Ex Ilva, arriva il decreto dal governo
Il Consiglio dei Ministri approverà un finanziamento per garantire liquidità ad Acciaierie d'Italia
Gianmario Leone
pubblicato il 20 Dicembre 2022, 21:00
Il prossimo Consiglio dei Ministri, la cui convocazione è attesa nelle prossime ore, potrebbe approvare un nuovo decreto sull’ex Ilva, ora Acciaierie d’Italia. Secondo fonti vicine al dossier ed informazioni in nostro possesso, l’esecutivo andrebbe ad approvare una sorta di finanziamento ponte, per consentire all’azienda di alleggerire la pesante situazione debitoria creatasi soprattutto nell’ultimo anno, in particolar modo a causa dell’aumento del costo del gas e dell’energia. Un intervento economico che andrebbe quanto meno a sanare, almeno in parte, i debiti nei confronti di Eni (che secondo le stime ammonterebbero all’incirca a 600 milioni di euro) e di Snam che ha sostituito l’azienda del cane a sei zampe nella fornitura di gas, dopo l’interruzione del rapporto avvenuto nei mesi scorsi. Del resto parliamo di due aizende, Eni e Snam, in cui è presente lo Stato: nella prima attraverso il ministero dell’Economia e Finanza (MEF) e Cassa Depositi e Prestiti, quest’ultima presente anche in parte nel controllo di Snam attraverso la società veicolo d’investimento CDP Reti.
Un finanziamento ponte che potrebbe servire anche a rimettere in attività i cantieri dell’indotto sospesi lo scorso novembre, proprio a causa della mancanza di liquidità da parte dell’azienda, che scelse la strada dell’interruzione dei lavori proprio perché proseguirli avrebbe solo aumentato i debiti nei confronti dei fornitori e delle stesse ditte dell’indotto che già vantano crediti per fatture non ancora saldate per oltre 100 milioni di euro (ricordando che dopo l’ultima intesa tra le parti ciò possa avvenire sino a 180 giorni).
Quello che al momento non è ancora chiaro, è quale strada sceglierà il governo per indirizzare le risorse del finanziamento ponte. Visto che in ballo c’è ancora nodo sul miliardo di euro stanziato dal governo Draghi nel decreto Aiuti Bis. Nel caso in cui si scelga di utilizzare quelle risorse, si confermerebbe tutto quello che abbiamo scritto sin dal principio: ovvero l’utilizzo delle stesse da parte di Invitalia per finanziamento soci previsto dalla stesso decreto. Il che andrebbe ad escludere l’ipotesi dell’aumento di capitale e quindi il passaggio della maggioranza delle quote ad Invitalia, visto che l’accordo sottoscritto lo scorso maggio prevede che questo passaggio avvenga a maggio del 2024.
Del resto, i problemi di liquidità della società Acciaierie d’Italia sono noti da mesi e mesi e non più rinviabili. E perché, come abbiamo scritto decine di volte su queste pagine, è lo Stato ad essere inadempiente negli accordi tra Invitalia ed ArcelorMittal Italia e non il contrario, come in molti continuano ad affermare e a voler far credere. Ecco perché è inutile aspettarsi chissà quali novità ogni qual volta torna a riunirsi l‘Assemblea di Acciaierie d’Italia, come avvenuto anche oggi che ha visto la decisione di tornare ad aggiornarsi al prossimo 23 dicembre. Una data molto vicina al Natale e al momento in cui il governo dovrà sciogliere la prognosi.
Inoltre, se tutto ciò dovesse verificarsi, questo significherebbe che lo Stato, tramite Invitalia, immetterà nelle casse della società parte di quelle risorse previste dall’accordo del dicembre 2020, di cui l’azienda ha visto sino ad ora poco o nulla. E verrebbe meno quell’idea di nazionalizzazione o di controllo della società da parte dello Stato invocata da più parti, con l’estromissione di ArcelorMittal Italia e dell’ad Lucia Morselli dalla sala di controllo delle operazioni. Un’operazione che abbiamo sempre definito essere un’utopia al momento.
Una conferma di quanto avverrà a breve è arrivata poi in serata anche dal ministro delle Imprese del Made in Italy Alfonso Urso, che ha decisamente cambiato atteggiamento e toni nei confronti della vertenza rispetto alla prima uscita sull’argomento. Commentando positivamente l’ok della Commissione Europea per la destinazione di 1,2 miliardi di euro attraverso Just Transition Fund all’Italia “per dotare Taranto di un polo di sviluppo che abbini la produzione siderurgica ad interventi finalizzati alla sostenibilità” e sull’approvazione del Meccanismo di aggiustamento del carbone alla frontiera (CBAM) che “consolidano un’architettura europea finalmente centrata sulla politica industriale”, Urso ha confermato che “nei prossimi giorni anche grazie a questi due elementi e ad un continuo e proficuo dialogo con gli azionisti di Acciaierie d’Italia, metteremo in campo quelle misure necessarie a garantire la ripresa del polo siderurgico di Taranto“. Staremo a vedere.
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