Sullo sfondo l'economia di guerra. Spese militari di 23 miliardi
nei prossimi tre anni e quasi 140 nei prossimi 15
Manovra di austerità per 18,7 miliardi. Niente per il
Mezzogiorno, i giovani e il carovita
Briciole ai lavoratori e ai pensionati. Cancellate quota 103 e
opzione donna. 4 miliardi ai capitalisti. Insufficienti i fondi per
la sanità. Non toccati gli extraprofitti delle banche
Occorrono una patrimoniale, il ripristino della scala mobile,
il taglio delle tasse fino a 28.000 euro, l'aumento dei salari e
delle pensioni minime e più basse
“Il governo ha approvato una legge di bilancio molto seria,
equilibrata. Più leggera delle precedenti, ma in continuità e nel
solco delle quali va letta”, ha detto Giorgia Meloni il 17 ottobre
in conferenza stampa presentando la manovra di bilancio 2026 da 18,7
miliardi appena varata dal Consiglio dei ministri. La più piccola
degli ultimi 10 anni e che a detta dello stesso ministro leghista
dell'Economia e finanze, Giorgetti, non produrrà nessun impatto
sull'economia reale.
Questo perché per rispettare le regole fissate dal nuovo patto di
stabilità europeo e rientrare dalla procedura di infrazione, e poter
accedere ai finanziamenti agevolati per il grande piano di riarmo da
140 miliardi in 15 anni (di cui 23 miliardi nei prossimi 3 anni),
nella manovra non c'è un euro per gli investimenti pubblici. Anzi se
ne tagliano più di cinque miliardi (su un totale di 7 spalmati su
tutti i ministeri, come tributo annuo al patto di stabilità) dai
programmi di investimento per la lotta all'evasione, il trasporto
pubblico, locale e nazionale, l'edilizia e la sicurezza scolastica,
la transizione ecologica, la difesa dell'ambiente, la prevenzione
dalle calamità naturali, il Sud, i beni culturali, e così via. Non
a caso questa è stata chiamata una “manovra di guerra”.
,,,questa manovra è in continuità con le precedenti tre del suo
mandato, perché come quelle destina tutte le risorse disponibili, ai
poteri economici e alle classi sociali su cui si fonda il consenso
del suo governo . Come le imprese, che anche quest'anno ricevono
un'altra decina di miliardi tra sgravi e agevolazioni fiscali,
comprese quelle degli armamenti, che invece di restituire una parte
degli enormi extraprofitti che stanno facendo avranno anche una
cospicua parte del miliardo in più stanziato per portare la spesa
della Difesa nel 2026 alla cifra record di quasi 35 miliardi.
E come le Banche, i cui extraprofitti da centinaia di miliardi non
sono stati praticamente toccati, se non per qualche miliardo da
imposte differite e altri magheggi contabili di Giorgetti per poter
rendere “più presentabile” la manovra a chi ne deve fare le
spese: cioè lavoratori dipendenti, pensionati, giovani (del tutto
ignorati), il Mezzogiorno (per il quale non c'è nulla se non la
riproposizione della decontribuzione fiscale per le aziende operanti
nelle Zes), le famiglie povere e le masse popolari in generale: il
cui tenore di vita è falcidiato dall'inflazione, ben al di sopra del
2%, che pesa sui consumi alimentari e servizi di prima necessità,
come bollette, affitti, scuola, asili nido, trasporti, ticket
sanitari, ricorso alla sanità privata a causa delle liste d'attesa
infinite, ecc.
La truffa sulla sanità e sui salari
A beneficiare della manovra saranno anche gli autonomi e
professionisti, i commercianti e artigiani, i multi-proprietari di
immobili e gli evasori fiscali, che costituiscono gran parte del
bacino elettorale di questo governo, con l'ennesima rottamazione
delle cartelle che costerà 790 milioni a chi paga le tasse fino
all'ultimo centesimo, in massima parte lavoratori dipendenti e
pensionati, e col ridicolo aumento della cedolare secca sugli affitti
brevi, già destinato a decadere in parlamento.
