Si aspetta il solito accordo da Roma, che vuol dire più cassa integrazione destinata a trasformarsi negli esuberi annunciati dal governo attraverso i nuovi padroni che non si sa bene chi saranno. Tutto vogliono tranne che garantire lavoro, condizioni di lavoro e salute per gli operai dell'Ex-Ilva. Vogliono 3500 cassintegrati a rendere sempre di più strutturale una condizione dei lavoratori a salari ridotti e con l'incertezza permanente del futuro.
Le promesse che si sono susseguite fino a oggi arrivano sempre allo stesso punto, progetti di lunga durata che nell'immediato servono a peggiorare comunque la condizione dei lavoratori e a non risolvere niente per i lavoratori e la città.
Avete letto sui giornali il piano di nuova cassa integrazione; quello che però non avete letto è come questo si riflette sugli operai dell'appalto. La ricaduta sull'appalto è come sempre peggiore. Quasi tutte le ditte, quelle che non l'avevano già fatto, stanno aprendo la cassa integrazione; i contratti a scadenza al 30 giugno non vengono rinnovati e gli operai vengono mandati a casa, come sta avvenendo in questi giorni per i lavoratori della Castiglia, ma chiaramente è un caso fra tutti. Le aziende chiedono ulteriori deroghe peggiorative chiedono che i contratti a termine arrivino fino a 42 mesi, senza causale e con massima flessibilità. Si riservano, nonostante mettano in cassa integrazione, l'uso di contratti di lavoro intermittenti mentre per molte ditte restano i ritardi nei pagamenti e la sicurezza è sempre più a rischio. Questa situazione vede ai tavoli romani come sempre sindacati che fanno “furia francese e ritirata spagnola”, sindacati firma-tutto come la CISL e sindacati che gridano prima degli incontri ma poi di fatto accettano quello che gli viene proposto.
Arriverà il momento in cui dobbiamo dire un NO secco a tutto questo, arriverà il momento in cui cercheremo di fare il possibile perché la fine di questa storia non sia la solita.
Alla Castiglia noi respingiamo il piano di cassa integrazione così com’è, che i lavoratori vadano a casa, respingiamo le deroghe che chiede l'azienda per peggiorare ancora di più la condizione di precarietà e di ricatto.
Questa linea trova consenso tra i lavoratori. Un folto gruppo di operai è passato dalla Uilm e oggi arrivano allo Slai Cobas, non perché abbiamo la bacchetta magica, ma alla fine qualcuno che dice NO ci deve essere, qualcuno che tuteli gli interessi dei lavoratori ci dovrà essere. Questo sembra una goccia nel mare, anche se per gli operai è tanto, visto i salari, l'incertezza del futuro e le condizioni di lavoro.
Ma quello che ci preparano è ancora peggio. Sappiamo tutti quello che è successo nel recente vertice della Nato dove, ridendo e cantando tra battute, barzellette e personaggi in cerca d'autore, hanno deciso di aumentare del 5% le spese militari e prepararsi non certo al miglioramento delle condizioni dei loro popoli. Tutti questi governi ormai sono solo a libro paga della grande industria bellica, dei signori del petrolio e dell'energia, delle oligarchie, della cosiddetta “intelligenza artificiale”, governi - con Trump in testa - dicono armi, armi, guerra, parlano di pace ma preparano la guerra.
Attenzione compagni operai, non è solo un problema di soldi, non è solo un problema che questi soldi li prenderanno dai bilanci dello Stato, dalla sanità, dalla scuola, dai servizi sociali, non è solo che invece che fondi per il lavoro ci saranno fondi solo per le armi, ma stanno preparando la terza guerra mondiale come una marcia inarrestabile, facendo a gara a chi è più bravo nel preparare la guerra.
Preparano la nuova leva obbligatoria, vogliono mettere una divisa ai nostri ragazzi e ai nostri figli, preparano addirittura il richiamo dei riservisti, vale a dire dire decine e decine di migliaia di cittadini che possono essere chiamati alle armi, mettono a disposizione le basi militari dell'Italia, non solo quelle esplicitamente da tempo e ingiustamente a servizio dell'imperialismo americano, di Aviano e Sigonella, ma tutte le basi militari vengono considerate ormai in mobilitazione.
