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EX ILVA-TARANTO/ Accordo di Programma: produzione a 6 mln di tonnellate, nave di rigassificazione, impianto di desalinizzazione galleggiante, decarbonizzazione dal 2026 al 2039, stop ai wind days
Quattro scenari produttivi sino al 2039 e una produzione che si mantiene costante su un livello di 6 milioni di tonnellate prima con gli attuali altiforni e poi con i nuovi forni elettrici. È quanto previsto nella bozza dell’accordo di programma tra governo e istituzioni per la decarbonizzazione dell’ex Ilva di Taranto, che AGI ha visionato.
Il primo scenario, definito scenario 0, prevede nel periodo dal 2025 al 2026 “la produzione di 6 milioni di tonnellate di acciaio all’anno con ciclo integrale (3 altiforni, 4 batterie di forni a coke, 2 linee di agglomerazione, 2 acciaierie ad ossigeno)”.
Nello scenario 1, “nel periodo dal 2026 al 2030, si procederà all’introduzione di un nuovo forno elettrico e contestualmente alla graduale progressiva fermata di un altoforno, mantenendo invariata la produzione di 6 milioni di tonnellate di acciaio all’anno, di cui 4 milioni di tonnellate con ciclo integrale (con 2 altiforni, 4 batterie di forni a coke, 2 linee di agglomerazione, 1 acciaieria ad ossigeno) e 2 milioni di tonnellate con un primo impianto EAF, alimentato da preridotto prodotto tramite un primo impianto di DRI, dotato di sistema di cattura e stoccaggio della CO2 (n. 1 Dri, n. 1 forno elettrico)”. Dri è la sigla del preridotto.
Segue, si legge nella bozza dell’accordo, il periodo dal 2030 al 2034, quando “si procederà all’introduzione di un secondo forno elettrico e contestualmente alla progressiva fermata di un secondo altoforno, mantenendo invariata la produzione di 6 milioni di tonnellate di acciaio all’anno, di cui 2 milioni di tonnellate con ciclo integrale (con 1 altoforno, 3 batterie di forni a coke, 1 linea di agglomerazione, 1 acciaieria ad ossigeno) e 2 milioni di tonnellate tramite 2 impianti Eaf, alimentati da preridotto prodotto con 2 impianti Dri dotati di sistema di cattura e stoccaggio della CO2 (2 Dri, e 2 forni elettrici)”.
Il terzo scenario va dal 2034 al 2039, quando “verrà gradualmente fermato l’ultimo altoforno e introdotto il terzo forno elettrico, mantenendo invariata la produzione di 6 milioni di tonnellate di acciaio all’anno, che alla fine del processo verrà prodotto con un ciclo composto da 3 impianti Eaf alimentati da preridotto prodotto tramite 3 impianti DRI dotati di sistema di cattura e stoccaggio della CO2 (3 DRI e 3 forni elettrici)”.
“Le attuali aree occupate dagli impianti di agglomerazione e dall’acciaieria sono idonee ad ospitare i nuovi impianti, assicurando allo stesso tempo la continuità operativa degli altiforni fino alla loro graduale dismissione”, si legge nella bozza di accordo.
Il processo di decarbonizzazione degli impianti di Taranto per realizzarsi richiederà necessariamente ingenti quantitativi di gas naturale sia per la produzione dell’energia elettrica necessaria a soddisfare l’aumentato fabbisogno, sia per la produzione di Dri”. Si tratta del preridotto che alimenterà i forni elettrici. E quindi “con l’avanzamento delle fasi di trasformazione del ciclo di produzione, crescerà il fabbisogno energia elettrica e, contestualmente ci sarà una progressiva diminuzione della disponibilità di gas siderurgici”. È scritto nella bozza dell’accordo di programma per la decarbonizzazione dell’ex Ilva di Taranto.
“La realizzazione del processo di decarbonizzazione degli impianti di Taranto - si legge nella bozza - richiederà un aumentato utilizzo di gas naturale nei forni elettrici per assicurare la disponibilità di energia utile a mantenere in funzione l’acciaieria con produzione annua di acciaio costante e livelli occupazionali invariati”.
Nella bozza di accordo si parla quindi “dell’installazione nel porto di Taranto di una unità galleggiante di stoccaggio e rigassificazione (Fsru) al fine di fornire il necessario approvvigionamento di gas metano sia ai nuovi impianti per la produzione del preridotto (Dri) sia alla centrale termoelettrica AdI Energia”.
