sabato 1 febbraio 2025

Hiab - la fabbrica chiude definitivamente/gli operai vanno in cassa senza ritorno e si ripete il già visto per la Tessitura Albini Mottola

 Noi che abbiamo visto come è andata a Tessitura diciamo che su questo la linea del sindacalismo confederale è perdente e senza futuro  

slai cobas per il sindacato di classe - taranto

1 febbraio 2025

 

articolo informativo
pubblicato il 31 Gennaio 2025, 08:08

Nuova puntata nelle vertenza Hiab. Il ministero delle Imprese e del Made in Italy, l’azienda, la Regione Puglia e i sindacati dei metalmeccanici sono tornati ad incontrarsi per provare ad arrivare ad una soluzione che preservi l’aspetto industriale e occupazionale dello stabilimento di Statte, dove si producono gru e sono occupati 102 lavoratori.

Durante l’incontro, che si è svolto a Palazzo Piacentini, è emerso che la produzione nello stabilimento in provincia di Taranto sarà garantita fino al 28 febbraio e che l’azienda ha individuato l’advisor Vestus per prendere contatti con eventuali potenziali acquirenti interessati a subentrare alla proprietà (pare vi siano due gruppi interessati ma al momento di concreto c’è poco). I prossimi passi riguarderanno quindi l’apertura della procedura di reindustrializzazione (legge 234/21) e la discussione del piano industriale. Le parti hanno concordato che una volta conclusi questi step si terrà un nuovo incontro al Mimit alla presenza anche dell’advisor.

L’appuntamento odierno è servito anche per aggiornare la struttura ministeriale circa i contenuti dei vari incontri susseguitisi sino ad ora con l’azienda. Più precisamente si è fatto il punto rispetto all’incontro del 10 dicembre presso Confindustria Taranto e ai contenuti del relativo verbale che indica, di fatto, i dettagli che potrebbero costituire l’impegno tra le parti.


“Come Fiom abbiamo ribadito la necessità che si dia subito mandato all’advisor per avviare la campagna di scouting alla ricerca di un soggetto disponibile ad investire sul sito di Statte – affermano dal sindacato dei metelmeccanici della Cgil -. L’azienda ha precisato di aver individuato nella società di consulenza Vestus il soggetto preposto a tale servizio, non negando al contempo di aver già vagliato alcune proposte di soggetti interessati. Abbiamo inoltre evidenziato come sia assolutamente necessario valutare con attenzione la decorrenza della Cigs, anche alla luce della consistenza degli attuali volumi produttivi. Inoltre, con riferimento al sito di Minerbio, abbiamo sottolineato l’esigenza di conoscere quanto prima il piano industriale che sveli di fatto le reali intenzioni della multinazionale. Su questi e sugli altri temi oggetto del possibile accordo, si darà seguito al confronto, con un primo aggiornamento fissato al prossimo 13 febbraio, data che potrebbe sancire l’ufficiale avvio della procedura ai sensi della L.234/2021″.

“L’azienda ha dichiarato che il 28 febbraio, per quanto riguarda l’avanzamento gru, termineranno le lavorazioni. Quindi il primo marzo avvieranno la cassa integrazione straordinaria, correlata a degli accordi” ha dichiarato al termine dell’incontro Raffaele Petricciuolo della Uilm. “Tra due settimane verrà presentato il piano industriale che darà avvio alla legge “234”. E’ stata firmata tra azienda e agenzia la questione dell’advisor che si spera porti aziende ad acquisire il sito di Statte. L’agenzia ha già operato in Puglia. Noi lavoratori speriamo, dopo questa ingiustizia lavorativa, nel buon esito delle operazioni”.

Resta appunto sullo sfondo la decisione irrevocabile e unilaterale dell’azienda di voler dismettere l’attività del sito di Statte, per trasferire il tutto in Emilia Romagna prima (anche se sono sorti anche lì dei problemi), e poi probabilmente per delocalizzare il tutto negli impianti esteri, tra cui quello di Saragozza in Spagna. L’azienda ha da tempo preso l’impegno di integrare economicamente la cassa integrazione, in modo che il personale per un anno possa prendere quanto avrebbe percepito con lo stipendio al lavoro. Così come ha messo sul tavolo la possibilità per 25 lavoratori di trasferirsi su base volontaria nel sito di Minerbio inserendo un’indennità di 10mila euro (e tre mesi di fitto pagato) che però nessun lavoratore ha sino ad ora voluto prendere in considerazione, oltre alla possibilità di usufruire per i lavoratori della mobilità interna volontaria non oppositiva che ricopra una copertura pari a 15 mensilità e il versamento, in una soluzione unica, dell’integrazione economica alla cassa che l’azienda si è impegnata a dare per un anno, oltre alla la proposta di prepensionamenti (non più di 5-6 unità per coloro che hanno maturato i requisiti anagrafici).

Senza dimenticare i lavoratori delle tante aziende che ruotano intorno all’indotto della HIAB: la ditta delle pulizie, le aziende di trasporto, i fornitori di minuteria, le manutenzioni elettriche e di macchine speciali, la ditta addetta al taglio e quella addetta a trattamenti e verniciature speciali delle lamiere. Parliamo di un numero che oscilla tra i 50 e i 100 lavoratori che rischiano di avere anch’essi ripercussioni a seguito della chiusura del sito di Statte. 


La scelta dell’azienda, come abbiamo riportato più volte, è legata ancora una volta a logiche e scelte di mercato tese alla massimizzazione del profitto attraverso la riduzione dei costi, visto che per anni è stato uno stabilimento d’eccellenza, con decine di operai specializzati impegnati nella produzione di gru di piccola e media portata ad alto livello, diventando così il cuore del processo produttivo della società. Che in questi mesi ha provato a giustificare la chiusura alla crisi di mercato ed al calo degli ordinativi. Tesi però rispedita al mittente dai sindacati che hanno evidenziato come il rapporto intermedio del 2024 dica esattamente il contrario, ovvero che gli ordini per HIAB sono in aumento (come avvenuto anche per tutto il 2022, con un fisiologico calo nel 2023). Anche per questo i lavoratori hanno provato ad opporsi in tutti i modi possibili, arrivando anche ad occupare per diverse settimane lo stabilimento.

Una strategia imprenditoriale, quella intrapresa dalla HIAB e da tante altre aziende prima di lei, con la quale da anni si stanno smantellando processi produttivi di interi comparti, cancellando storie industriali decennali e desertificando le economie dei territori. Oltre a distruggere l’esistenza di migliaia di lavoratori e delle loro famiglie. Con la politica locale e nazionale che da tanti anni ha smesso di avere un’idea di sviluppo industriale degna di questo nome. E così mentre da queste parti si continua a favoleggiare di decarbonizzazione, di economica green, di transizione giusta, di centinaia di milioni di euro da investire in progetti di dubbia utilità per rioccupare le migliaia di lavoratori che saranno espulsi dai processi produttivi della grande industria, le aziende del territorio tarantino continuano a chiudere una dopo l’altra, abortendo sul nascere qualsiasi speranza per un presente (non per un futuro) migliore. Non resta che affidarsi alla speranza che almeno questa volta l’epilogo sia diverso rispetto ai tanti eventi irreversibili già visti dalle nostra parti.

(leggi tutti gli articoli sulla vertenza HIAB https://www.corriereditaranto.it/?s=HIAB&submit=Go)

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