Insomma, questi governi, questi Stati che si dicono democratici, che dicono di fare gli interessi dei cittadini in realtà vengono sempre fuori per quelli che sono realmente. E il nostro governo non è secondo a nessuno. La signora Meloni si vanta di avere un qualche ruolo ma tutti vediamo che si tratta di un ruolo di servi dei servi, della servetta di Trump, della persona che utilizza i poteri dello Stato e del governo che attualmente ha, non certo per risolvere i problemi - nessun problema è stato risolto, basti pensare alle grandi vertenze dell'ex Ilva, della Stellantis, per non dire lo stato della sanità e possiamo fare il lungo elenco ma basta con questi elenchi, non facciamo finta di non vedere.
Più armi significano meno lavoro; e più armi non si comprano perché stiano nei depositi, prima o poi si useranno. Abbiamo visto nella nuova criminale crisi apertasi con l'aggressione proditoria all'Iran come non hanno esitato a parlare di nucleare, sono come i buoi che chiamano cornuti i ciucci, le armi nucleari le hanno loro, le hanno sempre avute, le usano, gli Stati Uniti d'America si sono vantati di Hiroshima e Nagasaki!
Ecco, pensiamoci, compagni operai, non è il tempo di strillare a chi strilla più forte, ma Hiroshima e Nagasaki non sono più il passato, sono nell’agenda di questi governi.
Allora, cosa dobbiamo fare? Dobbiamo accettare tutto questo? Far finta che non capiamo?
Noi pensiamo che non debbano andare così le cose, pensiamo che oggi come ieri sia possibile che la maggioranza del nostro popolo, la maggioranza che lavora e tra di essa la maggioranza operaia, debba fare qualcosa e debba dire un chiaro NO al piano di riarmo. Debba dirlo sia attraverso le organizzazioni sindacali sia attraverso le proprie "armi", quelle che i lavoratori hanno saputo usare in altri momenti della storia e in altre occasioni.
Quando eravamo forti, compagni operai, nell'Autunno caldo era all'ordine del giorno il potere operaio, abbiamo ottenuto delle conquiste, lo Statuto dei lavoratori, migliori condizioni di lavoro, e allora le guerre non sono partite o addirittura si sono fermate e i popoli le hanno vinte come è stato per il Vietnam. Dobbiamo tornare a quella stagione, non dobbiamo guardare a noi stessi, non a come siamo adesso ma a come dobbiamo diventare, a come è necessario diventare per cambiare lo stato delle cose, dalle cose grandi dalle cose piccole come l'Ilva, perché alla fin fine questa storia dell'Ilva è una cosa piccola in un mondo che va verso una massiccia disoccupazione, licenziamenti, in cui le uniche fabbriche che devono funzionare sono quelle per la guerra; e in tutti i paesi del mondo questo avviene, non solo in Italia, dove però l'Italia fa la parte del socio minore.
Le crisi vengono scaricate dagli Stati Uniti sui paesi stessi capitalisti occidentali e tra i paesi capitalisti occidentali vengono scaricate sul nostro paese che è più piccolo di altri, e tutti i paesi li scaricano sui proletari i popoli del mondo che fanno la fame.
E poi non abbiamo più parole, è sotto gli occhi di tutti, tutti lo dicono ma non fanno niente: a Gaza si uccide come se fossero a caccia, come animali in una macelleria, stermini, bombardamenti su donne e bambini, tutto è raso al suolo, la gente ha fame e viene sparata anche quando cerca da mangiare.
Questa società ha prodotto e ha riprodotto i nuovi mostri che vogliono distruggere i paesi, i popoli, la vita. Avevamo tanto parlato del nazismo, di Hitler e del suo socio d'affari, Mussolini, ebbene sembrava che quella storia fosse finita, fosse servita al mondo per capire che queste cose non dovevano più succedere, ma stanno succedendo, sono ritornate come prima.
Bisogna fermare il genocidio in Palestina, bisogna dare una speranza a un intero popolo che non vuole essere cancellato dalla sua terra, perché la Palestina è dei palestinesi e non dei mostri partoriti dopo l'Olocausto, ebrei che sono diventati peggio dei nazisti e governanti che ragionano come coloro che li hanno oppressi.
