sabato 28 giugno 2025

Ieri in piazza Della Vittoria - Striscioni, interventi

Intervento del medico palestinese di Bari

(Ringraziamo il compagno palestinese. Unica considerazione - la manifestazione di Taranto è parte delle grandi manifestazioni per la Palestina tenutesi in questi ultimi mesi, promosse in molti casi dalle assdociazioni palestinesi in Italia (Api,Udap, Gpp, ecc.) che non condividono la parola d'ordine "Due popoli/due Stati", e rivendicano una Palestina libera "dal fiume al mare")  

Intervento del compagno operaio ex Ilva 

Il re è nudo. I crimini feroci dello stato terrorista ed illegittimo di Israele sono ormai davanti agli occhi di tutti, e la morale della fiaba ben si adatta agli oscuri tempi moderni in cui gli unici a ostinarsi a fingere di non vederli sono gli stupidi folli che ancora legittimano un genocidio che solo dei nazisti avrebbero potuto concepire. 

Un nome su tutti è quello del ministro degli esteri Antonio Tajani, che riesce ad essere addirittura più cretino del suo predecessore Di Maio, già di suo non certo un campione di intelligenza. Affermare orgogliosamente di approvare il 18° pacchetto di sanzioni alla Russia e contemporaneamente dire che per Israele sono inutili, lo mette sullo stesso piano di Arlecchino, con la differenza che le sue parole portano conseguenze terribili ai palestinesi, di cui quel miserabile si vanta di averne portati ben 11 in Italia, non prima però di averne contribuito al massacro assieme a tutti gli esponenti di un governo simbolo della Morte Nera, inviando e continuando ad inviare armi ed aiuti militari all’entità nazisionista. 

Ogni esponente del governo è complice della pulizia etnica, ogni elemento della maggioranza parlamentare è complice, parte delle stesse opposizioni sono complici, il Presidente della Repubblica Mattarella è complice: non una parola di condanna verso i crimini contro l’umanità di Israele, ma invece una bella firma sul fascistissimo decreto sicurezza che criminalizza anche il sostegno al popolo palestinese. 

Ma non è solo il nostro Paese a vantare una così folta schiera di personaggi miserabili. La stragrande maggioranza dell’occidente infatti può titolarsi di avere governanti filonazisti, uno su tutti il cancelliere tedesco Merz, che hanno applaudito per l’attacco dei sionisti all’Iran supportato dai bastardi padroni del mondo americani, altro crimine mai condannato ma anzi giustificato con la scusa balorda della minaccia nucleare, peccato che ad avere questa tipologia di armi siano proprio Israele e gli Stati Uniti e non l’Iran. L’Europa è complice, col suo Parlamento reazionario ed una Commissione collocata ancora più in basso, con le famigerate e tristemente note guerrafondaie Ursula Von Der Leyen e Kaja Kallas al vertice di una deriva bellicista in cui gli unici a pagare il prezzo altissimo di questa follia saranno le masse popolari e lavoratrici. Ma noi vediamo in questa situazione l’occasione per cambiare per sempre la società, per avviare una rivoluzione che mini dalle fondamenta lo stato delle cose.

Il compito storico del proletariato infatti è proprio quello di abbattere per sempre la società capitalista. La classe operaia, in quanto classe che produce la ricchezza ha nelle proprie mani la capacità di determinare quale deve essere il fine di questa ricchezza. 

Il riarmo europeo già deciso sta prendendo in considerazione la riconversione delle fabbriche dell’auto in produzione militare, questo porta ad un facile ragionamento: se al principio del profitto c’è il soddisfacimento dei bisogni attraverso la produzione di massa, la conseguenza naturale è che non saranno più le automobili a soddisfare le necessità ma bensì le armi. La guerra dunque diviene una necessità da perpetrare all’infinito per poter accrescere continuamente il capitale. Dovremo morire per poter anche solo sopravvivere. 

