mercoledì 26 novembre 2025

Per il 28 sciopero generale contro la finanziaria del governo Meloni - denuncia punto per punto

Sullo sfondo l'economia di guerra. Spese militari di 23 miliardi nei prossimi tre anni e quasi 140 nei prossimi 15

Manovra di austerità per 18,7 miliardi. Niente per il Mezzogiorno, i giovani e il carovita

Briciole ai lavoratori e ai pensionati. Cancellate quota 103 e opzione donna. 4 miliardi ai capitalisti. Insufficienti i fondi per la sanità. Non toccati gli extraprofitti delle banche

Occorrono una patrimoniale, il ripristino della scala mobile, il taglio delle tasse fino a 28.000 euro, l'aumento dei salari e delle pensioni minime e più basse

 “Il governo ha approvato una legge di bilancio molto seria, equilibrata. Più leggera delle precedenti, ma in continuità e nel solco delle quali va letta”, ha detto Giorgia Meloni il 17 ottobre in conferenza stampa presentando la manovra di bilancio 2026 da 18,7 miliardi appena varata dal Consiglio dei ministri. La più piccola degli ultimi 10 anni e che a detta dello stesso ministro leghista dell'Economia e finanze, Giorgetti, non produrrà nessun impatto sull'economia reale.

Questo perché per rispettare le regole fissate dal nuovo patto di stabilità europeo e rientrare dalla procedura di infrazione, e poter accedere ai finanziamenti agevolati per il grande piano di riarmo da 140 miliardi in 15 anni (di cui 23 miliardi nei prossimi 3 anni), nella manovra non c'è un euro per gli investimenti pubblici. Anzi se ne tagliano più di cinque miliardi (su un totale di 7 spalmati su tutti i ministeri, come tributo annuo al patto di stabilità) dai programmi di investimento per la lotta all'evasione, il trasporto pubblico, locale e nazionale, l'edilizia e la sicurezza scolastica, la transizione ecologica, la difesa dell'ambiente, la prevenzione dalle calamità naturali, il Sud, i beni culturali, e così via. Non a caso questa è stata chiamata una “manovra di guerra”.

,,,questa manovra è in continuità con le precedenti tre del suo mandato, perché come quelle destina tutte le risorse disponibili, ai poteri economici e alle classi sociali su cui si fonda il consenso del suo governo . Come le imprese, che anche quest'anno ricevono un'altra decina di miliardi tra sgravi e agevolazioni fiscali, comprese quelle degli armamenti, che invece di restituire una parte degli enormi extraprofitti che stanno facendo avranno anche una cospicua parte del miliardo in più stanziato per portare la spesa della Difesa nel 2026 alla cifra record di quasi 35 miliardi.

E come le Banche, i cui extraprofitti da centinaia di miliardi non sono stati praticamente toccati, se non per qualche miliardo da imposte differite e altri magheggi contabili di Giorgetti per poter rendere “più presentabile” la manovra a chi ne deve fare le spese: cioè lavoratori dipendenti, pensionati, giovani (del tutto ignorati), il Mezzogiorno (per il quale non c'è nulla se non la riproposizione della decontribuzione fiscale per le aziende operanti nelle Zes), le famiglie povere e le masse popolari in generale: il cui tenore di vita è falcidiato dall'inflazione, ben al di sopra del 2%, che pesa sui consumi alimentari e servizi di prima necessità, come bollette, affitti, scuola, asili nido, trasporti, ticket sanitari, ricorso alla sanità privata a causa delle liste d'attesa infinite, ecc.

 La truffa sulla sanità e sui salari

A beneficiare della manovra saranno anche gli autonomi e professionisti, i commercianti e artigiani, i multi-proprietari di immobili e gli evasori fiscali, che costituiscono gran parte del bacino elettorale di questo governo, con l'ennesima rottamazione delle cartelle che costerà 790 milioni a chi paga le tasse fino all'ultimo centesimo, in massima parte lavoratori dipendenti e pensionati, e col ridicolo aumento della cedolare secca sugli affitti brevi, già destinato a decadere in parlamento.