La premier si è vantata che questa legge di Bilancio è basata su
“quattro priorità: misure per la famiglia e la natalità, tutela
dei salari, sostegno alle imprese e più fondi per la sanità”. Per
le imprese certamente, per la famiglia forse, ma nel senso che
intende lei, la famiglia della triade dio/patriaaa7famiglia, dal
momento che le poche risorse stanziate per la rimodulazione
dell'Isee, l'assegno unico (+ 10 euro al mese), i bonus nido e per i
nuovi nati, sono indirizzate solo alle famiglie con figli.
Quanto alla sanità e ai salari siamo invece alla truffa bella e
buona, perché i 2 miliardi in più sul Fondo sanitario non
scalfiscono neanche il definanziamento accumulato in tre anni (al
netto dell'inflazione), calcolato in 13 miliardi dalla Fondazione
Gimbe, ed inoltre sono indirizzati per metà ad ingrassare la sanità
privata, senza contropartita in termini di maggiori prestazioni, e
non ci sono le 30 mila assunzioni di infermieri promesse.
La riduzione del 2% della seconda aliquota dell'Irpef e la
detassazione degli aumenti da rinnovi contrattuali e da notturni e
festivi, che già non recuperano l'inflazione accumulata dal 2022-23,
sono taglieggiati in buona parte dal drenaggio fiscale, e non viene
restituito quello già perso con le precedenti manovre, che secondo
la Cgil ammonta a 25 miliardi. Per un salario da 30 mila euro l'anno
lo sgravio Irpef sarà di appena 3 euro al mese, mentre negli ultimi
3 anni lo stesso reddito ha pagato 2 mila euro in più di
fiscal-drag. Senza contare che si continua con la politica
neocorporativa di sgravare le aziende capitaliste dagli aumenti
contrattuali per scaricarli sulla fiscalità generale, cioè in
definitiva sugli stessi lavoratori
Quanto ai pensionati, si continua a trattarli come un bancomat da cui
succhiare risorse e vita, cancellando Quota 103 e Opzione donna,
allungando l'età pensionabile di tre mesi oltre i 67 anni, cosa che
porterà ad un sempre maggior numero di morti sul lavoro, come
dimostra anche l'operaio 66enne, gli mancava un anno alla pensione,
ucciso dal crollo della torre dei Conti a Roma, e con un misero
aumento di 12 euro sulle pensioni minime per gli ultrasettantenni.
Occorre tornare alla pensione a 60 anni per i lavoratori e a 55 per
le lavoratrici. E ci deve essere un aumento consistente delle
pensioni minime e delle pensioni più basse.
Occorre anche il rinnovo di tutti i contratti scaduti del settore
pubblico e privato, con un aumento consistente di tutti i salari,
quantomeno da recuperare tutta l'inflazione e il fiscal-drag
pregressi. E per proteggere i lavoratori dal caro vita deve essere
ripristinata la scala mobile e i salari devono essere esentati
dall'Irpef fino alla prima aliquota di 28 mila euro.
Per un fisco veramente equo bisogna abolire tutti i regimi fiscali
sostitutivi, come flat-tax, cedolare secca e altre forme di
tassazione separata su immobili e capitali, e ricomprendere tutti i
redditi nell'imponibile Irpef, aumentando il numero delle aliquote e
ripristinando una vera progressività delle imposte. Va poi
rivendicata subito un'imposta patrimoniale sui patrimoni grandi e
medi, nonché un cospicuo aumento delle tasse di successione per gli
stessi, che in Italia sono praticamente irrisorie.
Su questi temi rivendicativi il 28 novembre ci sarà lo sciopero
generale dei sindacati di base.
Ecco più in dettaglio le principali misure della legge di Bilancio
2026.
