sabato 29 novembre 2025

Ex Ilva: il 28 nov. incontro inutile e fallimentare - Ciò che abbiamo detto ieri in ORE 12 Controinformazione rossoperaia

Aggiornamento: 
L’incontro di Roma è stato inutile e fallimentare - non bisognava andarci e dare continuità alla lotta dopo la giornata di sciopero e blocchi. I sindacati genovesi invece avevano insistito e dato un assist al governo, puntando a una soluzione spezzatino per sè, ma non hanno ottenuto nulla, e ora tornano a urlare.
I sindacati a Taranto non dovevano partecipare, ma i servi della Fim Cisl e l’Usb hanno diviso sindacati e i lavoratori andandoci e contribuendo a dare una mano al governo per legittimare l’incontro. Giustamente Uilm e Fiom Taranto non ci sono andati.
Ora non c’ è altra strada che lotta ad oltranza per cambiare le cose - come da sempre insistiamo noi anche ieri mattina nel volantinaggio allo stabilimento e all'appalto.
Vediamo ora che succede e se si è coerenti con quello che si dice ai lavoratori. 
Slai cobas
Ieri nella Controinformazione rossoperaia ORE 12
abbiamo descritto chiaramente la situazione ex Ilva e ciò che ruota intorno ad essa.
La riportiamo:

Il 28 novembre, nuovo incontro a Roma, al Mimit, di tutte le parti sulla situazione in corso e soprattutto sul prossimo futuro dell'ex Ilva.

La Uilm che la Fiom di Taranto non parteciperanno perché Urso non ha ritirato il piano presentato l'11 novembre, nonostante ci siano stati scioperi, blocchi, iniziative di lotta anche a Taranto e quindi, di fatto, è un incontro farsa che conferma pienamente che si vuole bloccare la produzione e i 6.000 operai da gennaio che dovrebbero andare in casa integrazione. Invece, sicuramente, sono presenti la Fim e l'Usb. Per la FIM non ci possiamo meravigliare, è sempre il braccio accomodante del governo. L'Usb di Taranto con Urso fin dall'inizio c'è stato sempre una sorta di legame e partecipa per far pesare il proprio ruolo. Noi siamo d'accordo, chiaramente, con i sindacati che rifiutano questo incontro farsa che non potrà portare a nulla di diverso, a nulla di positivo; invece è molto negativo che Fim e Usb diano credito a questo incontro, diano credito a Urso e al governo.

Non ci sono, in realtà, nuove condizioni che possano portare a cambiamenti del piano del governo, se non qualche modifica o promessa di facciata che non mutano la sostanza nettamente negativa.

Il governo, che si proclama sovranista, sull'ex Ilva è ancora alla ricerca disperata all'estero di un possibile compratore a cui svendere la “patata bollente inquinata”, ma nel senso inquinata da loro, dell'Ilva, benché sia il governo che i padroni definiscano questa dell'Ilva una produzione strategica per un paese capitalista, per il suo peso nell'economia mondiale, e che l'Italia non può fare a meno dell'acciaio, ecc. Però nonostante questo si va a chiedere quasi in maniera elemosinante, offrendo soldi invece di averli dai possibili acquirenti, che ci siano compratori esteri che vogliano prendersi l'Ilva

Questo ha sollevato qualche denuncia, rimbrotto al governo da parte dei padroni italiani. Alcune associazioni imprenditoriali dicono che “solo una cordata industriale italiana potrebbe salvare la siderurgia nazionale, poiché interessi e strategie estere considererebbero Taranto più come un concorrente da indebolire che come un asset da potenziare”. Da un comunicato della Confartigianato. Ma anche altre aziende, altri grossi padroni, per esempio ultimamente l'Italimpianti, dicono che servirebbe “un nuovo soggetto imprenditoriale con la partecipazione dello Stato che coinvolga tutti i soggetti nazionali interessati”. Ma anche questi, nella logica del capitalismo, sarebbero comunque pienamente interni ad un piano che preveda profitti maledetti e subito e costi scaricati sullo Stato, e prima di tutto quelli della forza-lavoro.; e quindi la previsione è comunque di 5.000 esuberi anche nell'ipotesi di compratori italiani, come anche nel caso di una nazionalizzazione dell'ex Ilva. Lo scarico dei costi sullo Stato riguarda anche quelli della sicurezza, bonifiche, ambientalizzazione.