La premier si è vantata che questa legge di Bilancio è basata su “quattro priorità: misure per la famiglia e la natalità, tutela dei salari, sostegno alle imprese e più fondi per la sanità”. Per le imprese certamente, per la famiglia forse, ma nel senso che intende lei, la famiglia della triade dio/patriaaa7famiglia, dal momento che le poche risorse stanziate per la rimodulazione dell'Isee, l'assegno unico (+ 10 euro al mese), i bonus nido e per i nuovi nati, sono indirizzate solo alle famiglie con figli.

Quanto alla sanità e ai salari siamo invece alla truffa bella e buona, perché i 2 miliardi in più sul Fondo sanitario non scalfiscono neanche il definanziamento accumulato in tre anni (al netto dell'inflazione), calcolato in 13 miliardi dalla Fondazione Gimbe, ed inoltre sono indirizzati per metà ad ingrassare la sanità privata, senza contropartita in termini di maggiori prestazioni, e non ci sono le 30 mila assunzioni di infermieri promesse.

La riduzione del 2% della seconda aliquota dell'Irpef e la detassazione degli aumenti da rinnovi contrattuali e da notturni e festivi, che già non recuperano l'inflazione accumulata dal 2022-23, sono taglieggiati in buona parte dal drenaggio fiscale, e non viene restituito quello già perso con le precedenti manovre, che secondo la Cgil ammonta a 25 miliardi. Per un salario da 30 mila euro l'anno lo sgravio Irpef sarà di appena 3 euro al mese, mentre negli ultimi 3 anni lo stesso reddito ha pagato 2 mila euro in più di fiscal-drag. Senza contare che si continua con la politica neocorporativa di sgravare le aziende capitaliste dagli aumenti contrattuali per scaricarli sulla fiscalità generale, cioè in definitiva sugli stessi lavoratori

Quanto ai pensionati, si continua a trattarli come un bancomat da cui succhiare risorse e vita, cancellando Quota 103 e Opzione donna, allungando l'età pensionabile di tre mesi oltre i 67 anni, cosa che porterà ad un sempre maggior numero di morti sul lavoro, come dimostra anche l'operaio 66enne, gli mancava un anno alla pensione, ucciso dal crollo della torre dei Conti a Roma, e con un misero aumento di 12 euro sulle pensioni minime per gli ultrasettantenni. Occorre tornare alla pensione a 60 anni per i lavoratori e a 55 per le lavoratrici. E ci deve essere un aumento consistente delle pensioni minime e delle pensioni più basse.

Occorre anche il rinnovo di tutti i contratti scaduti del settore pubblico e privato, con un aumento consistente di tutti i salari, quantomeno da recuperare tutta l'inflazione e il fiscal-drag pregressi. E per proteggere i lavoratori dal caro vita deve essere ripristinata la scala mobile e i salari devono essere esentati dall'Irpef fino alla prima aliquota di 28 mila euro.

Per un fisco veramente equo bisogna abolire tutti i regimi fiscali sostitutivi, come flat-tax, cedolare secca e altre forme di tassazione separata su immobili e capitali, e ricomprendere tutti i redditi nell'imponibile Irpef, aumentando il numero delle aliquote e ripristinando una vera progressività delle imposte. Va poi rivendicata subito un'imposta patrimoniale sui patrimoni grandi e medi, nonché un cospicuo aumento delle tasse di successione per gli stessi, che in Italia sono praticamente irrisorie.

Su questi temi rivendicativi il 28 novembre ci sarà lo sciopero generale dei sindacati di base.

Ecco più in dettaglio le principali misure della legge di Bilancio 2026.