Spese militari
In attesa del rientro dalla procedura di infrazione europea, per
poter stanziare 12 miliardi presi a prestito agevolato dal fondo Safe
previsto dal programma Rearm Europe, la manovra aggiunge intanto un
altro miliardo alle spese militari per il 2026 (+3,5% sul 2025),
portandole a sfiorare il tetto record di 35 miliardi l'anno. La cifra
comprende ben 13,1 miliardi di investimenti per nuovi armamenti
(+1,42% sul 2025), composta da circa 9,9 miliardi del ministero della
Difesa e oltre 3 miliardi provenienti dai fondi del ministero delle
Imprese e del Made in Italy: e cioè il Programma 1.9 per “Interventi
in materia di difesa nazionale”, a cui vanno aggiunti 215 milioni
per “Interventi nei settori industriali ad alta tecnologia”.
E questo a prescindere dai 23 miliardi già stanziati per il prossimo
triennio dal Documento di programmazione finanziaria pluriennale
varato dal governo a inizio ottobre, nel quadro del programma di
riarmo che prevede la spesa complessiva di 140 miliardi nei prossimo
15 anni.
Tagli alla spesa
Per quanto definita “leggera” dal governo, questa manovra
contiene ben 7,2 miliardi di tagli alla spesa di tutti i ministeri
nel triennio 2026-2028 (quasi il 40% dell'intero ammontare), e che –
attenzione - vanno ad aggiungersi ai 7 miliardi di tagli lineari
dell'anno scorso. Il taglio è lineare per 1,8 miliardi e per altri
5,4 da investimenti “differiti” al prossimo triennio. I più
penalizzati sono lo stesso ministero dell'Economia e finanze, che nel
2026 perde 456 milioni, quello delle Infrastrutture e trasporti (-525
milioni), dell'Ambiente e sicurezza energetica (-376 milioni),
dell'Istruzione e merito (-141 milioni) e delle Imprese e made in
Italy (-120 milioni).
Tradotto in termini di programmi di spesa, i danni maggiori
ricadranno, tra tagli lineari e agli investimenti, su: gestione dei
beni dello Stato, lotta all'evasione, fondi per i Caf, interventi per
pubbliche calamità (Mef); Edilizia statale, trasporto marittimo,
ferrovie e mobilità e sicurezza locale, in particolare metropolitane
di Roma, Napoli e Milano (Mit); tutela e gestione delle risorse
idriche e miglioramento qualità dell'aria (Mase); edilizia
scolastica e sicurezza nelle scuole (Mim); aiuti alle piccole e medie
imprese e interventi per le crisi industriali, tra cui il taglio di
300 milioni del fondo per i forni elettrici previsti dal piano di
riconversione del polo siderurgico di Taranto (Mimit).
Particolarmente odiosa è poi la cancellazione di 267 milioni per il
2026 dal “Fondo povertà”, con un taglio del 65% delle risorse
per interventi e servizi sociali in favore dei beneficiari
dell'Assegno di inclusione (Adi), quello che ha sostituito in peggio
il Reddito di cittadinanza. Ma tagli consistenti subiranno anche i
fondi del ministero dell'Interno per il soccorso civile e
l'immigrazione e l'accoglienza, quelli del ministero della Salute per
la prevenzione, quelli del ministero dell'agricoltura per la
competitività e la qualità delle produzioni, quelli del ministero
della Cultura relativi alla tutela dei beni e del paesaggio e per gli
aiuti al cinema, e così via.
Sanità
Secondo la premier neofascista la sanità è una delle quattro
priorità della manovra, avendo destinato 2,1 miliardi al Fondo
sanitario nazionale per il 2026, che si aggiungono ai circa 4,2
derivati da stanziamenti precedenti. Ma questi ultimi sono destinati
essenzialmente ai rinnovi contrattuali, e gli stanziamenti si
azzerano nel biennio 2027-2028, tanto che la quota della spesa
sanitaria in rapporto al Pil, già nettamente inferiore alla media
europea e dei paesi dell'Ocse, è prevista crollare al 5,9% nel 2028
rispetto al 6,3% del 2024. In realtà, come rilevato dalla Fondazione
Gimbe, anche a prescindere dal fatto che è inferiore all'inflazione,
l'aumento è solo “l'ennesima illusione contabile”, visto che la
differenza tra spesa prevista e risorse assegnate sarà di 6,8
miliardi nel 2026, e crescerà fino a 10,7 nel 2028.
