La NATO e "il nemico alle porte": tra Libia e Russia, perchè Taranto è sempre strategica per la Difesa
La città e i nuovi equilibri del Mediterraneo. Il monito dell'ammiraglio Cavo Dragone: «La pace non è gratis»
02 Febbraio 2025
La Base Navale di Taranto
Era stato molto chiaro anche quando, a Taranto, il 31 marzo del 2023 da Capo di Stato Maggiore della Difesa aveva presenziato al Giuramento Interforze degli Allievi Marescialli della Marina Militare e degli Allievi Carabinieri, sulla Rotonda del Lungomare. Oggi, da presidente del Comitato militare della Nato l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, 67 anni, ribadisce che il mondo è cambiato. E intervistato da Maurizio Caprara sul Corriere della Sera ha scandito che «la pace e la sicurezza non sono gratis. Ma la guerra ha costi immensamente superiori».
Volgendo lo sguardo indietro, già quasi due anni fa Cavo Dragone non aveva timore a spiegare agli Allievi che «sentiamo non lontani i rulli dei tamburi di guerra, alle soglie dell’Europa. L’Italia, come tutte le nazioni che hanno aderito a sostenere l’Ucraina, ha reagito in maniera opportuna e le cose stanno andando in una certa maniera proprio perchè la comunità internazionale ha fatto scudo, ha deciso di opporsi a un atto di vile aggressione. Per fare ciò, per raccogliere queste sfide, occorre una professionalità, una grande motivazione». Rivolgendosi ai reparti schierati, l’allora Capo di Stato Maggiore della Difesa evidenziava come la natura dei conflitti internazionali sia profondamente cambiata: «Non è più una guerra tradizionale nei domini a cui eravamo abituati. Terra, mare e cielo sono ormai stati in maniera massiva invasi da nuove realtà, da nuovi domini operativi che sono il cyberspazio, lo spazio, il dominio subacqueo e il dominio cognitivo su cui si stanno combattendo guerre, in cui si sta svolgendo un confronto senza esclusione di colpi sull’informazione, sul dare e gestire informazioni, sullo strumentalizzare per influenzare le opinioni pubbliche e, di conseguenza, influenzare coloro che sono i decisori delle varie nazioni».
Questo - ancora parole di Cavo Dragone nel marzo '23 - «comporta una gioventù che sia particolarmente attenta alla propria formazione, a una professionalità molto spinta, a un approccio tecnologico alla Difesa che oramai è ineludibile. Noi adesso siamo transitati in maniera decisiva verso la deterrenza tecnologica, il che vuol dire che noi dobbiamo raggiungere, e lo stiamo facendo, una capacità, un vantaggio tecnologico tale, che induca un ipotetico aggressore a desistere da un atto ostile nei nostri confronti perchè a 360 gradi, dal punto di vista militare, dal punto di vista sociale e dal punto di vista economico avrebbe troppo da perdere se si avventurasse in questo tipo di attività». In occasione di quello storico Giuramento interforze, il sottosegretario di Stato alla Difesa, Matteo Perego di Cremnago, ricordò come «Taranto non è solo la principale base della Marina Militare. Con il suo Arsenale e le realtà limitrofe, come le scuole e la base aeromobile di Grottaglie, conta circa 11.000 tra militari e civili. Un impegno con importanti ricadute sul territorio che, oltre ad assicurare al meglio difesa e sicurezza del Paese, delineano anche uno sviluppo economico prospero e resiliente, anche grazie allo storico rapporto di vicinanza tra Taranto e le nostre forze armate».
La base navale di Taranto |
Dal 31 marzo 2023 torniamo al 31 gennaio 2025: l’ammiraglio Cavo Dragone è l’italiano nella posizione più alta all’interno della Nato e al quartier generale di Bruxelles, scrive Caprara su Corriere, coordinerà l’organismo che tiene in raccordo tramite i rispettivi rappresentanti o di persona i Capi di Stato Maggiore della Difesa dei trentadue Stati membri. Tra i compiti del Comitato militare rientra valutare la fattibilità delle operazioni volute dal livello diplomatico-politico della Nato, il Consiglio del Nord Atlantico. La pace non è gratis, si diceva. E al giornalista che mette in evidenza come il presidente americano Donald Trump sostenga che i Paesi della Nato dovrebbero spendere per la difesa il 5% del proprio Prodotto interno lordo mentre l’Italia ritiene un progresso essere arrivati all’1,54% e si prefigge l’1,61% per il 2027, Cavo Dragone risponde che «nei tempi e nei modi lo vedremo, tuttavia in linea di massima il presidente Trump ha le sue ragioni. Dobbiamo spendere di più. Prima ancora, spendere meglio. I Paesi membri della Nato e dell’Unione Europea hanno 172 sistemi di arma differenti. Gli americani 35. Non adottando economie di scala noi spendiamo molto di più. Difendiamo a spada tratta la nostra sovranità industriale, sbagliando. Le nostre industrie sono in ritardo». Perchè in questi tempi difficili «si ripete una minaccia analoga, se non peggiore, a quella che c’era durante la Guerra Fredda. Logica vorrebbe che si ritornasse a determinati valori di impegno. Vedremo come, a seconda delle nazioni, però questo è un dato di fatto. Perché la minaccia c’è. L’abbiamo alle porte di casa, è in Europa. Siamo in ritardo. Avremmo dovuto essere più previdenti e dobbiamo risalire una china». Il riferimento è all’invasione russa dell’Ucraina citata anche due anni fa a Taranto: «Siamo in salita e stiamo correndo, dobbiamo fare sforzi sostanziali per raggiungere di corsa determinati livelli di investimento. Ciò che il presidente Trump chiede e che Paesi europei faranno - secondo i tempi e i modi che decideranno gli Stati, i quali sono sovrani - è corretto. Non è altro che un’equa distribuzione dello sforzo che attualmente non mi pare ci sia».
«Abbiamo vinto la Guerra Fredda» ribadisce quindi Cavo Dragone «e quando era in corso i Paesi europei della Nato spendevano in media il 3% del Pil. Scoppiata la pace, forse ci siamo un po’ seduti. Se dai primi anni Novanta avessimo continuato a destinare alla difesa il 3% dei Pil avremmo speso 8.600 miliardi di euro in più. Sono andati ad altro tipo di uscite. Temo sia stato un errore: adesso siamo in ritardo». Il segretario generale della Nato Mark Rutte parla di “mentalità di guerra”: «Potrà farci paura, ma sicuramente non potremo avere una mentalità di pace. Non so come possiamo chiamarla per essere politically correct, però non più una mentalità di pace. Perché vediamo che cosa ha generato adesso. Dovremmo spiegare quanto costa la pace, avere una deterrenza che imponga all’ipotetico avversario di non mettere in atto determinate misure perché sconveniente per lui. Quanto costa? Tanto, lo sappiamo. Quanto costa la guerra? Cifre immensamente superiori rispetto al costo della pace. Probabilmente il cittadino non lo sa. Cerchiamo di convincere che siamo in pericolo. Perché lo siamo, la minaccia c’è. Il presidente Putin non si è fermato all’annessione della Crimea del 2014»
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