Spese militari

In attesa del rientro dalla procedura di infrazione europea, per poter stanziare 12 miliardi presi a prestito agevolato dal fondo Safe previsto dal programma Rearm Europe, la manovra aggiunge intanto un altro miliardo alle spese militari per il 2026 (+3,5% sul 2025), portandole a sfiorare il tetto record di 35 miliardi l'anno. La cifra comprende ben 13,1 miliardi di investimenti per nuovi armamenti (+1,42% sul 2025), composta da circa 9,9 miliardi del ministero della Difesa e oltre 3 miliardi provenienti dai fondi del ministero delle Imprese e del Made in Italy: e cioè il Programma 1.9 per “Interventi in materia di difesa nazionale”, a cui vanno aggiunti 215 milioni per “Interventi nei settori industriali ad alta tecnologia”.

E questo a prescindere dai 23 miliardi già stanziati per il prossimo triennio dal Documento di programmazione finanziaria pluriennale varato dal governo a inizio ottobre, nel quadro del programma di riarmo che prevede la spesa complessiva di 140 miliardi nei prossimo 15 anni.

Tagli alla spesa

Per quanto definita “leggera” dal governo, questa manovra contiene ben 7,2 miliardi di tagli alla spesa di tutti i ministeri nel triennio 2026-2028 (quasi il 40% dell'intero ammontare), e che – attenzione - vanno ad aggiungersi ai 7 miliardi di tagli lineari dell'anno scorso. Il taglio è lineare per 1,8 miliardi e per altri 5,4 da investimenti “differiti” al prossimo triennio. I più penalizzati sono lo stesso ministero dell'Economia e finanze, che nel 2026 perde 456 milioni, quello delle Infrastrutture e trasporti (-525 milioni), dell'Ambiente e sicurezza energetica (-376 milioni), dell'Istruzione e merito (-141 milioni) e delle Imprese e made in Italy (-120 milioni).

Tradotto in termini di programmi di spesa, i danni maggiori ricadranno, tra tagli lineari e agli investimenti, su: gestione dei beni dello Stato, lotta all'evasione, fondi per i Caf, interventi per pubbliche calamità (Mef); Edilizia statale, trasporto marittimo, ferrovie e mobilità e sicurezza locale, in particolare metropolitane di Roma, Napoli e Milano (Mit); tutela e gestione delle risorse idriche e miglioramento qualità dell'aria (Mase); edilizia scolastica e sicurezza nelle scuole (Mim); aiuti alle piccole e medie imprese e interventi per le crisi industriali, tra cui il taglio di 300 milioni del fondo per i forni elettrici previsti dal piano di riconversione del polo siderurgico di Taranto (Mimit).

Particolarmente odiosa è poi la cancellazione di 267 milioni per il 2026 dal “Fondo povertà”, con un taglio del 65% delle risorse per interventi e servizi sociali in favore dei beneficiari dell'Assegno di inclusione (Adi), quello che ha sostituito in peggio il Reddito di cittadinanza. Ma tagli consistenti subiranno anche i fondi del ministero dell'Interno per il soccorso civile e l'immigrazione e l'accoglienza, quelli del ministero della Salute per la prevenzione, quelli del ministero dell'agricoltura per la competitività e la qualità delle produzioni, quelli del ministero della Cultura relativi alla tutela dei beni e del paesaggio e per gli aiuti al cinema, e così via.

Sanità

Secondo la premier neofascista la sanità è una delle quattro priorità della manovra, avendo destinato 2,1 miliardi al Fondo sanitario nazionale per il 2026, che si aggiungono ai circa 4,2 derivati da stanziamenti precedenti. Ma questi ultimi sono destinati essenzialmente ai rinnovi contrattuali, e gli stanziamenti si azzerano nel biennio 2027-2028, tanto che la quota della spesa sanitaria in rapporto al Pil, già nettamente inferiore alla media europea e dei paesi dell'Ocse, è prevista crollare al 5,9% nel 2028 rispetto al 6,3% del 2024. In realtà, come rilevato dalla Fondazione Gimbe, anche a prescindere dal fatto che è inferiore all'inflazione, l'aumento è solo “l'ennesima illusione contabile”, visto che la differenza tra spesa prevista e risorse assegnate sarà di 6,8 miliardi nel 2026, e crescerà fino a 10,7 nel 2028.