Nel documento precisa inoltre che “lo standard ambientale e di sicurezza del terminale di rigassificazione Fsru dovrà essere allineato a quanto già autorizzato nelle Aia per Fsru di Piombino e Ravenna, tenendo conto anche dei miglioramenti previsti”.
Ancora, “per migliorare la sicurezza della disponibilità di gas naturale, una Fsru verrà posizionata in un punto collegato alle infrastrutture necessarie per approvvigionare gli impianti di Taranto. La Fsru, della portata lorda di 70mila tonnellate e 275 metri di lunghezza, avrà la capacità annua di rigassificazione di circa 1 miliardo di metri cubi, opererà dal molo polisettoriale del porto di Taranto e sarà collegata agli impianti siderurgici attraverso un nuovo gasdotto lungo circa 9 km, con quattro punti di connessione”.
Infine, nella bozza si legge che “la misura di compensazione territoriale aggiuntiva del 3% sul valore del gas trasportato dagli impianti e alle infrastrutture del gas nel territorio pugliese, stabilita con legge della Regione Puglia 10 novembre 2023, n. 27, non si applica al gas fornito dalla nave rigassificatrice che sarà allocata presso il porto di Taranto” in quanto, si specifica, “i relativi volumi di gas sono funzionali al processo di decarbonizzazione degli stabilimenti ex Ilva, e dunque a un obiettivo ambientale che non richiede compensazioni e che anzi andrebbe incentivato”.
La proposta di parere istruttorio conclusivo di rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale dell’ex Ilva di Taranto “contiene già una ulteriore riduzione dei valori limite, nonché una riduzione dei flussi di massa annuali in linea con la Valutazione di impatto sanitario”. E quindi “le prescrizioni relative alle giornate di Wind day sono superate, fermo restando l’obbligo per il gestore di garantire l’attenta e scrupolosa attuazione delle procedure gestionali volte al contenimento delle emissioni diffuse in atmosfera”. Lo si legge nella bozza di accordo di programma per la decarbonizzazione dell’ex Ilva di Taranto, che AGI ha potuto visionare.
Inoltre, si legge nella bozza, al fine “di prevenire il rischio di spolveramento e il coinvolgimento dello specchio acqueo e i livelli produttivi attuali dello stabilimento e tenuto conto che ad oggi non sono state segnalate specifiche criticità ambientali da parte dell’Autorità controllo, la sospensione dell’attività di carico e scarico è confermata, come misura cautelativa, in caso di venti a 20 metri secondo in conformità a quanto già indicato nelle precedenti autorizzazioni”. La bozza di accordo di programma sulla decarbonizzazione della fabbrica prevede inoltre un impianto di desalinizzazione per le necessità dell’Ilva di Taranto
. “L’utilizzo di acqua è fondamentale per il funzionamento dell’acciaieria", si legge nella bozza. "Gli impianti attualmente utilizzano l’acqua proveniente dai due fiumi Tara e Sinni. Per evitare che l’aumento degli eventi di siccità o la scarsezza di approvvigionamento idrico legato alla qualità dell’acqua attualmente disponibile possa compromettere la continuità dell’approvvigionamento idrico, impattando negativamente sulla produzione di acciaio, verrà istallata nel porto di Taranto una piattaforma galleggiante attrezzata con impianti per la desalinizzazione dell’acqua di mare”.
“L’infrastruttura", afferma il documento, "richiederà l’istallazione di una condotta idrica della lunghezza di circa 9 km con il rispettivo allacciamento alla rete per la fornitura di energia al sistema di desalinizzazione. Si è optato per una soluzione galleggiante in sostituzione di un impianto a terra per mancanza di spazio e perché la soluzione galleggiante permette flessibilità di spostamento in caso di necessità.
"L’impianto di desalinizzazione", viene precisato, "servirà alla produzione di acque industriali e avrà la capacità produttiva di 110 mila metri cubi al giorno. L’impianto avrà la finalità di ridurre i costi di fornitura di acqua attualmente sostenuti, inclusivi del potenziale costo aggiuntivo per l’utilizzo dell’acqua del Sinni (+0,4 euro per metro cubo) dovuto alla tassa ambientale. L’impianto avrà inoltre ricadute positive dirette ed indirette sulla comunità cittadina, sulla filiera produttiva collegata all’acciaieria e quindi sull’economia del territorio e sull’occupazione”.
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