da ORE12/Controinformazione rossoperaia del 1/11
Innanzitutto la nostra immensa solidarietà alla popolazione di Valencia e di tutta la zona in cui un disastroso alluvione sta uccidendo, distruggendo e rendendo la vita difficile a tanta gente. Siamo solidali con tutto il resto del popolo nella zona che scava nel fungo, i tanti volontari giovani che stanno dando il meglio di sé per aiutare la popolazione e soprattutto la parte più colpita di essa, i poveri, gli anziani, le zone meno coperte dalle strutture urbane.
In questa alluvione, come in tante altre alluvioni che abbiamo visto nel nostro paese nelle due recenti alluvioni in Emilia Romagna, c'è una parte che è un evento naturale su cui però bisognerà ritornare. Ma c'è una parte che è di piena responsabilità delle amministrazioni che gestiscono queste zone e dei governi centrali. Ora anche in Spagna si assiste allo scaricabarile tra il governo Sanchez, di centro sinistra, e le istituzioni locali che sono prevalentemente di centro destra, ma queste polemiche, che disturbano in questo momento l'impegno massiccio di tutti per cercare di aiutare le popolazioni e trattare le enormi contraddizioni che l'alluvione ha creato, hanno il loro fondamento nel potere politico che si esprime attraverso i governi e le amministrazioni.
La Spagna ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale e il suo governo dice che metterà a disposizione tutti i fondi necessari per la ricostruzione e la ripresa della normalità.
Ma dove era il governo finora? Dove erano questi fondi finora? La Spagna, come tutti i paesi imperialisti, grandi, medi e piccoli, sta concentrando tutte le risorse economiche e finanziarie o la maggior parte di esse, per finanziare, sostenere i padroni nella loro guerra commerciale che affronta una fase di crisi e di contraddizioni che vengono scaricate sugli operai e sui lavoratori; pertanto i fondi dello Stato sono a difesa della loro economia. Ma quello che fa più scandalo è l'enorme dimensione delle spese militari, l'impegno che tutti questi paesi imperialisti occidentali - anche laddove non sono in prima fila e direttamente impegnati nelle guerre imperialiste, in Ucraina e nelle altre parti del mondo - tutti questi governi si preparano ad armarsi per partecipare a queste guerre nel quadro delle alleanze imperialiste e dei propri interessi imperialisti. Montagne di soldi per armamenti e altrettanti per apparati polizieschi e militari che sono diventati mastodontici e sembrano l'unica carta che hanno nelle mani gli Stati e le classi dominanti capitaliste/imperialiste per mantenere il loro potere e la loro società.
Quindi i governi centrali non se ne possono uscire adesso - e non lo può fare il governo di centro sinistra di Sanchez in Spagna - dicendo: faremo, faremo, faremo, ma questo “faremo” ha già prodotto morte e distruzione laddove gli eventi arrivano.
È inutile dire che l'amministrazione di centrodestra di Valencia è dello stesso tipo di quelle che siamo abituati a conoscere anche nel nostro paese. Utilizzano l'amministrazione centrale per farsi gli affari propri, all'insegna della corruzione, del malaffare, dell'ordinario uso delle pubbliche istituzioni, non per risolvere i problemi del popolo ma per piazzarsi e incrementare le loro ricchezze e fare del potere locale un punto di ascesa del potere nazionale. Il Partito popolare in Spagna fa esattamente questo nella provincia di Valencia. Per questo sono giuste le ondate di critiche che ora vengono dal popolo e non solo dal popolo. Queste amministrazioni - e quante volte lo abbiamo visto anche nel nostro paese - sottovalutano la portata del disastro e avvisano tardi i cittadini della situazione. E vi pare poco? Loro che amministrano, che dovrebbero pensare alla difesa della vita delle popolazioni, avvisano perfino tardi le persone e le mandano a morte.
Operai, lavoratori, sono veri crimini che vanno trattati con il criterio di un crimine. “Che se vayan todos!”, dicono in Spagna. “Fuori l'amministrazione di Valencia!”, “colpire le responsabilità del governo centrale!”.
Le pagine della grande stampa sono altrettanto piene nell'inserire la portata di questi enormi eventi distruttivi, come l'alluvione, nel quadro della crisi climatica, del cosiddetto “cambiamento climatico”. Non vogliamo spendere qui molte parole. Però basta citare alcuni dati. La Banca Mondiale dice che un quinto della popolazione del pianeta è a rischio, in Asia, in Africa 1 miliardo e 200 milioni di persone sono vulnerabili agli effetti della crisi climatica. Il Sole 24 ore - che è un giornale economico e si preoccupa dei soldi - dal suo punto di vista dice che per la questione clima in vent'anni si sono persi 2800 miliardi; per dire che evidentemente la crisi climatica ha un costo economico nei suoi effetti disastrosi per la popolazione e che, come dice la Banca Mondiale, in 20 anni i costi economici associati a eventi esterni sempre più intensi e frequenti sono arrivati appunto ai 2800 miliardi di dollari.
Quindi il sistema si autodenuncia dicendo questo, dice che come sistema imperialista mondiale, come sistema economico basato sulle leggi del Capitale, non regge più e non è in grado di fronteggiare i disastri che il loro stesso sistema ha prodotto, perché è chiaro che la crisi climatica che si unisce alla crisi economica e a tutto il resto è prodotto dal loro sistema.
Quindi in ognuna di queste vicende vi è un aspetto su cui dobbiamo rivolgere l'attenzione che di solito c’è solo nei giorni dei disastri, ma dopo? Non solo non si provvede, ma non si coglie la natura sistemica di quello che sta avvenendo e quindi non si guarda al cambiamento di sistema che è l'unica soluzione intanto per frenare il disastro che avanza e, in prospettiva, per superarlo.
Ma questo richiede la cooperazione mondiale delle popolazioni, richiede che in ogni paese vi sia un sistema sociale, di governo e di Stato, in cui il popolo sia al potere, non il popolo generico che va a votare ma quello che sempre di più non va a votare: i proletari, le masse popolari, coloro che producono e mandano avanti realmente questo sistema sono gli unici che possono salvarlo.
Tutto questo si chiama Rivoluzione, tutto questo richiede una Rivoluzione proletaria e socialista. Proletaria perché deve essere fatta dai proletari che hanno nelle mani, oggi callose, oggi soffocate dallo sfruttamento, la possibilità di cambiarlo realmente questo sistema. Socialista nel significato più nobile e più antico che hanno dato a questa parola i nostri maestri, l'eterna lotta del proletariato contro la borghesia in marcia verso un sistema sociale che intanto frena i disastri, ma che in prospettiva li può eliminare. Questo sistema sociale ha un nome: si chiama comunismo.
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