Però in realtà neanche loro, i padroni, si fidano.

Altri sottolineano che un soggetto imprenditoriale straniero non avrebbe alcun interesse “a risolvere i problemi di produzione dell'acciaio in Italia in quanto strategica per il sistema Paese-Italia”, in una situazione di forte concorrenza sul mercato mondiale, in una logica di ‘mors tua vita mea’ l'interesse può essere solo quello di acquisire una postazione in un'area interessante dal punto di vista geoeconomico che potrebbe avvantaggiare i propri interessi e gli interessi imperialisti economico-politici dei loro Stati nella situazione di in corso, di contesa a livello mondiale (pensiamo agli azzeri, i quali in realtà avevano molto interesse soprattutto per il gas, per avere una postazione vicina nel Mediterraneo, e quindi nell'offerta per l'Ilva pensavano più ad uno sviluppo che permettesse questa postazione per quanto riguardava il gas.

Così ora ci sarebbero due fondi americani che avrebbero interesse ad acquisire l'Ilva. Ma, guarda caso, questi fondi americani sono molto legati all'amministrazione Trump e questo viene devidenziato anche da giornali locali.

Ma altri scenari potrebbero prospettarsi.

Il Sole 24 ore li descrive in questa maniera: Nella situazione in cui viene “confermato un rafforzamento strutturale della spesa per la Difesa in Italia”, si parla di un'evoluzione del MIMIT, cioè del Ministero di Urso in un vero strumento di politica industriale strategica per il settore”; “si tratta  aggiunge – di un segnale positivo per l’intera filiera nazionale della Difesa”. Quindi si prospetta che ci possa essere un interesse per l'acciaio prodotto dall'Ilva da parte di aziende come la Leonardo, la Fincantieri.

Tant'è che la legge di bilancio in discussione punta a destinare per la Difesa per il 2025-2026 più di 10 miliardi di euro.

In questo tipo di scenario Urso potrebbe mettere sul piatto un futuro dell'acciaio per la guerra.

Ora c'è da dire che su una prospettiva di questo genere non è affatto detto che non ci potrebbe essere un accordo anche da parte dei sindacati confederali. Per esempio, mentre la Fiom della Leonardo di Grottaglie, in provincia di Taranto ha fatto settimane fa un appello contro una riconversione bellica della fabbrica di Grottaglie, dicendo giustamente “non in nostro nome, non col nostro lavoro”, la Fiom di Genova invece parlando anch'essa di “sovranità economica dell'Italia”, dice: “a Genova ci sono Leonardo, Fincantieri, Ansaldo, tutte realtà dove lo Stato è presente in modo importante. E soprattutto – aggiunge - garantirebbero stabilità, investimenti e una visione di medio-lungo periodo che invece un fondo privato da solo non garantisce. E Sottolinea “in palio c'è la sovranità economica dell'Italia e quindi su questo è necessario aprire un confronto con Federmeccanica e governo per garantire l’occupazione”.

Chiaramente la Leonardo sappiamo bene cos'è, sappiamo che in maniera veramente rapida sta aumentando il suo potenziale produttivo, con armamenti di vario genere. La Fincantieri produce per le piattaforme navali tra cui nuove fregate, unità logistiche e sottomarini. Quindi, questi potenzialmente sarebbero i principali consumatori nazionali di acciaio. E – si continua – avere una produzione interna, controllata e programmabile, è un vantaggio industriale enorme. Ma per farlo è necessario produrre acciaio, non chiudere gli impianti, come prospetta il governo”.

Ecco questi sarebbero gli scenari che tutti non risolvono i problemi del lavoro, del niente esuberi, dell'ambientalizzazione, delle bonifiche e così via.

Al momento, quindi, c'è un piano fallimentare anche dal punto di vista del governo e dei potenziali padroni; in prospettiva ci potrebbe essere un piano che guarda anche al legame con la produzione bellica e quindi la guerra.

Su "ambientalismo solidale con gli operai e ambientalismo antioperaio", leggi altro post a seguire 


Nessun commento:

Posta un commento