Se poi si va a vedere a cosa sono destinati questi fondi, si scopre che circa la metà andranno alla sanità privata, alla quale vanno già 42,6 miliardi di denaro pubblico l'anno, pari a circa il 25% del totale della spesa sanitaria nazionale, in costante aumento negli ultimi anni. Negli 1,1 miliardi che andranno alla sanità privata sono compresi infatti 246 milioni per l'acquisto di un maggior numero di prestazioni private in convenzione; che però quest'anno costeranno di più allo Stato, per cui la maggior spesa non si tradurrà in un abbattimento delle liste d'attesa. Anche il bonus psicologo da 90 milioni finirà in gran parte ai privati. C'è poi un aumento di 50 milioni alla sanità privata vaticana, portando da 20 a 70 milioni il contributo annuo fisso all'ospedale romano “Bambin Gesù”. Altri 350 milioni andranno ad innalzare il tetto di spesa per farmaci e dispositivi medici (che aumenta solo il rimborso a favore delle imprese farmaceutiche, senza contropartita in aumento di farmaci), e 66 milioni di sussidi andranno alle farmacie per svolgere servizi medici sostitutivi, fortemente voluti dal sottosegretario alla salute Gemmato, guarda caso farmacista pure lui.

Quanto ai soldi destinati al personale sanitario, 450 milioni serviranno ad assumere mille medici e seimila infermieri, e altri 280 ad aumentarne gli stipendi. “Si tratta solo di briciole”, denuncia Gimbe, (40 euro netti al mese per gli infermieri), che “non saranno sufficienti ad arrestare l'emorragia” di personale”. La carenza di infermieri supera infatti le 180 mila unità rispetto alla media europea, ma la manovra prevede solo 6 mila assunzioni in tutto, dopo che il ministro Schillaci ne aveva promesse almeno 10 mila nel 2026, per arrivare a 30 mila entro il 2028.

Pensioni

Secondo le promesse elettorali la coalizione di governo avrebbe dovuto abolire la legge Fornero, e invece con questa manovra aumenta l'età pensionabile per tutti i lavoratori ed abolisce anche Quota 103 e Opzione donna, due delle tre possibilità di andare in pensione prima di aver maturato i requisiti. Resta in piedi infatti solo l'Ape sociale riguardante i lavori particolarmente gravosi e usuranti. Inoltre aumenta di un mese dal 2027 il minimo di versamenti contributivi per andare in pensione anticipata indipendentemente dall'età (ex pensione di anzianità), attualmente fissato a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne. Dal 2028 l'aumento sarà di tre mesi per tutti.

Anche l'età pensionabile per la pensione di vecchiaia, attualmente a 67 anni con un minimo di 20 anni di contributi, salirà di un mese dal 2027 e di tre mesi dal 2028.

Si ripete poi anche quest'anno la beffa dell'“aumento” delle pensioni minime, che per 1,1 milioni di pensionati sopra i 70 anni e altri in condizioni disagiate ammonta a 12 euro mensili lordi, che si vanno a sommare agli 8 euro della manovra precedente, consentendo al governo di rivendicare un aumento di “ben” 20 euro dal 2026.

Irpef e salari

Con questa manovra la neofascista Meloni sbandiera che sono stati “tutelati i salari”: “Il potere d'acquisto dei salari italiani prima del 2022 diminuiva, oggi cresce”, ha detto infatti in conferenza stampa, riferendosi ai 2,9 miliardi stanziati per ridurre l'Irpef dal 35% al 33% ai redditi del secondo scaglione, quelli tra 28.000 e 50.000 euro (con beneficio che si estende fino a 200 mila euro), e ai 2,1 miliardi per il taglio dal 5 all'1% delle tasse sui premi di produttività (fino a 5.000 euro), per la tassa piatta al 15% per il lavoro notturno e festivo e per la tassa piatta al 5% sugli aumenti contrattuali sottoscritti nel 2025-2026. Quest'ultima vale per i redditi sotto i 28.000 euro e solo dei lavoratori dipendenti del settore privato.