Davanti a questa prospettiva terrificante i burocrati rappresentanti dei lavoratori dei sindacati confederali non hanno opposto e continuano a non opporre alcuna resistenza, basti semplicemente vedere il totale colpevole silenzio da parte delle loro dirigenze sul Medio Oriente, sul massacro del popolo palestinese, tranne che rare ed autonome dichiarazioni da parte di qualche delegato durante le manifestazioni per il rinnovo dei contratti. Basti vedere la da sempre incoerenza dell’amico del PD Landini, che ha parlato di rivolta sociale e nessuno di noi l’ha ancora vista e che alle parole di critica verso il riarmo non si è mai visto scendere in piazza con i proPal ma è sceso con i guerrafondai il 15 marzo scorso. Ci sono i maggiordomi della CISL, dei quali tocca malvolentieri ricordare il loro squallido e vergognoso ex segretario generale Sbarra ora all’interno della compagine fascio-governativa come premio per i suoi servigi, quasi quasi incuriositi dalla prospettiva di riconversione delle fabbriche; e c’è la UIL, con il suo instancabile motto “armiamoci e partite”. In colpevole silenzio anche una parte del sindacalismo di base. 

A fronte di queste considerazioni la nostra risposta è sempre è soltanto una: la necessità dell’autorganizzazione dal basso della classe operaia, della sua totale emancipazione dalla burocrazia del confederalismo sindacale e di una rinnovata partecipazione alle lotte che è venuta mano mano sempre meno negli ultimi anni. Sappiamo che non è una strada di semplice percorrenza, sappiamo che il lassismo prodotto dall’arretramento delle lotte negli ultimi anni è una tendenza di difficile inversione, e sappiamo che per cambiare rotta bisogna in primis eliminare le cause di questa situazione.

Le contraddizioni all’interno delle classi borghesi, ad esempio quella che vede l’alleanza forzata nella maggioranza di governo, dove si è in bilico tra le istanze guerrafondaie e di riarmo europeo imposte dalla Nato e dagli Stati Uniti di Trump da parte di Forza Italia e Fratelli d’Italia, e la vicinanza all’imperialismo russo nella figura del tiranno Putin da parte della Lega, sono l’anello debole della catena del capitale, ed è da ricercare in queste contraddizioni l’elemento scatenante di una nuova ondata di lotte nelle classe operaia. Il socialsciovinismo (come lo avrebbe definito Lenin) della pseudosinistra parlamentare e di alcuni elementi della sinistra extraparlamentare è una malattia infettiva che deve essere debellata, e la Storia può insegnarci come combatterla. Guardare indietro alle grandi stagioni di lotta del nostro Paese, come ad esempio al glorioso Biennio Rosso oppure alle lotte degli anni 70, mostra come la classe operaia sia stata motrice del cambiamento progressivo dello stato sociale, mentre oggi il suo cambiamento in ordine regressivo dimostra come sia proporzionale alla regressione della lotta e degli scioperi. Dunque il fulcro su cui fare leva restano le fabbriche.

La classe lavoratrice detiene una forza latente, una capacità intrinseca di poter essere il motore del cambiamento di tutta la società, e di questo le classi borghesi ne sono pienamente consapevoli, basti vedere l’inasprimento quotidiano della repressione verso le rivendicazioni della stessa, ma non tutto il male viene per nuocere. Gli 800 miliardi previsti in armamenti non sono altro che la cartina tornasole della profonda crisi e del fallimento dell’Europa che tenta disperatamente, con ogni mezzo, di strappare con le unghie e con i denti gli ultimi pezzi di menzogna che le restano da pronunciare. L’Europa per come la conosciamo è oramai arrivata al capolinea, e di questo dobbiamo approfittarne. Questa tendenza alla guerra della società odierna può essere infatti la scintilla che darà l’avvio al motore della rivolta, a noi il compito di alimentarla. A noi il compito di trasformare la spietatezza della guerra di carattere imperialista in gloria della guerra civile, con gli operai nuovamente in primissima linea, chiudendo definitivamente i ponti con il riformismo che ha inquinato e continua ad inquinare il fuoco della rivolta. 

Siamo ottimisti a riguardo, guardandoci indietro possiamo vedere come la parte giusta dell’umanità ha sempre saputo affrontare le grandi catastrofi, pur perdendo le battaglie ha infine vinto le guerre.

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