Se poi si va a vedere a cosa sono destinati questi fondi, si scopre
che circa la metà andranno alla sanità privata, alla quale vanno
già 42,6 miliardi di denaro pubblico l'anno, pari a circa il 25% del
totale della spesa sanitaria nazionale, in costante aumento negli
ultimi anni. Negli 1,1 miliardi che andranno alla sanità privata
sono compresi infatti 246 milioni per l'acquisto di un maggior numero
di prestazioni private in convenzione; che però quest'anno
costeranno di più allo Stato, per cui la maggior spesa non si
tradurrà in un abbattimento delle liste d'attesa. Anche il bonus
psicologo da 90 milioni finirà in gran parte ai privati. C'è poi un
aumento di 50 milioni alla sanità privata vaticana, portando da 20 a
70 milioni il contributo annuo fisso all'ospedale romano “Bambin
Gesù”. Altri 350 milioni andranno ad innalzare il tetto di spesa
per farmaci e dispositivi medici (che aumenta solo il rimborso a
favore delle imprese farmaceutiche, senza contropartita in aumento di
farmaci), e 66 milioni di sussidi andranno alle farmacie per svolgere
servizi medici sostitutivi, fortemente voluti dal sottosegretario
alla salute Gemmato, guarda caso farmacista pure lui.
Quanto ai soldi destinati al personale sanitario, 450 milioni
serviranno ad assumere mille medici e seimila infermieri, e altri 280
ad aumentarne gli stipendi. “Si tratta solo di briciole”,
denuncia Gimbe, (40 euro netti al mese per gli infermieri), che “non
saranno sufficienti ad arrestare l'emorragia” di personale”. La
carenza di infermieri supera infatti le 180 mila unità rispetto alla
media europea, ma la manovra prevede solo 6 mila assunzioni in tutto,
dopo che il ministro Schillaci ne aveva promesse almeno 10 mila nel
2026, per arrivare a 30 mila entro il 2028.
Pensioni
Secondo le promesse elettorali la coalizione di governo avrebbe
dovuto abolire la legge Fornero, e invece con questa manovra aumenta
l'età pensionabile per tutti i lavoratori ed abolisce anche Quota
103 e Opzione donna, due delle tre possibilità di andare in pensione
prima di aver maturato i requisiti. Resta in piedi infatti solo l'Ape
sociale riguardante i lavori particolarmente gravosi e usuranti.
Inoltre aumenta di un mese dal 2027 il minimo di versamenti
contributivi per andare in pensione anticipata indipendentemente
dall'età (ex pensione di anzianità), attualmente fissato a 42 anni
e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne. Dal 2028
l'aumento sarà di tre mesi per tutti.
Anche l'età pensionabile per la pensione di vecchiaia, attualmente a
67 anni con un minimo di 20 anni di contributi, salirà di un mese
dal 2027 e di tre mesi dal 2028.
Si ripete poi anche quest'anno la beffa dell'“aumento” delle
pensioni minime, che per 1,1 milioni di pensionati sopra i 70 anni e
altri in condizioni disagiate ammonta a 12 euro mensili lordi, che si
vanno a sommare agli 8 euro della manovra precedente, consentendo al
governo di rivendicare un aumento di “ben” 20 euro dal 2026.
Irpef e salari
Con questa manovra la neofascista Meloni sbandiera che sono stati
“tutelati i salari”: “Il potere d'acquisto dei salari italiani
prima del 2022 diminuiva, oggi cresce”, ha detto infatti in
conferenza stampa, riferendosi ai 2,9 miliardi stanziati per ridurre
l'Irpef dal 35% al 33% ai redditi del secondo scaglione, quelli tra
28.000 e 50.000 euro (con beneficio che si estende fino a 200 mila
euro), e ai 2,1 miliardi per il taglio dal 5 all'1% delle tasse sui
premi di produttività (fino a 5.000 euro), per la tassa piatta al
15% per il lavoro notturno e festivo e per la tassa piatta al 5%
sugli aumenti contrattuali sottoscritti nel 2025-2026. Quest'ultima
vale per i redditi sotto i 28.000 euro e solo dei lavoratori
dipendenti del settore privato.