Ma c'è poco da vantarsi, perché anche con ciò i salari stanno ancora ben sotto il livello dell'inflazione patita nel 2022 (+8,1%) e nel 2023 (+5,7%), tanto che il loro potere d'acquisto resta più basso rispetto a quello prima del Covid. Per quanto riguarda il taglio dell'Irpef, quasi la metà delle risorse (1,3 miliardi) saranno assorbite dai redditi medio-alti, sopra 50 mila euro e fino a 200 mila euro, limite a cui lo sconto cessa. Per questa fascia il vantaggio arriva fino a 440 euro l'anno (36,7 euro mensili).

Per i redditi medio-bassi, invece, si tratta di pochi spiccioli, qualche euro al mese. Ma quel che è peggio è che questo sconto del 2%, la detassazione degli aumenti contrattuali e gli altri bonus fiscali, innescano il fenomeno del drenaggio fiscale, causato da un non corrispondente adeguamento delle aliquote fiscali all'inflazione. Per cui va a finire che gli aumenti salariali vengono rimangiati in tutto o in parte, o addirittura producono una perdita secca di salario. Secondo uno studio della Cgil, per esempio, un aumento salariale del 2%, al passo con l'inflazione, produrrebbe un drenaggio fiscale di ben 1.566 euro su un reddito di 35 mila, a fronte di 413 euro di aumento in busta paga; sarebbe di 513 euro su un reddito di 20 mila, a fronte di 345 euro in busta, e di 130 euro su un reddito di 15 mila euro, a fronte di 259 euro in busta.

Accise

Altro che cancellazione delle accise sui carburanti, come chiedeva la Meloni quando era all'“opposizione”: con la scusa del “riallineamento” delle tasse su benzina e gasolio, dal 1° gennaio la benzina scenderà di 4,05 centesimi al litro e il gasolio salirà di altrettanto, per arrivare alla stessa accisa di 67,2 centesimi. Solo che il consumo di gasolio è tre volte quello della benzina, per cui il trucchetto frutterà all'erario 450 milioni l'anno di media nel triennio. Aumentano anche le accise sulle sigarette, da 29,5 euro a 32 euro ogni mille sigarette nel 2026, per arrivare a 35,5 euro nel 2027 e 38,5 euro nel 2028.

Banche

Il contributo “volontario” di 11 miliardi in tre anni chiesto a banche e assicurazioni (poi ridotti a 10 dopo l'acceso scontro nel governo da parte soprattutto di Tajani, rappresentante degli interessi degli eredi Berlusconi in Mediolanum, mentre Salvini faceva invece il gradasso chiedendo di aumentare la quota), è una delle due misure di facciata, insieme all'aumento della cedolare secca sugli affitti brevi, che il governo ha infilato nella manovra per darle un'immagine “equanime” di austerità estesa anche a chi in questi anni si è arricchito a dismisura, e per far digerire meglio a lavoratori e pensionati i tagli alla spesa e il riarmo.

Si tratta di un mix di misure che dovrebbero portare in cassa 4,3 miliardi nel 2026, altri 4,4 nel 2027 e 1,6 nel 2028. In realtà l'unico “contributo” vero imposto alle banche è l'aumento del 2% dell'Irap, che vale circa 4 miliardi nel triennio. Poi c'è una sorta di contributo volontario per sbloccare le riserve accantonate nel 2023, con uno sconto dal 40 al 27,5% di imposta nel caso di adesione (con un gettito calcolato di 1,6 miliardi). Il resto sono artifici contabili di vario tipo (crediti differiti, riduzione della deducibilità delle perdite ecc.), che in sostanza aumentano il gettito per il triennio 2026-2028 per restituirlo alle banche nel triennio successivo, e che vale all'incirca altri 4,5 miliardi.