Bisogna fermare il genocidio, la Palestina deve essere liberata. I lavoratori stanno prendendo posizione. Nello sciopero generale dei metalmeccanici, che è andato bene - ma a cui padroni hanno risposto ancora una volta con il nulla, arroganti, perchè si sentono forti, protetti dai governi, non vogliono dare neanche quattro soldi nella piattaforma dei metalmeccanici - ebbene, in questo sciopero dei metalmeccanici abbiamo sentito dei sindacalisti che parlavano bene, che hanno detto che sono contro il riarmo, hanno detto che sono contro la pulizia etnica in Palestina, ebbene dobbiamo dare continuità.
Non bisogna firmare alcun accordo a Roma, con questi numeri di cassa integrazione nessuna fiducia possiamo avere nei governi, nei padroni che finora hanno fatto peggio dei precedenti (e quelli avevano già fatto guai seri).
Che i lavoratori scendano in campo non è impossibile, insieme ai giovani, alle tante persone che stanno già scendendo in campo contro la guerra, contro il piano di riarmo.
Noi operai lavoratori e lavoratrici diciamo un chiaro NO al piano di riarmo del 5%, è una scelta di guerra imperialista mondiale, quella “guerra mondiale a pezzi” di cui parlava Papa Bergoglio che è stato subito archiviato. Questo nuovo Papa sembra uno dell'ufficio dello Stato, non porta certo il messaggio che Bergoglio aveva fatto - e noi non siamo cattolici, siamo comunisti - parole che sono state subito cestinate, considerate i lamenti di un vecchio moribondo.
Siamo contro queste guerre, sono guerre tra banditi, gli americani la fanno da padroni come in tutte le guerre. Ma chiaramente sono banditi chi ha invaso l'Ucraina, sono banditi coloro che in altri scenari, come la Cina, pensano di approfittare dello Stato delle cose, sono banditi tutti i governanti europei, pensate alla Germania che non gli sembra vero di tornare a fare la voce grossa, ad essere quella delle guerre dei tempi del nazismo.
Queste guerre sono tra banditi per i profitti dei padroni dell'energia e dell'industria bellica, per il controllo mondiale delle materie prime, delle vie geostrategiche del commercio mondiale.
I lavoratori sono solidali con la gente che muore sotto bombardamenti quotidiani, pensate quale è la vita non solo del popolo palestinese, pensate all'Ucraina, pensate a quello che in ogni scenario del mondo si avvicina, come cosa quotidiana.
Siamo contrari quindi all'invio di armi, droni, missili soldati nei territori di guerra. Non ci lamentiamo poi se sentiremo degli attentati ai soldati italiani che faranno la fine di Nassyria, ce li stiamo meritando queste situazioni.
Non vogliamo che le basi italiane siano utilizzate per la guerra - e noi siamo a Taranto, una grande base militare da sempre utilizzata nelle guerre, non dimentichiamolo! Taranto nella seconda guerra mondiale ha subito bombardamenti, ha subito tutto quello che i vostri nonni vi possono raccontare. Ebbene questo non è più il passato ma sembra essere il futuro che ci preparano.
Siamo contro la ricaduta sui lavoratori di tutto questo, una ricaduta immediata che è quella della benzina, del carovita, una ricaduta strategica che fa sì che l'intero bilancio dello Stato sia al servizio della guerra e che l'industria del nostro paese diventi solo economia di guerra.
Lavoratori tutti insieme, il mondo del lavoro, tutte le organizzazioni sindacali, le associazioni che vogliono la pace e la democrazia, che vogliono un futuro diverso, hanno la possibilità, unendosi, di fermare la mano della guerra imperialista e di fermare la partecipazione italiana a questa guerra imperialista.
Difendere il lavoro, NO a un nuovo accordo che allarghi la cassa integrazione anticamera degli esuberi all'Ilva, Sì alla firma del contratto dei metalmeccanici, difendiamolo con la lotta, perché evidentemente i lavoratori non hanno santi in paradiso e non ce li hanno neanche nei parlamenti.
O i lavoratori prendono nelle loro mani le sorti di questo paese oppure la storia la troveremo sui libri del futuro, se ci saranno ancora i libri del futuro.