Ma c'è poco da vantarsi, perché anche con ciò i salari stanno
ancora ben sotto il livello dell'inflazione patita nel 2022 (+8,1%) e
nel 2023 (+5,7%), tanto che il loro potere d'acquisto resta più
basso rispetto a quello prima del Covid. Per quanto riguarda il
taglio dell'Irpef, quasi la metà delle risorse (1,3 miliardi)
saranno assorbite dai redditi medio-alti, sopra 50 mila euro e fino a
200 mila euro, limite a cui lo sconto cessa. Per questa fascia il
vantaggio arriva fino a 440 euro l'anno (36,7 euro mensili).
Per i redditi medio-bassi, invece, si tratta di pochi spiccioli,
qualche euro al mese. Ma quel che è peggio è che questo sconto del
2%, la detassazione degli aumenti contrattuali e gli altri bonus
fiscali, innescano il fenomeno del drenaggio fiscale, causato da un
non corrispondente adeguamento delle aliquote fiscali all'inflazione.
Per cui va a finire che gli aumenti salariali vengono rimangiati in
tutto o in parte, o addirittura producono una perdita secca di
salario. Secondo uno studio della Cgil, per esempio, un aumento
salariale del 2%, al passo con l'inflazione, produrrebbe un drenaggio
fiscale di ben 1.566 euro su un reddito di 35 mila, a fronte di 413
euro di aumento in busta paga; sarebbe di 513 euro su un reddito di
20 mila, a fronte di 345 euro in busta, e di 130 euro su un reddito
di 15 mila euro, a fronte di 259 euro in busta.
Accise
Altro che cancellazione delle accise sui carburanti, come chiedeva la
Meloni quando era all'“opposizione”: con la scusa del
“riallineamento” delle tasse su benzina e gasolio, dal 1°
gennaio la benzina scenderà di 4,05 centesimi al litro e il gasolio
salirà di altrettanto, per arrivare alla stessa accisa di 67,2
centesimi. Solo che il consumo di gasolio è tre volte quello della
benzina, per cui il trucchetto frutterà all'erario 450 milioni
l'anno di media nel triennio. Aumentano anche le accise sulle
sigarette, da 29,5 euro a 32 euro ogni mille sigarette nel 2026, per
arrivare a 35,5 euro nel 2027 e 38,5 euro nel 2028.
Banche
Il contributo “volontario” di 11 miliardi in tre anni chiesto a
banche e assicurazioni (poi ridotti a 10 dopo l'acceso scontro nel
governo da parte soprattutto di Tajani, rappresentante degli
interessi degli eredi Berlusconi in Mediolanum, mentre Salvini faceva
invece il gradasso chiedendo di aumentare la quota), è una delle due
misure di facciata, insieme all'aumento della cedolare secca sugli
affitti brevi, che il governo ha infilato nella manovra per darle
un'immagine “equanime” di austerità estesa anche a chi in questi
anni si è arricchito a dismisura, e per far digerire meglio a
lavoratori e pensionati i tagli alla spesa e il riarmo.
Si tratta di un mix di misure che dovrebbero portare in cassa 4,3
miliardi nel 2026, altri 4,4 nel 2027 e 1,6 nel 2028. In realtà
l'unico “contributo” vero imposto alle banche è l'aumento del 2%
dell'Irap, che vale circa 4 miliardi nel triennio. Poi c'è una sorta
di contributo volontario per sbloccare le riserve accantonate nel
2023, con uno sconto dal 40 al 27,5% di imposta nel caso di adesione
(con un gettito calcolato di 1,6 miliardi). Il resto sono artifici
contabili di vario tipo (crediti differiti, riduzione della
deducibilità delle perdite ecc.), che in sostanza aumentano il
gettito per il triennio 2026-2028 per restituirlo alle banche nel
triennio successivo, e che vale all'incirca altri 4,5 miliardi.