“Non vogliamo tassare la ricchezza prodotta dalle aziende, perché daremmo un segnale sbagliato”, ha assicurato Meloni all'ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, in una conversazione riportata nel nuovo libro di Vespa. “Se su 44 miliardi di profitti nel 2025 ce ne mettono a disposizione circa 5 per aiutare le fasce più deboli della società – ha aggiunto in tono conciliante la premier neofascista - credo che possiamo essere soddisfatti noi e che in fin dei conti possano esserlo anche loro”.

Da parte sua Giorgetti ha ribadito che “non c’è tassazione sugli extraprofitti, perché la tassazione sugli extraprofitti è discrezionale. Mi aspetto che questa situazione non venga drammatizzata”.

Affitti brevi

In Cdm era stato approvato un aumento dell'imposta sostitutiva per tutti gli affitti brevi, quelli inferiori a 30 giorni offerti da privati ai turisti, generalmente attraverso intermediari online come Airbnb e Booking, affitti che dopo il Covid hanno avuto un boom enorme, triplicando il loro valore fino a ben 9 miliardi. Ciò ha provocato di conseguenza una forte distorsione del mercato, con la netta riduzione dell'offerta di immobili in affitto lungo per famiglie, giovani coppie, studenti ecc.

Attualmente l'imposta è del 26%, ma per il primo immobile affittato il proprietario può chiedere la riduzione al 21%. La bozza di manovra cancellava questa opzione, unificando l'imposta al 26% per tutti gli immobili. Solo che anche questa pur risibile misura di facciata (vale appena 100 milioni) ha prodotto accesi scontri nella maggioranza, stavolta con Tajani e Salvini alleati nel volerla affossare per non irritare i multi proprietari di case, che rappresentano una cospicua percentuale dei loro elettori. Alla fine Giorgetti ha accettato di cancellare il 21% solo ai proprietari che non si servono di intermediari e affittano direttamente il primo immobile, ma siccome questi soggetti sono pochissimi, Tajani e Salvini hanno già promesso che aboliranno la norma in parlamento.

Imprese

Di solito si lamentano di aver avuto troppo poco, ma stavolta si dichiarano abbastanza soddisfatte di questa manovra, che nonostante la ristrettezza delle risorse non ha lesinato i sussidi agli industriali, con 4 miliardi nel triennio per il super e l'iper-ammortamento sui beni strumentali, che può arrivare fino al 200% dei soldi investiti, gli sgravi fiscali per 4,3 miliardi nel periodo 2027-2029 per la Zona economica speciale del Mezzogiorno, 650 milioni in due anni per gli investimenti delle Pmi (nuova Sabatini) e altri 400 milioni nel triennio per le imprese del turismo.

A ciò andrebbe aggiunta anche la detassazione degli aumenti contrattuali e del lavoro notturno e festivo, i cui costi vengono scaricati sulle casse dello Stato invece di gravare sulle imprese. Una misura concordata anche con Cisl e Uil, isolando sempre più la Cgil, secondo la decisa logica neocorporativa impressa dal governo neofascista alle relazioni industriali. Soddisfatto della manovra e di questa nuova versione neocorporativa di “concertazione” il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, che ha dichiarato: “La premier ha parlato di 8 miliardi per le imprese, 2,3 per le Zes e, insieme ai sindacati, abbiamo chiesto la decontribuzione dei contratti. Quindi su queste cose abbiamo dialogato. Risultato: un buon primo passo. Lavoriamo per un piano triennale”.

Da parte sua, con un'intervista confezionata ad hoc con la compiacente Maria Latella per il confindustriale “Sole-24 Ore”, la Meloni ha detto compiaciuta: “Con Confindustria c’è sempre stato un dialogo franco e nel merito, e devo ringraziare di questo il Presidente Orsini, che è un combattente ma anche una persona pragmatica. Non sempre è stato possibile accogliere le proposte che arrivavano, ma sono convinta che ci sia nel mondo produttivo italiano la piena consapevolezza di poter contare su un governo che è al loro fianco”.

5 novembre 2025

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