali, convocate per domani, è la manifestazione della paura del Governo di affrontare gli unici che hanno fatto proposte concrete per impedire il fallimento. Comincia a farsi largo il sospetto di una mancanza di trasparenza sugli accordi tra pubblico e privato e sullo stato reale dell’azienda. Senza risposte, valuteremo con gli altri sindacati tutti gli strumenti sindacali e legali per tutelare gli interessi dei lavoratori e del Paese” conclude il rappresentante della Fiom.
“Apprendiamo in queste ore dalle agenzie stampa che nell’ennesimo C.d.A. di Acciaierie D’Italia di quest’oggi non è stata trovata nessuna soluzione per rilanciare l’attività aziendale e si è concluso con un nulla di fatto. Pensiamo che questa situazione di stallo, continui ad essere fortemente pericolosa per il futuro dell’azienda, dell’occupazione e della produzione del più grande polo siderurgico europeo”. Così parlano il segretario generale FIM CISL Roberto Benaglia e il segretario nazionale FIM CISL Valerio D’Alò. “Ci chiediamo anche, come mai, il confronto con i vertici del Governo e i Mittal a livello mondiale non sia stato tenuto in questi mesi ma sia stato programmato per le prossime giornate di gennaio. Pensiamo che sia il momento delle scelte e non dei rinvii, perché non c’è più tempo. L’incontro di domani del sindacato, con il Governo, sia quindi non una perdita di tempo ma concreto nel programmare scelte che permettano al di là del confronto con i Mittal, di salvare l’azienda e di evitare un “bagno di sangue” industriale e occupazionale. Non ci siano quindi rinvii, ma si mettano in campo quelle soluzioni che permettano di programmare il ruolo di questo Paese nel futuro dell’ex Ilva. In questa partita il Governo è infatti doppiamente responsabile, sia perché l’ex-Ilva come molti industriali dichiarano, è un grande patrimonio industriale dell’ Italia da tutelare, ma soprattutto perché lo Stato tramite Invitalia è nel capitale dell’azienda. Per questo chiediamo che ci sia un programma chiaro che eviti perdite di tempo, ulteriori trattative e trovi invece soluzioni importanti di garanzia come l’entrata in maggioranza dello Stato nel capitale dell’azienda, soluzione che da tempo abbiamo indicato e con noi anche molti industriali stanno indicando come possibile parte della soluzione. È il tempo delle scelte non dei rinvii e con questo approccio domani ci presenteremo al confronto con il Governo”.
“L’esito del Cda di Acciaierie d’Italia che non prende nessuna decisione sul capitale e sull’acquisizione degli impianti è l’ennesima dimostrazione, se mai ce ne fosse ancora bisogno, di come la trattativa dell’ex Ilva sia completamente in mano ad ArcelorMittal. Il Cda non assume decisioni perché il Governo non assume decisioni e la multinazionale continua a tenerci inchiodati a questa situazione drammatica che va avanti dall’estate e che non può portare a nulla di buono”. E’ quanto ha affermato il segretario generale Uilm, Rocco Palombella. “Anzi – continua – ogni giorno che passa va sempre peggio visto che si avvicinano delle scadenze, come quella del 10 gennaio per la fornitura del gas, e il pagamento delle ditte dell’appalto. Per questo anche l’incontro di domani ci preoccupa, quale altra scusa si inventeranno i Ministri? Hanno deciso di farci partecipare in pochi perché hanno paura della nostra reazione nel caso in cui loro non ci dessero le risposte che aspettiamo? E quale prova stanno ancora aspettando da ArcelorMittal per assumere una decisione chiara e senza tentennamenti? Di cosa discuteranno oggi nel Consiglio dei Ministri?”. “A settembre – aggiunge Palombella – il Ministro Fitto firmava un atto di fiducia con il socio privato, mentre l’azienda raggiungeva il suo minimo storico di produzione e l’Ad di ADI diceva che andava tutto bene. Questo è il grande paradosso che stanno vivendo da anni 20mila lavoratori e intere comunità. Un paradosso che il nostro Governo con il Ministro Fitto non sembra avere intenzione di risolvere. Come pensano di arrivare a gennaio? Come faranno i lavoratori a sopportare ancora questa situazione ormai insostenibile? Stanno compromettendendo il futuro della siderurgia in Italia. Siamo rimasti soli – conclude – a difendere l’ambiente, l’occupazione e la produzione dell’acciaio nel nostro Paese”.
“L’ennesimo CdA a vuoto è la dimostrazione, come se ce ne fosse bisogno, che a dettare le condizioni non è il nostro Governo, ma Arcelor-Mittal. Da tempo, stiamo stigmatizzando la scelta di voler continuare a correre verso il baratro, stretti nell’abbraccio mortale con la multinazionale indiana. A gennaio, incombe la scadenza del pagamento della fornitura del gas, ma ci sono anche le ditte in appalto che attendono risposte, ed il nostro Governo che fa? Continua a non decidere – Sasha Colautti e Francesco Rizzo Esecutivo Confederale Usb -. Per quel che concerne domani, ci aspettiamo un altro incontro vuoto. Continueremo a leggere sul volto dei Ministri e di chi gestisce le sorti industriali di questo paese, la consueta rassegnazione. Come USB, ribadiremo la nostra posizione, che non può prescindere dalla immediata cacciata di Arcelormittal. Questo Paese deve riappropriarsi del suo futuro, a partire dalle scelte strategiche su lavoro, ambiente, salute e sicurezza”.
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