“Non vogliamo tassare la ricchezza prodotta dalle aziende, perché
daremmo un segnale sbagliato”, ha assicurato Meloni all'ad di
Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, in una conversazione riportata nel
nuovo libro di Vespa. “Se su 44 miliardi di profitti nel 2025 ce ne
mettono a disposizione circa 5 per aiutare le fasce più deboli della
società – ha aggiunto in tono conciliante la premier neofascista -
credo che possiamo essere soddisfatti noi e che in fin dei conti
possano esserlo anche loro”.
Da parte sua Giorgetti ha ribadito che “non c’è tassazione sugli
extraprofitti, perché la tassazione sugli extraprofitti è
discrezionale. Mi aspetto che questa situazione non venga
drammatizzata”.
Affitti brevi
In Cdm era stato approvato un aumento dell'imposta sostitutiva per
tutti gli affitti brevi, quelli inferiori a 30 giorni offerti da
privati ai turisti, generalmente attraverso intermediari online come
Airbnb e Booking, affitti che dopo il Covid hanno avuto un boom
enorme, triplicando il loro valore fino a ben 9 miliardi. Ciò ha
provocato di conseguenza una forte distorsione del mercato, con la
netta riduzione dell'offerta di immobili in affitto lungo per
famiglie, giovani coppie, studenti ecc.
Attualmente l'imposta è del 26%, ma per il primo immobile affittato
il proprietario può chiedere la riduzione al 21%. La bozza di
manovra cancellava questa opzione, unificando l'imposta al 26% per
tutti gli immobili. Solo che anche questa pur risibile misura di
facciata (vale appena 100 milioni) ha prodotto accesi scontri nella
maggioranza, stavolta con Tajani e Salvini alleati nel volerla
affossare per non irritare i multi proprietari di case, che
rappresentano una cospicua percentuale dei loro elettori. Alla fine
Giorgetti ha accettato di cancellare il 21% solo ai proprietari che
non si servono di intermediari e affittano direttamente il primo
immobile, ma siccome questi soggetti sono pochissimi, Tajani e
Salvini hanno già promesso che aboliranno la norma in parlamento.
Imprese
Di solito si lamentano di aver avuto troppo poco, ma stavolta si
dichiarano abbastanza soddisfatte di questa manovra, che nonostante
la ristrettezza delle risorse non ha lesinato i sussidi agli
industriali, con 4 miliardi nel triennio per il super e
l'iper-ammortamento sui beni strumentali, che può arrivare fino al
200% dei soldi investiti, gli sgravi fiscali per 4,3 miliardi nel
periodo 2027-2029 per la Zona economica speciale del Mezzogiorno, 650
milioni in due anni per gli investimenti delle Pmi (nuova Sabatini) e
altri 400 milioni nel triennio per le imprese del turismo.
A ciò andrebbe aggiunta anche la detassazione degli aumenti
contrattuali e del lavoro notturno e festivo, i cui costi vengono
scaricati sulle casse dello Stato invece di gravare sulle imprese.
Una misura concordata anche con Cisl e Uil, isolando sempre più la
Cgil, secondo la decisa logica neocorporativa impressa dal governo
neofascista alle relazioni industriali. Soddisfatto della manovra e
di questa nuova versione neocorporativa di “concertazione” il
presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, che ha dichiarato: “La
premier ha parlato di 8 miliardi per le imprese, 2,3 per le Zes e,
insieme ai sindacati, abbiamo chiesto la decontribuzione dei
contratti. Quindi su queste cose abbiamo dialogato. Risultato: un
buon primo passo. Lavoriamo per un piano triennale”.
Da parte sua, con un'intervista confezionata ad hoc con la
compiacente Maria Latella per il confindustriale “Sole-24 Ore”,
la Meloni ha detto compiaciuta: “Con Confindustria c’è sempre
stato un dialogo franco e nel merito, e devo ringraziare di questo il
Presidente Orsini, che è un combattente ma anche una persona
pragmatica. Non sempre è stato possibile accogliere le proposte che
arrivavano, ma sono convinta che ci sia nel mondo produttivo italiano
la piena consapevolezza di poter contare su un governo che è al loro
fianco”.
5 novembre 2025